Una testa, con le orbite vuote e nere, la
mandibola parzialmente coperta da brandelli di carne putrefatta e la bocca semiaperta
per mostrare pochi e isolati denti marci, fu la prima immagine nitida.
Billy la vide e lanciò un gemito.
La cenere stava dando forma anche ad altro:
un corpo con attaccati in evidenza muscoli e pelle che si alternavano tra loro,
almeno dove non erano coperti da una divisa blu stinto, strappata e logora. Un
foro al petto, a sinistra dove s’intravedeva un rivolo di sangue. Altre macchie
di sangue secche formavano una striscia discontinua sul tessuto, proseguendo
sui pantaloni e infine comparvero i piedi nudi, anch’essi un miscuglio
imperfetto di pelle essiccata.
«È lui!» gridò Kenny, lasciando la
sorella e portandosi entrambi le mani al viso, mentre fissava lo zombie con
sguardo sgomento.
Kerry scattò in avanti e bloccò
l’essere, afferrandogli i polsi. «No, è solo un’illusione.»
«Che diavolo significa tutto questo?
Conoscete questa.. cosa?» domandò Billy confuso.
Kerry lo guardò seria. «Occupati di quel
tizio nell’ombra. Non eri venuto per parlare? Fallo» gli rispose. «Qui ci penso
io, ma sbrigati: se il burattinaio non si ferma con le buone, gli rompo le ossa.»
Billy tralasciò di insistere sul fatto
che la loro reazione fosse stata ambigua nel vedersi comparire davanti lo
zombie e si avvicinò al ragazzo che lo aveva tirato fuori dal nulla. Arrivatogli
quasi accanto, riuscì a distinguere il suo volto. Aveva i capelli castani, la
pelle olivastra e occhi marroni. «Ascolta, qualsiasi cosa tu stia facendo, devi
smetterla.»
«Perché?» chiese lui con noncuranza.
Non sembrava arrabbiato, neanche
aggressivo, pareva quasi stanco. Billy lo studiò con attenzione e ricordò di
averlo già visto in mensa e a lezione di storia. «Sei Jordan, giusto? Jordan…
Gutierrez. Per favore, se non vuoi fermarti, almeno spiegami perché lo stai
facendo.»
L’espressione di Jordan cambiò. Ora
parve confuso, come se non si aspettasse quella domanda.
Billy si guardò alle spalle. Kerry non
faticava molto a tenere a bada lo zombie, il quale non si sforzava a sua volta
troppo per andare contro i due. Kenny era
ancora sconvolto, ma non in pericolo. Decise allora di continuare a
parlare a Jordan. «Devi avere una ragione. Magari anche giusta. Qualcuno non ti
ha dato attenzione? Oppure un bullo ti tormenta? Di qualsiasi cosa si tratti, a
me puoi parlarne.»
Jordan si allontanò di un passo dal forno
fiammeggiante e disse: «Voti.»
Billy aggrottò la fronte. «Voti?»
«Sì, stupidi, inutili voti. Come se
definissero ciò che sei o potessero davvero
dare un valore a quello che sai.» Jordan lo guardò infuriato. «Ti sembra
giusto? I voti non possono quantificare la fatica che fai, o il tempo impiegato
sui libri, sacrificando altro. Però sono l’unica cosa che conta e ti permette
di uscirne.»
In maniera esponenziale alla crescita
della sua rabbia, Billy udì alle sue spalle lo zombie animarsi, emettere versi
e ringhi minacciosi. Era chiaro che tenerlo calmo era l’unica strategia
vincente. «Ok, sono d’accordo. I voti non sono… giusti.» Rifletté qualche
istante, il problema di Jordan era semplicemente di tipo scolastico, ma un
brutto voto non poteva giustificare tutte le mostruosità che aveva creato.
«Però non devi prendertela tanto» aggiunse. «Cosa te ne importa dei voti finali?
Ormai sei all’ultimo anno. Tra pochi giorni ti diplomi e non dovrai più
pensarci.»
«È proprio questo il punto» urlò Jordan.
Le fiamme divamparono dal forno al suo
fianco. E Billy sentì lo zombie ringhiare in modo più violento.
«Questo morto vivente è più forte,
adesso» confermò Kerry, affaticata.
«Non potrò diplomarmi» riprese Jordan,
stringendo le dita di entrambe le mani a pugno. «Per dei stupidi voti bassi in
biologia, matematica ed economia non ho superato i corsi e dovrò ripetere
l’anno. Un intero anno ancora qui dentro per colpa di tre materie e soprattutto
di quello stronzo del professor Monaghan. Quello ce l’ha con me, mi odia, probabilmente
perché sono ispano-americano e quindi è anche razzista. Ma nessuno interviene
per fermarlo.»
«D’accordo, hai subito un’ingiustizia,
ma ci sono altri modi per sistemare la faccenda.» Billy si forzò di trovare una
soluzione abbastanza convincente per farlo ragionare. «Prova a parlarne con il
preside.»
«È inutile» replicò Jordan arrabbiato.
«Hanno già deciso. Mi bocciano e non ci sono alternative. Allora, se io sono
costretto a tornare qui dentro, bloccato ogni giorno, lo saranno tutti. Nessuno
potrà più uscire!»
In parte Billy condivideva il suo
risentimento, ma doveva comunque trovare un modo per fermarlo e possibilmente
non violento. «Posso capirlo, ma tutto il resto? Perché hai fatto in modo che
dei ragazzi si trasformassero in mostri o in altro? Perché creare cose
abominevoli come quello» domandò e si girò a indicare lo zombie in lotta con
Kerry.
Jordan lo guardò come se fosse ovvio.
«Di cosa ti meravigli? Professori che ti trattano con superiorità e fanno di
tutto per penalizzarti. Ragazzi, tuoi compagni, che fanno i bulli e ti prendono
in giro, oppure ti ignorano ed emarginano. Angosce per esami e interrogazioni
che determineranno quanto tempo dovrai ancora trascorrere qui dentro. La scuola
non ti sembra un vero Inferno?»
Billy si sentì uno stupido a non averci
pensato prima. Una parte di lui, forse quella più connessa al sé adulto, trovava
logico il ragionamento del ragazzo e naturale che l’influsso della Bocca
dell’Inferno facesse il resto. Restava comunque sorpreso dalla varietà degli
orrori. «Però ti sei proprio sbizzarrito.»
«Non sono direttamente responsabile per tutto
quello che viene fuori» rispose Jordan. «Restare incastrato un altro anno al
liceo è il mio Inferno e volevo che gli altri provassero lo stesso. Ognuno doveva
sperimentare il proprio Inferno senza poterne uscire.»
Kerry urlò, costringendo Billy a voltarsi indietro. Lo zombie sembrava
diventato decisamente più potente negli ultimi minuti. L’aveva afferrata per il
collo e lanciata sul pavimento, sbattendola sul cemento come un sacco di
patate. La ragazza rimase a terra dolorante, accusando il colpo. Lo zombie le
passò accanto e con lentezza si avvicinò a Kenny.
«No, stai indietro» urlò il ragazzo,
rannicchiandosi contro il muro. «Stai indietro.»
Kerry tentò di rimettersi in piedi,
senza successo. «Combattilo» disse con un sussurro.
Kenny nascose la faccia dietro il
braccio sinistro. «Non posso. Non posso farlo» ripeté con la voce tremante.
Billy sapeva che intervenire sullo
zombie era inutile, per di più senza avere niente che lo potesse ferire.
Afferrò le braccia di Jordan e gli
ordinò: «Ferma questa assurdità!»
Jordan sostenne il suo sguardo.
«Perché?»
«Perché la vita non finisce al liceo e
se pensi che qui sia brutto e ingiusto, fuori è anche peggio.»
«E tu come lo sai?» chiese beffardo
Jordan. «Sei un anno più piccolo di me.»
«Devi fidarti, ripetere un anno non è la
fine del mondo, o un problema insormontabile.» Billy sentì di nuovo una
connessione con Elliott Summerson, il suo alter ego adulto. Provò una
convinzione diversa, estranea e allo stesso modo dettata da un’esperienza
maturata in più anni dei suoi. «Per
certi versi è un’altra opportunità. Puoi rimediare a quello che non ti piace,
rifare tutto da capo, imparando da quello che hai sperimentato in quest’anno e
viverlo meglio. Farti nuovi amici o riallacciare i rapporti con i vecchi con
cui ti sei allontanato; far capire ai professori e ai bulli che non ti possono
mettere in difficoltà. Questo ti servirà per essere in parte pronto alla vita
fuori di qui, perché queste seconde chance difficilmente le avrai nel mondo
oltre queste mura.»
Jordan non rispose subito e lo fissò
scettico. «Sembra quasi che tu abbia già provato cosa vuol dire non essere più
un liceale.»
«In un certo senso è così.»
Jordan mosse le braccia per liberarsi e
Billy lo lasciò andare. «È stato questo il tuo Inferno?»
«Forse. Non ne sono sicuro» gli rispose.
Billy ricordò di colpo Kenny in pericolo e riportò lo sguardo su di lui. Fece
in tempo a vedere lo zombie che gli afferrava i riccioli neri e lo rimetteva a
forza in piedi. «Per favore, annulla tutto e prova a ricominciare. Per le
insufficienze troveremo un modo per rimediare. Ho un’amica che è un genio, di
sicuro ti darà una mano.»
Jordan spostò gli occhi da lui e osservò
Kenny a sua volta. Lo zombie aveva tirato la faccia del ragazzo accanto alla
sua e con la bocca spalancata e in parte sdentata, si apprestava a morderlo,
come se fosse un churro fumante. «Mi prometti che questa volta sarà meglio?»
«Non posso, ma non lo saprai se non
proverai. Però se vai avanti con il tuo “condividiamo l’Inferno” non lo
scoprirai mai.»
Kerry si rialzò barcollando e cercò di
raggiungere il fratello. «No! Ti prego, fermo. Non puoi pa…»
«Va bene. Proviamo» disse infine Jordan.
«Faremo a modo tuo. Basta Inferno.»
Lo zombie si dissolse in cenere, un
istante prima di affondare i pochi denti nella pelle color cioccolato di Kenny.
Un onda di calore invisibile si propagò per tutta la stanza, riportandola alle
sue dimensioni reali.
Billy guardò il forno fiammeggiante e
aveva ripreso le normali dimensioni e l’aspetto della caldaia della scuola.
Girandosi, si accorse inoltre che Kerry stringeva tra le braccia Kenny singhiozzante
e a un passo da loro.
Michelle entrò dalla porta spalancata, i
capelli abbandonavano la tinta scura per riprendere il rosso naturale e le vene
svanivano dalla sua faccia mentre passava in rassegna i volti di tutti, con un
misto di sollievo e confusione.
«È tutto finito» spiegò Billy a lei e
anche agli altri due ragazzi. «Jordan non intende più fare del male a nessuno.»
Sfiorò gentilmente la spalla del ragazzo e uscì nel corridoio, trovò che era
stretto e piccolo, come era giusto che fosse. Incontrò Donovan e Betty – ora
rinvenuta – appoggiati al muro delle scale appena riapparse e lo guardarono
sollevati.
«Abbiamo vinto?» domandò Donovan.
Billy
annuì, passandogli accanto. «Vado a controllare anche il resto della scuola, ma
credo che il pericolo sia superato.»
Correndo, salì le scale che lo portavano
fuori dal seminterrato, con in testa principalmente il pensiero di Zec. Doveva
assicurarsi che anche lui fosse tornato normale.
Billy arrivò ansimante davanti alla
classe di matematica. La parte dell’edificio che aveva attraversato si era
rivelata tornata al suo stato abituale. Aveva incrociato dei ragazzi e pochi insegnanti
mentre uscivano insicuri dalle classi in cui erano stati tenuti prigionieri e
anche se avevano un aspetto umano, sui loro volti aveva letto le stesse
espressioni di terrore, sconcerto e infine sollievo avuto dai suoi amici nel
corso della loro lotta con l’Inferno personale.
Superò la porta divelta e stesa a terra
e sentì il rumore di vetri andare in pezzi all’interno.
Nell’attimo in cui entrò nell’aula,
l’anta dell’armadio volò contro il muro e Zec uscì con il suo aspetto da
poltergeist oscuro. Appena lo vide, riacquistò il suo look normale. «Cos’è
successo? Stavo parlando con Michelle e Betty e mi sono ritrovato chiuso
nell’armadio.»
Billy sorrise. Gli andò incontro, lo
abbracciò forte e poi lo baciò sulle labbra. Rimase a lungo a contatto con la
sua bocca, assaporando la materialità della sua pelle e la conferma del suo
essere vivo.
Quando si staccò, Zec chiese: «A cosa lo
devo? Non che mi dispiaccia, ma ho come l’impressione di essermi perso
qualcosa.»
«Mi sono reso conto che non ci siamo mai
scambiati un bacio» rispose Billy. «Non volevo rischiare di avere questo
rimpianto.»
Zec lo guardò incerto. «È tutto a
posto?»
Billy gli strinse le mani nelle sue. «Ora
che vedo che stai bene, sì.»
«Fermi dove siete!»
I due ragazzi si voltarono verso l’apertura
della classe. Non si erano accorti di non essere soli.
Un poliziotto era fermo a fissarli. Era
lo stesso intervenuto la sera della recita e puntava la sua pistola di
ordinanza contro di loro.
Continua…?
2 commenti:
Buon fine agosto!
Grazie. Anche a te.
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