Sorge Oscurità Maggiore 25: L’Insostenibile Peso di Elizabeth Swanson
Pietrificata, Betty non riuscì a
staccare gli occhi da Donovan.
Lo aveva visto attraverso il vetro
superiore della porta e più chiaramente una volta aperto l’uscio: il suo
ragazzo era disteso sopra Chas Chain. Si stavano baciando, pronti ad avere un
rapporto.
«Perché?» domandò.
La sua voce era incerta, così come le
emozioni che si agitavano nel suo petto e nella mente. Non era sicura le
importasse davvero la risposta. Voleva urlare, ma non riusciva a tirare fuori
un grido. Le era difficile muoversi, tranne le dita strette a pugno, come se
l’aiutassero a mantenere l’equilibrio e non cadere sul confine tra piscina e
corridoio. Eppure le sembrava anche che la stanza girasse. Non capiva cosa le
stava succedendo, non era padrona del suo corpo. Tutto era sottosopra.
«Volevo parlarti, spiegarti quello che
hai sentito questa mattina.» Betty continuò d’impulso, le frasi le uscirono a
getto, senza aspettare la replica di Donovan, riuscendo solo a osservarlo
mentre abbassava lo sguardo sui suoi stessi piedi. «Ti ho cercato, però è
chiaro che non volevi essere trovato.»
Chas si alzò di scatto, tirò il maglione
per coprire la pancia e il bottone dei jeans, e si presentò accanto al ragazzo.
«Betty… non è niente di quello… insomma vorrei dirti anche io cosa stava
succedendo.»
«Non mi importa» le rispose secca. «Puoi
tenertelo.»
Betty si girò di colpo, finalmente gambe
e busto risposero ai suoi comandi e trovando all’improvviso le forze, corse nel
corridoio, lungo la stessa strada che aveva percorso per andare verso la
piscina.
Per un secondo, voltò il capo
all’indietro e gettò lo sguardo nella speranza di vedere Donovan correrle
dietro.
Con dispiacere, constatò che non c’era
nessuno a seguirla.
Betty rincasò due ore prima della
normale conclusione delle giornata scolastica.
I suoi genitori erano al lavoro ed era
meglio così. Con uno sforzo, aveva convinto l’infermiera e il preside di non
sentirsi bene e aver bisogno di andare a casa, rassicurandoli di poterlo fare
senza che nessuno l’andasse a prendere, ma non aveva voglia di dover ripetere
la scena con suo padre e sua madre.
Corse sulle scale per il piano
superiore, spalancò la porta della sua camera, entrò e la sbatté alle sue
spalle. Si appoggiò con la schiena al legno laccato di bianco e avvertì un peso
enorme salirle dal centro del petto fino in gola.
Le parve di soffocare.
Un singhiozzo la liberò da quella
sensazione.
Poi un secondo, un terzo, un altro
ancora e scoppiò a piangere.
Betty si strappò la borsa dalla spalla e
la buttò sul pavimento. Senza togliersi la giacca, si gettò sul letto. Si tolse
gli occhiali dal volto, abbandonandoli sul piumone accanto a sé. Afferrò il
cuscino, affondò il viso contro la federa e si lasciò travolgere dalle lacrime.
“Cosa
ho di sbagliato?” Si domandò. “Perché Donovan mi ha trattato in un modo
tanto orribile?”
Ripercorse con la memoria la loro
relazione: l’inizio in cui, più di un anno prima, aveva flirtato con lei,
facendole capire di esser interessato; dicendole direttamente che lei gli
piaceva; l’aveva aiutata quando era stata in difficoltà con i suoi attacchi di
panico. Si era comportato come il ragazzo perfetto. Gentile, premuroso,
protettivo.
Però qualcosa era cambiato. Non c’era
altra spiegazione e forse Hart Wyngarde aveva ragione.
Lei non poteva dare a Donovan ciò di cui
aveva bisogno e lui era andato a cercarlo da un’altra ragazza.
Betty non aveva più dubbi, era andata
così. Per quanto le avesse ripetuto di non fare paragoni tra lei e Anika,
Donovan era finito con Chas, la più simile alla sua fidanzata defunta e
cancellata dalla memoria collettiva. Ed era il sesso quello che rendeva il suo
precedente rapporto così eccitante. Donovan e Anika lo facevano senza problemi
e lei, invece, non riusciva a decidersi ad avere la sua prima volta.
E lui l’aveva ferita.
Proprio come l’altro ragazzo per cui
aveva avuto una cotta.
Billy.
Betty si sfregò le lacrime dalle guance
con il dorso della mano destra.
Anche se le aveva professato di non
volerle fare del male, Billy l’aveva illusa, facendosi passare per il suo salvatore,
l’eroe pronto a sostenerla e poi si era rivelato interessato a Zec.
L’aveva tradita pure lui.
“E
c’era già stato un precedente.”
Betty provò a ignorare quella voce
dentro lei che la spingeva a tornare a quel ricordo.
Al ragazzo di cui aveva provato a
fidarsi prima di tutti gli altri.
Fu inutile.
Eddy invase i suoi pensieri. Il subdolo
manipolatore, lo stupratore seriale che aveva provato ad abusare di lei. La
ragione per cui si trovava imprigionata in quella situazione. L’origine dei
suoi problemi.
I suoi singhiozzi diventarono un urlo,
lo stesso che non era uscito dalla sua gola quando era ferma davanti
all’ingresso della piscina. Lo liberò nel silenzio della sua camera, un
concentrato di rabbia e delusione.
Betty afferrò il cuscino con entrambe le
mani e lo lanciò contro il muro e lo vide crollare lungo la parete, atterrando
sulla superficie della scrivania.
Tirò su con il naso e si mise a sedere
nel centro del letto.
Ogni ragazzo per cui aveva provato un
sentimento, o al quale aveva dato la sua fiducia, si era rivelato un mostro che
l’aveva fatta soffrire.
Il suono elettronico e ovattato
dell’arrivo di un messaggio la fece sobbalzare.
Betty si tastò la tasca posteriore dei
pantaloni e ricordò di aver lasciato il cellulare nella borsa. Si trascinò fino
al bordo del letto e si alzò. Attraversò la stanza e si piegò sulle ginocchia,
aprendo la borsa rimasta pochi centimetri dalla porta. Estrasse il cellulare e
intravide la notifica del messaggio lampeggiare sullo schermo.
Tornò verso il letto e afferrò gli occhiali. Con gli occhi ancora
umidi per il pianto faceva fatica a leggere. Li inforcò sul naso e con il
polpastrello dell’indice destro, fece scorrere la notifica e il testo si aprì
per intero.
← Kenny
Ciao,
come stai?
Ti
ho cercata per quello che è successo stamattina, ma mi hanno detto che non ti
sentivi bene ed eri uscita prima. Se hai bisogno di parlare, ci sono. Chiamami
quando vuoi. A qualsiasi ora.
Betty fissò le sue parole.
Sembrava una mano tesa, una spalla su
cui sfogarsi, ma era un ragazzo. Kenny le era stato accanto, rispettando il suo
segreto. Però non sarebbe rimasto affidabile a lungo, la sua esperienza le
aveva insegnato quella lezione e lei l’aveva imparata. Non poteva fidarsi. Non
sarebbe cascata nella trappola l’ennesima volta.
«Ho finito di farmi ferire dai ragazzi»
sibilò.
Con un tocco rapido del pollice, chiuse
l’applicazione senza rispondere.
Betty camminò fin davanti all’anta
dell’armadio su cui era inserito lo specchio. Osservò la sua immagine riflessa
e aggiunse: «Non permetterò più a nessuno di avvicinarmi, toccarmi e farmi
stare male.»
Concentrandosi con decisione, attivò il
potere di cui le aveva fatto dono Sasha DiVittis. Percepì la massa del suoi
muscoli rilassarsi, la pelle raffreddarsi e la familiare sensazione di
leggerezza.
Il cellulare attraversò il palmo in cui
lo reggeva e cadde con un tonfo sul pavimento. La giacca le scivolò,
oltrepassando gli altri abiti, spalle e braccia, posandosi a terra dietro di
lei.
Mantenne il controllo e trasmise le
proprietà della sua capacità intangibile ai vestiti rimasti addosso e alle
scarpe e si sollevò di qualche centimetro, galleggiando nell’aria.
Aveva fatto la sua scelta.
Sarebbe rimasta per sempre in quello
stato.
Irraggiungibile.
Intoccabile.
Per chiunque.
Continua…?
Nessun commento:
Posta un commento