Il
Gioco del Branco 27: La Verità Prima di Svanire
Inginocchiato sul pavimento della
palestra, Billy sentiva la testa pulsargli come se qualcuno la stesse usando
come il piatto di una batteria.
Un’immagine fugace comparì dietro le sue
palpebre chiuse: Kate mutata in giaguaro mannaro. Ululava in preda alla furia e
poi un edificio bianco.
Billy spalancò gli occhi e la realtà gli
parve ancora più confusa.
Zec era accovacciato al suo fianco e gli
stringeva le spalle con sguardo preoccupato. Michelle scomparve con Dana in un
vorticare di fumo viola. Donovan discuteva con Betty e poi lei e Kerry
correvano all’uscita della palestra lasciandoli soli.
Massaggiandosi le tempie, Billy cercò di
mettere a fuoco l’ambiente circostante.
«Stai bene? Cosa ti è successo?» domandò
Zec.
«Non ne sono sicuro» rispose. «Lo
definirei un lampo psichico, in qualche strano modo ho percepito Kate.»
«Sul serio?» Donovan si voltò a
guardarli. «Ci farebbe comodo un po’ di vantaggio, anche perché siamo rimasti
solo noi tre contro un potenziale branco di licantropi impazziti per colpa
della luna piena.»
Aiutato dal fidanzato, Billy si rialzò e
constatò di aver perso in pochi istanti le varie compagne. «Dove sono andate le
ragazze?»
«A occuparsi di Kenny e Chas… credo»
replicò Donovan imbronciato, incrociando le braccia sul petto.
«Hai detto di aver visto Kate, dove di
preciso?» gli chiese Zec.
«Un edificio bianco, ma non so quale.»
Billy notò l’espressione esasperata di Donovan e aggiunse: «Però, se sono collegato alla sua
mente in questo stato incontrollabile, posso rintracciarla.»
«Non ti affaticare.»
La voce maschile giunse dalla parete
alla loro destra e voltandosi nella direzione, videro una sagoma tremolare fino
a diventare nitida, rivelandosi Dylan Derreck.
«Da quanto sei qui a spiarci?» lo
aggredì Donovan.
«Spiarvi è una brutta parola» replicò
Dylan, sorridendo. «Vi tenevo d’occhio dopo la pazzia di Kate alla casa dei
gemelli. Ho capito che qualcosa stava andando storto e vi ho seguiti.»
Zec lo scrutò. «Aspetta, tu non stai
subendo l’influsso della luna piena.»
Dylan si mosse per raggiungerli. «Ovvio,
non sono un lupo mannaro. Sono una Chimera Camaleonte, o per lo meno me l’hanno
spiegato così. Però sento che i miei compagni stanno dando di matto per la
luna.»
Billy ricevette una nuova scossa al
capo, ma stavolta senza immagini. «La follia comprende anche Kate. A quanto
pare non ne è immune anche se è la vostra Alpha.»
«Ecco perché posso esservi utile: so
dove raggiungerla è ho parcheggiato qui davanti una comoda Jeep per muoverci
velocemente.»
Senza sciogliere le braccia, Donovan lo
guardò scuro. «Dopo l’ultimo scherzetto al musical, ci serve una garanzia per
fidarci di te.»
Dylan scrollò le spalle. «Fate quello
che volete, ma siete voi quelli preoccupati per gli innocenti che potrebbero
incrociare la strada con i miei amici scatenati. Potete venire con me, o
affidarvi alle visioni del vostro compagno. Per me fa’ lo stesso.»
Billy calcolò la probabilità di
potercela fare con il suo solo nuovo talento telepatico e gli parve piuttosto
alta, ma non ne aveva la piena certezza. Non poteva rischiare altre vite.
«Andiamo con lui.»
Al posto di guida, Dylan lanciò uno
sguardo allo specchietto retrovisore e incrociò gli occhi di Billy, seduto con
Zec sul sedile posteriore.
«Guardateci, un gruppo di bei ragazzi
tutti insieme nella mia auto» esordì, sfrecciando nella strada sgombra. «Sai
Donovan, io e i tuoi compagni lì dietro stavamo ponendo le basi per un
piacevole incontro a tre. Se dopo questa missione di salvataggio volessi unirti
a noi, in quattro sarebbe ancora più divertente.»
Billy avvampò. Dylan stava distorcendo
quello che era accaduto durante la prova costume per il musical e notò al suo
fianco anche Zec distogliere gli occhi e rivolgerli imbarazzato al finestrino.
Dal sedile del passeggero, Donovan gli
schioccò un’occhiata indecifrabile. «Mi piace il tuo senso dell’umorismo, ma
non sono interessato.»
«Non sai cosa ti perdi.»
«Smetti di fare lo scemo» intervenne
Billy. «Piuttosto, dove siamo diretti?»
Dylan sorrise di sbieco. «All’ospedale
Saint Mary.»
«Ci prendi in giro? E cosa aspettavi a
dircelo?» esclamò Donovan.
Zec tornò a guardare i compagni. «Come
al solito non può essere un caso. Potrebbe essere il collegamento che ci
mancava per ritrovare Elliott e la Falce.»
«Spiegherebbe anche i miei improvvisi
mal di testa.» Billy scrutò nello specchietto in cerca degli occhi di Dylan che
si fecero sfuggevoli e una nuova fitta lo colpì. Chiuse le palpebre e nel buio
vide Kate muoversi in un corridoio dell’ospedale. «Sbrigati! Kate è già lì e
sembra un predatore a caccia. Vorrei capire perché è andata proprio in quel
posto.»
Dylan non ripose e premette il piede
sull’acceleratore.
La
Jeep verde militare viaggiò spedita nella strada e in una ventina di minuti
raggiunsero il parcheggio all’ingresso dell’ospedale Saint Mary.
Dylan parcheggiò, spense il motore e
tutti e quattro scesero dall’automobile.
«C’è un’altra cosa che dovete sapere
prima di entrare» disse, facendoli voltare. «Prima di venire da voi, ho sentito
la follia in Jordan. Era una specie di vulcano infuocato, non sapevo come fermarlo,
ma è qui anche lui.»
«Ci hai mentito» lo aggredì Donovan.
«Non intendevi aiutarci, volevi coinvolgerci per risolvere il casino che sta
combinando Jordan.»
«Ho solo omesso un particolare» replicò
Dylan.
La vista di Billy si annebbiò ed ebbe
una breve vertigine, si riprese in un istante. «Non importa, dobbiamo
intervenire subito. Con il suo fuoco, forse è più pericoloso di tutti gli
altri.»
«Almeno sai dove cercarlo?» domandò Zec.
Dylan annuì. «L’ho visto dirigersi verso
l’obitorio sotterraneo.»
Donovan roteò gli occhi. «Splendido, non
poteva scegliere un posto migliore.»
«No, è un bene» replicò Billy. «Lì sotto
la temperatura è più bassa. Se ci è andato di sua volontà, può significare che ha
ancora un briciolo di controllo.»
Corsero tutti e quattro all’interno
dell’ospedale.
Dylan afferrò il polso di Billy e
Donovan, e disse a Zec: «Attaccati al mio busto. Se restate stretti a me, posso
mimetizzarvi e nessuno ci fermerà, o farà domande.»
Muovendosi a contatto con il ragazzo,
Billy vide l’ambiente assumere sfumature verdognole, la visione del compagno
quando usava i poteri da camaleonte. Come da sua istruzione, procedettero senza
intoppi, entrando nell’ascensore e scendendo fino al piano sotterraneo.
Una volta fuori dall’abitacolo ed
essersi accertati di non avere estranei intorno, si staccarono da Dylan e si
ritrovarono nel corridoio asettico e gelido dell’obitorio.
Tonfi pesanti dalla porta in metallo sulla
destra li spinse a muoversi in quella direzione.
«Un attimo, cosa facciamo quando ce lo
troviamo davanti?» domandò Donovan. «Può aver già scatenato un incendio e non
possiamo toccarlo.»
Portandosi la mano sinistra alla fronte
che gli pulsava a ritmo selvaggio, Billy disse: «Deve occuparsene Zec. Devi
contenerlo con il tuo potere.»
Il fidanzato annuì.
La porta sbatté a terra con un fragore e
scintille di fiamme sprizzarono dall’apertura.
Zec attivò il potere da Poltergeist,
assumendo il solito aspetto con capelli neri, venature scure e occhi dalla
sclera color pece. Corse davanti alla camera con i cadaveri chiusi nelle varie
sezioni e seguito dai tre compagni alle spalle, videro Jordan.
Avvolto dalle fiamme, seminudo con i
brandelli di vestiti che scintillavano per il fuoco, restava inginocchiato sul
pavimento a braccia piegate e stringendo i pugni. Gli occhi dalle iridi
arancioni li individuarono e aprì la bocca, mostrando sottili zanne superiori e
lanciando un ringhiò acuto.
Zec allungò le braccia in avanti e il corpo
di Jordan si sollevò di colpo, finendo schiacciato contro il soffitto. Ruotò il
polso sinistro e le fiamme vorticarono intorno al ragazzo, anziché consumare il
resto della stanza.
“Cercala.”
La voce distorta risuonò nella testa di
Billy. Scorgendo i suoi compagni, capì che il messaggio non li aveva raggiunti.
“Cerca
Kate!”
Billy strinse i denti. Il tono si fece
più insistente e fu accompagnato da una fitta dolorosa al capo. Doveva eseguire
quell’ordine. Si allontanò dal gruppo e raggiunse l’ascensore aperto.
«Dove stai andando?» gridò Dylan.
«Devo cercare Kate» ripeté, con la testa
che gli martellava di nuovo in maniera opprimente. «Restate qui… fate la
guardia e aiutate Zec come potete. Donovan, sei al comando della missione.» Non
attese risposte e schiacciò con forza il pulsante del primo piano, osservando i
due compagni a bocca aperta, mentre le porte scorrevoli si chiudevano.
Mentre la cabina saliva, nella mente
risuonò un ruggito. Ebbe la percezione di non essere nel posto giusto. Appena
le porte si aprirono sul piano, schiacciò il pulsante con impresso il numero 2
e il ruggito rimbombò ovunque e lo interpretò come una conferma di aver una
fatto una scelta azzeccata.
Al nuovo scorrere delle porte
dell’ascensore, Billy si lanciò fuori e vide Kate, nella forma di giaguaro
mannaro, nel mezzo del corridoio. Lo fissava con le iridi verdi cariche d’odio
e furore. Ringhiò snudando le zanne e galoppò verso di lui. Poi si bloccò di
colpo e mutando il suo verso in un lamento, si portò le mani alle tempie.
Una scossa elettrica colpì anche la
testa di Billy e la imitò in quel gesto. Trattenendosela con entrambe le mani,
scrutò il secondo piano. Ai due lati c’erano diverse porte chiuse e nel lato
opposto a quello in cui si trovava, un bagliore bluastro risaltò dall’ultima
porta sulla destra. Nonostante il dolore ebbe un’illuminazione.
Era stato lì nel sogno di un'altra
persona, quando era andato a caccia di Elliott e della Falce.
Kate compì un balzo all’indietro e corse
verso la porta luminescente.
Billy la inseguì, lei spalancò l’entrata
della camera e lui le fu subito dietro.
Nel centro, stesa sul letto, c’era una
ragazzina di cerca dodici o tredici anni con i lunghi capelli biondo cenere e
gli occhi chiusi.
Kate si mise in posizione eretta e
camminò lenta verso la ragazzina. Allungò una mano per sfiorarla e il suo corpo
divenne trasparente. Girò il volto a guardarlo e poi svanì.
Billy rimase all’interno della camera
impietrito. Il dolore alla testa scomparve e non ebbe dubbi: era stata quella
ragazzina a guidarlo fin lì e a collegare in qualche modo le loro menti e
quella di Kate. Ma come mai Kate era svanita? Come se non fosse… reale.
Si fece coraggio e avanzò verso il
letto. Le coperte la avvolgevano completamente, mostrando solo una striscia del
pigiama bianco con piccoli cuori rosa. Sulle labbra chiuse era posizionata una
mascherina per l’ossigeno.
La ragazzina non mosse un muscolo, così
Billy prese la cartella inserita nel pannello ai piedi del letto e la scorse
velocemente, acquisendo informazioni importanti.
Billy uscì dalle porte principali
dell’ospedale Saint Mary, per fortuna nessuno aveva fatto caso a lui, o lo
aveva riconosciuto.
Arrivato nel parcheggio illuminato dai
lampioni, si ritrovò davanti il gruppo di amici e i membri del branco disposti
a semicerchio. Aiden, Jordan, Dylan e Chas avevano il loro normale aspetto da
adolescenti, tutti coperti da giacche a vento, di pelle o piumini. Kerry e
Kenny erano uno accanto all’altra e il gemello maschio di nuovo con il
controllo di sé in forma umana. Zec e Michelle senza le caratteristiche tipiche
del loro potere, con Dana tra loro a risaltare con la sua carnagione
rosso-demone. Betty e Donovan gli andarono incontro e il ragazzo disse: «Billy!
Stai bene. Dov’è Kate? Jordan si è calmato di colpo pochi minuti fa.»
«Ci siamo ritrovati tutti qui fuori, i
ragazzi del branco erano attratti da questo ospedale» continuò la ragazza.
Billy li osservò. «Kate è scomparsa
davanti ai miei occhi. L’ho seguita fin dentro la stanza di una ragazzina in
coma.»
«Un’altra persona in coma?» esclamò Michelle.
«E non è tutto: ha anche lei dei poteri
psionici» aggiunse.
«Quindi ci ha portati lei qui?» domandò
Chas.
Billy scrollò le spalle. «È la mia
ipotesi, ma ho una domanda più importante da farvi.»
I volti degli undici ragazzi si
rivolsero verso di lui.
«So come si chiama questa ragazzina, ma
non la conosco. Qualcuno di voi sa chi è Sasha DiVittis?»
Continua…?
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