CAPITOLO 52
Il passato non dimentica
Come aveva
promesso a Patrick, Sara non saltò nuovamente un giorno di scuola. Una compagna
l’aveva chiamata avvertendola che ci sarebbe stata la simulazione di una prova
d’esame e quindi di essere presente.
Camminando in
fila dietro agli altri studenti, Sara si sforzò di pensare positivo. Devo solo preoccuparmi di andare bene nella
prova. È questo quello su cui devo concentrami. Niente demoni, o vite passate.
Come farebbe qualsiasi adolescente all’ultimo anno delle superiori.
Mentre stava per
entrare nell’edificio, venne raggiunta da Yuri.
«Ciao, tutto
bene? Ieri non ti ho vista. Hai avuto qualche problema?»
«No, stai
tranquillo, è tutto a posto» rispose gentilmente. «Se escludiamo che oggi ho
una simulazione d’esame. Però penso che me la caverò.»
Yuri sospirò.
«Anche nella mia classe oggi c’è una simulazione. Il lato positivo è che
possiamo uscire prima da scuola se finiamo in anticipo.»
«Non lo
ricordavo. Allora è meglio che mi sbrighi. Magari ci vediamo all’uscita.» Sara
lo salutò con la mano e corse verso la scale.
Rifletté che era
la prima volta che riusciva nuovamente a parlargli come ai vecchi tempi da quando
si erano presi una pausa. Yuri non si
era allontanato, anche se lei lo aveva trattato con freddezza e concluse che
forse era arrivato il momento di ripensare seriamente alla loro relazione.
La classe era
immersa nel silenzio. I due professori che dovevano sorvegliare i ragazzi erano
seduti alla cattedra e tra uno sguardo e l’latro agli studenti, scambiavano due
chiacchiere tra di loro.
Sara lesse
velocemente le domande del test e poi evidenziò nel testo i riferimenti che
potevano esserle utili. Si sentiva tranquilla, non aveva avuto difficoltà nell’individuare
le risposte e credeva di essere in grado di rispondere a tutte le domande in
breve.
Dall’inizio del
tempo a disposizione non staccò lo sguardo dai fogli e all’improvviso la vista
le giocò un brutto scherzo. Le parole cominciarono a sovrapporsi una con
l’altra e le lettere a cambiare posto tra loro.
Non devo cedere alla stanchezza si disse,
chiudendo momentaneamente gli occhi. Ancora
pochi minuti di concentrazione e avrò finito.
Sollevò le
palpebre e trovò un volto a fissarla, all’altezza della nuca del compagno
seduto davanti a lei. La faccia aveva una carnagione grigiastra e i capelli
appiccicati alla testa erano della stessa tonalità. Il labbro inferiore era
rotto e una crosta di sangue grigio scuro formava una virgola sul mento.
Sara scrutò
intorno a sé, ma tutti avevano lo sguardo rivolto sui propri fogli. E i
professori discutevano tra loro, uno di fronte all’altro. Era l’unica a vedere
quel volto galleggiare nel vuoto.
«La principessa
è senza parole» disse all’improvviso la testa del giovane uomo.
Sara non
rispose.
«Credi di
potermi ignorare?» riprese lui. «O pensi che qualcuno di loro possa sentirti?»
«Che significa?»
domandò Sara, parlando a voce alta.
«Hai notato
qualcuno girarsi? No. Questo perché non puoi scappare da me. Come io non ho
potuto scappare da te.»
«C-chi sei?»
«È quasi
divertente che tu me lo chieda» rispose, senza ridere. «Prima di finirmi, hai
detto che il primo uomo che uccidi non lo scordi mai.»
Sara scosse
violentemente la testa. «Non ti ho ucciso. Non ho ucciso nessuno.»
«Bugiarda! Tu,
Sayka figlia bastarda di DiKann, sei un’assassina.»
«Non sono Sayka.
Lo ero, ma ora sono Sara Martini.»
L’espressione
dell’uomo divenne ancora più rabbiosa. «Tu sarai sempre Sayka. Chi hai ucciso
non lo dimenticherà tanto facilmente, come cerchi di fare.» Dall’estremità
inferiore della testa prese forma il collo e il torace, seguiti da un paio di
braccia e mani, tutto dello stesso colore grigio fumo. Rapide, le mani si avvicinarono minacciose al suo collo.
Sara cercò di
allontanarle con le proprie, ma lui le schivò senza sforzo.
«Tutti i morti
di cui sei responsabile sono parte di te!» urlò, mentre il resto del suo corpo
compariva, posizionandolo in ginocchio sul banco, sopra ai fogli del test. Gli
si lanciò contro e le strinse le dita intorno al collo, buttandola per terra.
Sara sentì il
respiro mancarle e udì la sua gola emettere un rantolo, mentre gli occhi gelidi
del suo assassino brillavano di gioia.
«Martini!
Martini!»
La voce agitata
del professore fece aprire di colpo gli occhi a Sara. Era distesa sul pavimento,
accanto al suo zaino, respirava affannosamente, mentre il professore chino su
di lei continuava a chiamarla.
«Stai bene?» le
chiese spaventato.
«Non… non lo so»
balbettò lei, rendendosi conto di avere addosso lo sguardo sgomento di tutti i
compagni.
«Hai fatto degli
strani versi e poi sei caduta per terra» raccontò l’uomo, aiutandola a
rialzarsi.
«Voi, tornate al
vostro lavoro» disse l’altro professore ai ragazzi, e uno dopo l’altro
eseguirono l’ordine.
Il professore
che l’aveva soccorsa, accompagnò Sara fuori dalla classe. «Cosa ti è successo?»
«Non so. Credo
di aver avuto un attacco di panico» mentì lei. Non poteva e non voleva parlare
dello strano uomo grigio che aveva tentato di ucciderla.
«A che punto sei
con il test?»
«Mi mancano le
ultime due domande.»
Il professore la
squadrò dubbioso. «Non mi sembri nello stato di continuare. È meglio che tu
vada dal consulente. Se hai un problema a gestire lo stress, è meglio
risolverlo prima dei veri esami.»
Senza concederle
repliche, l’uomo la scortò al piano superiore davanti all’ufficio del
consulente scolastico. La porta era aperta, così entrò insieme a Sara. «Scusi
il disturbo, dottor De Santi, Sara Martini ha avuto un problema durante la
simulazione d’esame e credo sia opportuno che ne discuta con lei.»
Kaspar De Santi
alzò la testa dalle carte che stava leggendo sulla sua scrivania e annuì. «Certo.
Vieni Sara, siediti pure.»
Sara si ritrovò
a farlo anche se non ne era del tutto convinta. Avrebbe voluto ribattere che
non era necessario portarla lì, e che il consulente non poteva fare niente per
lei. La situazione però era incomprensibile, le ci voleva del tempo per capire
cosa fare e come uscire da lì senza aggiudicarsi un biglietto di sola entrata
per il manicomio.
«Non preoccuparti
per la prova. Terremo conto di questo imprevisto. Devo andare dagli altri prima
che venga invalidata la simulazione. Torna quanto ti senti pronta.» Il professore sparì dall’ufficio in un lampo.
Sara si ritrovò
a fissare il volto calmo e sereno del dottor De Santi.
«Vuoi un
bicchiere d’acqua?» le domandò Kaspar, notando la sua espressione spaurita.
«Sì, grazie»
rispose. Istintivamente si tastò con le dita della mano sinistra il collo,
sentendo ancora sulla pelle la stretta dell’uomo in grigio.
Kaspar si alzò e
prese un bicchiere di carta sotto il distributore a forma di boccia, posto
accanto all’entrata dell’ufficio. Lo spinse contro la manopola e lasciò che
l’acqua lo riempisse. Lo porse poi a lei. «Raccontami con calma cosa è
successo.»
Sara impiegò più
tempo del necessario a mandare giù l’acqua. Non sapeva cosa inventarsi. Non
capiva nemmeno lei cosa le fosse accaduto. Scostò il bicchiere di plastica
dalle labbra e disse: «Penso di aver avuto un attacco di panico.»
«Ti è già
successo in passato?»
«No.»
«Però hai subito
identificato il tuo disturbo come un attacco di panico» sottolineò Kaspar. «Dimmi,
cosa hai provato di preciso?»
Sara bevve un
nuovo sorso d’acqua e deglutì. «Stavo
rispondendo alle domande della prova di simulazione. Ero tranquilla, mi
mancavano solo due risposte...» fece una pausa. Decise di raccontare quello che
le era capitato, omettendo qualche dettaglio. Anche perché tutti in classe
l’avevano sentita mentre respirava a fatica e l’avevano vista cadere a terra,
quindi era inutile negarlo. «Poi all’improvviso mi è mancato il fiato. È stato
come se qualcuno cercasse di strozzarmi e senza accorgermene mi sono buttata
sul pavimento. Io… credevo davvero di stare soffocando.»
«Hai avuto
l’impressione di avere qualcuno addosso che ti stringeva la gola. Hai persino
creduto di poter sentire le sue dita.»
Sara sgranò gli
occhi sorpresa. «Si, esatto.» Non si aspettava che le descrivesse alla
perfezione l’attacco che aveva subito.
«Puoi stare
tranquilla. È tutto normale.»
«Davvero? Da
come mi guardavano gli altri non sembrava.»
Kaspar rise
debolmente. «Sei all’ultimo anno. Ci sono gli esami di maturità e poi devi
decidere cosa fare del tuo futuro. Per certi ragazzi questo è uno stress più
pesante di quanto non si aspettano. I momenti di crisi come il tuo non sono
nulla di preoccupante. Devi cercare di rilassarti. Non devi prendere tutte le
decisioni adesso. E devi parlare delle tue paure con qualcuno. Con me, o con i
tuoi genitori.»
Nella mente,
Sara vide il volto di Patrick. Se pensava a qualcuno a cui confidarsi, lui le
sembrava il più adatto.
«Raccontare i
tuoi dubbi ad altri ti può aiutare davvero» insistette il dottore.
«D’accordo, mi
sento più a mio agio con un amico di famiglia» rispose.
«Va benissimo.
L’importante è che non ti tieni tutto dentro. Esternare le nostre angosce, ci
aiuta a superare il problema.»
«Quindi niente
pillole colorate?»
«No, non sei
ancora nello stato di aver bisogno di ansiolitici» disse Kaspar con un sorriso.
«Però vorrei che mi tenessi aggiornato su questi episodi. Solo per sicurezza.»
Sara annuì.
«Ok. Credo che
tu possa tornare in classe.»
Sara ingollò il
resto dell’acqua e posò il bicchiere sulla scrivania. Si alzò e uscì dalla
stanza.
Kaspar prese il
bicchiere di plastica vuoto, lo accartocciò e lo gettò nel cestino accanto alla
porta. La chiuse e tornò alla sua scrivania.
Aprì l’ultimo
cassetto sul lato destro ed estrasse un plico di cartellette beige. Erano
cinque e su ognuna in alto a destra era scritto in stampatello un nome: NAOKO MANCINI; YURI MONTI; SABRINA
CORTI; DAVIDE CAPRI; SARA MARTINI;
Kaspar afferrò
l’ultima e l’aprì. Sul fondo di un foglio, già pieno di suoi appunti scritti a
mano, aggiunse: “Primi segni di allucinazioni sul passato. Ricordi che emergono
spontaneamente? Verificare.”
Chiuse il fascicolo,
si voltò sulla sinistra e controllò il calendario appeso alla parete. «Devo
fare visita a Patrick Molina al più presto. Dopo due mesi, è l’ora di valutare
se ha fatto progressi con il suo incarico e ha altre informazioni sui cinque
soggetti.»
Kaspar ripose i
cinque fascicoli nel cassetto e tornò al suo lavoro di copertura di consulente
scolastico.
Continua…
Nessun commento:
Posta un commento