Billy brandì la Falce con sicurezza e
calò la lama sul collo di Sunday.
La vampira si mosse con destrezza
all’indietro, evitandola. «Che diavolo è quell’affare?» ringhiò irritata.
«È l’arma suprema delle Cacciatrici»
rispose Billy, avanzando verso di lei minaccioso. «Destinata a loro e parte
della loro eredità. Non lo sapevi?»
«Balle!» replicò. «Se esistesse una cosa
del genere, ogni vampiro la riconoscerebbe.»
«A quanto pare non sei poi così
informata» rispose Donovan.
Sunday ringhiò di nuovo, ma più
sommessamente. Si voltò verso i suoi sottoposti e urlò: «Cosa aspettate? Un
invito ufficiale?»
Simon, Stefan, Caroline e Alice, si
gettarono nella caffetteria e presero di mira ognuno una preda.
Billy scattò di nuovo contro Sunday. Non
poteva permettere a quei bulli vampiri di facre del male ai suoi compagni e se
avesse messo K.O. il loro capo, sarebbero stati meno sicuri di riuscire a
sopraffarli. Usando la base della sua arma, mirò deciso con la punta del
paletto al cuore della vampira, ma nuovamente lei scansò l’attacco.
Sunday gli diede un colpo violento con
il braccio, lui però non perse la presa. Rivoltò la Falce e la fece scorrere
verso l’alto, sfregando la lama dell’ascia contro il volto vampiro di Sunday,
riuscì ad aprirle un lungo squarcio sulla guancia.
Sunday ringhiò e strillò, mischiando i
due suoni.
I quattro bulli vampiri che stavano
avanzando, si voltarono di colpo a fissarla.
Lei si toccò la ferita con la mano
destra e guardò sorpresa il sangue sulle dita.
Il suo aspetto non era più sicuro, ora
appariva vulnerabile, proprio quello che Billy voleva. Sfruttò lo stupore della
nemica e riafferrando la Falce all’impugnatura, le corse incontro conficcandole
il paletto nel petto.
Sunday rimase a bocca aperta e cadde
sulle ginocchia, trascinando sul pavimento anche Billy, con le dita serrate sull’arma.
Vedendola in quello stato, Alice, Caroline
e Stefan non mascherarono il loro timore. Senza attenersi alle istruzioni del
loro capo, corsero fuori dalla caffetteria.
Simon guardò i quattro umani immobili e
indecisi, poi si abbatté su di lui.
Billy non poté reagire: avvertì in una
vampata di dolore i canini affondare nella carne sul collo. Gridò, provò a
districarsi, ma era bloccato tra i due corpi. Quello di Simon, che lo teneva
fermo alle spalle, succhiandogli il sangue e quello di Sunday ,davanti a lui,
in cui era conficcato il paletto della Falce che gli impediva di muovere il
braccio con cui la reggeva.
«Aiutiamolo» gridò Betty.
«Ci penso io» rispose Donovan.
Billy udì alle sue spalle un rantolo e
poi polvere cadere sulla sua schiena. Girò il volto e vide il compagno incredulo tenere il paletto
a poca distanza, infilzando l’aria.
«Ce l’ho fatta» esultò Donovan. «Ho
ucciso un vampiro!»
«Ottimo» si complimentò Billy. Provò a
ritrarre il braccio, sorpreso che anche Sunday non fosse già polvere, ma lei
gli afferrò il polso.
«Hai fatto male i conti» gli sussurrò.
«Il cuore è due dita più in alto.» Girò a forza il polso, facendo scrocchiare
le ossa.
Billy urlò di nuovo e perse la presa
sulla Falce.
Mugugnando, Sunday estrasse dal petto la
parte dell’impugnatura intagliata a paletto e si rimise in piedi.
«Non ti muovere» le intimò Zec. Ruotò la
mano sinistra e la Falce venne strappata da una forza invisibile dalla mano
della vampira e volò dritta nella sua. «Se fallisci al primo colpo, tenta di
nuovo.»
«Non credo proprio» rispose Sunday.
Ruggì e scansandoli, corse verso la finestra da cui erano entrati, rimasta
aperta. Saltò all’esterno e fuggì nell’oscurità della notte.
Donovan si piegò per aiutarlo a
rialzarsi. «Tutto ok, amico?»
Con la mano sana, Billy si pulì il collo
dal sangue che iniziava a seccarsi. «Credo mi abbia rotto il polso, ma sto
bene.»
«Ok, allora andiamocene» disse Michelle.
«No. Dovete trovare gli altri e
polverizzarli» rispose. «Non possiamo rischiare girino liberi di fare altre
vittime.»
«Non vieni con noi?» domandò Betty.
Billy provò a mascherare una smorfia di
dolore. «Non vi sarei di grande aiuto. E poi è meglio che rimanga qui nel caso
tornassero.»
«Ma come faremo da soli? Non siamo
esperti come te» disse Michelle.
«Ce la farete.» Billy si voltò verso
Zec. «Dai la Falce a Betty e Donovan e voi due afferratene entrambi una
estremità.»
«Cosa hai in mente?» gli chiese Donovan,
eseguendo comunque la richiesta e afferrando con la mano libera la parte della
falce terminante nel paletto di legno.
«La Falce l’abbiamo creata noi, almeno
questa versione» spiegò Billy, facendo segno a Betty di fidarsi come aveva
fatto l’amico. «Ci appartiene, ognuno di noi può usarla per cacciare. Quando
l’ho toccata, ho capito possiamo dividerne il potere e dividere l’arma. Quindi,
ognuno di voi tiri la parte che regge.»
«La spezzeremo» disse Betty, stringendo
le dita poco sotto la lama dell’ascia rossa.
«Fidatevi» rispose Billy. «Non si
romperà.»
«Ok, al mio tre» fece Donovan. «Uno. Due.
E tre!»
Betty e Donovan si mossero come nel tiro
alla fune, trascinando verso il corpo la parte di arma che impugnavano. Con
fatica la sentirono scricchiolare sotto i loro sforzi e subito dopo, la
Falce si divise in due metà senza danno.
Betty rimase con in mano l’ascia e Donovan con il paletto.
«Straordinario.» Zec li guardò estasiato,
poi si riscosse e fissò Billy. «Ma così resterai disarmato.»
Donovan raccolse il paletto buttato a
terra da Sunday e gli porse anche il suo. «Tieni, in caso di cattivi incontri.»
Billy li prese e sorrise. «Dividetevi a
coppie e andate a caccia di vampiri.»
«Come li troveremo?» domandò Michelle.
«Lasciate che sia la Falce a guidarvi.»
Attraversando il corridoio, Zec osservò
il paletto della Falce in mano a Donovan. Avevano deciso che essendo lui ancora
in grado di sfruttare il potere telecinetico, spettava al suo compagno tenerla,
tuttavia si domandava cosa provasse.
Quando aveva afferrato l’arma completa,
una scarica di energia si era diffusa nel suo corpo. Era come un’iniezione di adrenalina
mista a una consapevolezza e sicurezza in se stesso, che non aveva mai provato.
Si domandò se anche solo metà della Falce avesse lo stesso effetto sul ragazzo
che gli camminava al fianco.
«È tutto a posto?» gli chiese.
Donovan annuì. «È fantastico. Mi sembra
di averlo sempre fatto. Come se avessi l’esperienza di anni di caccia.» Sollevò
il paletto e lo guardò ammirato. «Chissà se per le ragazze è lo stesso.»
«Penso di sì. Io ho provato qualcosa di
simile quando l’ho tenuta in mano intera.»
«È la stessa sensazione di quando…»
Donovan gli indicò il volto con l’indice sinistro. «Insomma… come quando sei in
modalità poltergeist barra telecinetico?»
«No. È diverso» rispose Zec. «Questo ha
che fare con il dolore.»
«E la rabbia.»
«Cosa? No. E comunque tu cosa ne sai?»
«Ti ho visto quando lo hai fatto la
prima volta. Sulla tua faccia c’era rabbia, eri proprio incazzato nero.»
Donovan sorrise. «E non sei bravo a mascherare quello che ti passa in testa.»
«Che vuoi dire?»
Donovan si fermò. «Ti piace Billy.»
«No.»
«Per favore, è tutta la sera che lo
fissi in quel modo… per me è ok, voglio dire, non ho nessun problema, è giusto
tu sia libero di essere te stesso e lo rispetto. Anzi, mi chiedevo se ti
piaccio anche io in quel senso.»
«Donovan, tu non sei gay.»
«E allora? Non ti ho detto di metterci
insieme, voglio sapere se mi trovi sexy.»
Zec sbuffò spazientito. «No, non sei il
mio tipo.»
Donovan gli diede una pacca sulla
spalla. «Bene, un problema in meno. Anche tu non sei il mio genere e ci saranno
già abbastanza drammi quando dovrai contenderti Billy.»
Zec lo guardò confuso. «Ma di che
diavolo parli? Chi s…»
«Shh!»
lo zittì mettendogli la mano sinistra con il palmo aperto sul petto. «Sento
qualcosa…»
«Come puoi sentire altri suoni oltre le
nostre voci?»
«Non lo so, forse e per via del paletto
della Falce.» Donovan si voltò verso le scale che portavano al piano superiore.
«Da quella parte. Uno dei vampiri è là.»
Donovan corse, facendo gli scalini due a
due. Zec gli fu dietro, ripromettendosi di riprendere il discorso su Billy una
volta finita la caccia.
Entrarono nel nuovo corridoio e Donovan
continuò a procedere sicuro, muovendo lentamente il paletto davanti a sé. A Zec
parve come un rabdomante in cerca di acqua.
«È qui» sussurrò Donovan. «E di certo ci
ha sentiti arrivare.»
«Dovremmo pensare a un piano» rispose
Zec a bassa voce, mentre oltrepassavano l’ingresso spalancato delle prime aule
ai due lati.
«Non ce ne è bisogno.» Donovan si girò
di scatto verso la seconda aula alla sua destra. «Posso ancora coglierlo di
sorpresa.»
Stefan balzò fuori dalla classe e si
avventò su Donovan, atterrandolo. Poi lo sollevò di peso, gli torse il braccio
con cui impugnava il paletto dietro la schiena e gli strinse l’altro contro la
gola.
«Lascialo andare» gli ordinò Zec.
«Altrimenti, frocetto? So che non puoi
strapparlo dalla mia presa con il tuoi trucchetti» rispose Stefan, con metà
volto nascosto dietro la nuca di Donovan, ma mostrando la sua forma da vampiro.
«E se vuoi provare a buttarmi di nuovo fuori da una finestra, il tuo
fidanzatino verrà con me.»
Zec imprecò mentalmente. Stefan aveva
ragione: non si controllava ancora appieno, rischiava di fare male a entrambi
se provava anche solo a sollevare il vampiro da terra.
«Ehi Zec, non ti preoccupare» disse
Donovan. Poi abbassò gli occhi sui suoi pantaloni. «Ho fede in te.»
Zec inarcò un sopracciglio e seguì lo
sguardo dell’amico. Sopra l’allacciatura dei jeans vide spuntare un braccio di
una croce di legno e intuì cosa voleva facesse. Però doveva avvicinarsi un po’
di più.
«Hai ragione Donovan, a volte è giusto
sacrificarsi per una buona causa.» Zec camminò lentamente verso di loro. Notò
lo sguardo smarrito del compagno e la sorpresa in quello di Stefan.
«È un bluff» disse il vampiro,
indietreggiando.
«Mi hai scoperto» rispose Zec. Si sporse
in avanti, allungò le dita della mano sinistra e sperando di non ferire
Donovan, gli sfilò con la telecinesi la
croce, la fece levitare sopra di loro e la sbatté sul volto di Stefan.
Il vampiro mollò la presa sul suo prigioniero
in preda a una reazione istintiva e si abbassò, intimorito dal simbolo
cristiano.
Donovan sfruttò il ritrovato vantaggio. Si
girò, bloccò la spalla destra di Stefan con la mano sinistra e con l’altra gli
piantò il paletto nel cuore.
Stefan lo guardò incredulo e poi si
sgretolò in polvere.
Zec rimase a fissare il cumulo di
granelli sul pavimento. «È morto. Per davvero.» Quella realtà lo scosse più di
quanto riuscisse ad ammettere.
«Non era più veramente vivo, o umano.» Donovan
lo raggiunse, posandogli la mano sulla spalla. «Dobbiamo rimanere lucidi. Fuori
uno...»
«…ne rimangono due» concluse Zec.
Continua…?
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