lunedì 19 agosto 2019

Darklight Children - Capitolo 102


CAPITOLO 102
Tragica illusione



«Sara non doveva vederci» disse Yuri, premendo il piede sull’acceleratore. Guidava a gran velocità diretto al C.E.N.T.R.O.
«Non è un problema» lo calmò Jonathan, seduto dietro di lui sul sedile posteriore. «Quando realizzeranno dove stiamo andando, avremo già completato il nostro piano.»
«Piuttosto…» s’intromise Erica al suo fianco. «Rispetterete la vostra parte dell’accordo?»
Sabrina la fissò dal sedile del passeggero, attraverso lo specchietto retrovisore. La disgustava dover essere ricorsa a quei due per avere aiuto. «Certo che lo faremo. Anche se ancora non capisco come pensate di riaprire la faida con i demoni. Non ne esistono più in questo mondo.»
«Non preoccuparti, di quella fase ci occupiamo noi» rispose Jonathan. «Dobbiamo solo essere sicuri che ci garantiate il vostro appoggio.»
«Vi abbiamo dato la nostra parola e non ce la rimangiamo» mise in chiaro Yuri. «Auguratevi però che nostro figlio stia bene.»
Sabrina lanciò una fugace occhiata al fidanzato al volante. Entrambi erano stati concordi che ritrovare il loro bambino valeva qualsiasi prezzo, ora sapeva che lui non l’avrebbe abbandonata, ma di sicuro avrebbero dovuto affrontare i loro amici e anche se avrebbe fatto di tutto per evitare che si ferissero, tra loro non sarebbe mai più stato come prima.

Usando i poteri di Jonathan, entrare all’istituto a quell’ora tarda e superare la guardia di sorveglianza fu facile e indolore, uno dei pochi vantaggi messi in conto da Sabrina nel formare quell’alleanza. Arrivati davanti all’ascensore, però fu colta da un dubbio.
«Aspettate, l’altra volta Hans Strom sapeva che eravamo nei sotterranei. Come pensate di distrarlo perché non ci scopra?»
«Il direttore starà dormendo, non si accorgerà di nulla» rispose serafica Erica.
Jonathan invece li squadrò sospettoso. «Come sai che ne era al corrente?»
«Abbiamo avuto un colloquio privato con lui» disse secco Yuri.
«Non l’avevate detto. Per quale motivo?»
«Per ragioni personali che non vi riguardano.»
Erica materializzò la lancia psichica color rubino. «Non mi piace il tuo tono. Se non ci dici di cosa avete parlato, non proseguiamo.»
Sabrina gli si avvicinò e gli strinse con dolcezza il braccio . «Lascia stare Yuri, a questo punto non serve tenere il segreto. Quell’uomo è mio padre. Se vorrete, dopo aver liberato mio figlio, vi racconterò la mia triste storia di figlia abbandonata. Adesso possiamo sbrigarci?»
Jonathan cambiò espressione e sorrise compiaciuto. «Ma certo. E questa nuova scoperta giocherà a nostro favore.»
Sabrina lo scrutò diffidente. «Che vuoi dire?»
«Lo scoprirai presto» le rispose. Schiacciò il pulsante in basso dell’ascensore e le porte automatiche si scostarono per farli entrare. Attesero in silenzio mentre l’abitacolo scendeva nel secondo sotterraneo e una volta lì, si affidarono nuovamente ai poteri illusori di Jonathan per avanzare senza l’intralcio delle guardie.
Arrivarono davanti alla porta della stanza con l’etichetta “000” e lui le indicò di avvicinarsi al pannello quadrato che nella loro precedente visita avevano scoperto teneva sigillato l’ingresso.
 «Abbiamo fatto delle ricerche e ora sappiamo che è chiuso da un sistema mistico che si disattiva solo con il sangue del direttore. Sapendo che sei sua figlia, se vuoi gentilmente offrircene un po’ entreremo senza fatica.»
Titubante, Sabrina porse il palmo sinistro a Erica. «Fa’ attenzione con quella lancia, deve essere solo un taglio e non troppo profondo.» Erica schiacciò la punta sulla sua pelle e le procurò una live ferita. Si morse il labbro per non emettere un suono con la voce. Il sangue prese subito a sgorgare, Sabrina si sporcò l’intero palmo, spalmandolo di sangue con l’indice dell’altra mano. Poi lo posò sul pannello. Un arco rosso e arancio attraversò la porta e con un sonoro scatto si aprì verso l’esterno.
Yuri le fu accanto subito, le legò un fazzoletto di stoffa verde intorno al palmo e poi entrò con lei nella camera.
Davanti a loro erano fissate al soffitto cinque gigantesche vasche a forma di capsule, in piedi in verticale  si inserivano nella parte inferiore in un quadrato di metallo con bottoni e manopole sulla facciata e inchiodato sul pavimento. Quattro su cinque erano vuote, la seconda da sinistra conteneva invece del liquido opaco in cui era immerso un bambino nudo, con gli occhi chiusi, una maschera per respirare e una coppia di fili che partivano dalle sue narici e risalivano verso la parte superiore della capsula. Una scia di bolle percorrevano lo stesso tragitto in colonne, dal basso verso l’alto, sfiorandolo.
Sabrina si portò le mani alla bocca. «Oh mio Dio. È lui! Ma come fa essere così grande? L’ho partorito solo tre mesi fa ed era prematuro.»
«Ricordati che tuo figlio è un demone. In parte è sopravvissuto grazie alla sua natura e per il resto ci hanno pensato i cervelloni del C.E.N.T.R.O.» rispose Jonathan avanzando dietro di loro. «Hanno mischiato scienza e magia e lo hanno tenuto in vita e nutrito.»
«Hans Strom ci aveva detto qualcosa di simile» concordò Yuri. «Come si apre la capsula?»
Erica lo superò. «In questo modo.» Colpì ripetutamente con la sua lancia psichica la parte elettronica inferiore e in un crepitio di luci e scintille andò in corto circuito.
Poi passò al vetro: la vasca si coprì di crepe, rompendosi in pochi attimi e mentre il liquido fuoriusciva bagnando il pavimento e le loro scarpe, Sabrina accorse per sorreggere il bimbo. Lo afferrò con attenzione e Yuri lo liberò delicatamente dalla maschera e dai fili.
«Sembra che abbia già nove mesi o forse anche di più» notò Sabrina, stringendoselo al petto ancora addormentato.
«Dobbiamo cercare qualcosa per coprirlo» disse Yuri, carezzandogli la piccola testa con qualche capello biondo.
Erica però afferrò il ragazzo per un braccio. «Non c’è tempo. Dobbiamo uscire subito, prima che qualcuno ci scopra.»
Sabrina annuì. Tenendo gli occhi fissi sul figlio ritrovato – imitata da Yuri – si fecero scortare attraverso il corridoio, fino all’ascensore e poi al piano superiore, varcando le porte del C.E.N.T.R.O.
Arrivati davanti all’auto, Yuri stava per salire e sedersi nel sedile posteriore, ma Jonathan lo strattonò. «Sali al posto di guida, sei l’unico con la patente.»
«Ma il bambino…»
«Me ne occupo io» lo rassicurò Sabrina. Entrò delicatamente nel mezzo, con il  bimbo tra le braccia accostato al suo petto e si sedette dietro al posto del guidatore. «Lo terrò stretto, non temere.»  
«Va bene.»
Yuri aprì la portiera e si sistemò alla guida. Erica gli si sedé accanto nel posto del passeggero, mentre Jonathan si sistemo dietro, al suo fianco.
«Lo portiamo a casa mia» disse Yuri, girando al chiave e accendendo il motore. «Nessuno ci disturberà.»
«No. Dovete rispettare la vostra parete del patto» intervenne Erica. «Tuo figlio starà bene. Ora dovete portarci dove possiamo iniziare la caccia ai demoni: alle rovine con il Sigillo.»
Sabrina sollevò la testa e spostò gli occhi dal figlio, che dormiva beato, incontrando nello specchietto retrovisore lo sguardo incerto del fidanzato «Va bene. Ma se ho solo il dubbio che il bambino possa correre pericoli, noi ce ne andiamo.»
«Non ne correrà» replicò Jonathan, posandole la mano sulla spalla e sfoderando un ghigno tutt’altro che rassicurante.
L’auto partì, sgommando sulla strada per la seconda volta e Sabrina fu percorsa da un brivido. L’altro ragazzo scostò l’arto da lei, ma la sensazione di disagio non l’abbandonò.

Arrivati in prossimità delle rovine del Portale Mistico, Yuri spense l’auto e scese. Sabrina stava per fare lo stesso, ma lui la bloccò.
«No, rimani qui. Li aiuterò io.»
«Ci servite tutti e due per aprire il Sigillo» ribatté aggressiva Erica, uscendo dal mezzo e brandendo ancora la sua arma di origine psichica.
«E poi lasciarla sola con il bambino qui a quest’ora non è consigliabile» s’intromise con tono mellifluo Jonathan.
«Dovrebbe esserci in giro il signor Moser» ricordò Sabrina, unendosi con il figlio ai tre all’esterno dell’auto. «Si è offerto di sorvegliare le rovine al posto nostro. Se mi vedesse con il piccolo chie…»
«Staremo attenti a non farci vedere» la interruppe Erica. Si incamminò verso l’apertura tra le sbarre e nell’oscurità resa più flebile solo dalla luce dei lampioni lì intorno, spostò le siepi per farla attraversare a loro due. «Forza! Prima andiamo, prima sarà tutto finito.»
Anche se il tono della ragazza non le piaceva affatto, Sabrina non vedeva l’ora di terminare quella storia e poter portare il figlio in un luogo sicuro. Non pose altre obiezioni e si mosse per prima. Yuri le coprì le spalle con le mani, seguendola e Jonathan chiuse la fila.
Tenendo tra le braccia il piccolo e superata la prima ondata di emozioni, Sabrina iniziò a rendersi conto che c’era qualcosa di strano. Come potevano bastare solo lei e Yuri per riaprire il Sigillo? Per richiuderlo, mesi prima, era stato necessario ricorrere all’energia combinata di tutti e sei. E poi c’era la questione dei demoni: il loro sangue era sicuramente essenziale per riavviare il rito. Arrivati ormai a pochi passi dal Sigillo, un’idea terribile le si affacciò alla mente.
«Oh no» sibilò, bloccandosi all’istante.
Yuri si chinò verso il suo volto. «Cosa c’è?»
Sabrina si morse il labbro. Ormai era troppo tardi. Erica li aveva guidati sicura fino al luogo esatto in cui era emersa la pietra e loro quattro ci sostavano proprio intorno.
«Che cosa hai?» domandò ancora Yuri.
«È una trappola» gridò. «Ci hanno incastrato.»
Erica e Jonathan scoppiarono a  ridere.
Yuri abbassò le mani e le chiuse a pugno. Fiamme gialle e rosse le circondarono. «Che cosa significa? Che volete fare?»
«La tua ragazza è più sveglia di te» rispose Erica, puntando la lama quasi all’altezza del petto del ragazzo. «Vi abbiamo aiutato solo perché quello che volevate, serviva anche a noi.»
«Non vi lascerò uccidere mio figlio. Vi ammazzerò se è necessario» li minacciò Sabrina. Indietreggiò scostando il bimbo perché non potessero toccarlo.
Jonathan continuò a ridere. «Sei una stupida! Davvero vuoi crescere quella cosa
Sabrina abbassò gli occhi sull’essere che reggeva in braccio e provò disgusto e sgomento per ciò che vide.
Non era un bambino. Non era neanche un essere umano. Era un bozzolo violaceo, percorso da venature in rilievo che pulsavano, cosparso di una sostanza gelatinosa.
Sabrina intuì l’inganno orchestrato. Con un’illusione Jonathan aveva mascherato tutto e solo adesso vedevano il suo vero aspetto.
                                      
                                       

Continua…

lunedì 12 agosto 2019

Darklight Children - Capitolo 101



CAPITOLO 101
Festa con sorprese



Angelo Moser passeggiava tranquillo tra le rovine del Portale Mistico. Schiena diritta, polsi intrecciati dietro al bacino, inspirò con piacere l’aria serale di maggio, non troppo calda e con una brezza frizzante. Non rimpiangeva di essersi offerto per il turno di sorveglianza.
I ragazzi dovevano ritrovarsi per festeggiare i gemelli al locale della famiglia di Yuri e pur avendo ricevuto un invito, aveva preferito declinare e accollarsi quell’impegno. Non si sarebbe sentito a suo agio in mezzo a quei giovani, non dovendo parlare di demoni e minacce soprannaturali e sarebbe stato più utile lì, risparmiando ai due selezionati dal gruppo di dover abbandonare in anticipo la serata.
Un fruscio tra i cespugli lo fece voltare di scatto. Lo spicchio di luna in cielo illuminava debolmente la zona e prima di estrarre la sua torcia elettrica, volle accertarsi di non essersi sbagliato, rischiando altrimenti di fornire la sua posizione all’eventuale intruso. Era passato un mese dall’attacco dei ragazzi del C.E.N.T.R.O. e nessuno si era più fatto vedere. Potevano esserci però altri individui intenzionati a raggiungere il Sigillo per varie ragioni. Si mosse circospetto e pochi attimi dopo si rilassò, scoprendo l’identità dei visitatori.
Scintilla e Ombra zampettarono pacati fuori dalle foglie verso di lui, facendo oscillare le rispettive code.
Angelo si chinò. «La vostra padrona vi ha mandato a darmi man forte?» domandò, accarezzando a entrambi il pelo tra le orecchie.
I due gatti accettarono di buon grado le coccole, rispondendo con un lieve miagolio in maniera affermativa. Poi arretrarono di un paio di passi e con il pelo ritto, soffiarono aggressivi.
«Cosa vi pren…» non fece in tempo di finire la frase. Avvertì un dolore lancinante alle tempie. Compì un mezzo giro per vedere il suo assalitore e una nuova fitta più acuta gli esplose in testa. Cadde sul prato, prima di perdere i sensi, intravide i due gatti scappare verso la fessura tra le sbarre. Davanti agli occhi gli balenò un bagliore rossastro e capì chi era la sua assalitrice.
Purtroppo era tardi.

A differenza dell’anno precedente, Sara e Leonardo non avevano fatto riservare la sala privata del Full Moon per festeggiare il loro compleanno e anche il numero degli invitati era ridotto a cinque. Si poteva dire che più che un party, fosse la rimpatriata di un gruppo di amici. Leonardo si era lanciato nell’accorato racconto della festa dell’anno passato intrattenendo anche chi tra loro lo aveva già vissuto, mentre erano riuniti intorno a una coppia di tavoli nella parte a est del locale.
«Fatemi capire bene» disse Naoko. «Sara e Yuri si sono baciati e poi lei ha avuto un attacco di appendicite e l’hanno portata in ospedale?»
«Esatto. Io sono andato in quello stesso ospedale perché avevo avuto una visione su un pericolo che la riguardava» spiegò Patrick. «Ma per un malinteso non sono riuscito a metterla in guardia.»
«E mentre succedeva tutto questo, tu prendevi a pugni Davide, giusto?» chiese Naoko.
«Più o meno» confermò Leonardo. «Poi però sono corso in aiuto di Sara.» Il ricordo di quegli eventi gli trasmise una sensazione strana, come se fosse trascorso molto più tempo da quando erano avvenuti.
«Usando il teletrasporto davanti ai miei occhi» precisò Yuri.
Naoko bevve un lungo sorso del suo cocktail. «Non riesco a credere che tutto questo è accaduto solo pochi mesi prima che vi incontrassi.» 
«Le persone cambiano» fece Davide, stringendo la mano di Leonardo. «E anche le relazioni: noi siamo una coppia, come Sara con Patrick. Anche Yuri e Sabrina e hanno quasi avuto un figlio insieme.»
Leonardo lo guardò di sbieco. Sapeva cosa stava cercando di fare, voleva a tutti costi indagare sui suoi sospetti, ma  a lui non parve il momento più appropriato. Scosse lievemente la testa facendogli un segno di dissenso.
Davide ricambiò lo sguardo , ma ignorò il suo avvertimento. «A proposito, non ti fa una strana impressione andare al C.E.N.T.R.O.?» domandò rivoltò a Sabrina.
Seduta di fronte, lei inarcò un sopracciglio. «In che senso?»
«Tornare nel luogo dove hai perso tuo figlio fa un certo effetto… non so, con tutti quei segreti che nascondono, a volte non ti viene il dubbio che forse non tutto si è svolto come te lo hanno raccontato?»
«Ho superato quella storia» rispose Sabrina agitata. «Non ci penso più.»
«Però quando eravamo nei sotterranei era evidente che cercavi qualcosa.»
Sara si sporse in avanti e colpì con un pugno il braccio di Davide. «La vuoi finire? Siamo a una festa, non alla fiera dell’imbarazzo o una riunione strategica.»
«Ben detto» intervenne Yuri. «Credo che sia il momento della torta.»
Leonardo lo guardò stupito. «Ma non l’abbiamo ordinata.»
L’altro fece spallucce. «Sai come è fatta mia mamma. Ha insistito tanto e non ho voluto deluderla.» Prese poi Sabrina per mano. «Vieni, accompagnami a prenderla.»
Lei annuì e si alzò, seguendolo dietro il bancone.
Leonardo fissò Davide, temendo s’inventasse qualche assurdo stratagemma per seguirli, ma  Naoko lo afferrò per un braccio con aria di rimprovero.
«Come ti è venuto in mente di tirare fuori questa storia!» gli disse.
«Era solo per chiacchierare» si schermi Davide.
«E non avevi altri argomenti?» domandò Sara.
Leonardo si alzò e tirò in piedi il compagno. «Sapete come è fatto. Dice sempre quello che gli salta in mente, senza riflettere. Lo porto a prendere una boccata d’aria, così si rinfresca le idee.» Senza dargli possibilità di ribattere, lo trascinò verso l’uscita sul retro.

«Non riesco ancora a credere che stiano insieme» commentò Sara, seguendoli con lo sguardo. In realtà era sia contenta che preoccupata per suo fratello, ma rispettava la decisione presa insieme di non invadere la privacy dell’altro.
Naoko la distolse dai suoi pensieri «Credete che Sabrina si sia offesa?»
«In effetti sembrava un po’ in imbarazzo» ammise Patrick.
Sara si girò verso il bancone. Vide il barman preparare dei cocktail e poi scorse la madre di Yuri uscire per andare a servire alcuni tavoli. Attese qualche altro minuto e la vide rientrare e riuscire dalla stanza dietro il bancone. Quel posto non era così grande e spazioso: muovendosi a quella velocità rischiavano di scontrarsi con il dolce e fare un disastro; inoltre i due amici ci stavano mettendo parecchio per prendere la torta dal frigorifero.
«Cosa stai guardando?» le domandò Patrick.
«Yuri e Sabrina… vado a vedere se è tutto a posto.»
Sara scostò la sedia e passando davanti alla porta a vetri del locale si bloccò. I due compagni erano all’esterno, nel parcheggio e stavano parlando con qualcuno che non riusciva a distinguere con precisione. Avanzò verso la porta e uscì dal Full Moon: le bastò compiere pochi passi per scorgere Erica e Jonathan confabulare con i suoi amici.

Leonardo spinse fuori Davide e chiuse la porta dell’uscita posteriore dietro di sé. «Te l’avevo detto che non era una buona idea.»
«Hai ragione, dovevo prenderla in disparte» replicò Davide. «In gruppo non si sbilancerà e con Yuri presente pronto ad aiutarla non dirà nulla.»
Leonardo sospirò. «Senti, mi fido della tua teoria dell’arma e tutto il resto, ma tormentare la mia amica non credo ci porterà da nessuna parte.»
«Avevamo deciso di provare.»
«Eravamo anche d’accordo di andarci più cauti. Tu gli hai praticamente sbattuto in faccia la tua supposizione.»
Davide si scompigliò i capelli. «Ok, lo ammetto. Devo ancora abituarmi a questa storia di usare un po’ di tatto con le persone.» Si mise una mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una busta. «A proposito è per te.»
Leonardo la prese e la osservò sbalordito. «Cosa significa?»
«È il mio regalo di compleanno» gli rispose. «Aprila.»
Lui sollevò la linguetta, prese un foglio piegato a metà, lo aprì e lo lesse in silenzio.

Non sono bravo a dire le cose giuste nel momento giusto. E non avevo idea di cosa regalarti. Però so di doverti qualcosa da molto tempo.
Scusa.
Non te l’ho mai detto per tutto il male che ti ho fatto. Per le prese in giro. Per le minacce. Gli agguati. E tutte le altre stupidaggini che ti ho costretto a sopportare.
Prometto che l’anno prossimo ti farò un vero regalo.

Leonardo sollevò lo sguardo dal foglio e sorrise. «Grazie.»
«Ho preferito scrivertelo, così resterà per sempre» disse Davide, arrossendo.
«È il più bel regalo che potessi farmi.» Leonardo ripose la lettera in tasca e si avvicinò al compagno.
 Davide gli mise un braccio intorno alla schiena  e lui fece altrettanto. Si  strinsero e le loro bocche si unirono in un bacio più intimo rispetto ai precedenti. Entrambi erano pronti ed eccitati all’idea di accogliere le labbra dell’altro.
La porta si spalancò con un improvviso e violento fracasso, facendoli staccare di scatto.
Sara e Patrick li stavano osservando con gli occhi sgranati.    
«Ho uno strano déjà vu» commentò poi Sara con un sorriso sarcastico.
«Ehi! Non si può avere un po’ di intimità» replicò Davide.
«Non volevamo… ecco interrompere» si scusò Patrick. «Ma Sabrina e Yuri hanno appena fatto qualcosa di strano.»
«Come sarebbe  a dire “strano”?» domandò Leonardo.
«Non sono andati a prendere nessuna torta» li informò Sara. «Li ho sorpresi nel parcheggio a parlare con Erica e Jonathan e quando li ho chiamati per avere delle spiegazioni, si sono infilati di corsa nell’auto di Yuri e sono partiti sgommando.»
Davide lo fissò contrariato. «Te l’ho detto che tramavano qualcosa.»
Leonardo gli fece segno con la mano di fare silenzio. «Non c’è tempo per i “te l’avevo detto”. Dobbiamo assolutamente scoprire cosa ci facevano con Jonathan ed Erica.»
«Naoko ha detto di poter contattare Marcus» disse Patrick.
«E lui ci aiuterà… se è in grado» aggiunse Sara.
Davide scosse la testa. «Se la mia idea è giusta, quel tipo non sa niente e anche se ha qualche indizio di cosa stanno combinando quei quattro, ormai non possiamo più fermarli.»
«Sbrighiamoci dobbiamo raggiungerli al più presto» insistette Leonardo, anche se nel profondo temeva che il compagno avesse ragione.
Qualunque fosse il guaio in cui gli amici li stavano trascinando, non potevano più uscirne.

                                      
                                                  
Continua…

lunedì 5 agosto 2019

Darklight Children - Capitolo 100


CAPITOLO 100
Sogni, inviti e sospetti



Patrick entrò nella stanza fredda e inospitale del sotterraneo del C.E.N.T.R.O.. Ciò che i suoi occhi notarono subito furono i due tavoli di marmo posti nel mezzo.
«Togli la camicia» gli disse Clara Cluster, tirandosi il cappuccio della casacca viola fin sopra gli occhi.
Pur iniziando a sbottonarla, Patrick domandò: «Perché?»
Un altro uomo, con il cappuccio calato sul volto, gli si avvicinò. Nell’ombra che aleggiava sul suo volto, Patrick riconobbe le fattezze di Kaspar De Santi. «È una parte del rito. Non spaventarti, non farà male» spiegò. Lo aiutò a sfilarsi la camicia e lo fece adagiare sul primo tavolo di marmo.
Patrick rabbrividì quando la pelle nuda entrò in contatto con la superficie gelida. Socchiuse gli occhi per abituarsi alla luce al neon che lo colpì direttamente dall’alto.
Kaspar prese dalle mani di un'altra persona in casacca e cappuccio viola un barattolo di ceramica e intinse l’indice all’interno. Lo risollevò sporco di un liquido color mattone, si chinò su di lui e passò il polpastrello sul petto, disegnando un occhio e sotto una freccia che lo collegava a un altro occhio. Si rialzò, si pulì il dito sul bordo del barattolo e lo riconsegnò al suo collega. «Pensi di riuscire a stare immobile. Altrimenti dovremmo legarti, solo per precauzione.»
Patrick scosse la testa. «Non mi muoverò.»
Clara si posizionò ai suoi piedi. Altre due figure incappucciate si accostarono al tavolo: alla sua destra e l’altro alla sua sinistra accanto a Kaspar.
La porta cigolò e Patrick udì il sibilo della gomma delle ruote di una sedia a rotelle strisciare sul pavimento. Qualcuno la spinse fino al tavolo accanto a lui, che ora era parzialmente coperto dalle persone in piedi. La stessa persona prelevò una figura minuta e rannicchiata dal sedile e la adagiò sul tavolo. Gli dava le spalle e con la coda dell’occhio Patrick intuì che stava facendo gli stessi disegni anche sull’altro.
La persona con la casacca e il capo scoperto si voltò e allontanò la sedia a rotelle. Mentre si girava e camminava verso il tavolo su cui era steso, Patrick lo riconobbe: era il direttore Hans Strom.
Clara Cluster partì a intonare una litania strana e indecifrabile, uno dopo l’atro, i tre compagni fecero altrettanto. Solo Hans, in piedi dietro alla sua testa, rimase in silenzio.
Patrick deglutì. Quella situazione stava diventando grottesca ed ebbe il timore di essersi ficcato in un gigantesco guaio, da cui non sarebbe mai uscito e che gli avrebbe fatto mancare alla promessa fatta a Samuele.
Hans sporse in avanti il volto. Copriva parte della luce, restando del tutto in ombra e apparendo minaccioso. Gli posò la mano sinistra sulla fronte. “Non devi avere paura” disse con la voce che usciva dalle labbra chiuse e entrava direttamente nella mente di Patrick. Sorrise. “Presto anche tu sarai speciale come me.”
Patrick fece roteare gli occhi verso il secondo tavolo. Il suo sguardo incrociò quello dell’altro partecipante, steso come lui e si trattenne dal trasalire. Era un uomo, sembrava vecchio, anzi antico. La pelle grigiastra, pochi e sparuti capelli raggruppati in chiazze sulla nuca e un’espressione di dolore insopportabile che gli ricopriva il volto come una maschera.

Il campanello risuonò, strappando Patrick dal sonno. Si rizzò a sedere nel letto. Si era appisolato leggendo un libro, tastò il materasso cercandolo, ma non lo trovò.
Il campanello emise altri due squilli e lui si alzò ancora un po’ intontito. Calpestò con i piedi nudi il libro caduto sul pavimento.
«Arrivo! Arrivo!» gridò mentre partiva un nuovo trillo. Raggiunse la porta correndo e la spalancò.
«Ehi, non mi sentivi?» gli domandò Sara. Lo scrutò aggrottando la fronte. «Hai un aspetto terribile, è un brutto momento?»
«No, vieni. Entra» rispose Patrick, asciugandosi il sudore della fronte con il dorso della mano destra. «Mi ero addormentato. Per fortuna mi hai svegliato.»
Sara s’insinuò nell’ingresso. «Hai fatto un brutto sogno?»
«Un incubo che forse è anche una visione sul mio passato. Ho bisogno di bere qualcosa.» Si avviò in cucina. «Posso offriti del tè freddo?»
«Volentieri» rispose lei seguendolo. «L’incubo, o meglio la visione, riguardava Samuele?»
Patrick prese due bicchieri dalla credenza e li posò sul tavolo. «Più o meno. Penso che toccarlo abbia sbloccato ulteriormente qualcosa nel mio cervello.» Prelevò la brocca con il liquido ambrato e il ghiaccio dal frigorifero e lo versò nei bicchieri. «È come una specie di ingranaggio che all’improvviso ha ripreso a funzionare.»
Sara prese il bicchiere che le porgeva e bevve una lunga sorsata. «È una buona notizia, giusto?»
Patrick ingollò a sua volta il tè. «Non so. Si tratta di eventi che coinvolgono il C.E.N.T.R.O. e chi ci lavora e più cose vengo a sapere, meno mi piace averne fatto parte.»
«Non devi. Sicuramente non hai fatto niente di male. Volevi portar via Samuele.»
«E prima che lui arrivasse? Non ricordo nulla di quello che combinavo prima di conoscerlo.»
Sara si portò nuovamente il bicchiere alla bocca, evitando di rispondere.
Patrick si pentì di aver riversato su di lei i suoi dubbi. In verità doveva liberarsi di un peso però temeva la sua reazione; allo stesso tempo si rese conto che se avesse aspettato il momento giusto per la sua confessione, non sarebbe mai arrivato. Buttò giù tutto d’un fiato il resto del tè e disse: «Sono confuso perché negli ultimi mesi ho fatto una scelta di cui non vado molto fiero.»
Sara abbandonò il bicchiere sul tavolo. «Di che si tratta?»
Lui trasse un lungo sospiro. «Subito dopo la morte di tuo zio, Kaspar venne da  me. Raccontò che sapeva tutto di te, tuo fratello e dei vostri amici. Lo aveva scoperto osservandovi a scuola e voleva portarvi al C.E.N.T.R.O. per tenervi sotto controllo. Mi opposi e gli giurai che se vi avesse lasciato in pace, vi avrei spiato per conto suo e gli avrei riferito tutto quello che riguardava i vostri poteri e le attività soprannaturali.»
Sara lo fissò in silenzio.
«Può sembrarti una scusa banale, ma l’ho fatto solo per proteggervi tutti. Pensavo di onorare la memoria di Fulvio, anche se non era proprio un gesto… ecco diciamo nobile, era l’unica scelta che avevo per tenervi alla larga dal C.E.N.T.R.O.»
Lei lo fissò impassibile. «È tutto qui?»
«Sì» rispose, non decifrando la sua reazione.
«E ti preoccupi di una cosa del genere?»
«Vi fidavate di me e vi ho mentito.»
«Certo e non mi fa piacere saperlo, ma ti ricordi cosa ho combinato io? Ho quasi riportato DiKann sulla Terra e cercato di fare del male a Sabrina e suo figlio» replicò Sara. «Nonostante questo mi avete perdonato tutti. Se dobbiamo fare una graduatoria delle cattive azioni, la tua non rientra nemmeno tra le prime venti posizioni.»
Patrick provò un piacevole sollievo e rilassò i muscoli. «Pensi che anche gli altri capiranno? Kaspar mi ha sottilmente minacciato di rivelare tutto.»
«Lo batteremo sul tempo e so per certo che agli altri tu stai più simpatico di Kaspar. All’inizio si sentiranno un po’ traditi. Mio fratello magari farà qualche scena melodrammatica, è tipico di lui, ma poi ricorderanno che sei una persona gentile e altruista, che si è sempre messo in gioco per aiutarci. Quello che io so ogni volta che ti guardo.»
Patrick fece due passi, chinò la testa e la baciò sulle labbra. «Grazie. È bello sapere che da questa assurda storia ho avuto la fortuna di incontrarti.»
Sara arrossì lievemente.
«Scusa, non ti ho nemmeno chiesto come mai sei venuta a trovarmi» si rese conto. «C’è qualche nuova emergenza?»
«No, è per questo.» Sara sfilò dalla tasca un cartoncino piegato a metà e lo consegnò a Patrick. «Martedì è il mio compleanno. Con Leonardo facciamo una piccola festa al Full Moon e mi piacerebbe andarci insieme a te. Come una coppia. So che ti senti un po’ in imbarazzo a rivelarlo ma…
«Va bene» la interruppe sorridendo. «Voglio fare sapere a tutti che sono innamorato di te.»
Questa volta fu Sara ad alzare il volto e baciarlo appassionatamente sulla bocca.

Il campanello suonò tre volte con insistenza, Leonardo scattò in piedi e corse alla porta e l’aprì.
Davide lo fissò trafelato. «Ci sono problemi? Quei pazzoidi del C.E.N.T.R.O. sono tornati all’attacco?»
Leonardo si spostò per farlo entrare. «No, niente del genere. Perché ogni volta che chiamo qualcuno di voi pensate subito a un problema?»
«Perché la maggior parte delle volte è così.»
Leonardo non poté dargli torto. Scortandolo in camera sua si rese conto che le occasioni di incontrarsi come ragazzi normali erano sempre più rare. «Comunque questa volta non c’è niente di allarmante.» Prese dalla scrivania un cartoncino piegato e lo porse al compagno.
Davide lo afferrò e l’aprì. «Oh ma guarda, un nuovo invito al Full Moon per la festa del tuo compleanno. Non è la prima volta.»
«Sì, ma in questo caso sono io a volerti presente» replicò.
Davide sollevò gli occhi dall’invito, allegro e compiaciuto dalla risposta. «Dovrò pensare a un regalo.»     
«Non è necessario. Mi basta quello che hai fatto settimana scorsa. Mi hai appoggiato nei sotterranei del C.E.N.T.R.O. e mi ha fatto piacere il tuo atteggiamento protettivo.» Gli si avvicinò lentamente. «Ho riflettuto su quello che mi hai detto. Voglio provare.»
«Cosa?»
«Noi due. Voglio che proviamo a essere fidanzati, una coppia o come vuoi chiamarlo. Non so spiegarti cosa sento per te, ma mi piace quando siamo insieme. Se per te non è un problema, potremmo provare a vedere se funziona tra noi.»
Davide lo baciò sulla bocca.«D’accordo. Quindi, la festa per il tuo compleanno sarà la nostra prima uscita ufficiale.»
«Direi di sì.»
«Tranquillo, non sono il tipo da scambiare effusioni in pubblico.» Davide ci pensò su un attimo e aggiunse: «Non ancora.»
« In ogni caso non sarà un problema» disse Leonardo. «Al Full Moon nessuno ci darà fastidio e saremo solo noi, mia sorella e il suo accompagnatore, Naoko, Sabrina e Yuri.»
«A proposito, quei due ci devono delle spiegazioni.» Davide perse la sua espressione soddisfatta e s’incupì. «Non mi ha convinto il loro comportamento nel sotterraneo. Di sicuro sanno qualcosa che non ci dicono.»
Leonardo si mordicchiò il labbro inferiore «In effetti erano un po’ troppo ansiosi di entrare in quella camera, quella con i tre zero sulla targhetta.»
«Scommetto che hanno già un’idea di cosa nasconde.»
«A dire il vero anche io ho visto qualcosa» rivelò Leonardo. «Prima di venire scaraventato nel mio corpo, con la proiezione astrale ho avuto una specie di flash dell’interno. Sembrava un laboratorio, un incrocio tra il Programma Arma X e le capsule degli alieni di Roswell
Davide lo fissò incredulo. «Hai visto delle creature lì dentro?»
«Non ne sono sciuro. Mi sembra che ci fosse una specie di vasca di contenimento e forse c’era qualcosa all’interno, qualcosa messa lì per essere tenuta in vita.»
«Non raccontarlo a nessuno.» Davide si sedé sul letto e prese le mani dell’altro ragazzo nelle sue. «Dovremo fare qualcosa di poco piacevole, ti fidi di me?»
Leonardo annuì.
«Alla festa dobbiamo mettere sotto torchio Sabrina. Yuri non parlerà mai, ma lei cederà.»
«È proprio necessario? È la mia migliore amica. Vorrei si confidasse spontaneamente.»
«Lo so, ma è per il bene di tutti» gli rispose pacatamente . «Se anche solo una piccola parte di quello che hai visto è vero, è probabile che al C.E.N.T.R.O. stiano allevando un’arma. E non sappiamo se è per usarla contro di noi.»


Continua...