lunedì 28 agosto 2023

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 41

Il Gioco del Branco 5: Tu sei il Tuo Inferno

                                                                                                

«Ho capito a quale girone infernale appartengo» affermò Donovan, stravaccato sul divano di pelle rossa, nel salone dell’appartamento di Dana all’inferno. Premette un nuovo tasto sul telecomando stretto nella mano sinistra e con lo sguardo perso davanti al megaschermo della tv al LED, continuò: «Gli ingordi dei multicanali e delle piattaforme streaming.»

Alle sue spalle con le braccia incrociate sul petto, Zec lo osservò sbuffando. Per quanto volesse scaricare la responsabilità su di lui, sapeva che la colpa per quella situazione era solo sua.
Erano passate due settimane dalla loro fuga dall’ Istituto Reicdleyen, grazie al suo accordo con sua sorella demone, e nessuno di loro pareva intenzionato a trovare un modo per tornare al loro mondo e alle loro vite normali.
Perfino Betty, di solito la più assennata tra loro, era stessa accanto a Donovan, intenta a scompigliargli i capelli biondo scuro con una mano e a pescare sul fondo di un cesto di plastica giallo con l’altra. La luce dello schermo si rifletté sui loro visi svogliati, mentre passavano in rassegna tra le varie possibilità di show da seguire.
Zec era sorpreso solo in parte da quella visione. Tutto era iniziato dopo i primi tre giorni arrivati nella residenza infernale di Dana. In principio volevano tutti riposarsi un po’, godersi gli ultimi scampoli d’estate, poi era cominciata la degenerazione. Era ovvio che quell’inferno – qualunque versione fosse – avrebbe avuto un effetto negativo su di loro, ma credeva che i suoi amici fossero abbastanza forti da resistere.
Come ormai ripeteva da giorni, fece un tentativo. Aggirò il divano e andò a sedersi sul lato libero accanto a Donovan.
«Ehi, voi due, non siete stufi di stare qui?» domandò, strattonando il gomito all’amico.
L’altro emise un verso simile a un grugnito, scuotendo la testa.
«Avete già visto ogni episodio di ogni possibile serie tv, vecchia e recente; ogni film prodotto negli ultimi cinquantacinque anni; persino qualche reality e voi li odiate» sbottò Zec esasperato. «È arrivata l’ora di staccarvi da questo divano e da quel televisore.»
«Non fare il guastafeste» replicò Betty, senza nemmeno guardarlo in faccia. «Vogliamo solo passare del tempo insieme, tranquilli, io e il mio ragazzo.»
Zec si alzò spazientito e rassegnato. Gli era ormai chiaro che nella sua dimensione infernale, Dana poteva far leva sul desiderio più profondo dell’animo e amplificarlo fino a farlo diventare una condanna. E da solo non poteva combattere la voglia smisurata di Betty e Donovan di passare la loro prima estate da fidanzati, negata dalla reclusione nell’istituto psichiatrico.
Girò ancora intorno al divano e si avviò verso l’uscita del salone.
«Aspetta Zec» lo richiamò Betty.
Lui si voltò con un barlume di speranza.
«Ci porti altri popcorn? Questi sono finiti.»
Zac la osservò una frazione di secondo sventolare alle spalle il cesto vuoto e decise di ignorarla. Camminò nel lungo, interminabile corridoio, sospirando. Dana aveva dato loro pieno accesso alla sua villa e assecondato ogni richiesta ed era stato il primo errore in cui erano caduti. Anche lui aveva trascorso qualche giorno nell’ozio, con dei passatempi, condividendo la voglia degli altri di divertirsi, ma poi si era risvegliata la noia. Il desiderio di tornare alla vita di tutti giorni e il problema principale della Bocca dell’Inferno si era fatto un pensiero sempre più insistente, ma sembrava esserlo solo per lui. 
Sentì dei versi provenire dalla camera alla sua destra, si diresse davanti all’uscio e scoprì una palestra attrezzata di ogni genere di strumento per allenarsi. Pertiche e parallele alla parte nord; tapis-roulant per la corsa a quella sud; una fila di bilancieri e panche per il sollevamento pesi sparsi un po’ ovunque negli spazi restanti. Non era così strano, ma era certo che quella stanza non fosse presente fino al giorno prima.
Di nuovo, il verso affannato e arrabbiato attirò la sua attenzione e scorse nel centro dello stanzone  Billy, in canottiera e pantaloncini, con un paio di guantoni bordeaux intento a prendere a pugni un sacco blu appeso con una catena al soffitto.
Zec si beò per un istante dell’immagine del suo ragazzo sudato che metteva in mostra qualche muscolo e la sua foga da combattente.
«Vai a parlargli?»
Michelle comparve al suo fianco, facendolo sussultare. «Non servirebbe a niente» le rispose. «È vittima anche lui dell’influsso di questo inferno.»
«Strano» commentò lei. «Pensavo ne fosse immune e comunque credevo il suo desiderio consumante fosse stare avvinghiato a te da qualche parte come i due maniaci del megaschermo.»
Zec la guardò di sbieco. In parte perché non aveva pensato a quella ipotesi e in effetti era un po’ scocciato che per Billy non fosse quella l’attività più avvincente. Riflettendoci, ricordò c’era qualcosa di diverso il lui dopo l’incontro con la donna misteriosa al Recdleyen: qualsiasi cosa gli avesse detto lo aveva scosso, in principio pensava in meglio, ora nutriva qualche dubbio. In secondo luogo era sorpreso lei fosse lucida.
«Tu, piuttosto, non sembri soffrire degli effetti da desiderio opprimente infernale.»
Michelle scrollò le spalle. «I primi giorni, forse. Neanche tu, sai come mai?»
«Dovendo ipotizzare il mio caso, può essere perché ho stabilito l’accordo con Dana di mia volontà e questo mi rende meno influenzabile.»
«Logico, più o meno» gli rispose. «Per me forse perché non sono sicura di cosa desidero, o se posso averlo.»
Zec la guardò inarcando un sopracciglio. «Non ti seguo.»
Michelle mosse la mano destra come a scacciare una mosca, o un pensiero. «Niente, lascia perdere. Ricordami i termini del tuo accordo. Hai specificato quanto tempo dovremmo restare qui?»
Lui provò a ricordare il testo della canzone cantata durante la fuga da sua sorella. «Non mi sembra avesse stabilito un limite preciso.»    
«Bene, abbiamo una possibilità di spezzare questo contratto, o qualunque cosa sia» disse Michelle.
Zec ragionò veloce sullo stato degli altri e capì l’inganno di Dana. C’erano i presupposti per batterla al suo gioco, ma gli serviva dell’altro. «Hai ragione, ma prima dobbiamo avere un'altra arma a nostro vantaggio.» S’incamminò sempre lungo il corridoio e aggiunse. «Osserva con attenzione queste pareti e nota se c’è qualcosa di strano, o ti sembra spuntato all’improvviso.»
«Ok, ma cosa cerchiamo?» domandò lei.
«Non lo so ancora, ma conoscendo mia sorella deve essere nascosto in bella vista.»
Perlustrarono insieme un primo tratto, lui scrutando a destra e lei a sinistra. Avanzarono di una ventina di passi, sguardo attento, ma senza successo.
«Sarebbe più facile se mi dai un indizio su cosa devo trovare» fece Michelle.
Zec non replicò. Sapeva di essere stato un troppo vago, ma era altrettanto certo di saper riconoscere quello che gli serviva se lo avesse visto. Fece scivolare le dita della mano sinistra sulla parte tiepida di marmo e fu attirato da un luccichio in basso. Si piegò sulle ginocchia e riconobbe la forma di una chiave di violino.
«Ci siamo» esultò. Afferrò il simbolo e si rivelò una vera chiave, provò a girarla e una porta fiammeggiante comparve dentro al muro. «Vieni, Michelle.»
L’amica lo raggiunse. «Hai qualche garanzia che non finiremo dentro un vulcano, un fiume di lava, o peggio?»
«Stai tranquilla.» Zec spinse la porta verso l’interno, in realtà, non del tutto sicuro di cosa trovarsi di fronte, a parte la certezza non ci fosse una trappola. «Qui c’è quello che mia sorella ci nasconde.»
Entrarono e si trovarono in uno studio di registrazione. Un ampio vetro li separava da una stanza insonorizzata in cui scorsero un’asta provvista di microfono, su cui erano abbandonate un paio di cuffie da ascolto. Davanti al vetro erano posizionati due schermi e una console piena di tasti e leve. Ai muri ai lati erano incassate due casse acustiche nere.
«È quello che ti aspettavi?» chiese Michelle.
«Non proprio» ammise Zec. Spostò gli occhi sul resto della camera e intravide quattro mobili con cassetti simili ad archivi. «Dobbiamo cercare più a fondo, guardiamo in quei cassetti, cerca qualsiasi cosa abbia un legame diretto con Dana.»
Entrambi li aprirono e rovistarono all’interno.
Zec trovò una serie di custodie quadrate di CD, senza etichetta, alcune avevano la scritta DEMO in pennarello nero. Nel secondo trovò un mucchio di foto, in forma umana, che la ritraevano in varie pose, vestita con abiti diversi, sgargianti o normali. Non riuscì a spiegarsi cosa stesse insabbiando. Sembravano provini per copertine di album, o poster. Comunque qualcosa legato all’ambito musicale.
Michelle gli tirò il braccio. «Guarda qui.»
Le si accostò e fissò il grosso raccoglitore ad anelli che reggeva in mano. In diverse cartellette trasparenti erano stampate lettere con il logo di etichette discografiche e il timbro RESPINTO ben in vista.
«Sono tutte indirizzate a Dana» fece Michelle, girandone un'altra.
Zec cominciò a mettere insieme i pezzi. C’era un legame con il suo essere diventata un demone della musica. Aprì i cassetti rimanenti e cercò un altro raccoglitore simile. Ne trovò uno più piccolo e lo aprì con foga. All’interno erano raccolti dei contratti discografici, o meglio delle bozze, come era riportato in alto sopra ad ognuno.
«A quanto pare darvi piena libertà nella villa non è servito a evitare di farvi ficcanasare.»
La voce di Dana alle loro spalle li colse di sorpresa.
Michelle lanciò un gridolino e il raccoglitore le cadde sul pavimento con un tonfo.
«Cosa c’è carotina?» domandò Dana con un ghigno. «Sei un po’ tesa?»
«Non puoi più prenderci in giro» sentenziò Zec. «E ora devi lasciarci andare.»
«Abbiamo fatto un patto, ricordi?»
«Senza termini di scadenza» le rispose. «Quindi siamo liberi di lasciarti quando volgiamo e tu non hai l’autorità per trattenerci. Devi aprirci il portale per farci tornare a casa.»
Michelle lo fissò incredula. «Hai capito tutto questo dalle scartoffie?»
«Dovevo aspettarmelo» disse Dana, senza scomporsi. «Mi ero accorta che ti eri fatto più furbo, non credevo così tanto.»
«Stai ancora cercando di prendere tempo, ma il tuo inganno è finito.» Zec la guardò serio, senza rabbia. «Non sei la moglie di Sweet, il demone del musical.»
«Ah no?» intervenne Michelle confusa. «E di chi?»
«Di nessuno. Non c’è nessun contratto matrimoniale. Seguendo le regole di Buffy i demoni maggiori sono costretti a rilasciarli e lei non ne ha nessuno» continuò Zec. «Mia sorella ambiva a diventare una cantante famosa, una popstar, o una rockstar; voleva girare il mondo in tour; avere dei fan, gloria e tutto ciò che porta il successo. Per questo se ne andata da casa.»
Dana incrociò le braccia sui seni, assumendo una posa difensiva. «Non è solo per quello, e lo sai bene. Te l’ho detto al nostro primo rincontro.»
«Ok, ma la vera ragione per cui sei scomparsa è perché i tuoi progetti sono andati in fumo. Non ottenendo ciò che volevi, hai sfruttato l’energia psichica di Elliott e il suo mutare la realtà in stile Bocca dell’Inferno.»
Michelle si schiarì la voce. «Quindi ha scelto volutamente di essere un demone?»
«Si è adattata alla situazione. E poi le è sempre piaciuto avere un’aria da “bad girl”» spiegò Zec.
A fatica Dana riportò un sorriso sul volto. «Non confermo e non smentisco.»
Lui emise una risata nervosa. Sua sorella riusciva a dargli sui nervi anche quando era stata palesemente scoperta. «Non ce ne è bisogno, le tue azioni parlano da sole. Ti sei creata il tuo inferno personale, come me lo hai definito, raggiungendo il tuo sogno di fare la cantante, ma eri sola. E non ti piace la solitudine, o peggio non avere un pubblico. Così hai cercato in ogni modo di trascinarmi qui e quando hai visto l’occasione, ci hai portati tutti. Speravi che l’influsso di amplificazione dei desideri ci facesse perdere la cognizione del tempo e tenerci qui all’infinito. O fin quando non ti fossi stancata di noi.» 
«Non mi stancherò mai di te» rispose Dana in tono mellifluo. «E nemmeno di te, carotina.»
«Basta» disse Michelle. «Zec ha ragione: libera gli altri dalla tua influenza, aprì il portale e lasciaci liberi.»
«Anche se non siete sotto l’effetto del mio inferno, e non capsico bene come, è così brutto stare con me? Mi sembra vi siate divertiti all’inizio» fece Dana.
«Sì, all’inizio, come hai detto. Però deve essere una nostra scelta, non possiamo colmare il tuo vuoto» rispose Zec calmo. «Non potremmo mai farlo finché tu sarai il tuo inferno.»
Dana mantenne lo sguardo su di lui e ebbe l’impressione le labbra le tremassero appena. Se per rabbia, o tristezza non seppe distinguerlo.
«Come volete» gli disse poi, nel pieno controllo di sé. «Per la cronaca le mie intenzioni non erano del tutto egoistiche. Per provarvelo, cancellerò da tutti il ricordo della vostra fuga e lo sostituirò con un ufficiale rilascio per sanità mentale.»
Zec si scambiò un ultimo sguardo con Dana senza parlare. La loro partita da fratelli era di nuovo sulla parità.
Sua sorella si girò per guidarli verso l’uscita. «È solo un arrivederci, finché Elliott sarà in coma, avrete bisogno di me.»
Lui si voltò verso Michelle. «Andiamo dagli altri. Le vacanze sono finite, si torna a casa.»

 

 Continua…?

lunedì 14 agosto 2023

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 40

Il Gioco del Branco 4: Fuga dal Nido del Cuculo (Demon Edition)

 

Nonostante la distanza che li separasse dai due infermieri fosse minima, Zec tirò un sospirò di sollievo.

Il turbine di fumo porpora vorticò tra loro e Dana fece la sua entrata trionfale, mentre la base musicale della canzone continuava a risuonare. La sorella, con l’aspetto da demone dalla pelle rossa,  indossava il suo abituale abbigliamento: top e pantaloni viola. Scoccò una prima occhiata agli infermieri, poi rivolse la sua attenzione a lui e ai suoi amici.
«Già, mi è arrivata la tua accorata richiesta di soccorso» gli disse con un fugace sorriso, scorgendo l’aria rincuorata sul volto. «Bella trovata, i miei complimenti, ma non spegnere il cellulare e tienilo acceso su questa canzone.»
«Ci aiuterai?» le domandò.
«Intendi anche se mi hai accusata di essere stata crudele?» replicò inarcando un sopracciglio. «Ovviamente sì, ma c’è un prezzo.» Schioccò le dita e i due infermieri si agitarono in una coreografia improvvisata sulla musica, ormai ridotta a un tono più soffuso, ma suonata in circolo continuo.
«Che storia è questa? Non hai mai parlato di pagamenti» fece Billy.
«Tu sei proprio l’ultimo che può parlare: tutto questo casino è colpa tua. E comunque ho delle regole da seguire e una reputazione da mantenere.» Si voltò, la coda di capelli castano chiaro le oscillò sulla schiena e procedette verso la porta. «Andiamo.»
Gli infermieri si spostarono con una piroletta e Zec le fu dietro, seguito dai compagni, prima che la strada fosse ostruita. Ripercorsero il corridoio, questa volta con tranquillità, Dana in testa e loro a un passo da lei. Durante il tragitto si premurò di non sfiorare il cellulare attivo sulla canzone,  incontrarono altro personale e alcuni pazienti e tutti erano intenti a ballare.
«Non che mi lamenti, ma perché non ci stiamo scatenando anche noi in folli danze?» chiese Donovan sospettoso.
«Eravate con mio fratello quando ha fatto la chiamata e questo vi ha protetti dall’influsso della canzone.»
Infatti, arrivati all’ingresso della sala ricreativa e di visita, videro ogni persona presente occupata a eseguire una coreografia: infermieri, pazienti e visitatori esterni si mischiavano in mosse improvvisate, seguendo il ritmo della musica.
Zec notò purtroppo anche Michelle e Betty come parte del corpo di ballo.
«In che modo liberiamo le ragazze?» domandò a Dana.
Lei lo guardò scuotendo la testa. «Corri troppo, fratellino. Dobbiamo ancora decidere i termini dell’accordo.»
Zec sbuffò spazientito. «Dopo quello che hai fatto, credo proprio tu ci debba questa uscita gratis.»
«Mettiamolo in chiaro: io non vi ho fatto nulla.»
«Sei scappata dall’ospedale e ci hai lasciati nei guai.»
Donovan gli si avvicinò. «Avevamo deciso di soprassedere su questo particolare.»
«Prima di sapere che avesse delle pretese» replicò Zec.
Dana incrociò le braccia sul petto. «Se ti dà tanto fastidio il mio aiuto, posso anche lasciarvi qui e  andarmene come sono venuta. E comunque, se devi essere arrabbiato, prenditela con il tuo ragazzo.»
Zec soffocò un grido. Si era illuso che dopo il tempo trascorso separati, sua sorella avesse smussato il suo carattere prepotente, invece il pensiero del ricatto le balenò negli occhi verdi e notandolo, a lui montò la furia. Così, senza ragionare, strinse il cellulare nella mano e schiacciò il tasto centrale, terminando il ripetersi della canzone.
La musica si zittì all’istante.
Donovan e Billy lo guardarono allarmati. Ogni persona nelle vicinanze si bloccò in posizioni imbarazzanti e pian piano si ricomposero, guardandosi confusi.
Dana sospirò. «Sei il solito pasticcione. Dovremmo fare a modo mio.» Gli afferrò il polso con la mano sinistra e schioccò le dita di quella destra.
Risuonò un nuovo brano e le note si diffusero presto nella stanza. Ancora una volta, senza sapere il motivo, tutti si mossero in un nuovo ballo, compresi Billy e Donovan.
Zec li vide allontanarsi per raggiungere il gruppo e guardò Dana. «Cosa hai fatto?»
Lei gli fece cenno di aspettare ed ebbe così il tempo di riconoscere la canzone: Genie in a bottle di Christina Aguilera, ovviamente la versione personale che sua sorella si apprestava a interpretare.

 

«So come ti sei sentito: prigioniero
Come se fossero stati anni e non mesi
Mi hai aspettato perché ti liberassi
Speravi che seguissi una traccia invisibile fino a te
Ma non funziona più così
Baby, baby, baby»

 

Lo portò all’interno della sala guidandolo per il polso, nel centro dove le persone adeguavano i passi di danza con la loro entrata e dove i suoi compagni erano divisi in due coppie: Donovan con Betty e Billy insieme a Michelle.
Sistemandosi di fronte a lui, Dana continuò:
 

«Oh, oh, oh

Il tuo corpo ti consiglia di scappare
Oh, oh, oh
Ma il tuo istinto dice resta
Se vuoi venire via da qui
Baby, devi pagare un prezzo
Sono come un demone in bottiglia
Chiesto nel modo giusto, realizzo il desiderio
Devi accontentarmi, ho una sola richiesta
Dovrete restare all’Inferno con me (Oh, yeah)
È questo quello che voglio
Sono come un demone in bottiglia, baby
Chiedi bene ed esaudisco, fratellino
Sono come un demone in bottiglia, baby
Avanti, avanti, sbrigati e decidi»

 

Zec rimase a bocca aperta. Avrebbe dovuto immaginare fosse quello ciò a cui mirava, dato che non era la prima volta che glielo proponeva, ma ora era messo alle strette e per di più non si trattava più solo di lui: sua sorella li voleva tutti con sé.
Dana gli girò intorno, si posizionò alle sue spalle e avvolgendogli il ventre con le braccia, riprese la canzone: 
 

«La musica non durerà ancora molto

Solo una strofa e due ritornelli e poi si va
Sai che hai bisogno di me
Pensa veloce e scegli
Toccali e venite con me
Baby, baby, baby
Oh, oh, oh
Il tuo corpo ti consiglia di scappare
Oh, oh, oh
Ma il tuo istinto dice resta
Se vuoi venire via da qui
Baby, devi pagare un prezzo
Sono come un demone in bottiglia
Chiedi bene ed esaudisco, fratellino
Se vuoi venire via di qui (Ooh)
Posso farvi uscire tutti
Ma dovrete restare con me
All’Inferno con me»

 

Il tempo stringeva e Zec avrebbe voluto consultarsi con gli altri. Erano al suo fianco, ma ballavano senza possibilità di fermarsi. La scelta doveva essere solo sua, anche se le conseguenze coinvolgevano tutti e guardando quell’istituto triste e angosciante, scelse il male minore.
Scelse il demone che conosceva.
Si voltò per guardare in faccia Dana e annuì. «Va bene, veniamo all’Inferno con te.»
Lei sorrise, continuando a cantare. Gli afferrò la mano destra e gli fece posare il palmo, sfiorando le spalle di Betty, Donovan, Billy e Michelle.
Liberi dall’incantesimo ballerino, lo guardarono frastornati. Zec fece cenno di seguirlo.
Dana avanzò ammiccante e il resto delle persone si fecero da parte danzando. Maschi raggruppati nel lato della stanza con le porte a vetri sull’esterno e femmine in quello opposto, sia infermieri che pazienti e visitatori, lasciarono libero un passaggio che conduceva verso il muro a sud. Lo toccò tre volte con le mani chiuse a pugno e si aprì un varco circolare rosso fuoco.
Zec la guardò preoccupato, lei sorrise e con il capo indicò di attraversarlo. La luce rossastra mandava deboli riflessi su di loro e Zec spinse gentilmente, uno dopo l’altro, i suoi amici verso l’ingresso del portale e quando fu il suo turno, Dana gli afferrò la mano.
 

«Sono come  un demone in bottiglia, baby

Avanti, avanti, coraggio hai scelto bene.»

 

Zec sospirò, s’intrufolò con lei nel portale e nell’istante in cui la musica finì, fu certo se ne sarebbe pentito.

 

 

Continua…?