lunedì 11 marzo 2024

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 55

Il Gioco del Branco 19: Tutti Insieme Infernalmente (Atto I)

 

Zec si tolse la felpa e la maglia, dando le spalle a Billy.

Dovevano infilarsi i costumi per la prova generale del musical e i camerini non erano sufficienti per tutto il cast, così si cambiavano a turno e a coppie. Entrambi interpretavano due dei figli del Capitano Von Trapp e dovevano essere in scena a breve, con un orribile completo alla marinara che li faceva sembrare due cosplayer scadenti di una convention su Sailor Moon. 
Era la prima volta che si spogliava solo con lui nella stessa stanza ed era scosso da emozioni contrastanti. Avrebbe voluto voltarsi e sbirciare il suo ragazzo, ma era intimidito nel chiederglielo. In fin dei conti la loro relazione non era andata oltre che qualche bacio, un ballo, ma niente di più fisico.
Nel silenzio della stanza ricavata nel retro dell’auditorium, accanto alla sala costumi, a Zec ogni rumore sembrò amplificato. Lo strusciare del tessuto sui loro corpi, il respiro, il tintinnare delle grucce…
«Sei in imbarazzo?» domandò Billy.
«No» rispose d’impulso.
«Possiamo anche guardarci… se ti va.»
«Ok.»
Zec lo udì muoversi e fece altrettanto, trovandosi poi di fronte al ragazzo a petto nudo, con indosso solo un paio di boxer grigi.
Billy gli sorrise. «Siamo due scemi. Nello spogliatoio maschile ci cambiamo in gruppo ogni volta che c’è educazione fisica. Ci siamo già visti mezzi nudi.»
«Già… ma lì siamo in mezzo ad altri ragazzi.»
Zec provò a distogliere lo sguardo dal corpo dell’altro, senza riuscirci. O volerlo per davvero. Non aveva un fisico particolarmente atletico, eppure lo trovava sexy. In confronto lui sembrava un’acciuga schiacciata.
«Hai ancora addosso i jeans» gli ricordò Billy.
Zec mosse impacciato le mani, slacciò la cintura, sganciò il bottone, ma la lampo non accennò a scendere. «Si è incastrata.»
Billy si avvicinò, lo sguardo fisso nel suo e la pelle tanto vicina da percepirne il calore.
«Posso?» gli chiese indicando la cerniera.
«Sì.»
Zec sentì le dita della mano sinistra di Billy toccargli la pancia ed ebbe un brivido di piacere. Poi prese con il pollice e l’indice destro il cursore e il palmo gli sfiorò gli slip scuri. Temette che la sua eccitazione diventasse troppo evidente.
La porta si spalancò di colpo.
Un ragazzo dai capelli castano chiaro e corti, con il ciuffo che svettava, li osservò con gli occhi verdi, sorridendo malizioso. «Vi disturbo?»
Billy allontanò le mani e fece un passo indietro. «No, noi stavamo…»
«Si è bloccata la cerniera» lo interruppe Zec, gesticolando agitato. «Mi stava… ecco aiutando, ma non si muove.»
«Ci penso io» rispose prontamente il nuovo arrivato.
Entrò nel camerino e si inginocchiò davanti a Zec.
«Non serve, riesco a toglierli anche così»  replicò.
L’altro gli afferrò i fianchi con le mani, una presa stretta, ma gentile. «Faccio in un attimo.» Avvicinò il viso al suo inguine e afferrò con i denti il cursore. Diede uno strattone deciso e la cerniera si aprì.
I jeans gli scivolarono lungo le gambe e Zec osservò l’altro ragazzo rialzarsi. Erano a meno di un palmo l’uno dall’altro, gli stringeva ancora i fianchi e provò un fremito lungo la pelle.
«Grazie» bofonchiò.
«Prego, sono Dylan» gli disse. «Riesci a sfilarli da solo?»
«No, no, cioè, sì» rispose, sentendo il calore diffondersi nel volto.
Dylan scostò le mani e si girò verso Billy. «Posso fare qualcosa per te?»
«No, grazie.» Senza staccargli gli occhi di dosso, Billy tastò i bordi della sedia a pochi centimetri da lui, alla ricerca degli indumenti del costume di scena. «Fai parte del gruppo di teatro? Non ti ho mai visto alle prove.»
«No, non sono del gruppo, ma avrei bisogno di parlare con voi.»
Seduto su un’altra sedia a togliersi le scarpe da ginnastica, Zec sollevò la testa incerto. «Non dovresti stare qui, puoi aspettarci fuori.»
Dylan si girò di tre quarti. «Qui è più intimo. Ho bisogno di un favore e non mi va ci sentano altre orecchie indiscrete. Se è un problema perché sono vestito, posso spogliarmi anche io.»
«Sì, voglio dire, no» ribatté Zec. «Che genere di favore vuoi?»
«Uno che mi permetta di sopravvivere.» Dylan si volse di nuovo, rivolto a Billy. «Ero presente alla rappresentazione dell’anno scorso, mi ricordo di voi e dei vostri amici. E dei vampiri. Mi sono salvato per un pelo. Non voglio che ricapiti.»
«Non so a cosa ti riferisci, ma non possiamo fare niente per te» rispose Billy. «Qualsiasi cosa vuoi, non possiamo dartela.»
Dylan gli si avvicinò, sfiorandogli con l’indice e il medio destro la pelle del ventre e scendendo fino all’elastico dei boxer. «Sicuri? Posso essere molto riconoscente.»
Zec balzò in piedi infastidito. «Basta.» Gli posò una mano sulla spalla con una punta di gelosia e lo fece allontanare dal suo ragazzo. «Sai dei mostri e capisco quanto possa spaventare, ma possiamo solo garantirti che faremo il possibile per tenere tutti al sicuro. Se ti fa stare più tranquillo, non venire alla prima del musical.»
Dylan abbandonò la sua espressione ammiccante. «Se non vuoi condividere il tuo ragazzo, o viceversa, non importa. Troveremo un altro modo per un accordo. Posso saltare la prima, ma gli altri giorni? Non verrò più a scuola? Sappiamo che al liceo succedono incidenti extra-umani, siamo tutti potenziali vittime, però voi avete poteri per lottare. Io no. E non sono disposto a rimanere disarmato.»
«Aspetta, credi che possiamo darti dei poteri?» Billy scosse la testa. «Sei fuori strada, non dipendono da noi, non li spacciamo, o vendiamo come fossero pasticche a un rave. E in ogni caso sono altrettanto pericolosi, non sai come possono cambiarti. Avere capacità non ti rende al sicuro.»
Dylan si allontanò da loro. «Se non volete aiutarmi, cercherò altrove.»
Zec lo osservò uscire dal camerino, chiudendosi la porta alle spalle.
Guardò in viso Billy e senza parlare, sapevano di avere un grosso problema di cui occuparsi.  
 

«Mi sento ridicolo» disse Zec, tirando la maglietta a dismisura.

Donovan scoppiò in una risata fragorosa. Dietro la scenografia sul retro del palco, erano tutti e cinque in circolo per un’emergenza annunciata da Billy e Zec. Quando si erano presentati con quegli abiti, non era riuscito a trattenersi. Per fortuna il suo ruolo prevedeva che indossasse quasi sempre un uniforme militare, per nulla imbarazzante. I suoi compagni invece sembravano pronti per un film comico muto degli anni venti.
«Donovan, smettila» lo riprese Betty. «Devono dirci qualcosa di importante su questo Dylan.»
Lui si coprì la bocca con la mano destra, ma soffocare le risa era impossibile.
Michelle sbuffò, incrociando le braccia. «Almeno voi non dovete portare queste stupide gonne a frange.»
«Perché i pantaloncini corti ti sembrano meglio?» Billy indicò imbarazzato l’indumento indosso.
Donovan esplose in una nuova risata. Non voleva prendersi gioco degli amici, ma erano davvero inguardabili. Barcollò, scosso dal ridere. Avrebbe dovuto essere in pensiero per la messa in scena, dalla  minaccia della possibilità che Kate fosse S, eppure non riusciva a trattenere lo sfogo di ilarità.
Zec lo guardò di sbieco. «Se non la pianti, ti lancio in platea con la telecinesi da poltergeist.»
«Piantatela tutti quanti» s’intromise Betty. «Che problema c’è con Dylan?»
Billy si scambiò un’occhiata eloquente con Zec. «Prima è venuto in camerino. Voleva che gli facessimo avere dei poteri speciali e al nostro rifiuto ha risposto che chiederà ad altri.»
Quella frase riuscì a placare la crisi di riso di Donovan: sapeva riconoscere i guai in arrivo e non lo trovava divertente. «Pensate intendesse Kate?»
«Non al cento per cento, ma è probabile» rispose Zec.
Kerry Wood comparve dalle quinte alla loro destra. «Fate silenzio!» sibilò. «Le interpreti delle suore sono patetiche e il casino che state facendo non aiuta.»
«Ci sono problemi con Kate» annunciò Billy.
Kerry non si scompose. «Non mi riguarda. State zitti e tenetevi pronti a entrare in scena.» La radio che aveva nella mano destra gracchiò e lei si allontanò senza dire altro.
«Non ha torto» fece Michelle.
Donovan la fissò sorpreso. «Stai scherzando?»
«Niente affatto. Avete visto come ha reagito Chas al nostro avvertimento. Perché dovremmo preoccuparci di questo Dylan? Se vuole cacciarsi nei guai, peggio per lui.»
«Anche solo per non dare più adepti a Kate» replicò lui. «Non volgiamo che mezzo liceo entri nel suo branco.»
«In ogni caso, come lo fermiamo?» domandò Betty. «Ammesso che sia ancora nell’edificio, non so neanche che faccia abbia.»
«Di sicuro sarà rimasto qui intorno. Me ne occupo io.» Donovan andò dalla parte opposta da cui era sbucata Kerry e attraversò le quinte, abbandonando il retroscena e ritrovandosi accanto al palcoscenico.
Udì il gruppo di amici andargli dietro.
«È un tipo piuttosto deciso e non si fa molte remore per ottenere i poteri» lo avvertì Zec. «Magari Betty potrebbe venire con te.»
«Non posso, sono in scena tra poco, insieme a voi» rispose lei.
Donovan batté un pacca sulla spalla di Zec. Si faceva troppi problemi per niente. «Tranquillo, basto io, anche perché servo sul palco tra un bel po’. Indicatemi chi è.»
Billy scrutò tra le poche presenze nelle poltroncine dell’auditorium e disse: «È quello in terza fila sulla sinistra, ultimo posto vicino alle uscite di emergenza.»
«Non sembra pericoloso» constatò Michelle, guardando nella direzione, poi spostò gli occhi e aggiunse: «Loro invece è meglio evitarli.»
Donovan osservò la prima fila. C’erano Aiden e Jordan, di sicuro erano venuti per sostenere Chas. «Gli starò alla larga e terrò lontano anche questo tipo, Dylan, da loro.»
Partì in quarta e girò vicino alla scaletta, passò davanti alla prima fila destra deserta e una mano gli afferrò il braccio.
«Dove stai andando?» domandò Kenny Wood, arrivato di soppiatto da dietro le quinte. «Tutti gli attori devono rimanere nel retroscena per essere chiamati al momento di entrare.»
Donovan strinse i denti. Come la sorella gemella, Kenny faceva parte della troupe e non del cast principale, stava svolgendo solo il ruolo che gli avevano assegnato, però lui desiderò prenderlo a pugni. Non perché lo avesse bloccato – quello era un fastidio temporaneo – ma perché non avevano mai messo in chiaro che doveva stare lontano da Betty. 
«Sarò presente alla chiamata» gli rispose, scostando bruscamente il braccio. «Prima devo parlare con una persona.»
Kenny sollevò gli occhi marroni. «Non dovresti cacciarti nei guai.» La radio che aveva in tasca gracchiò e aggiunse: «Comunque non sono affari miei.»
«Appunto.» Donovan si liberò dalla sua mano, lo lasciò a occuparsi degli ordini alla radio e si concentrò su Dylan. Lo vide alzarsi in piedi, mentre dalle porte di sicurezza entrò Kate.
Si mosse velocemente, doveva raggiungerlo prima di lei. Donovan si chiese perché stesse venendo in auditorium. Voleva seguire una dei suoi sottoposti, oppure in qualche modo era al corrente delle intenzioni di Dylan?
Aiden gli si parò davanti. «Non dovresti essere lassù con gli altri?»
Donovan inalò un respiro profondo. Doveva mantenere la calma, Aiden era un altro che gli ispirava una scazzottata. «Tutti interessati alla mia carriera di attore. Sono lusingato.»
«Chas non ama fare brutta figura per colpa degli altri» rispose l’asiatico con un sorriso tirato.
«Si arrabbierà di più nel sentire parlare mentre è in scena.»
Aiden strinse gli occhi a mandorla e fece una smorfia di fastidio.
Donovan approfittò della sua piccola resa per sorpassarlo, corse lungo la striscia di pavimento di linoleum e raggiunse le porte di sicurezza. Uscì nel cortile e guardò intorno.
Dylan era con Kate a pochi metri da lui.
Si strinsero la mano e sentì lei dire: «Bene. Abbiamo un accordo.» 


                                                       Continua...?

lunedì 26 febbraio 2024

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 54

Il Gioco del Branco 18: Echi del Sogno di un Altro

 

Michelle si guardò intorno intontita. «Dove siamo finiti?»

Zec scrutò il paesaggio spoglio, confuso e sorpreso quanto lei.
Intorno a loro c’era solo una lunga, interminabile strada a doppia corsia. Erano sul ciglio in pigiama, in una sera fredda d’inverno senza però provare brividi. Se questo non era sufficiente a confermare di non essere nel mondo reale, Michelle se ne convinse notando alle sue spalle ogni elemento dell’ambiente circostante venir risucchiato a spirale nel nulla.
«In qualche modo Billy è riuscito a collegarsi a Elliott e siamo in una specie di spazio mentale» disse Zec.
«In un sogno» replicò. «Ma sarà quello di Elliott? E dove sono gli altri?»
Zec allargò le braccia sconsolato. «Possiamo solo andare a cercarli.»
Intimorita di finire nel vuoto dietro di loro, Michelle annuì. Nonostante si ritrovasse in un luogo impreciso e con la possibilità di finire in guai peggiori, fu grata di essere rimasta sola con Zec. Da tutta la sera cercava di parlargli senza avere il coraggio e la giusta occasione per farlo.
«Devo farti una confessione» esordì, girando il volto verso di lui.
Camminandole al fianco, lui chiese: «Cosa?»
«Durante il numero di Chas in auditorium… ecco, per un minuto ho sperato… ho desiderato ci fosse tua sorella Dana. E l’ho sentita rispondermi.»
Zec rimase in attesa qualche istante. «E poi? Cosa è successo?»
«Niente, forse me lo sono solo immaginata.»
Lui non disse niente e distolse lo sguardo.
Camminarono a piedi nudi sull’asfalto in silenzio, proseguendo in linea diritta.
«Avevo paura ti arrabbiassi» disse Michelle d’impulso. «So che il rapporto tra di voi è complicato e dopo averla smascherata per l’inganno sul perché è un demone non dovremmo fidarci. E non mi fido.»
«Però hai pensato a lei sentendo la musica.»
Michelle annuì.
Zec alzò lo sguardo al cielo. «Anche io, appena succede qualcosa di soprannaturale, penso subito a Billy. Mi dà sicurezza. Per te è lo stesso?»
«Sì, almeno credo.» Sospirò, lisciandosi il pigiama rosso. «Mi sento molto confusa riguardo a Dana. Mi sento… attratta da lei.»
«E lei lo sa?»
«No, cioè forse l’ha capito. Quando siamo state sole ha flirtato con me, ma poi nelle settimane nel suo inferno non mi ha considerato. Tu hai idea se a lei possano piacere… ecco, i tipi come me?»
Zec s’incupì. «A dire il vero non so più che idea farmi su mia sorella. Non ho mai pensato potesse essere omosessuale, o atro e non me lo sono mai chiesto. Un tempo eravamo uniti, non ci raccontavamo proprio tutto, ma sapevamo capirci. Poi ha alzato un muro, mi ha escluso dalla sua vita. E adesso non so mai se ha un doppio fine per ogni cosa che dice o fa.»
Michelle sospirò di nuovo, sconsolata. Si era tolta un peso nel raccontargli tutto, ma non era venuta a capo dei suoi dubbi.
Inaspettato, Zec le sfiorò il mignolo con il suo. «Non sono arrabbiato con te se pensi a Dana, o ti piace, o qualunque rapporto vuoi con lei» disse, guardandola negli occhi. «Ti dico solo di stare attenta. Sei mia amica e non voglio vederti soffrire per i giochi di mia sorella.»
«Grazie» rispose sorpresa.
Un sorriso comparve sulle labbra dell’amico, facendo svanire l’aria oscura dal volto. «Mi dispiace non esserti più d’aiuto, però voglio tu sappia che qualunque cosa accada, sarò dalla tua parte.»
«Anche se dovessi mettermi insieme a una demone manipolatrice?»
«Ehi, chi sono io per giudicare?» le rispose allegro. «Il mio ragazzo è la proiezione mentale di un uomo in coma. Nessuno è perfetto.»
Michelle scoppiò a ridere, niente era nella norma per loro. E andava bene così.
L’ilarità di quella assurda passeggiata sul brodo della strada fu stravolta dallo sfrecciare di un’auto rossa nella stessa direzione che stravano percorrendo. Correva così veloce che quasi sbandò verso di loro, non tanto da colpirli, ma abbastanza da permettere di notare due figure femminili nell’abitacolo.
«Credi che dovremmo seguirla?» domandò Zec.
Billy comparve di corsa, superandoli e rincorrendo l’automobile.
Michelle gli afferrò la mano. «Ora ne sono convinta.»
 

Billy scrutò interdetto la strada davanti a sé. Non era quello che si era aspettato una volta afferrata mentalmente la connessione con Elliott. Non trovò i compagni al suo fianco e la sua scarsa esperienza nei viaggi psichici poteva esserne il motivo.

Un’automobile rossa gli passò accanto, dapprima con un’andatura normale, poi accelerò. Riuscì solo a vedere due ragazze all’interno. Una dall’aria poco più grande di lui, con i capelli castano scuro al volante e la seconda nel posto del passeggero, di qualche anno più giovane con i capelli biondi.
Seguila.
Era la sua stessa voce e gli ronzò nelle orecchie e in testa.
Billy si mosse d’istinto, convinto a non poter stare dietro a un auto che viaggiava a quella velocità, scoprì che le sue gambe procedevano con un’energia sovraumana. Ebbe la sensazione fossero manovrate da qualcun altro.
Tenne il viso alzato e lo sguardo fisso davanti a sé.
Era proprio dietro al veicolo rosso.
Lo vide sbandare sulla destra e poi riprendere il controllo nella corsia.
Nello stesso istante, ai lati della sua visuale, comparvero Donovan con Betty e Zec insieme a Michelle.
Sapeva di non potersi fermare a dare spiegazioni così urlò: «Presto, correte dietro di me!»
Dopo un attimo di smarrimento, vide le due coppie unirsi nella rincorsa, riuscendo con loro stessa sorpresa a tenere il suo ritmo.
«Perché stiamo inseguendo l’auto?» chiese Donovan.
Senza voltarsi, Billy rispose: «È un sogno, non lo sapremo fino alla fine.»
Niente in quella situazione gli era familiare, o indicava il collegamento con Elliott e la Falce, ma in qualche modo ce n’era uno. Nel profondo era certo non fossero lì per caso.
L’auto frenò bruscamente.
Lui e i suoi amici fecero altrettanto, restando dietro al mezzo.
In lontananza intravidero una figura distesa sul cemento in mezzo alla strada. La ragione che aveva fatto bloccare la corsa a tutti.
La portiera del guidatore si spalancò e uscì la ragazza bruna.
«Vado a vedere cosa gli succede. Tu resta dentro» ordinò, girata di tre quarti e rivolta alla compagna di viaggio.  
La portiera del passeggero si aprì lenta e sbucò una testa bionda. «No, voglio aiutarti.»
«Rimani lì» insisté la ragazza più grande e la seconda obbedì, svanendo all’interno dell’abitacolo.
Senza muoversi, Billy osservò la giovane chiudere la portiera e superarre il cofano. Fece due passi e poi si piegò in basso, sparendo dalla loro visuale.
Billy si sporse per vedere meglio, ma una forza invisibile lo agguantò, tirandolo all’indietro e facendolo cadere con il sedere per terra.
Non erano più in mezzo alla strada, ma dentro un corridoio dalle pareti grigie e conosciute.
«Siamo all’ospedale Saint Mary» affermò ad alta voce.
Zec gli porse la mano per aiutarlo. «Ci hai portato tu qui?»
«No, non ho il comando degli spostamenti» disse afferrandogli la mano e tirandosi su.
«E chi ce l’ha?» domandò Michelle.
«Non so, non sapevo cosa aspettarmi quando ho provato a rintracciare psichicamente Elliott» ammise. «Di sicuro esserci trovati al seguito di quell’auto e qui non sono casualità.»
«Però sappiamo già che Elliott non è all’ospedale Saint Mary» ricordò Donovan.
«Questa non è l’ala in cui era ricoverato lui» disse Betty, osservando il corridoio. «Non ci sono le scale sulla sinistra e neanche la stanza per il gruppo dei disturbi alimentari.»
Billy guardò con più attenzione. In fondo al corridoio c’era solo un ascensore e ai lati le porte delle stanze erano socchiuse. Tutte, tranne l’ultima a destra.
Aprila.
Si voltò a guardare i compagni. «Lo avete sentito anche voi?»
«Era la tua voce…» rispose Zec. «Ma mi ha rimbombato in testa.»
«Vale per tutti» confermò Donovan.
Billy avanzò deciso verso la porta chiusa e allungò il braccio.
Un ululato gutturale annunciò il manifestarsi di una creatura di fumo nero e denso, salendo al soffitto fino a formare la sagoma di un gigantesco lupo. Gli occhi erano bianchi e luminescenti e lo fissavano rabbiosi. Con il suo intero corpo si posizionò davanti alla porta, coprendola.
«Lasciami passare» fece Billy.
Il lupo enorme latrò in risposta, avanzando con le zampe anteriori, in posizione di attacco.
«Non sono pratica di simbolismi, ma non credo ci farà entrare» disse Michelle.
Zec lo afferrò per il braccio e lo tirò indietro. «Andiamocene, non voglio scoprire cosa può farci, anche se è un sogno.»
«Siamo arrivati fin qui, manca poco per sapere» provò a convincerlo.
Il lupo compì un passo verso loro, ringhiando.
Betty si aggrappò alla sua spalla. «È inutile insistere. Dobbiamo andarcene.»
Billy indietreggiò insieme a loro. «Ok, ma abbiamo un problema. Non ho idea di come portarci via da qui.»
«Ci sveglieremo divorati da questo bestione?» fece Donovan con voce tremante. «O non ci sveglieremo affatto.»
Per quanto si sentisse responsabile, Billy non seppe cosa dire. Peggio, non sapeva cosa fare se non allontanarsi dal lupo, che al contrario li seguiva famelico.
Si erano mossi nella parte opposta all’ascensore e finirono con le spalle al muro.
Letteralmente.
Il lupo balzò in aria, spalancando le fauci per morderli, ma una lancia si conficcò nel suo costato.
La Prima Cacciatrice apparve davanti a loro. Con la sua pelle scura, i capelli intrecciati e gli stracci come abiti, si frappose tra il gruppo e la minaccia.
«Sei il primo invasore, non puoi attaccare» intimò all’animale.
Il lupo guaì, piegò il muso e con i denti aguzzi smosse il bastone della lancia per sfilarla.
La Prima Cacciatrice si girò, restando faccia a faccia con Billy.
«Mi dispiace, dovevo rimediare al mio errore» gli disse. «Hai frainteso le mie parole. Non è la tua morte che devi accettare.» Alzò il volto e lo baciò sulla fronte.
Billy avrebbe voluto porle delle domande, ma appena lei staccò le labbra, gli si chiusero le palpebre.
 

Billy spalancò gli occhi.

«Ferma, cosa vuol dire?» chiese. Si guardò intorno. Era nel salotto della casa di Michelle e l’amica e gli altri compagni stavano risvegliandosi, stesi intorno a lui.  
«Siamo tutti interi» constatò Donovan, tastandosi il petto e le cosce.
Billy si alzò in piedi. «Cosa intendeva la Prima Cacciatrice? So che ho sbagliato a voler provare a uccidere Elliott, ma quale morte devo accettare?»
Zec gli fu subito accanto, avvolgendogli le spalle con un braccio e massaggiandogli il petto con l’altra. «Calmati, è sempre complicato interpretare un sogno.»
Michelle indietreggiò e si issò sul lato sinistro del divano. «E non sappiamo neanche di chi sia quello in cui siamo finiti.»
Billy respirò regolarmente, provando a rilassarsi. Aveva troppe domande a ronzargli in testa, ma dirle ad alta voce non sarebbe servito a nulla. Gli altri avevano sul volto la stessa espressione confusa e disorientata che sentiva su di sé.
Betty si mise in piedi. «In realtà, andando per esclusione possiamo presumere di chi era quel sogno. Cercavamo Elliott e la Falce e abbiamo trovato una ragazza che sogna un incidente stradale e una stanza d’ospedale protetta da un lupo.» Si tolse gli occhiali, pulì le lenti con la manica del pigiama e poi li inforcò. «Una delle due è sicuramente Kate.»
Zec scosse la testa. «Erano troppo giovani.»
«Potrebbe essere un ricordo» replicò Betty.
Donovan strisciò al lato destro del divano e ci appoggiò la schiena contro. «Ma se Kate è ogni giorno a scuola, come può essere in una camera dell’ospedale?»
Betty sospirò. «Essere un’infermiera è la sua copertura, ricordi?» Poi contò sull’indice e il medio. «Il Reicdleyen, l’infermeria, perché non anche al Saint Mary.»
«Va bene, ma perché non farci vedere chi c’è nella stanza?» chiese Zec.
Michelle batté le mani. «Perché lì dentro c’è S.»
Billy abbandonò il suo rimuginare sulla Prima Cacciatrice e unì i puntini delle osservazioni dei compagni. «Oppure, vista la nostra esperienza con Elliott, Kate sta nascondendo sé stessa e lei ed S non sono in combutta, ma sono la stessa persona.»
 

 

                                                         Continua…?        

lunedì 12 febbraio 2024

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 53

Il Gioco del Branco 17: La X Indica il Sogno

 

Donovan entrò nel salone della casa di Michelle con lo zaino in spalla e il volto scuro. «Mettiamolo subito in chiaro: non parteciperò a un pigiama party» sentenziò deciso.

Betty alzò gli occhi al soffitto, spazientita. «Te l’ho già detto al telefono: questo non è un pigiama party.»
«Allora perché sei in pigiama? Michelle, che è venuta ad aprirmi, è in pigiama e mi hai detto “Ricordati di portare il pigiama”?»
Michelle li raggiunse dopo aver chiuso la porta, succhiando un lecca-lecca a pallina. «Però ha ragione, sembriamo tutti pronti per un pi…»
«Non ripeterlo» le intimò Betty, puntandole contro l’indice destro e lasciandosi poi cadere sul divano.
Billy scese le scale del piano superiore, aveva ascoltato la discussione ed era pronto a dare le spiegazioni del caso. Con la presa di coscienza che Kate e i suoi alleati non avevano scrupoli a mettere in pericolo innocenti, si era convinto della necessità di dover cambiare strategia.
«È stata una mia idea» disse entrando nel salone, con indosso un pigiama grigio, con una sveglia stampata sulla maglia e la scritta Buon risveglio. «Abbiamo provato le nostre parti per il musical, ma ora dobbiamo dedicarci ad altro. E non si tratta di una festa.»
Donovan aggrottò la fronte. «Ah sì? Avete uno strano modo per riorganizzarci dalla batosta di Chas e gli altri in auditorium. Però sapete che sono aperto a nuove esperienze.»
Billy trattenne una risata. Se gli avesse dato corda, non sarebbero mai andati avanti. «Vogliamo tentare di rintracciare Elliott e la Falce e per farlo dobbiamo provare a collegarci insieme mentalmente, sfruttando il mio legame con Elliott e quello che condividiamo tutti con la Falce.»
Zec sbucò fuori dalla cucina sulla destra, con una t-shirt di Pippo e un paio di pantaloni celesti. «Michelle, non trovo i vassoi» poi si accorse di Donovan e fece: «Sei arrivato, cosa ci fai ancora vestito?»
Donovan aprì la bocca per rispondere, ma Betty girò l’indice, appena usato come arma ammonitoria, verso di lui. «Niente battute e niente allusioni al sesso.»
«Posso almeno sapere perché devo cambiarmi d’abito?» domandò l’altro.
«Fa sempre parte della mia idea» intervenne Billy. «L’unica volta che le nostre menti si sono ritrovate in una sorta di connessione, dormivamo in questo salotto. E se addormentarci è un requisito essenziale, tanto vale farlo comodi.»
«E a cosa servono i vassoi?»  domandò Donovan.
Michelle gli passò davanti come una furia. «Oh giusto, i vassoi. Ti faccio vedere dove sono.» Prese Zec sotto braccio e sparirono dietro la porta della cucina.
Billy sospirò rassegnato a dover ripetere ancora una volta tutto il piano. Contrariamente all’opinione di Betty, il suo ragazzo non si sarebbe adeguato senza troppi problemi. «Ricordi che stavamo facendo una maratona di Buffy l’altra volta? Ci siamo organizzati e abbiamo pensato di cenare davanti alla tv. Michelle e Zec hanno preparato delle bibite e qualcosa da sgranocchiare prima che ordiniamo le pizze.»
«Questa volta però guarderemo Teen Wolf» precisò Betty. «È chiaro che Kate e il suo branco prendono spunto da lì, anzi una dei cattivi della prima stagione si chiama come la nostra spina nel fianco. Non può essere un caso. In più la Bocca dell’Inferno ha molto in comune con il Nemeton e cer…»
Billy si voltò a guardala e insieme a Donovan domandò: «Il cosa?»
«Ecco, questo è un altro motivo per cui voi dovete farvi almeno un’idea generale» disse lei. «Comunque, il Nemeton è sostanzialmente un albero, un luogo di ritrovo di druidi nella mitologia del serial, ma convoglia anche magia e correnti telluriche che attraggono esseri soprannaturali e può aprire un portale. Un po’ come la Bocca dell’Inferno.»
«Ho capito, niente battaglie con i cuscini, ma indagini soprannaturali» concluse Donovan.
Betty annuì. «Esatto. Ora, puoi andare a metterti in pigiama, così iniziamo?»
Il ragazzo si avviò verso le scale per il piano superiore, dopo tre gradini si fermò, si girò e chiese: «Non vi sembra di lasciare un po’ troppo al caso perché abbaia successo?»
Billy alzò le spalle. «È un tentativo, non ho un manuale d’istruzioni sui poteri psichici.»
Donovan rimase a fissarlo qualche secondo, poi scrollò le spalle a sua volta. Riprese a salire e disse: «Non azzardatevi a ordinare le pizze prima che scenda.»
 

Avevano già guardato metà della prima stagione di Teen Wolf e nessuno di loro sembrava accennare un principio di sonnolenza. Seduto sul lato sinistro del divano, Billy scrutò Zec al suo fianco, attento a seguire i giovani protagonisti sullo schermo e Betty accanto a lui a fare lo stesso, giocherellando con i bottoni rosa e bianchi della blusa del pigiama con doppia tonalità.

Sulla poltrona alla destra, Michelle stava rovistando con le dita il fondo del secchio di plastica dei popcorn, con le briciole sparse sui pantaloni rossi di cotone del largo pigiama, mentre Donovan nell’altra alla destra mangiava una fetta della pizza ormai fredda, sgocciolando pomodoro sulla maglia verde a maniche corte e sui pantaloni a fantasia scozzese.
Billy sbuffò. «Forse non è stata una grande idea. Qualcuno di voi ha sonno?»
I compagni scossero in gruppo la testa.
«Per me è colpa della pizza» disse Zec, osservando Donovan. «Salsiccia e peperoni è un abbinamento suicida. Avremo peso di stomaco fino ai vent’anni, altro che addormentarci.»
Donovan masticò rumorosamente e inghiottì l’ultimo boccone. «Al contrario, più gli ingredienti sono potenti, più possibilità abbiamo di abbioccarci.»
Betty raddrizzò la schiena. «E se questa volta non funzionasse perché la serie non è un collegamento con Elliott?»
Michelle posò il secchio sul pavimento. «Se preferite Buffy ho i dvd.»
«Avete ragione» esclamò Billy. Le parole delle amiche avevano sbloccato un’illuminazione nel suo cervello. «Non sulla pizza, ma su cosa ci unisce. Con Buffy ha funzionato sia perché era il perno su cui si basa l’alterazione della realtà di Elliott e anche perché ne eravamo tutti fan. Di Teen Wolf  io e
Donovan non sappiamo niente e soprattutto è una scelta di Kate. Mentre la Falce è qualcosa solo nostro.»
«Abbiamo sbagliato la frequenza su cui sintonizzarci» riassunse Betty.
Donovan si allungò verso il tavolino e afferrò il telecomando, schiacciando il tasto pausa. «Ok, ma allora cosa facciamo? Hai detto tu di non avere un manuale d’istruzioni.»
Billy ripensò a Nicole, a quanto gli aveva detto a voce durante la conversazione all’istituto e a quello che aveva letto nella lettera, di cui non aveva ancora parlato ai suoi amici.
«È vero, però non ho preso in considerazione l’ipotesi più ovvia» rispose. «Io sono l’antenna da cui ricevere Elliott, sono una sua emanazione. Devo usare il mio potere di percepire il soprannaturale al contrario e risalire alla fonte.»  
Michelle si grattò la testa confusa. «Non ho capito cosa intendi, ma puoi farlo?»
«Credo di sì, anche se non so come» replicò.
Betty si tamburellò l’indice destro sul mento. «Ora che ci ragiono, in teoria il tuo senso del soprannaturale potrebbe essere in realtà una specie di lampi di telepatia, spiegherebbe perché percepisci cosa sta per succedere, come se il pensiero di Elliott passasse attraverso te prima di concretizzarsi nel mondo reale.»
«Ha senso, sarebbe come una sorta di Professor Xavier» concordò Zec. «Però nessuno di noi ha un Cerebro in casa con cui potenziarti.»
«Gli X-Men» esultò Billy, balzando in piedi. «Sono il mio collegamento diretto con Elliott, per questo il mio primo pensiero per Halloween è stato travestirci da loro. E allo stesso modo S. può averlo percepito da Elliott e ci ha maldestramente trasformati e fatti attaccare dalle Sentinelle.»
Michelle lo fissò ancora più confusa. «Un attimo, siamo tornati alla teoria che Kate è S e quindi ha lei la Falce?»
«Non  lo so, ma potremmo scoprirlo. Il mio ragazzo è un genio» stampò un bacio sulle labbra di Zec e girò intorno al divano. «Devo recuperare dei fumetti degli X-Men, forse ne ho qualche numero a casa. Vado e torno.»
«Non serve.» Donovan abbandonò la poltrona e lo superò. Salì al piano superiore e ridiscese pochi attimi dopo con quattro albi in mano. «Spero vadano bene» disse porgendoglieli.
Betty lo guardò sottecchi «Perché hai portato dei fumetti al nostro incontro?»
«Niente di importante, pensavo servissero per altro» rispose lui vago.
Billy era troppo eccitato per preoccuparsi della fortuita casualità. «Perfetto, questo è quello che ci serve.» Rigirò la copertina di quello scelto, che mostrava Jean Grey nel suo costume giallo-arancio e blu degli anni novanta accovacciata ad abbracciare Jubilee, abbandonò gli altri tre al suo posto sul divano e si sedé a gambe incrociate sul pavimento. «Avvicinatevi.»
Gli amici abbandonarono le loro postazioni comode e gli si sedettero intorno.
«Cosa dobbiamo fare?» domandò Zec.
«Nulla, vi trasporterò con me appena percepirò Elliott» rispose.
Betty sospirò. «Puoi essere più preciso?»
«No, non ho idea di come accadrà, ma so di poterlo fare.» Billy si rendeva conto di non poter spiegare a parole la sensazione che provava. Aveva la certezza di essere sulla strada giusta per mantenere la sua promessa. «Fidatevi di me.»
Donovan scrutò i compagni in volto e rispose anche per loro. «Abbiamo fatto di peggio. Procedi.»
Billy sfiorò con le dita la copertina di carta. In principio ricordò barlumi delle vignette e della storia, come se li pescasse dalla sua memoria. Provò un senso di malinconia e poi ebbe un flash.
Elliott steso su un letto.
Si aggrappò a quell’immagine e chiuse gli occhi. Era come se riuscisse a toccarlo…
 

Donovan si ritrovò lungo una strada a doppia corsia, Betty era al suo fianco, in pigiama come lui.

«Dove siamo? E dove sono Billy, Zec e Michelle?»
Lui si guardò intono a sua volta. Oltre alla distesa di cemento, non c’era niente altro. Il sole stava tramontando e il cielo imbruniva.
«Hai freddo?» domandò.
«No» rispose lei. «Dovrei?»
«Siamo in pigiama in mezzo a una strada, in pieno inverno ed è sera.» La fissò in modo eloquente. «E nemmeno io sento freddo, quindi siamo in un sogno.»
«Questo significa che Billy ci è riuscito… o forse ci ha mandati nella mente di chissà chi.»
«Non importa, andiamo a cercarli.»
«Quale direzione prendiamo?»
Donovan si girò, Betty lo imitò e alle loro spalle notarono il cielo diventare grigio e il panorama contorcersi come un disegno accartocciato.
Prese per mano la ragazza e si avviarono per la strada davanti a loro. Camminarono per un po’ di tempo, difficile da decifrare nella completa assenza di rumori salvo il loro respiro.
«Perché hai portato quei fumetti?» gli domandò di colpo lei. «E niente battute e risposte a caso.»
«Perché è così importante saperlo, soprattutto proprio adesso.»
«Ho paura volessi isolarti dal gruppo, oppure da me.»
Donovan non riuscì  trattenere una risata. «E questa come ti è uscita?»
«La lettura è un’attività solitaria» rispose Betty, abbassando lo sguardo sui piedi nudi. «Lo so per esperienza.»
«Non erano per me» le confessò infine, intercettando l’arrivo di una situazione malinconica barra imbarazzante, in cui non voleva ritrovarsi. «Erano per te, a dire il vero.»
Lei sollevò di scatto la testa incredula. «E per quale ragione?»
«Dopo la tua trasformazione nella ragazza intangibile, ci eravamo ripromessi di addestrarti, o meglio mi avevi chiesto di aiutarti a farlo. Poi sono arrivate le prove del musical e le cospirazioni del branco e non abbiamo avuto più un minuto libero per dedicarci alla tua istruzione ai superpoteri.» Le sorrise, cercando i suoi occhi nocciola dietro le lenti degli occhiali. «I fumetti degli X-Men sono l’unica base da cui posso partire per aiutarti e quando mi hai telefonato e detto dell’appuntamento della serata, ho pensato fosse l’occasione giusta.»
«Ti ho anche detto di vederci a casa di Michelle, per una riunione di gruppo.»
Donovan sollevò le spalle. «Bé avremmo trovato qualche minuto per dedicarci noi due da soli a questo impegno.»      
Lei rimase in silenzio per qualche istante poi abbozzò un sorriso. «Ecco perché eri così di cattivo umore all’idea di un pigiama party.»
«No, quello è perché odio i pigiama party.»
Lei lo baciò sulla bocca. Un tocco leggero delle labbra, dolce e veloce.
«Le vacanze invernali non sono ancora finite» gli disse poi, stringendo le dita intorno alle sue. «Tra un ripasso e l’altro delle battute, troveremo anche il tempo per allenarci. Noi due e basta.»
«Non vedo l’ora.»
Donovan si chinò leggermente per restituirle il bacio, ma una folata improvvisa di vento li spinse quasi in mezzo alla strada.
Un’auto rossa sfrecciò come un fulmine nella corsia, passando così vicino a loro da poter vedere all’interno due figure femminili.
Donovan afferrò Betty intorno al busto e la trascinò indietro con sé. Prima che potessero fare qualunque tipo di commento, una nuova figura li colse alla sprovvista.
Era Billy e correva quasi alla stessa velocità dell’auto.

 

 

                                                Continua…?