lunedì 8 dicembre 2025

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 100

 Sorge Oscurità Maggiore 25: L’Insostenibile Peso di Elizabeth Swanson

 

Pietrificata, Betty non riuscì a staccare gli occhi da Donovan.

Lo aveva visto attraverso il vetro superiore della porta e più chiaramente una volta aperto l’uscio: il suo ragazzo era disteso sopra Chas Chain. Si stavano baciando, pronti ad avere un rapporto.
«Perché?» domandò.
La sua voce era incerta, così come le emozioni che si agitavano nel suo petto e nella mente. Non era sicura le importasse davvero la risposta. Voleva urlare, ma non riusciva a tirare fuori un grido. Le era difficile muoversi, tranne le dita strette a pugno, come se l’aiutassero a mantenere l’equilibrio e non cadere sul confine tra piscina e corridoio. Eppure le sembrava anche che la stanza girasse. Non capiva cosa le stava succedendo, non era padrona del suo corpo. Tutto era sottosopra. 
«Volevo parlarti, spiegarti quello che hai sentito questa mattina.» Betty continuò d’impulso, le frasi le uscirono a getto, senza aspettare la replica di Donovan, riuscendo solo a osservarlo mentre abbassava lo sguardo sui suoi stessi piedi. «Ti ho cercato, però è chiaro che non volevi essere trovato.»
Chas si alzò di scatto, tirò il maglione per coprire la pancia e il bottone dei jeans, e si presentò accanto al ragazzo. «Betty… non è niente di quello… insomma vorrei dirti anche io cosa stava succedendo.»  
«Non mi importa» le rispose secca. «Puoi tenertelo.»
Betty si girò di colpo, finalmente gambe e busto risposero ai suoi comandi e trovando all’improvviso le forze, corse nel corridoio, lungo la stessa strada che aveva percorso per andare verso la piscina.
Per un secondo, voltò il capo all’indietro e gettò lo sguardo nella speranza di vedere Donovan correrle dietro.
Con dispiacere, constatò che non c’era nessuno a seguirla.
 

Betty rincasò due ore prima della normale conclusione delle giornata scolastica.

I suoi genitori erano al lavoro ed era meglio così. Con uno sforzo, aveva convinto l’infermiera e il preside di non sentirsi bene e aver bisogno di andare a casa, rassicurandoli di poterlo fare senza che nessuno l’andasse a prendere, ma non aveva voglia di dover ripetere la scena con suo padre e sua madre.   
Corse sulle scale per il piano superiore, spalancò la porta della sua camera, entrò e la sbatté alle sue spalle. Si appoggiò con la schiena al legno laccato di bianco e avvertì un peso enorme salirle dal centro del petto fino in gola.
Le parve di soffocare.
Un singhiozzo la liberò da quella sensazione.
Poi un secondo, un terzo, un altro ancora e scoppiò a piangere.
Betty si strappò la borsa dalla spalla e la buttò sul pavimento. Senza togliersi la giacca, si gettò sul letto. Si tolse gli occhiali dal volto, abbandonandoli sul piumone accanto a sé. Afferrò il cuscino, affondò il viso contro la federa e si lasciò travolgere dalle lacrime.
Cosa ho di sbagliato? Si domandò. “Perché Donovan mi ha trattato in un modo tanto orribile?
Ripercorse con la memoria la loro relazione: l’inizio in cui, più di un anno prima, aveva flirtato con lei, facendole capire di esser interessato; dicendole direttamente che lei gli piaceva; l’aveva aiutata quando era stata in difficoltà con i suoi attacchi di panico. Si era comportato come il ragazzo perfetto. Gentile, premuroso, protettivo.
Però qualcosa era cambiato. Non c’era altra spiegazione e forse Hart Wyngarde aveva ragione.
Lei non poteva dare a Donovan ciò di cui aveva bisogno e lui era andato a cercarlo da un’altra ragazza.
Betty non aveva più dubbi, era andata così. Per quanto le avesse ripetuto di non fare paragoni tra lei e Anika, Donovan era finito con Chas, la più simile alla sua fidanzata defunta e cancellata dalla memoria collettiva. Ed era il sesso quello che rendeva il suo precedente rapporto così eccitante. Donovan e Anika lo facevano senza problemi e lei, invece, non riusciva a decidersi ad avere la sua prima volta.
E lui l’aveva ferita.
Proprio come l’altro ragazzo per cui aveva avuto una cotta.
Billy.
Betty si sfregò le lacrime dalle guance con il dorso della mano destra.
Anche se le aveva professato di non volerle fare del male, Billy l’aveva illusa, facendosi passare per il suo salvatore, l’eroe pronto a sostenerla e poi si era rivelato interessato a Zec.
L’aveva tradita pure lui.
E c’era già stato un precedente.”
Betty provò a ignorare quella voce dentro lei che la spingeva a tornare a quel ricordo.
Al ragazzo di cui aveva provato a fidarsi prima di tutti gli altri.
Fu inutile.
Eddy invase i suoi pensieri. Il subdolo manipolatore, lo stupratore seriale che aveva provato ad abusare di lei. La ragione per cui si trovava imprigionata in quella situazione. L’origine dei suoi problemi.
I suoi singhiozzi diventarono un urlo, lo stesso che non era uscito dalla sua gola quando era ferma davanti all’ingresso della piscina. Lo liberò nel silenzio della sua camera, un concentrato di rabbia e delusione.
Betty afferrò il cuscino con entrambe le mani e lo lanciò contro il muro e lo vide crollare lungo la parete, atterrando sulla superficie della scrivania.
Tirò su con il naso e si mise a sedere nel centro del letto.
Ogni ragazzo per cui aveva provato un sentimento, o al quale aveva dato la sua fiducia, si era rivelato un mostro che l’aveva fatta soffrire.
Il suono elettronico e ovattato dell’arrivo di un messaggio la fece sobbalzare.
Betty si tastò la tasca posteriore dei pantaloni e ricordò di aver lasciato il cellulare nella borsa. Si trascinò fino al bordo del letto e si alzò. Attraversò la stanza e si piegò sulle ginocchia, aprendo la borsa rimasta pochi centimetri dalla porta. Estrasse il cellulare e intravide la notifica del messaggio lampeggiare sullo schermo.
Tornò verso il letto e  afferrò gli occhiali. Con gli occhi ancora umidi per il pianto faceva fatica a leggere. Li inforcò sul naso e con il polpastrello dell’indice destro, fece scorrere la notifica e il testo si aprì per intero.
 

Kenny

Ciao, come stai?
Ti ho cercata per quello che è successo stamattina, ma mi hanno detto che non ti sentivi bene ed eri uscita prima. Se hai bisogno di parlare, ci sono. Chiamami quando vuoi. A qualsiasi ora.
 

Betty fissò le sue parole.

Sembrava una mano tesa, una spalla su cui sfogarsi, ma era un ragazzo. Kenny le era stato accanto, rispettando il suo segreto. Però non sarebbe rimasto affidabile a lungo, la sua esperienza le aveva insegnato quella lezione e lei l’aveva imparata. Non poteva fidarsi. Non sarebbe cascata nella trappola l’ennesima volta.
«Ho finito di farmi ferire dai ragazzi» sibilò.
Con un tocco rapido del pollice, chiuse l’applicazione senza rispondere.
Betty camminò fin davanti all’anta dell’armadio su cui era inserito lo specchio. Osservò la sua immagine riflessa e aggiunse: «Non permetterò più a nessuno di avvicinarmi, toccarmi e farmi stare male.»
Concentrandosi con decisione, attivò il potere di cui le aveva fatto dono Sasha DiVittis. Percepì la massa del suoi muscoli rilassarsi, la pelle raffreddarsi e la familiare sensazione di leggerezza.
Il cellulare attraversò il palmo in cui lo reggeva e cadde con un tonfo sul pavimento. La giacca le scivolò, oltrepassando gli altri abiti, spalle e braccia, posandosi a terra dietro di lei.
Mantenne il controllo e trasmise le proprietà della sua capacità intangibile ai vestiti rimasti addosso e alle scarpe e si sollevò di qualche centimetro, galleggiando nell’aria.
Aveva fatto la sua scelta.
Sarebbe rimasta per sempre in quello stato.
Irraggiungibile.
Intoccabile.
Per chiunque.
 
                                       

                                                               Continua…?

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