Il
Gioco del Branco 19: Tutti Insieme Infernalmente (Atto I)
Zec si tolse la felpa e la maglia, dando
le spalle a Billy.
Dovevano infilarsi i costumi per la
prova generale del musical e i camerini non erano sufficienti per tutto il
cast, così si cambiavano a turno e a coppie. Entrambi interpretavano due dei
figli del Capitano Von Trapp e dovevano essere in scena a breve, con un
orribile completo alla marinara che li faceva sembrare due cosplayer scadenti
di una convention su Sailor Moon.
Era la prima volta che si spogliava solo
con lui nella stessa stanza ed era scosso da emozioni contrastanti. Avrebbe
voluto voltarsi e sbirciare il suo ragazzo, ma era intimidito nel
chiederglielo. In fin dei conti la loro relazione non era andata oltre che
qualche bacio, un ballo, ma niente di più fisico.
Nel silenzio della stanza ricavata nel
retro dell’auditorium, accanto alla sala costumi, a Zec ogni rumore sembrò
amplificato. Lo strusciare del tessuto sui loro corpi, il respiro, il
tintinnare delle grucce…
«Sei in imbarazzo?» domandò Billy.
«No» rispose d’impulso.
«Possiamo anche guardarci… se ti va.»
«Ok.»
Zec lo udì muoversi e fece altrettanto,
trovandosi poi di fronte al ragazzo a petto nudo, con indosso solo un paio di
boxer grigi.
Billy gli sorrise. «Siamo due scemi.
Nello spogliatoio maschile ci cambiamo in gruppo ogni volta che c’è educazione
fisica. Ci siamo già visti mezzi nudi.»
«Già… ma lì siamo in mezzo ad altri
ragazzi.»
Zec provò a distogliere lo sguardo dal
corpo dell’altro, senza riuscirci. O volerlo per davvero. Non aveva un fisico
particolarmente atletico, eppure lo trovava sexy. In confronto lui sembrava
un’acciuga schiacciata.
«Hai ancora addosso i jeans» gli ricordò
Billy.
Zec mosse impacciato le mani, slacciò la
cintura, sganciò il bottone, ma la lampo non accennò a scendere. «Si è
incastrata.»
Billy si avvicinò, lo sguardo fisso nel
suo e la pelle tanto vicina da percepirne il calore.
«Posso?» gli chiese indicando la
cerniera.
«Sì.»
Zec sentì le dita della mano sinistra di
Billy toccargli la pancia ed ebbe un brivido di piacere. Poi prese con il
pollice e l’indice destro il cursore e il palmo gli sfiorò gli slip scuri.
Temette che la sua eccitazione diventasse troppo evidente.
La porta si spalancò di colpo.
Un ragazzo dai capelli castano chiaro e
corti, con il ciuffo che svettava, li osservò con gli occhi verdi, sorridendo
malizioso. «Vi disturbo?»
Billy allontanò le mani e fece un passo
indietro. «No, noi stavamo…»
«Si è bloccata la cerniera» lo
interruppe Zec, gesticolando agitato. «Mi stava… ecco aiutando, ma non si
muove.»
«Ci penso io» rispose prontamente il
nuovo arrivato.
Entrò nel camerino e si inginocchiò
davanti a Zec.
«Non serve, riesco a toglierli anche
così» replicò.
L’altro gli afferrò i fianchi con le
mani, una presa stretta, ma gentile. «Faccio in un attimo.» Avvicinò il viso al
suo inguine e afferrò con i denti il cursore. Diede uno strattone deciso e la
cerniera si aprì.
I jeans gli scivolarono lungo le gambe e
Zec osservò l’altro ragazzo rialzarsi. Erano a meno di un palmo l’uno
dall’altro, gli stringeva ancora i fianchi e provò un fremito lungo la pelle.
«Grazie» bofonchiò.
«Prego, sono Dylan» gli disse. «Riesci a
sfilarli da solo?»
«No, no, cioè, sì» rispose, sentendo il
calore diffondersi nel volto.
Dylan scostò le mani e si girò verso
Billy. «Posso fare qualcosa per te?»
«No, grazie.» Senza staccargli gli occhi
di dosso, Billy tastò i bordi della sedia a pochi centimetri da lui, alla
ricerca degli indumenti del costume di scena. «Fai parte del gruppo di teatro?
Non ti ho mai visto alle prove.»
«No, non sono del gruppo, ma avrei
bisogno di parlare con voi.»
Seduto su un’altra sedia a togliersi le
scarpe da ginnastica, Zec sollevò la testa incerto. «Non dovresti stare qui,
puoi aspettarci fuori.»
Dylan si girò di tre quarti. «Qui è più
intimo. Ho bisogno di un favore e non mi va ci sentano altre orecchie
indiscrete. Se è un problema perché sono vestito, posso spogliarmi anche io.»
«Sì, voglio dire, no» ribatté Zec. «Che
genere di favore vuoi?»
«Uno che mi permetta di sopravvivere.»
Dylan si volse di nuovo, rivolto a Billy. «Ero presente alla rappresentazione
dell’anno scorso, mi ricordo di voi e dei vostri amici. E dei vampiri. Mi sono
salvato per un pelo. Non voglio che ricapiti.»
«Non so a cosa ti riferisci, ma non
possiamo fare niente per te» rispose Billy. «Qualsiasi cosa vuoi, non possiamo
dartela.»
Dylan gli si avvicinò, sfiorandogli con
l’indice e il medio destro la pelle del ventre e scendendo fino all’elastico
dei boxer. «Sicuri? Posso essere molto riconoscente.»
Zec balzò in piedi infastidito. «Basta.»
Gli posò una mano sulla spalla con una punta di gelosia e lo fece allontanare
dal suo ragazzo. «Sai dei mostri e capisco quanto possa spaventare, ma possiamo
solo garantirti che faremo il possibile per tenere tutti al sicuro. Se ti fa
stare più tranquillo, non venire alla prima del musical.»
Dylan abbandonò la sua espressione
ammiccante. «Se non vuoi condividere il tuo ragazzo, o viceversa, non importa.
Troveremo un altro modo per un accordo. Posso saltare la prima, ma gli altri
giorni? Non verrò più a scuola? Sappiamo che al liceo succedono incidenti
extra-umani, siamo tutti potenziali vittime, però voi avete poteri per lottare.
Io no. E non sono disposto a rimanere disarmato.»
«Aspetta, credi che possiamo darti dei
poteri?» Billy scosse la testa. «Sei fuori strada, non dipendono da noi, non li
spacciamo, o vendiamo come fossero pasticche a un rave. E in ogni caso sono
altrettanto pericolosi, non sai come possono cambiarti. Avere capacità non ti
rende al sicuro.»
Dylan si allontanò da loro. «Se non
volete aiutarmi, cercherò altrove.»
Zec lo osservò uscire dal camerino,
chiudendosi la porta alle spalle.
Guardò in viso Billy e senza parlare,
sapevano di avere un grosso problema di cui occuparsi.
«Mi sento ridicolo» disse Zec, tirando
la maglietta a dismisura.
Donovan scoppiò in una risata fragorosa.
Dietro la scenografia sul retro del palco, erano tutti e cinque in circolo per
un’emergenza annunciata da Billy e Zec. Quando si erano presentati con quegli
abiti, non era riuscito a trattenersi. Per fortuna il suo ruolo prevedeva che
indossasse quasi sempre un uniforme militare, per nulla imbarazzante. I suoi
compagni invece sembravano pronti per un film comico muto degli anni venti.
«Donovan, smettila» lo riprese Betty.
«Devono dirci qualcosa di importante su questo Dylan.»
Lui si coprì la bocca con la mano
destra, ma soffocare le risa era impossibile.
Michelle sbuffò, incrociando le braccia.
«Almeno voi non dovete portare queste stupide gonne a frange.»
«Perché i pantaloncini corti ti sembrano
meglio?» Billy indicò imbarazzato l’indumento indosso.
Donovan esplose in una nuova risata. Non
voleva prendersi gioco degli amici, ma erano davvero inguardabili. Barcollò,
scosso dal ridere. Avrebbe dovuto essere in pensiero per la messa in scena, dalla minaccia della possibilità che Kate fosse S,
eppure non riusciva a trattenere lo sfogo di ilarità.
Zec lo guardò di sbieco. «Se non la
pianti, ti lancio in platea con la telecinesi da poltergeist.»
«Piantatela tutti quanti» s’intromise
Betty. «Che problema c’è con Dylan?»
Billy si scambiò un’occhiata eloquente
con Zec. «Prima è venuto in camerino. Voleva che gli facessimo avere dei poteri
speciali e al nostro rifiuto ha risposto che chiederà ad altri.»
Quella frase riuscì a placare la crisi
di riso di Donovan: sapeva riconoscere i guai in arrivo e non lo trovava
divertente. «Pensate intendesse Kate?»
«Non al cento per cento, ma è probabile»
rispose Zec.
Kerry Wood comparve dalle quinte alla
loro destra. «Fate silenzio!» sibilò. «Le interpreti delle suore sono patetiche
e il casino che state facendo non aiuta.»
«Ci sono problemi con Kate» annunciò
Billy.
Kerry non si scompose. «Non mi riguarda.
State zitti e tenetevi pronti a entrare in scena.» La radio che aveva nella mano
destra gracchiò e lei si allontanò senza dire altro.
«Non ha torto» fece Michelle.
Donovan la fissò sorpreso. «Stai
scherzando?»
«Niente affatto. Avete visto come ha
reagito Chas al nostro avvertimento. Perché dovremmo preoccuparci di questo
Dylan? Se vuole cacciarsi nei guai, peggio per lui.»
«Anche solo per non dare più adepti a
Kate» replicò lui. «Non volgiamo che mezzo liceo entri nel suo branco.»
«In ogni caso, come lo fermiamo?»
domandò Betty. «Ammesso che sia ancora nell’edificio, non so neanche che faccia
abbia.»
«Di sicuro sarà rimasto qui intorno. Me
ne occupo io.» Donovan andò dalla parte opposta da cui era sbucata Kerry e
attraversò le quinte, abbandonando il retroscena e ritrovandosi accanto al
palcoscenico.
Udì il gruppo di amici andargli dietro.
«È un tipo piuttosto deciso e non si fa
molte remore per ottenere i poteri» lo avvertì Zec. «Magari Betty potrebbe
venire con te.»
«Non posso, sono in scena tra poco,
insieme a voi» rispose lei.
Donovan batté un pacca sulla spalla di
Zec. Si faceva troppi problemi per niente. «Tranquillo, basto io, anche perché
servo sul palco tra un bel po’. Indicatemi chi è.»
Billy scrutò tra le poche presenze nelle
poltroncine dell’auditorium e disse: «È quello in terza fila sulla sinistra,
ultimo posto vicino alle uscite di emergenza.»
«Non sembra pericoloso» constatò
Michelle, guardando nella direzione, poi spostò gli occhi e aggiunse: «Loro
invece è meglio evitarli.»
Donovan osservò la prima fila. C’erano
Aiden e Jordan, di sicuro erano venuti per sostenere Chas. «Gli starò alla
larga e terrò lontano anche questo tipo, Dylan, da loro.»
Partì in quarta e girò vicino alla
scaletta, passò davanti alla prima fila destra deserta e una mano gli afferrò
il braccio.
«Dove stai andando?» domandò Kenny Wood,
arrivato di soppiatto da dietro le quinte. «Tutti gli attori devono rimanere
nel retroscena per essere chiamati al momento di entrare.»
Donovan strinse i denti. Come la sorella
gemella, Kenny faceva parte della troupe e non del cast principale, stava
svolgendo solo il ruolo che gli avevano assegnato, però lui desiderò prenderlo
a pugni. Non perché lo avesse bloccato – quello era un fastidio temporaneo – ma
perché non avevano mai messo in chiaro che doveva stare lontano da Betty.
«Sarò presente alla chiamata» gli rispose,
scostando bruscamente il braccio. «Prima devo parlare con una persona.»
Kenny sollevò gli occhi marroni. «Non
dovresti cacciarti nei guai.» La radio che aveva in tasca gracchiò e aggiunse:
«Comunque non sono affari miei.»
«Appunto.» Donovan si liberò dalla sua
mano, lo lasciò a occuparsi degli ordini alla radio e si concentrò su Dylan. Lo
vide alzarsi in piedi, mentre dalle porte di sicurezza entrò Kate.
Si mosse velocemente, doveva
raggiungerlo prima di lei. Donovan si chiese perché stesse venendo in
auditorium. Voleva seguire una dei suoi sottoposti, oppure in qualche modo era
al corrente delle intenzioni di Dylan?
Aiden gli si parò davanti. «Non dovresti
essere lassù con gli altri?»
Donovan inalò un respiro profondo.
Doveva mantenere la calma, Aiden era un altro che gli ispirava una scazzottata.
«Tutti interessati alla mia carriera di attore. Sono lusingato.»
«Chas non ama fare brutta figura per colpa
degli altri» rispose l’asiatico con un sorriso tirato.
«Si arrabbierà di più nel sentire
parlare mentre è in scena.»
Aiden strinse gli occhi a mandorla e
fece una smorfia di fastidio.
Donovan approfittò della sua piccola
resa per sorpassarlo, corse lungo la striscia di pavimento di linoleum e
raggiunse le porte di sicurezza. Uscì nel cortile e guardò intorno.
Dylan era con Kate a pochi metri da lui.
Si strinsero la mano e sentì lei dire: «Bene. Abbiamo
un accordo.»
Continua...?
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