lunedì 12 dicembre 2016

Racconto: Addio - Autori per il Giappone


Come saprete se seguite il blog dalla sua nascita, nel marzo del 2011 partecipai all’iniziativa di Autori per il Giappone, un sito in cui autori e illustratori donavano delle loro opere per incoraggiare i visitatori a donare a loro volta la cifra che più ritenevano giusta per la causa benefica a favore del Giappone, rimasto vittima in quel periodo di un terremoto e maremoto.  
Purtroppo tragedie simili si sono ripetute anche da noi e in tempi più recenti, ma non è per questo che sto scrivendo il post. In realtà è un motivo puramente personale: ho scoperto in questi giorni che il sito di Autori per il Giappone non risulta più online. Dato che sono comunque affezionato al racconto che donai per l’occasione, nato senza troppe elucubrazioni solo dal mio amore per quella terra che mi ha regalato tanti ricordi, ho deciso di riproporlo per la prima volta qui sul blog.
In questo modo chi lo ha già letto e non lo ricorda potrà rileggerlo e chi magari era incuriosito e non ha avuto modo di rintracciarlo a suo tempo, potrà soddisfare la curiosità.
Premessa finita, buona lettura:

Addio


Stanco, Edo si preparò per andare a letto. Era stato agitato tutto il giorno. Tutta colpa di un sogno, uno strano delirio onirico di cui gli erano rimasti solo degli strascichi.
Gli incubi dell’Apocalisse sono tornati” si ripeté sfilandosi la maglietta e indossando quella più comoda del pigiama. Quei sogni misteriosi, che mostravano squarci di futuri orribili, lo avevano ossessionato da quando aveva undici anni. Infestavano il suo sonno quasi ogni notte e poi, dopo che aveva compiuto quattordici anni, erano scomparsi. Come un incantesimo spezzato.
Passando davanti alla scrivania prima di coricarsi, Edo scorse la foto di classe della terza media. L’aveva tirata fuori dai vecchi diari appena rientrato a casa da scuola. Non sapeva spiegarsi perché dopo tanti anni aveva avuto il bisogno di riprenderla in mano. 
«Sei tornata nei miei pensieri» disse sfiorando il volto di una ragazza che era accanto a lui nella foto e si stringeva al suo braccio sinistro. Si chiama Nadeshiko. Erano inseparabili alle medie. Lei lo chiamava Edo-chan e lui si sentiva felice. Per tanti anni aveva creduto che fosse stata proprio Nadeshiko a curarlo dai suoi incubi: quando era dovuta partire al termine della scuola media per il Giappone, i suoi sogni erano spariti con lei.
«Buona notte amica mia» le disse andando verso il letto. «Anche se per te è ancora pomeriggio.»
Edo si coricò, tirò le coperte e spense la luce della lampada sul comodino. Pronto a farsi inghiottire dall’oscurità.

Edo è confuso. Intorno a lui c’è l’inferno. Vede persone in lacrime, terrorizzate e tutte sono di nazionalità giapponese. Cosa ancora più assurda, capisce quello che stanno dicendo alla perfezione. Parlano di un terremoto e di morti.
La gente è tutta riversata nelle strade, gli passano accanto senza notarlo. Eppure è in pigiama, possibile che non ci faccia caso nessuno?
Le fiamme divampano ovunque e la luce che emanano illumina la sagoma di una ragazza che avanza tranquilla verso di lui.
Non ci vuole molto a Edo per riconoscerla. È Nadeshiko. Indossa la divisa scolastica giapponese, quella sailor-fuku su cui fantasticava quando guardavano insieme gli anime in televisione.
Si avvicina lentamente, sembra trasportata dal vento. I lunghi capelli neri e setosi le ricadono in parte sul petto.
«Edo-chan» gli dice con un timido sorriso. «È bello rivederti.»
«Nadeshiko, dove siamo?»
«A Kesennuma.»
«In Giappone?» domanda Edo incredulo. «Come è possibile? Non ricordo di aver preso l’aereo.»
Anche Nadeshiko è sorpresa, ma non cancella il sorriso dalle labbra. «Già, dimenticavo che non hai mai saputo chi eri. Questo è un sogno. Sei come me, un yumemi
«Un sognatore.» Edo ricordò di aver letto quel termine in diversi manga. Si riferisce a persone con il potere di viaggiare nei sogni e vedere attraverso di essi porzioni del futuro. «Avevo ragione. Sei stata tu a far cessare i miei incubi.» 
Nadeshiko si ferma davanti a lui e con il dorso della mano destra gli sfiora la guancia. «Quando mi raccontasti dei tuoi incubi, viaggiai nei tuoi sogni e unendo le forze chiudemmo le porte sul reame onirico oscuro. Come conseguenza il tuo potere venne bloccato.»
«Ma ora sono qui. E tutto questo... può essere scongiurato?»
Nadeshiko scuote la testa. «È troppo tardi. Sta già accadendo. Ti ho contattato per salutarti.» Gli butta le braccia al collo e avvicinando le labbra al suo orecchio sussurra: «Sto morendo. Addio, amico mio.»
Edo stringe l’amica a sé e sul suo viso si fanno strada lacrime calde. «Ci deve essere qualcosa che posso fare.»
«Di’ ai miei genitori che non ho sofferto.» Nadeshiko si attacca a lui come se fosse la sua ancora per non affondare nell’oblio. Il suo corpo però perde ben presto consistenza.
In mezzo alle urla e al fragore della distruzione, una luce bianca accecante avvolge tutto e tutti.

Edo si risvegliò, mettendosi a sedere nel centro del letto.
Nel buio della camera solo i numeri della sveglia elettronica gli lanciarono un fioco bagliore. Erano le 6:58.
Edo cominciò a piangere. Sapeva che purtroppo era tutto vero. Tra un singhiozzo e l’altro, in un sussurro disse: «Addio Nadeshiko.»

martedì 8 novembre 2016

Darklight Children - Gemelli per Destino: un capitolo extra

Il titolo è abbastanza esplicito, ma potrebbe anche far sorgere qualche domanda. Tranquilli, ora vi spiego tutto.
Tanto per cominciare avevo intenzione di pubblicare questo post per festeggiare il raggiungimento delle 20.000 visualizzazioni (a proposito: grazie a tutti!) del blog, ma purtroppo impegni vari e contrattempi mi permettono di farlo solo adesso, con qualche giorno di ritardo (e visualizzazione in più). Consideratelo quindi un regalo a tutti voi che con affetto tornate a leggermi ormai da quasi 6 anni.
La domanda che forse vi frulla in testa è: ma di che regalo si tratta?
Quello che potrete leggere qui sotto è un capitolo di Darklight Children – Gemelli per Destino che scrissi all’epoca della primissima stesura del romanzo. Dopo varie riletture e correzioni, decisi di eliminarlo, anche perché la storia in minima parte prese pieghe diverse e questo capitolo divenne superfluo.
Prima che vi addentriate nella lettura sono necessarie alcune precisazioni, in primis il fatto che ho deciso di non correggere più di tanto il suddetto capitolo: tranne alcuni piccoli accorgimenti è rimasto fedele alla prima stesura. Quindi noterete di sicuro delle differenze.
Se avete letto il romanzo quando era presente nella forma a puntate qui sul blog, sappiate che questo capitolo è comunque inedito. Avevo deciso di tagliarlo già al tempo della sua pubblicazione qui.
Se siete lettori della versione uscita in ebook, vi indico nel titolo dove si colloca pressappoco, tenendo sempre presente che essendo stato eliminato non si inserirà perfettamente nella continuità narrativa della storia.
Se invece non avete mai letto nessuna versione del romanzo, non dovete comunque preoccuparvi: tranne la presenza dell’intero gruppo di personaggi principali, non ci sono rivelazioni o spoiler (anticipazioni su eventi importanti della trama) che possano rovinarvi la lettura se decideste di comprarlo in futuro.
Vi ho dato tutte le informazioni utili del caso.
Adesso mettetevi comodi e godetevi questo contenuto extra.

Capitolo 35.2: Rendez-vous con la morte

La campanella che decretava la fine delle lezioni aveva già suonato da venti minuti.
L’edificio si era completamente svuotato dei ragazzi che lo frequentavano, lasciando gli inservienti e un manipolo di professori soli al suo interno.
Leonardo guardò le cinque figure al suo fianco, ferme davanti alle porte a vetri dell’ingresso. Avvolti in giacconi e sciarpe, erano sistemati sul muretto che costeggiava il lato sinistro della costruzione.
«Non per farvi fretta, ma comincio ad avere freddo» sentenziò Davide, tirandosi su il bavero della giacca.
«Perché ci siamo riuniti?» si informò incuriosita Sabrina.
«Volevo parlarvi di un mio piano» spiegò Leonardo.
«Vuoi dire nostro» lo corresse Sara, mentre Yuri la sgomitò per prenderla in giro.
«Avanti parla» lo incitò Naoko.
Leonardo trasse un respiro. «Dopo tutto quello che è successo negli ultimi mesi, io e mia sorella siamo arrivati alla conclusione che niente di ciò è avvenuto per caso. I poteri, i sogni non sono solo collegati, ma possono essere dei segnali. Dobbiamo assolutamente saperne di più.»
«D’accordo, ma arrivati a questo punto che cosa facciamo? A chi possiamo chiedere spiegazioni?» chiese Davide.
«Alle uniche persone che probabilmente ne sanno più di noi: i membri della setta di DiKann» rispose Leonardo.
«Credevo fossero tutti irraggiungibili» fece notare Sabrina. «Per così dire.»
«In realtà, sappiamo dove è sepolto uno di loro» replicò Sara.
Yuri li guardò sbalordito. «Volete resuscitare un morto?»
«E come fate a sapere dov’è il suo corpo?» chiese diffidente Naoko.
Leonardo guardò la sorella, e lei gli fece cenno di continuare. «È uno dei primi cadaveri ritrovati da nostro zio. Lo sappiamo grazie a lui, ma non sa cosa vogliamo fare.»
Gli altri rimasero in silenzio per qualche minuto a fissare sia lui che sua sorella.
«So che tutto questo può sembrarvi assurdo e pericoloso, ma dobbiamo decidere insieme. Ormai siamo tutti coinvolti» disse Sara.
Gli altri quattro si scambiarono diverse occhiate, poi Naoko domandò: «Avete già un’idea di come fare?»
«Chiederemo aiuto al proprietario del Portale Mistico, mi ha detto che era disponibile per qualsiasi cosa avessimo avuto bisogno» rispose Leonardo. «Ma andremo solo io e Sara. È meglio non dare troppo nell’occhio.» Guardò di nuovo i compagni, nessuno si oppose.
Abbandonarono quindi il muretto e si avviarono verso l’esterno.

I gemelli Martini varcarono la soglia del negozio con passo deciso e a testa alta, mentre un paio di clienti rimasero assorti nell’ispezionare la merce esposta.
Angelo Moser sorrise, sembrando contento di vederli. «Benvenuti, posso aiutarvi?»
«Sì, grazie, vorremo un testo per un incantesimo» esordì Leonardo.
«Di che genere?»
«Uno adatto a  resuscitare un morto.»
Una ragazza poco distante si voltò a fissarlo incuriosita.
L’uomo sorrise imbarazzato alla cliente e li spinse in disparte. «Non è il caso di dire espressioni del genere ad alta voce.»
«Perché? Questo non è un negozio specializzato in arti magiche?» replicò Sara.
Il signor Moser scosse la testa. «La maggior parte dei miei clienti non crede che la merce in vendita abbia realmente proprietà magiche e a essere completamente sinceri, non credono neanche che la magia esista.»
Leonardo lo guardò serio. «Non è il nostro caso. Può aiutarci?»
«Potrei, ma voi sapete quanto sia pericoloso un esperimento del genere? Non sono del tutto sicuro di potervi permettere di metterlo in atto.»
«Se le cose stanno così,  è un bugiardo» disse Sara. «L’ultima volta che ci siamo visti, mi ha assicurato di essere a nostra disposizione.»
Il commerciante rimase in silenzio per qualche secondo. Qualcosa che non voleva condividere con loro lo faceva esitare. Poi rilassò le spalle e disse: «Aspettatemi qui.»
Poco dopo ritornò con in mano un foglio a righe e un ampolla contenente un liquido denso e cremisi.
«Questo è sangue di capra, va sparso in circolo sul terreno in cui è sepolto il cadavere. Vi servirà come offerta e per evitare che tenti di scappare o aggredirvi» spiegò Moser, porgendo la bottiglietta di vetro a Leonardo. «Qui invece vi ho scritto l’incantesimo necessario per risvegliarlo dal suo sonno eterno.»
Sara prese il foglio, curiosa di leggere il testo. «Ma in che lingua è?»
«Rumeno antico. Mi raccomando fate attenzione: i morti non amano essere disturbati.»
«Ma possiamo fargli delle domande?» chiese dubbioso Leonardo.
«Poche e chiare. Attenetevi alla prima risposta che vi dà, se gli formulate due volte la stessa richiesta si innervosisce.» Angelo Moser stava per aggiungere altro, am ppoi si zittì all’istante e li scortò verso la porta.
«Aspetti, questa volta voglio pagare» lo fermò Sara estraendo il portafoglio dalla tasca e facendo marcia indietro in direzione della cassa.
L’uomo non fece storie, andò verso il ricevitore e batté il prezzo sulla tastiera. Lo comunicò e le porse lo scontrino. «Se qualcosa dovesse andare storto, ricordatevi che basterà strappare il foglio con l’incantesimo per fermare il processo.»
I due annuirono e uscirono dal Portale Mistico, pronti ad affrontare il loro primo vero e proprio rito esoterico.

Per non fare preoccupare i rispettivi genitori ed essere liberi di agire con calma senza dover tenere d’occhio l’orario,  usarono tutti la stessa scusa di una serata al cinema.
Yuri e Davide, gli unici con la patente, erano passati a prendere i compagni.  Leonardo viaggiava con Davide e Sabrina, mentre sua sorella era in auto con il fidanzato e Naoko. Le due vetture proseguirono verso la periferia della città, dove si erigeva un cimitero di modeste dimensioni e in cui sapevano di trovare il loro uomo.
A turno scavalcarono il cancello e non tutti con facilità. Una volta sul luogo, muniti di una torcia elettrica,  si misero a cercare la tomba di Domenico Batoli, mentre i gemelli ripeterono agli altri le informazioni avute da Angelo Moser su come compiere l’incantesimo.
La lapide era posizionata sul lato sinistro, all’ultimo posto di una lunga serie e circondata da una distesa di ghiaia. Sul marmo di cui era fatta, erano state incise oltre al nome, le date di nascita e di morte. Ai suoi piedi c’era solo un misero vaso di rame contenete dei fiori appassiti ormai da tempo.
Leonardo e i compagni  si fermarono davanti.
Sara aprì la borsetta che aveva a tracolla e prese l’ampolla con il sangue. «Tenete, questo è un lavoro da maschi» disse disgustata e allungò l’oggetto ai tre ragazzi.
Leonardo guardò l’ampolla schifato e Yuri rimase immobile.
Sbuffando, Davide disse: «Che pappamolle che siete! Dammi qua, faccio io.» La afferrò, tolse il tappo in sughero e lasciò cadere un sottile rivolo del liquido, con cui tratteggiò il cerchio partendo da sotto la lapide.
I ragazzi lo costeggiarono facendo attenzione a non infrangerlo.
«E ora l’incantesimo.» Leonardo prese il foglio piegato dalla tasca del giubbotto e recitò: «Asculti a nostru invitaÞie, revenesti de decedat!»
Rimasero tutti in attesa che succedesse qualcosa, ma non ci fu alcun cambiamento.
«Sei sicuro di aver letto correttamente?» gli chiese la sorella.
«Non so, non conosco il rumeno antico.»
Naoko gli prese il foglio dalle mani. «Fai provare me. Asculti a nostru invitapie, revenesti de decedat!»
Tornarono a fissare il terreno, mentre un fugace fulmine e un fragoroso tuono squarciarono il cielo.
Sobbalzarono quasi tutti nello stesso istante, ma nessuno si presentò all’interno del cerchio rosso.
«Siete sicuri che quel tipo non vi abbia imbrogliato?» domandò sospettosa Sabrina.
«Già, avete detto che ha fatto storie prima di aiutarvi» ricordò Yuri. «Forse vi ha solo dato del succo di pomodoro e scritto una frase qualunque in chissà che lingua.»
Mentre loro discutevano, una debole pioggia iniziò a cadere.
«È inutile. Andiamocene. Non ho voglia di bagnarmi per un morto che non vuole resuscitare» sbottò Davide.
Gli  altri non obbiettarono e si voltarono per fare marcia indietro, quando sentirono un tonfo provenire dal terreno.
Leonardo si girò indietro. «Aspettate. Ho sentito qualcosa.»
«Credi che sia stato lui?» gli chiese Sabrina.
Yuri si girò a sua volta per fissare la ghiaia all’interno del terreno racchiuso dal sangue ed ebbe una rivelazione. «Ragazzi, abbiamo combinato un guaio. Non abbiamo dissotterrato la bara.»
Un nuovo fragore proveniente dal cielo, fu seguito da un rumore sordo proveniente da sotto la terra.
Davide guardò intimorito la terra che continuava subire colpi dal basso. «Ha ragione! Adesso quel tipo sarà incazzato nero.»
«Che facciamo?» domandò Sara allarmata.
La pioggia crebbe d’intensità, andando a sciogliere lentamente il disegno circolare.
«È meglio che ce ne andiamo» disse impaurito Leonardo.
«No, dobbiamo restare» rispose Naoko, indicando una mano violacea che stava emergendo dal terreno davanti alla lapide.
A poco, a poco, il morto si fece strada scavando dalle profondità fino a raggiungere la superficie. Appoggiò entrambe le mani sui sassi spigolosi e si tirò su, mostrandosi in tutta la sua ripugnante figura.
Era calvo, con il volto coperto di bruciature e ustioni. Negli occhi le pupille erano minuscole, quasi impercettibili. Indossava un completo grigio, probabilmente una richiesta dei i familiari per il giorno del funerale. I lembi di pelle che non erano coperti, presentavano una vasta gamma di pustole.
Si avvicinò al sangue di capra, ridotto a poche chiazze e si bagnò il pollice. Se lo infilò successivamente tra le labbra e iniziò a succhiare con vigore. Alzò quindi il volto al cielo, e seguendo un istinto ormai non più necessario, aprì la bocca per espirare, riempiendola invece di acqua piovana. «Fresco» disse, pronunciando ogni lettera con voce rauca e atona. Si voltò poi verso i suoi spettatori.
«Avanti chiediamogli qualcosa» li incitò Naoko.
«Sai perché siamo dotati di questi poteri?» domandò Leonardo, superando lo sgomento e sperando di concludere al più presto la loro scampagnata al cimitero.
«No» rispose Domenico senza alcuna inflessione e mantenendo lo sguardo fisso sul suo interlocutore.
«P-perfetto non s-sa niente. A-ndiamo via» balbettò Leonardo infreddolito e spaventato.
«Neanche per sogno» fece Yuri, trattenendolo per il braccio. «È stata una tua idea parlare con lui e non ce ne andremo senza le nostre informazioni.» Lasciò la presa e avanzò di un passo verso il cadavere in piedi. «Tu non sai il perché dei poteri, ma c’è qualcuno della setta che può esserne a conoscenza?»
«Non so. Barbieri forse. O i cinque» rispose il non-più-morto e puntò lo sguardo su  Leonardo.
«I cinque? Chi sono?» domandò questa volta Naoko.
Domenico la ignorò e mosse un passo con estrema lentezza.
Nessuno di loro aveva prestato attenzione che il sangue cosparso da Davide, ormai era stato completamente lavato via dalla pioggia. Il morto vivente non avvertendo più l’obbligo a restare fermo sulla sua tomba, acquistò velocità e si avventò addosso a Leonardo, stringendogli le dita intorno al collo.
Il ragazzo cadde all’indietro, con il cadavere resuscitato sopra di lui che continuava nel suo intento di strangolarlo, aiutandosi con entrambe le mani.
Sabrina fu la prima a reagire: afferrò il vaso di rame e lo sbatté con forza contro la testa dell’assalitore. Ne seguì un rumore sordo e pezzi di carne caddero per terra mettendo in evidenza le ossa del cranio.
Domenico non avvertì alcun dolore, staccò una mano dalla sua preda e colpì violentemente la ragazza, scaraventandola contro Davide. I due finirono contro una lapide e rimasero a terra.
Leonardo cercò di spingere via il suo aggressore, ma scoprì che aveva più forza di quanta si potesse attribuire ad una persona deceduta.
«Perché se la prende con lui?» domandò Davide, massaggiandosi la testa e scostando Sabrina ancora intontita.
«Che importa. Usa il fuoco, Yuri» urlò Sara in preda al panico.
Il ragazzo cercò di “accendere” le sue mani come aveva fatto qualche giorno prima, ma la pioggia incessante glielo impedì.
Vedendo l’amico in difficoltà e non scovando altre vie di uscita, Sabrina ignorò il dolore per la botta, si concentrò e riuscì a sollevare di pochi centimetri da terra Domenico. Quest’ultimo però non mollò la presa: le sue mani erano ancora strette intorno al collo del ragazzo.
«L’incantesimo» gridò Yuri. «Leonardo lo ha usato per primo, forse per questo ce l’ha con lui.»
«Stracciamolo! È l’unico modo per fermarlo» ricordò Sara.
Naoko, rimasta immobile e atterrita, si riscosse. Strappò con foga il foglio con l’incantesimo e buttò i pezzetti per terra.
Le mani ossute allentarono la presa dal collo di Leonardo. La fievole scintilla di vita, si spense dai suoi occhi e ricadde inerte sul copro del ragazzo.
Leonardo emise due violenti colpi di tosse e poi riprese a respirare regolarmente. Yuri e Davide lo liberarono dal cadavere, mentre Sara lo aiutò a rimettersi in piedi.
«Per un soffio» esclamò Sabrina tirando un sospiro di sollievo.
«Dobbiamo rimetterlo a posto» domandò preoccupato Davide, osservando il cadavere steso sulla ghiaia.
«Meglio di no»  rispose Yuri .«Violare le tombe è un reato e visto che nessuno di noi ha toccato quel corpo, è più sicuro lasciarlo dove si trova, in modo che non abbia addosso alcuna prova che ci identifichi. Andiamocene.»
Leonardo gettò un ultimo sguardo a Domenico. Poi insieme si allontanarono rapidamente sotto lo scrosciare dell’acqua temporalesca, ancora parzialmente sconvolti per la brutta esperienza.

lunedì 24 ottobre 2016

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 36

36. La Fine è un Prologo

 

Con il cappuccio della felpa calato sul volto, Kenny rimase appoggiato alla parete della sala d’ingresso della centrale di polizia. Aveva origliato le varie conversazioni, ottenendo le informazioni per cui si era intrufolato.

Attese e il poliziotto che aveva raccolto le deposizioni in ospedale si alzò dalla scrivania, lo osservò mentre portava la cartelletta contenente il suo lavoro al bancone principale e lo seguì con attenzione mentre consegnava il tutto al collega e quest’ultimo lo inseriva nel primo cassetto. I due rimasero a  parlare pochi attimi e poi andarono entrambi verso la sala ristoro.
Kenny esaminò l’intero perimetro. Non c’era nessuno in giro. Era il momento adatto per agire. Corse al bancone, si mise dietro, si inginocchiò e aprì il cassetto. Prese la cartelletta appena riposta e l’aprì. Scorse con rapidità il verbale, cercando il resto delle notizie che gli interessavano.
Rimise i fogli a posto e ripose il tutto nel cassetto. Lo chiuse e si alzò in piedi.
Camminò spedito verso la porta e uscì dalla centrale di polizia.
Gocce di sudore gli colavano sulla fronte scura, Kenny proseguì per alcuni metri. All’imboccatura del parco vide Kerry andargli incontro.
«È andato tutto bene?» gli domandò la sorella.
«In caso contrario non sarei qui» rispose.
Kerry lo afferrò per il braccio sinistro e imboccò il vialetto per il parco. «Non è il momento di scherzare. Dimmi cosa hai scoperto.»
«Nessuno sa cosa è successo veramente. L’infermiera che ha urlato e gli altri inservienti arrivati dopo sono stati interrogati come testimoni, ma nel rapporto sono definiti confusi» riferì Kenny. «Parlano di una ragazza con un trucco rosso rubino che è scappata con l’aiuto di un fumogeno viola. Due figure indistinte che si sono lanciate dalla finestra. E altri cinque adolescenti sono stati trovati mentre impugnavano in maniera sospetta un’ascia contro un uomo in coma.»
Kerry sorrise. «Quindi non ci hanno identificati mentre ti afferravo e saltavamo fuori dalla stanza. Benedetta agilità da Cacciatrice.»
«E non hanno capito che gli amici di Billy volevano fermarlo. O comunque non credono a quella versione.»
«Meno male.» Kerry tirò un sospiro di sollievo. «E della metà della Falce, cosa hai scoperto?»
«Sembra svanita nel nulla» rispose Kenny. «C’era scritta una frase tipo: “La potenziale arma del crimine è scomparsa dalla scena.” E non c’è nessun accenno all’altra metà.»
«Non ne sanno niente neanche in ospedale» disse lei. «Sono rimasta nascosta a osservarli, ma  nessuno ha trovato niente che assomigliasse a un’ascia, o a un paletto. Pensi sia stata la ragazza demone? Dopo il trambusto può essere tornata a prendere almeno la metà sotto il letto.»
Kenny fece segno di no con la testa. «Non penso le interessi l’arma. Dovremmo indagare ancora e cercarle.»
«E Billy e la sua Scooby Gang? Ci saranno d’intralcio?»
Ora fu Kenny a sorridere. «Di loro non devi preoccuparti. Da dove li hanno mandati non possono crearci problemi: di sicuro resteranno nella clinica per ragazzi disturbati per tutta l’estate. Forse anche per più tempo.»
 

Mani forti e dal piglio deciso lo spostarono con poca grazia e lo deposero sulla poltroncina nel salone.

Billy percepì quell’azione come un evento lontano, quasi estraneo. Si sentiva svuotato da ogni forza e voglia di reagire; osservò l’ambiente circostante prendendo atto di trovarsi in una clinica psichiatrica, ma non provando alcun interesse.
Nella sua mente riemerse qualcosa. Un ricordo pressante insistette per srotolarsi come un tappeto, con la stessa impellenza di una parola sulla punta della lingua pronta a essere pronunciata E Billy rivide un frammento della vita di Elliott. 
 

Tutti dicono che non c’è nulla di cui vergognarsi nel chiedere aiuto. Quando lo fai, però, si girano dall’altra parte, o vogliono importi ciò che è meglio per loro e non per te.

Con questa consapevolezza, appoggiò la nuca sul cuscino e decise di infischiarsene delle conseguenze.
Ormai aveva perso tutto, quella era l’unica soluzione e senza più incertezze a tormentarlo, si sentì più leggero, rilassato, lo stato ideale per ciò che si apprestava a mettere in atto.
Si voltò sulla sinistra, diede uno sguardo alla foto nella cornice sul comodino. Volti sorridenti, affettuosi, scomparsi. Gli si formò un groppo in gola e non si sforzò di trattenere le lacrime.
Era finito il tempo di essere forte a tutti costi.
Pianse.
Un pianto disperato e insieme liberatorio, fatto di singhiozzi ininterrotti, prima ripetuti a breve distanza e poi rallentati, fino a sparire. Una sorta di ultimo addio.
Era un gesto egoista, ma era stanco di pensare sempre e solo agli altri: al loro bene; a cosa potesse renderli felici; assicurarsi che fossero al sicuro, incuranti di tutte le volte che si esponeva in prima persona a sofferenze non preparato ad affrontare.
Questa volta avrebbe messo se stesso al primo posto.
Continuò a piangere finché non fu svuotato da ogni singola lacrima.
Girò la testa e tornò supino. Distese le braccia lungo i fianchi.
La luce esterna del sole filtrava dal vetro dell’ampia finestra al capo opposto della stanza.
Stanco, chiuse gli occhi e si addormentò.
Imponendosi il sogno.
 

La consapevolezza spinse Billy ad arrendersi. Nulla aveva più importanza ora che tutto gli era chiaro.

Elliott voleva morire e lui doveva essere il suo assassino, anzi per la precisione si sarebbe trattato di un suicidio. Al momento cruciale però non c’era riuscito, i suoi compagni lo avevano fermato o forse glielo aveva permesso lui. Non faceva molta differenza, il risultato era il medesimo: era bloccato in quella riproduzione della sua serie tv preferita, essendo il responsabile di trasformazioni e morti in stile horror.   
Rinchiuso nella struttura, con l’insopportabile peso di quella colpa che non sentiva del tutto dovuta a una scelta libera, prese a sua volta una decisone egoista. Avrebbe spento la sua mente, sarebbe rimasto in stato catatonico, forse in quel modo tutto si sarebbe fermato.
Il primo senso ad assopirsi fu l’udito: i suoni dei passi degli altri ospiti della clinica e degli inservienti si ovattarono, le loro voci si mischiarono divenendo un lieve brusio di sottofondo.
Individuò Betty, Donovan, Zec e Michelle venir accompagnati in quella stessa sala. Gli lanciavano sguardi di aiuto, ma in pochi attimi ai suoi occhi anche le loro figure divennero sfuocate. Sagome indecifrabili e irriconoscibili.  
Infine, Billy immaginò di chiudere ogni porta o finestra sul mondo esterno e trovò la pace.

 

 
 
                                                     FINE STAGIONE 1  

lunedì 10 ottobre 2016

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 35

35. Accettare la Morte può Costarti l'Intera Estate


Zec lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Guardò attorno a sé e notò le espressioni disarmate, confuse e in qualcuno anche un po’ divertite dei ragazzi e degli adulti. Intuì subito cosa era accaduto. Era pronto a seguire Billy, ma poi era partita una canzone, risuonava per tutta la palestra e si era dimenticato delle sue intenzioni, assecondando solo l’impulso irrefrenabile di ballare.

«Questa è opera di Dana» disse, mentre il deejay riprendeva possesso dell’attenzione dei presenti, facendo partire un nuovo brano musicale per colmare il silenzio.
Zec schivò le coppie di ragazzi intenti a rimettersi a ballare e gli adulti mentre riprendevano le loro postazioni, cercando i suoi amici individuò Donovan e Betty scrutare tra la folla e li raggiunse.
«Mia sorella ha fatto di nuovo il suo numero da musical.» Afferrò entrambi per i polsi e li trascinò verso i tavoli dove si aspettava di trovare Michelle.
«Mi sembra che questa volta ti ha fatto infuriare più del normale» constatò il ragazzo. «Vuoi prenderla a calci?»
«Sì, ma ora dobbiamo pensare a Billy.»
«Perché? Che problemi ha Billy?» domandò Betty. 
Zec notò Michelle in piedi di spalle, parlava con qualcuno seduto di cui intravide solo gli stivali, e continuò nella sua direzione. «Adesso vi spiego tutto.» A due passi da lei, si zittì all’istante. Spostandosi, l’amica rivelò l’identità della sua interlocutrice. «Dana! Cosa ci fai ancora qui?»
Michelle si voltò a guardarli e Dana si alzò in piedi.
La ragazza demone avanzò di un passo e  disse: «Guarda un po’ chi è tornato. Facevo compagnia a carotina, dato che voi l’avevate abbandonata.»
«È venuta ad avvertirci di un problema riguardo a Billy» s’intromise Michelle.
Betty la guardò allarmata e poi anche Zec e chiese: «Volete spiegarci cosa sta succedendo?»
Dana fece lampeggiare un ghigno sulle labbra. «Il vostro piccolo eroe sta per cacciarsi in grossi guai.»
«E perché ti disturbi ad avvisarci?» domandò Donovan con sguardo torvo.
«Perché potrebbe essere in pericolo anche lei» rispose Michelle. «Nella pietra della collana che ha rubato alla recita c’è racchiusa l’energia di un sentimento di Billy e potrebbe essere abbastanza forte da salvarla. Ma se lui chiude la Bocca dell’Inferno, chiunque sia stato creato o trasformato dall’influsso del sogno di Elliott Summerson rischia di sparire per sempre.»
Zec guardò la sorella in volto. Era seria e non si stava prendendo gioco di loro. Una conferma che la sua brutta sensazione e i suoi timori erano veri. «Billy sta per fare qualcosa di definitivo. L’ho capito da come mi ha salutato. Ha detto che sarebbe tornato per l’ultimo ballo, ma credo non lo rivedremo più.»   
Donovan spalancò le braccia come un arbitro che allontana due giocatori rissosi. «Aspettate un attimo. Non c’è un modo per svegliare Elliott e chiudere la Bocca dell’Inferno. Cosa potrebbe fare Billy di tanto grave da creare tutto questo caos?»
«L’unica soluzione sarebbe…» Betty esitò, quasi realizzasse in ritardo quello che stava per dire. «Oh no… vuole uccidere Elliott!»
Zec guardò i presenti. Tutti e quattro condividevano quella conclusione. E lui non era escluso. «Dobbiamo raggiungerlo e fermarlo.»
«Però Elliott è all’ospedale, per ucciderlo a Billy serve un’arma. E se entrasse armato lo noterebbero, giusto?» ipotizzò Michelle.
«Non se può evocare l’arma quando è già all’interno» rivelò Donovan.
«La Falce» disse Zec, udendo anche le voci di Betty e Michelle.
Donovan agitò in maniera spasmodica le braccia, indicando l’uscita della palestra. «Dobbiamo andare al mio armadietto. Questa settimana è il mio turno di custodirla e prima di venire al ballo l’ho rinchiusa lì per le emergenze.»
Tutti e quattro corsero verso le porte, ma Dana comparve davanti a loro, bloccandoli. 
«Stupidi. I poliziotti non vi faranno mai uscire da qui senza una buona motivazione. E accusare un compagno di un potenziale omicidio, non mi sembra una grande idea, se volete aiutare il vostro amico.» Dana si sistemò in mezzo a loro e fece ruotare le braccia in senso orario. «Me ne occupo io.»
La foschia violacea li avvolse e quando si dipanò, erano nel centro del corridoio, diviso dalle due file di armadietti.
Donovan corse sicuro verso il suo. Sbloccò la combinazione e spalancò l’anta.
Zec gli fu subito alle spalle, insieme a Betty e guardarono con sgomento l’interno. Della Falce non c’era traccia.
«Billy ce l’ha già» disse Betty.
Zec si girò verso la sorella. Non c’era tempo da perdere e sperò che in lei fosse rimasto un briciolo dell’amore fraterno che gli aveva più volte ripetuto di provare ancora per lui.
«Per favore, Dana, portaci all’ospedale. Sei l’unica a poterci aiutare.»
Lei lo fissò in volto. Gli altri ragazzi erano già intorno a loro. Senza aprire bocca, sollevò le braccia verso l’alto e la nuvola di fumo viola li ingoiò tutti.
 

Billy scelse di entrare in ospedale dall’ingresso principale. L’abito da cerimonia che indossava gli procurò diversi sguardi incuriositi, ma l’interesse svanì in breve e nessuno lo considerò un tipo dall’aria troppo sospetta.

Attraversò il pronto soccorso più affollato del solito, un dettaglio che giocò a suo favore. Quattro persone si accalcavano davanti al banco dell’infermiere di turno, sommergendolo di domande e lamentele, così occupato l’uomo non lo notò e poté raggiungere la porta che dava sulle scale indisturbato, salirle e arrivare fino al primo piano.
Billy aprì uno spiraglio della porta all’ingresso del corridoio con le stanze. Spiò in silenzio e vide un’infermiera entrare in una camera. Approfittò dell’assenza di altro personale e sgusciò nel corridoio. Corse alla porta della camera di suo interesse, l’aprì, entrò e la richiuse con cura nel non fare rumore.
Allungò le mani davanti a sé e si concentrò sulla sua arma. La Falce prese forma sui suoi palmi e lui strinse l’asta rossa con forza. Alzò la testa e guardò Elliott dormire. Spinse con il pollice destro il tasto dell’interruttore e accese la luce elettrica nella camera.
«Forse è giusto che sia così» sussurrò. «Solo tu e io.»
Fece tre passi verso il letto e si fermò. Il suo senso del soprannaturale gli inviò una scossa nella testa. Non erano più soli.
«Avrei dovuto aspettarmi la vostra visita» disse Billy in tono neutrale. «È inutile restare nascosti.»
La porta alle sue spalle e la finestra di fronte a lui si aprirono quasi nello stesso momento.
La testa di Kerry sbucò nel vuoto, strinse con la mano sinistra l’anta aperta e si diede la spinta per balzare oltre il davanzale, atterrando sui calcagni all’interno.
Kenny si mosse leggero e i suoi passi sarebbero passati inosservati, se non ci fosse stato completo silenzio, chiudendo l’uscio dietro di sé.
Billy si mise di traverso, in modo da poter osservare entrambi. «Avete perso tempo a venire qui.»
«Non puoi farlo» disse Kerry, girando intorno al letto per andargli di fronte. «Non te lo permetteremo.»
«Quindi sapete perché sono qui» fece Billy, senza sorpresa.
Kenny si tastò la tempia sinistra con l’indice. «Sogni premonitori da Cacciatrice. Un po’ confusi, ma riesco ancora a interpretarli.»
Billy squadrò i gemelli. «Strano che volgiate fermarmi. Non siete forse voi a definirvi gli unici adatti al ruolo di “Prescelti”? Chiudere la Bocca dell’Inferno e anche nel vostro interesse.» Fece finta di riflettere e aggiunse: «Oh giusto, se lo faccio però non otterrete quello che volete, che poi è il motivo per cui siete interessati alla Falce.»
Kerry lo guardò rabbiosa. «Non sai di cosa parli.»
«Lo so eccome.» rispose. «Vi serve quest’arma per riportare in vita un morto. Per resuscitare vostro padre.»
Kenny lo guardò sgomento. «Come lo sai?»
«A me non servono poteri da Cacciatrice. Mi è bastato osservarti nel seminterrato per capirlo. Quella figura che ha preso forma era un uomo in divisa. Un poliziotto. Come tuo padre morto. La tua più grande paura era che tuo padre tornasse sotto forma di zombie e fossi costretto a ucciderlo con le tue mani.»
«Basta! Fa’ silenzio!» ringhiò Kerry.
«Sai che è quello che accadrà se lo farete» replicò duro Billy. «Non potete sfruttare l’influsso della Bocca dell’Inferno per resuscitare un morto. Non ci riuscirete neanche usando questa» ribadì serrando la presa sulla Falce. «Non è solo una mancanza di rispetto. È un altro dolore che vi procurerete.»
Kenny scosse la testa. «Non sai niente. Ci siamo preparati e di sicuro…»
«Non serve parlare» lo interruppe Kerry e si avventò contro Billy.
L’assalto improvviso lo fece sbattere contro il muro, ma il ragazzo non perse dalle mani la sua arma. Kerry l’afferrò a sua volta e cercò di strappargliela.
«Siete degli ipocriti. Mi avete accusato di essere un impostore, un bugiardo, il male. Ma ora che voglio sistemare tutto, non vi va bene» disse Billy, mettendoci tutta la sua forza per contrastare la rivale, più potente di lui.
«Vuoi compiere un omicidio» rispose Kenny. «Ti sembra un gesto da eroe?»
«Sì, dato che quello nel letto sono sempre io.» Billy si concentrò sulla ragazza, ormai praticamente addosso. Evitare che si appropriasse della Falce era più complicato di quanto avesse ipotizzato. «In questi termini è più corretto considerarlo un suicidio.»
«State fermi! Tutti!»
Billy riconobbe la voce di Zec. Spostando di poco lo sguardo, lo vide insieme a Betty, Donovan, Michelle e Dana irrompere dal nulla tra Kenny, lui e la gemella del ragazzo, mentre sottili rivoli di fumo viola scivolavano dai loro vestiti fino a svanire.
Donovan si staccò dal gruppo e spinse Kenny contro la parete opposta a quella dove si fronteggiavano. «Voi due proprio non volete capire quando è l’ora di rinunciare.»
Kerry si girò per capire cosa stava succedendo e Billy le diede una spallata per allontanarla da sé. La forza dell’urto tra loro, le fece scivolare le mani dalla Falce, ma riuscì comunque a staccare la parte del paletto, che cadde sul pavimento e rotolò sotto il letto.
La ragazza e Dana si abbassarono per lanciarsi a recuperarla, ma Billy distese il braccio con cui reggeva la sua metà e posizionò la lama dell’ascia alla gola di Elliott.
«State fermi. Un solo movimento e finisco quello per cui sono venuto» le minacciò, passando poi in rassegna ogni volto con sguardo serio.
Kerry e Dana si rimisero in piedi. Donovan e Kenny si voltarono a guardarlo. Betty e Michelle si irrigidirono. E Zec lo fissò dritto negli occhi.
«Non può essere questo quello che vuoi veramente» gli disse con voce tremante.
«Quello che voglio, non ha importanza» rispose Billy. «È l’unica cosa giusta da fare.»
Zec respirò affannato. «E non pensi a noi? Se lo fai, non avremmo mai una possibilità di un futuro insieme.»
«Non c’è nessun futuro per noi» spiegò Billy con rammarico. «Non esisto. Non sono vero. Lui lo è. Sei innamorato di un uomo che ha quasi il doppio dei tuoi anni. E non lo consoci minimamente.»
Zec aprì la bocca per replicare, ma non uscì un suono.
«Non è comunque una buona ragione» intervenne Betty. «Hai buone intenzioni, sei una brava persona. Non permettere che un solo gesto cambi tutto.»
Billy scosse la testa. «Quale brava persona scatena una serie di eventi infernali per avere intorno degli amici? Peggio, per sfuggire a una realtà che non riesce a sopportare.»
«Non sappiamo tutte le ragioni per cui Elliott ha creato questa replica da serie tv» rispose Donovan. «Forse ha dei buoni motivi.»
Michelle annuì. «E poi forse non è così grave. Magari c’è un modo per sistemare tutto senza ricorrere a esecuzioni di persone in coma.»
«Vero» continuò Dana e sollevò con la mano destra il pendente della collana. «Avevo paura di scomparire così ho cercato una soluzione alternativa e l’ho trovata in questa pietra. Magari ce ne è un’altra per accontentare tutti.»
«Possiamo stare qui a parlarne all’infinito, ma non troveremo mai un modo sicuro al cento per cento perché tutti abbiano un lieto fine. E più aspettiamo, più orrori possono accadere.» Billy si avvicinò lentamente al letto, mantenendo la lama sulla gola di Elliott. Sulle sue labbra balenò un sorriso amaro. «In fondo però, sono contento che siate tutti qui. È il gran finale, era giusto fossimo riuniti.»
Nel silenzio di quella attesa, lo scricchiolio della maniglia che girava risuonò come un tamburo.
La porta si spalancò. Un infermiera apparve sull’ingresso della camera. Vide la scena e reagì d’istinto. Cacciò un urlo lungo e acuto e riecheggiò in tutto il piano. 

 

Continua…?


lunedì 26 settembre 2016

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 34

34. La Canzone che Preannuncia la Fine


Michelle sbuffò contrariata. Come aveva supposto, era finita con l’essere la ruota di scorta del gruppo.

Dopo il ballo che gli aveva concesso Donovan, erano tornati al loro tavolo e Betty li aveva messi al corrente dell’arrivo di Billy. Lei e Donovan si erano voltati verso la pista e lo avevano visto insieme a Zec.
Donovan non aveva perso tempo e aveva invitato Betty a seguire il loro esempio. 
In principio Michelle era stata contenta, aveva bisogno di riposarsi, ma poi mentre li aspettava sola al tavolo, la musica era cambiata, al primo ballo ne era seguito un altro, un lento e a quel punto anche Billy e Zec erano rimasti sulla pista.
Si guardò intorno, in pochissimi erano seduti ai tavoli, la maggior parte dei ragazzi erano tutti nel centro della palestra. Avvinghiati a i propri compagni, in un’atmosfera romantica e languida. Dubitava fortemente che i suoi amici sarebbero tornati a farle compagnia.
A tre tavoli di distanza, incrociò gli occhi di una ragazza bionda, stretta in un abito bianco. La riconobbe: Marcy del gruppo dell’ospedale. Michelle distolse rapida lo sguardo. Conosceva l’estrema esuberanza di quella ragazza e se le avesse dato corda, il resto della serata poteva solo andare peggio: si sarebbe autoinvitata al tavolo e avrebbe dato inizio a un’interminabile sessione privata in cui si vantava dei suoi progressi sui suoi disturbi alimentari.  
«Sapevo di  non dover venire a questo stupido ballo.» Tornò a fissare la mandria di coppie che si dondolava al ritmo della musica, finché non terminò. Notò Zec e Billy allontanarsi dalla massa, non procedettero però verso di lei come sperava, ma in direzione delle porte della palestra. «Perfetto. Ecco i primi due che se ne vanno, senza di me.»
«Sai, il broncio non ti dona.»
Michelle girò il volto e trovò seduta di fronte a sé Dana, la sorella demone di Zec. Rimase a fissarla sorpresa.
«Eddai, fai un sorriso, carotina» continuò lei. «Sei così carina stasera.»
Michelle s’imbronciò ancora di più. «Non prendermi in giro.»
Dana divenne seria. «Non lo sto facendo. Quel vestito ti dona, il verde pastello crea un bel contrasto con il rosso dei tuoi capelli.»
«G-grazie» balbettò Michelle, spiazzata. «Mia madre mi ha detto la stessa cosa, quando mi ha costretto a indossarlo.»
«Ha buon gusto e posso confermarti che ha perfettamente ragione.» Dana mosse la mano sinistra, facendole compiere un giro a semicerchio, e in uno sbuffo di fumo violaceo sul palmo apparve un bicchiere di vetro con dentro un liquido dello stesso arancione del punch. «Come va la festa? A me sembra un po’ un mortorio.»
Michelle la squadrò con attenzione. Aveva imparato che quando si presentava, Dana aveva sempre un secondo fine. «Cosa sei venuta a fare, questa volta?»
«Mi conosci, dove c’è un party, ci sono anche io» rispose con un sorriso e una strizzatina d’occhio.   
«Proprio perché ti conosco, so che non è vero.» Michelle si sporse in avanti, posando i gomiti sul tavolo. «E poi non ti preoccupa che qualcuno ti veda e gridi al demone?»
Dana abbandonò il bicchiere sul tavolo. «Sei gentile a preoccuparti per me, ma so passare inosservata, se lo voglio.» Scostò la sedia e accavallò le gambe fasciate nei soliti pantaloni viola aderenti, mentre il top scollato lasciava in evidenza ampi pezzi di pelle rosso rubino. Nel decolté risaltò la collana con il pendente giallo che aveva rubato mesi prima alla rappresentazione di Romeo e Giulietta.
«Non mi hai detto perché sei qui?» ripeté Michelle.
«Neanche tu» replicò Dana. «E non rifilarmi la storiella che sei venuta per divertirti con i tuoi amici. »
«È la verità.»
Dana scosse la testa. «Ammettilo, non ci credi nemmeno tu. Ti hanno convinta a venire con loro per pietà, ma nessuno è qui con te.» Allungò il braccio destro e indicò Donovan e Betty che ballavano tra la folla di ragazzi. «Fred e Velma sono laggiù a dimenarsi come due idioti, in mezzo agli altri imbecilli in tiro. E di mio fratello e del suo ragazzo non vedo traccia. Che fine hanno fatto?»
Michelle si morse il labbro inferiore. Dava ragione a Dana, ma si trattenne dal dirlo apertamente. Sforzandosi di ricacciare indietro la sfuriata di rabbia contro i suoi amici che l’avevano mollata da sola, cercò di capire quale fosse la vera ragione della presenza della ragazza demone. La osservò. Sembrava interessata più alla mancanza di Billy e Zec, rispetto a quello che facevano Donovan e Betty.
«Si tratta di tuo fratello» concluse ad alta voce Michelle. «Anzi di Billy. L’ultima volta che ci siamo viste, eri in ospedale proprio mentre scoprivamo il corpo di Elliott Summerson.»
Dana la guardò maliziosa, giocherellando con la collana. «Abbiamo fatto anche altro, io e te, in quell’ospedale.»
Michelle arrossì, ripensando al bacio con cui le aveva permesso di tornare visibile. «Non cambiare discorso. Avevi detto a Zec di chiamarti con il cellulare che gli hai lasciato, se avesse avuto bisogno, ma non lo ha fatto. Quindi sei qui perché sta per succedere qualcosa. Di cosa si tratta?»
«Ancora una volta mi sorprendi, carotina. Sei più vicina alla verità di quanto immagini, ma se vuoi tutte le risposte, devi darmi qualcosa in cambio.»
«Perché? Forse posso aiutarti a impedire questa “cosa” che spaventa anche te. Non ti basta?»
Dana scrollò le spalle. «Mi dispiace, ma sono un demone. Fare buone azioni gratis, non è parte delle regole.»
«Cosa vuoi?»
«Canta per me.»
Michelle la fissò confusa. «L’ho già fatto. La sera della recita.»
«Sì, ma era per salvarti. Ora voglio un’interpretazione più personale, più sentita. Capisci cosa intendo?»
Michelle lo sapeva. Cantare per Dana significava tirare fuori una parte personale che si teneva nascosta. Si partiva da una canzone famosa, si modificava il testo e un segreto, un sentimento negato, diventavano di dominio pubblico. Riluttante disse: «Accetto.»
«Ottimo» gongolò Dana. Scattò in piedi e prese la mano sinistra dell’altra ragazza, facendola alzare dalla sedia. «Ora non pensare a nulla. Lasciati andare, la musica farà il resto.»
Michelle deglutì per niente tranquilla.
Dana schioccò le dita, qualsiasi canzone stesse risuonando nella palestra si interruppe. Pochi secondi di silenzio e gli accordi di una nuova iniziarono.
I Kissed a Girl”  di Katy Perry. Michelle la riconobbe all’istante e non ne fu poi così tanto sorpresa. Dana la osservò e in automatico, lei si preparò a  cantare:
 

«Non era ciò che avevo programmato

Mi hai incastrato
Volevo solo bere il punch e ballare
Ora perdo il controllo
Senza preavviso, non so che dirò
Mi vuoi mettere alla prova
So che sei curiosa
E forse anche io un po’
Ho baciato una Ragazza Demone e mi è piaciuto
Sapevi di ciliegia e zolfo
Ho baciato una Ragazza Demone per non svanire
Ma ho sperato che i miei amici non lo sapessero
Non so se è giusto
Non so se è sbagliato
Non so se potrei innamorarmi di te
Ho baciato una Ragazza Demone e mi è piaciuto
Mi è piaciuto davvero!»
 

Come succedeva ogni volta, all’intonare della strofa modificata, tutti i presenti nella palestra diedero il via a una coreografia. Ragazzi e ragazze si divisero in due file, i primi sulla sinistra e le seconde sulla destra. A loro si affiancarono anche i poliziotti di guardia alle porte, i professori e i genitori scelti come sorveglianti. Ancheggiarono a ritmo e si riunirono in modo da  lasciare una striscia di pavimento libera tra i loro gruppi, in attesa della coppia principale.

La palla da discoteca vorticava e lampi argentei colpirono i distintivi dei poliziotti, riflettendo la luce sui volti e gli abiti dei ballerini improvvisati.
Sculettando, Michelle si lasciò guidare da Dana in mezzo a loro, nel centro della pista. Giunte lì, la demone la fece girare e mettendosela di fronte, le circondò la schiena con il braccio e le strinse la mano sinistra in alto. Ballarono prima avanzando e poi retrocedendo una dall’altra.
 
«Non mi avresti mai notato
Non mi sarebbe importato
Credo di essere un gioco per te
È nella natura dei demoni
Corrompete brave ragazze
Non mi comporto mai così
Mi sento confusa
Ma non ho resistito
Ho baciato una Ragazza Demone e mi è piaciuto
Sapevi di ciliegia e zolfo
Ho baciato una Ragazza Demone per non svanire
Ma ho sperato che i miei amici non lo sapessero
Non so se è giusto
Non so se è sbagliato
Non so se potrei innamorarmi di te
Ho baciato una Ragazza Demone e mi è piaciuto
Mi è piaciuto davvero!»
 

Le persone intorno a loro si avvicinarono, formando delle coppie miste, ma anche dello stesso sesso. Imitarono le loro mosse, fissandosi negli occhi e continuando a ballare.

Anche Dana la fissò e cantò:
 

«Sono una ragazza magica, ma non diversa dalle altre

Pelle rubino, labbra bollenti, pronta a baciare ancora
So che è difficile resistermi
Mi piace che non lo neghi
E non c’è niente di male, se ti va, mi puoi baciare»
 

Michelle si staccò da lei, imitata da una parte di ragazze e qualche ragazzo e uomo, si portò le mani ai capelli e agitò la testa cantando:

 

«Ho baciato una Ragazza Demone e mi è piaciuto

Sapevi di ciliegia e zolfo
Ho baciato una Ragazza Demone per non svanire
Ma ho sperato che i miei amici non lo sapessero
Non so se è giusto
Non so se è sbagliato
Non so se potrei innamorarmi di te
Ho baciato una Ragazza Demone e mi è piaciuto
Mi è piaciuto davvero!»
 

La canzone si concluse e di colpo tutti smisero di ballare. Si guardarono tra loro confusi, come accadeva ogni volta che Dana portava a termine un numero del suo spettacolo.

Il deejay notò il silenzio imbarazzante e riprese con un nuovo brano. Gli insegnanti e i genitori tornarono al banco del punch, i poliziotti ai loro posti di guardia alle porte e i ragazzi ripresero a ballare a coppie, come se nulla fosse accaduto.
Michelle rimase a guardare Dana sorridente.
«Niente male» si congratulò la ragazza demone. «Sono davvero impressionata.»
«Hai avuto ciò che volevi, dammi le mie risposte» disse Michelle.
Dana le andò al fianco. «Un patto è un patto» sussurrò al suo orecchio destro, superandola.  Andò a sedersi di nuovo al tavolo, costringendo l’altra ragazza a seguirla. Afferrò con pollice e indice destro il pendente della collana e disse: «In questo gioiello è stato racchiuso il sentimento più profondo di Billy. È l’unica forza in grado di mantenere reale qualsiasi cosa la sua mente ha creato, se l’uomo in coma dovesse svegliarsi.»
«Quindi sai la verità su Elliott» dedusse Michelle.
«Ho fatto le mie ricerche» replicò Dana. «Da quando l’ho addosso, oltre che un’assicurazione sulla vita, ho una sorta di collegamento con le emozioni del tuo amico ammazzavampiri. Niente di preciso, ma da un paio di giorni so che ha preso una decisione dolorosa.»
«Che vuoi dire?»
«Vuole mettere fine a questa storia della Bocca dell’Inferno. Da solo. Una volta per tutte.»

 

 
                                                 Continua…?