Il Gioco del Branco 2: Billy ti Presento Nicole
Billy osservò la donna di fronte a sé.
Non provò nulla.
«Sarai un po’ sorpreso di vedermi» gli
disse.
Gli occhi marroni erano puntati nei
suoi. Sorrise, allargando le labbra rosso scuro e mostrò i denti bianchi, che risaltarono
sulla carnagione tra il color cannella e il nocciola.
«Sono Nicole Racher, sinceramente non so
se ti ricordi di me» si passò un po’ imbarazzata le dita della mano sinistra
tra i capelli neri e fece arricciare una ciocca sull’indice. «Voglio dire, l’altro te sa chi sono e penso lo sappia
anche tu.»
Billy sbatté le palpebre. Per la prima
volta da quando si trovava dentro quella struttura, qualcosa riaccese la sua
attenzione. Provò la sensazione come di riemergere dal fondo di una vasca piena
d’acqua. Fece ruotare lo sguardo intorno a sé. Vide tutto l’arredamento come se
avesse appena messo piede nella sala. Riportò lo sguardo sulla donna, perché
sentiva che gli era familiare?
«Ok, forse è meglio inizi a darti
qualche spiegazione» continuò Nicole. Appoggiò le braccia coperte dalla giacca
di lino sul tavolo e il bracciale d’oro al polso sinistro tintinnò. «Sono il
contatto di emergenza di Elliott Summerson, lui è…»
«So chi è» replicò. Nel sentire la sua
stessa voce dopo tanto tempo gli parve diversa. Si sorprese addirittura di aver
proferito parola… chi era quella donna per potere destarlo dal suo esilio
autoindotto?
«Bene, come dicevo sono il suo contatto
d’emergenza, mi hanno chiamato anni fa quando finì misteriosamente in coma e
poi adesso che il suo corpo è scomparso dall’ospedale. Sono qui anche per
questo. Tu sai dove possa trovarsi?»
«No» rispose d’istinto. Poi aggiunse:
«Perché dovrei? Anzi, come mai parli a me di Elliott Summerson? È per la
faccenda dell’aggressione?»
Nicole scosse la testa. «Me l’hanno raccontato
prima di darmi il permesso di farti visita, ma sono qui per un’altra ragione. Ho
saputo di te e dei tuoi amici, ho visto delle foto di quando vi hanno rinchiuso
e ho avuto i primi sospetti. Una volta entrata nell’istituto, non appena ti ho
visto, ne ho avuto la conferma. So che sei Elliott… una parte di
lui.»
Billy la scrutò con più cura.
Un’immagine balenò dietro i suoi occhi. Una Nicole più giovane, seduta con lui
a un a banco di scuola, a ridere…
«Noi eravamo compagni, no amici, al
liceo e anche prima, fin da bambini» le disse.
«Migliori amici» lo corresse. «Sono
contenta che tu mi abbia riconosciuta.»
Billy si allontanò lentamente dal
tavolo, schiacciandosi contro lo schienale. «Se è vero, perché all’ospedale
hanno detto che nessuno era con Elliott quando è stato male? E anche che
nessuno è andato a trovarlo?»
«Abito fuori città da diversi anni. La
mia strada e quella di Elliott hanno preso direzioni diverse dalla fine del
liceo e ci siamo allontanati.» Abbassò lo sguardo, sembrava dispiaciuta e in
parte colpevole. «Sono tornata il giorno che è stato ricoverato in coma, ma non
sono rimasta. Avevo una vita con delle responsabilità e poi sapevo non lo
avrebbe voluto.»
«Gli amici non abbandonano gli amici»
ribatté Billy. Si rese conto quanto suonasse infantile, ma non riuscì a
trattenersi. Una parte di lui covava del risentimento, anche se non ne capiva
bene il motivo.
Lei però fece una debole risata. «Non
sei cambiato, sono felice. Era una delle tue paure, temevi di tirar fuori il
peggio di te con le tue capacità.»
«Aspetta, sai dei poteri psichici?»
Nicole annuì. «Tu… Elliott li possedeva
già all’epoca della scuola. Non li usava mai, o almeno solo in situazioni che
consideravamo di emergenza, lo aveva confidato solo a me. E poco prima che
partissi e lui finisse in coma, mi mise in guardia.»
«Spiegati meglio.»
Gli occhi di Nicole si velarono di nuovo
di dispiacere e senso di colpa. «Disse che avrebbe cercato di resistere il più
a lungo possibile, ma se a un certo punto si fosse arreso, se il peso della
vita fosse stato troppo da sopportare, tornata in città avrei dovuto aspettarmi
di trovarlo diverso, ma comunque riconoscibile.» Tirò un lungo sospiro.
«All’inizio non capii a cosa si riferisse, credevo fosse un modo un po’
eccentrico di salutarmi, lui era anche questo: un ragazzo e un uomo molto
misterioso.»
«Però sai cosa sta succedendo in città»
rispose Billy.
«Mi è giunta qualche voce.»
«Allora puoi aiutarmi, aiutarci tutti.
Consoci Elliott da sempre, meglio di come riesco a fare io, una parte di lui mi
esclude. Resta, combatti con noi, insieme potremo…» nell’enfasi le aveva
stretto le mani che teneva sul tavolo. Le sue dita erano scivolate su quelle di
lei e all’anulare sinistro sfiorò un cerchio di metallo freddo. Abbassò lo
sguardo e riconobbe una fede nuziale dorata. Ritrasse subito le mani. «Scusa,
non ho il diritto di chiederti nulla.»
Nicole ritrasse le mani a sua volta e le
strinse una nell’altra. «Sì, sono sposata. E so cosa stai pensando, ma non ti ho abbandonato. Ti ho invitato – cioè
l’ho fatto con Elliott – tante volte a venirmi a trovare, a passare qualche
giorno da me. C’è sempre stato un imprevisto e non è mai venuto. E come ti ho
già detto la mia vita è andata avanti.»
«Non ti sto incolpando di nulla»
replicò.
«Lo so, ma volevo che lo sapessi.»
Billy si sentì uno stupido. I ricordi
dei suoi giorni passati con Nicole riaffiorarono così come il senso di perdita
quando lei aveva lasciato la città, per studiare, poi per un nuovo lavoro e
infine per costruirsi una vita.
«Riguardo quello che sta succedendo, non
lo fa… fai con cattive intenzioni» riprese lei. «Le storie di fantasia sono
sempre state la sua via di fuga, il modo per sopravvivere in un mondo che non è
proprio come lo vorresti. Supponeva che dando libero sfogo al suo potere
potesse succedere qualcosa del genere, ma si è frenato per anni.»
Billy aggrottò la fronte. «Stai cercando
di giustificarmi… giustificarci… insomma non so più come parlare.»
«Ti sto solo offrendo un altro punto di
vista. Elliott non è mai stato egoista, è un difetto che non gli appartiene.»
«In ogni caso questo non cambia la
realtà dei fatti» replicò Billy, abbandonando le braccia lungo i fianchi. «Se
non è possibile o eticamente corretto ucciderlo, l’unico posto in cui posso
stare è qui e sperare che il suo corpo ci raggiunga presto.»
Nicole divenne seria. «Non è vero e non
ci credi nemmeno tu.»
«Hai altre alternative? Perché io
sinceramente non so più cosa fare.»
Nicole si scostò di pochi centimetri e
guardò oltre la sua spalla. «Potrei avere un consiglio dal diretto
interessato.»
Billy girò lentamente il volto e osservò
dove stava guardando. L’infermiera con il cartellino con su scritto “KATE” li
osservava con attenzione. Li stava sorvegliando. Tornò a fissare in volto
Nicole e aprì la bocca per parlarle. Sentì la mano sinistra di lei stringergli
il ginocchio sotto il tavolo e ammutolì.
«Elliott mi ha lasciato una lettera. Me
la diede qualche tempo prima che partissi e mi chiese di restituirgliela solo
quando fossi dovuta tornare in città e lo avessi rivisto con un aspetto
diverso» raccontò Nicole.
La vide muovere il braccio destro verso la
tasca della giacca e poi allungalo verso la gamba sotto il tavolo.
Billy fece scivolare con nonchalance la
mano lungo la coscia e arrivato oltre il ginocchio, incontrò quella di Nicole e
afferrò la busta che gli porgeva. Sempre come se niente fosse, ritrasse il
braccio, sollevò di poco la maglietta e fece scivolare la busta tra l’elastico
dei pantaloni in vita e la pelle.
«L’hai letta?» le domandò.
Nicole scosse la testa. «Mi ha chiesto
di non farlo. Sono sicura che qualunque cosa ci sia scritto, è destinato solo a
te. Conoscendolo, vorrà darti una spiegazione sul perché ha aperto questa Bocca
dell’Inferno e ha messo te a guardia.»
«E credi che queste spiegazioni mi
aiuteranno a risolvere definitivamente il problema? E a capire la fonte del
dolore legata ai suoi genitori? Alla malattia mentale di uno di loro?»
«Non lo so, Elliott non mi raccontò mai
tutti i particolari su quella situazione, ma ti chiedo un favore: leggila. E
dopo, valuta bene la tua idea di avere come unica soluzione l’eliminarlo.»
Billy sentì montargli la rabbia. «Per te
è facile dire così. Ora te ne andrai, lascerai la città, tutte le stramberie e
tornerai alla tua vita.»
Nonostante il suo tono rancoroso e
accusatorio, Nicole gli sorrise comprensiva. «Se Elliott avesse voluto che
rimanessi, non mi avrebbe dato solo il ruolo del messaggero. Ma se mi prometti
che una volta uscito in qualche modo di qui cercherai il suo corpo, io ti
prometto di ritornare.»
«Perché?» domandò incuriosito.
«Una volta che lo avrai trovato, decideremo
cosa fare. Di certo ragionandoci insieme, ci verrà in mente un modo per
sistemare tutto senza uccidere nessuno. Gli amici non abbandonano gli amici,
giusto?»
La scrutò sorridendo. In quel
comportamento riconobbe una parte della Nicole che ricordava e dovette
ammettere di sentirne la mancanza.
«Va bene. Te lo prometto.»
«Ok, ora devo proprio andare» rispose
scostando la sedia. Si alzò in piedi e si girò per uscire. Poi si fermò, si
voltò e lo guardò per un’ultima volta. «Buona fortuna» sussurrò.
Billy le fece un cenno di saluto con la
mano, come si fa con una vecchia amica.
La porta della stanza era stata chiusa,
l’infermiere di turno aveva già fatto il primo giro di ispezione perché le luci
fossero spente e gli internati nel mondo dei sogni.
Billy si alzò lentamente dal letto.
Gettò uno sguardo al suo compagno di camera e lo sentì ronfare della grossa. A
piedi nudi si portò verso l’uscio. Accostò l’orecchio e dal corridoio esterno
non udì rumore. Camminò con calma verso il tavolo posto vicino alla finestra,
chiusa con la sicura e scostò di poco le tende leggere.
Le luci elettriche esterne gli davano
sufficiente illuminazione per poter leggere. Estrasse la busta dal nascondiglio
sicuro in cui l’aveva riposta per tutto il pomeriggio, dopo averla prelevata
dalla mano di Nicole. Si accomodò sul tavolo e sollevò la linguetta della
chiusura. Prelevò il foglio di carta scritto a mano, lo dispiegò e iniziò a
leggere.
Scorse le righe con attenzione.
Trattenne il respiro fino a giungere
alla fine.
Poi sollevò gli occhi dal foglio.
Non aveva più dubbi. Sapeva cosa doveva
fare.
Continua…?
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