36. La Fine è un Prologo
Con il cappuccio della felpa calato sul
volto, Kenny rimase appoggiato alla parete della sala d’ingresso della centrale
di polizia. Aveva origliato le varie conversazioni, ottenendo le informazioni
per cui si era intrufolato.
Attese e il poliziotto che aveva
raccolto le deposizioni in ospedale si alzò dalla scrivania, lo osservò mentre
portava la cartelletta contenente il suo lavoro al bancone principale e lo
seguì con attenzione mentre consegnava il tutto al collega e quest’ultimo lo
inseriva nel primo cassetto. I due rimasero a
parlare pochi attimi e poi andarono entrambi verso la sala ristoro.
Kenny esaminò l’intero perimetro. Non
c’era nessuno in giro. Era il momento adatto per agire. Corse al bancone, si
mise dietro, si inginocchiò e aprì il cassetto. Prese la cartelletta appena
riposta e l’aprì. Scorse con rapidità il verbale, cercando il resto delle
notizie che gli interessavano.
Rimise i fogli a posto e ripose il tutto
nel cassetto. Lo chiuse e si alzò in piedi.
Camminò spedito verso la porta e uscì
dalla centrale di polizia.
Gocce di sudore gli colavano sulla
fronte scura, Kenny proseguì per alcuni metri. All’imboccatura del parco vide
Kerry andargli incontro.
«È andato tutto bene?» gli domandò la
sorella.
«In caso contrario non sarei qui»
rispose.
Kerry lo afferrò per il braccio sinistro
e imboccò il vialetto per il parco. «Non è il momento di scherzare. Dimmi cosa
hai scoperto.»
«Nessuno sa cosa è successo veramente.
L’infermiera che ha urlato e gli altri inservienti arrivati dopo sono stati
interrogati come testimoni, ma nel rapporto sono definiti confusi» riferì
Kenny. «Parlano di una ragazza con un trucco rosso rubino che è scappata con
l’aiuto di un fumogeno viola. Due figure indistinte che si sono lanciate dalla
finestra. E altri cinque adolescenti sono stati trovati mentre impugnavano in
maniera sospetta un’ascia contro un uomo in coma.»
Kerry sorrise. «Quindi non ci hanno
identificati mentre ti afferravo e saltavamo fuori dalla stanza. Benedetta
agilità da Cacciatrice.»
«E non hanno capito che gli amici di
Billy volevano fermarlo. O comunque non credono a quella versione.»
«Meno male.» Kerry tirò un sospiro di
sollievo. «E della metà della Falce, cosa hai scoperto?»
«Sembra svanita nel nulla» rispose Kenny.
«C’era scritta una frase tipo: “La potenziale
arma del crimine è scomparsa dalla scena.”
E non c’è nessun accenno all’altra metà.»
«Non ne sanno niente neanche in ospedale»
disse lei. «Sono rimasta nascosta a osservarli, ma nessuno ha trovato niente che assomigliasse a
un’ascia, o a un paletto. Pensi sia stata la ragazza demone? Dopo il trambusto
può essere tornata a prendere almeno la metà sotto il letto.»
Kenny fece segno di no con la testa.
«Non penso le interessi l’arma. Dovremmo indagare ancora e cercarle.»
«E Billy e la sua Scooby Gang? Ci saranno d’intralcio?»
Ora fu Kenny a sorridere. «Di loro non
devi preoccuparti. Da dove li hanno mandati non possono crearci problemi: di
sicuro resteranno nella clinica per ragazzi disturbati per tutta l’estate.
Forse anche per più tempo.»
Mani forti e dal piglio deciso lo
spostarono con poca grazia e lo deposero sulla poltroncina nel salone.
Billy percepì quell’azione come un
evento lontano, quasi estraneo. Si sentiva svuotato da ogni forza e voglia di
reagire; osservò l’ambiente circostante prendendo atto di trovarsi in una
clinica psichiatrica, ma non provando alcun interesse.
Nella sua mente riemerse qualcosa. Un
ricordo pressante insistette per srotolarsi come un tappeto, con la stessa
impellenza di una parola sulla punta della lingua pronta a essere pronunciata E
Billy rivide un frammento della vita di Elliott.
Tutti
dicono che non c’è nulla di cui vergognarsi nel chiedere aiuto. Quando lo fai,
però, si girano dall’altra parte, o vogliono importi ciò che è meglio per loro
e non per te.
Con
questa consapevolezza, appoggiò la nuca sul cuscino e decise di infischiarsene
delle conseguenze.
Ormai
aveva perso tutto, quella era l’unica soluzione e senza più incertezze a
tormentarlo, si sentì più leggero, rilassato, lo stato ideale per ciò che si
apprestava a mettere in atto.
Si
voltò sulla sinistra, diede uno sguardo alla foto nella cornice sul comodino.
Volti sorridenti, affettuosi, scomparsi. Gli si formò un groppo in gola e non
si sforzò di trattenere le lacrime.
Era
finito il tempo di essere forte a tutti costi.
Pianse.
Un
pianto disperato e insieme liberatorio, fatto di singhiozzi ininterrotti, prima
ripetuti a breve distanza e poi rallentati, fino a sparire. Una sorta di ultimo
addio.
Era
un gesto egoista, ma era stanco di pensare sempre e solo agli altri: al loro
bene; a cosa potesse renderli felici; assicurarsi che fossero al sicuro,
incuranti di tutte le volte che si esponeva in prima persona a sofferenze non
preparato ad affrontare.
Questa
volta avrebbe messo se stesso al primo posto.
Continuò
a piangere finché non fu svuotato da ogni singola lacrima.
Girò
la testa e tornò supino. Distese le braccia lungo i fianchi.
La
luce esterna del sole filtrava dal vetro dell’ampia finestra al capo opposto
della stanza.
Stanco,
chiuse gli occhi e si addormentò.
Imponendosi
il sogno.
La consapevolezza spinse Billy ad
arrendersi. Nulla aveva più importanza ora che tutto gli era chiaro.
Elliott voleva morire e lui doveva
essere il suo assassino, anzi per la precisione si sarebbe trattato di un
suicidio. Al momento cruciale però non c’era riuscito, i suoi compagni lo
avevano fermato o forse glielo aveva permesso lui. Non faceva molta differenza,
il risultato era il medesimo: era bloccato in quella riproduzione della sua
serie tv preferita, essendo il responsabile di trasformazioni e morti in stile
horror.
Rinchiuso nella struttura, con
l’insopportabile peso di quella colpa che non sentiva del tutto dovuta a una
scelta libera, prese a sua volta una decisone egoista. Avrebbe spento la sua
mente, sarebbe rimasto in stato catatonico, forse in quel modo tutto si sarebbe
fermato.
Il primo senso ad assopirsi fu l’udito:
i suoni dei passi degli altri ospiti della clinica e degli inservienti si
ovattarono, le loro voci si mischiarono divenendo un lieve brusio di
sottofondo.
Individuò Betty, Donovan, Zec e Michelle
venir accompagnati in quella stessa sala. Gli lanciavano sguardi di aiuto, ma
in pochi attimi ai suoi occhi anche le loro figure divennero sfuocate. Sagome
indecifrabili e irriconoscibili.
Infine, Billy immaginò di chiudere ogni
porta o finestra sul mondo esterno e trovò la pace.
FINE STAGIONE 1
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