lunedì 19 agosto 2019

Darklight Children - Capitolo 102


CAPITOLO 102
Tragica illusione



«Sara non doveva vederci» disse Yuri, premendo il piede sull’acceleratore. Guidava a gran velocità diretto al C.E.N.T.R.O.
«Non è un problema» lo calmò Jonathan, seduto dietro di lui sul sedile posteriore. «Quando realizzeranno dove stiamo andando, avremo già completato il nostro piano.»
«Piuttosto…» s’intromise Erica al suo fianco. «Rispetterete la vostra parte dell’accordo?»
Sabrina la fissò dal sedile del passeggero, attraverso lo specchietto retrovisore. La disgustava dover essere ricorsa a quei due per avere aiuto. «Certo che lo faremo. Anche se ancora non capisco come pensate di riaprire la faida con i demoni. Non ne esistono più in questo mondo.»
«Non preoccuparti, di quella fase ci occupiamo noi» rispose Jonathan. «Dobbiamo solo essere sicuri che ci garantiate il vostro appoggio.»
«Vi abbiamo dato la nostra parola e non ce la rimangiamo» mise in chiaro Yuri. «Auguratevi però che nostro figlio stia bene.»
Sabrina lanciò una fugace occhiata al fidanzato al volante. Entrambi erano stati concordi che ritrovare il loro bambino valeva qualsiasi prezzo, ora sapeva che lui non l’avrebbe abbandonata, ma di sicuro avrebbero dovuto affrontare i loro amici e anche se avrebbe fatto di tutto per evitare che si ferissero, tra loro non sarebbe mai più stato come prima.

Usando i poteri di Jonathan, entrare all’istituto a quell’ora tarda e superare la guardia di sorveglianza fu facile e indolore, uno dei pochi vantaggi messi in conto da Sabrina nel formare quell’alleanza. Arrivati davanti all’ascensore, però fu colta da un dubbio.
«Aspettate, l’altra volta Hans Strom sapeva che eravamo nei sotterranei. Come pensate di distrarlo perché non ci scopra?»
«Il direttore starà dormendo, non si accorgerà di nulla» rispose serafica Erica.
Jonathan invece li squadrò sospettoso. «Come sai che ne era al corrente?»
«Abbiamo avuto un colloquio privato con lui» disse secco Yuri.
«Non l’avevate detto. Per quale motivo?»
«Per ragioni personali che non vi riguardano.»
Erica materializzò la lancia psichica color rubino. «Non mi piace il tuo tono. Se non ci dici di cosa avete parlato, non proseguiamo.»
Sabrina gli si avvicinò e gli strinse con dolcezza il braccio . «Lascia stare Yuri, a questo punto non serve tenere il segreto. Quell’uomo è mio padre. Se vorrete, dopo aver liberato mio figlio, vi racconterò la mia triste storia di figlia abbandonata. Adesso possiamo sbrigarci?»
Jonathan cambiò espressione e sorrise compiaciuto. «Ma certo. E questa nuova scoperta giocherà a nostro favore.»
Sabrina lo scrutò diffidente. «Che vuoi dire?»
«Lo scoprirai presto» le rispose. Schiacciò il pulsante in basso dell’ascensore e le porte automatiche si scostarono per farli entrare. Attesero in silenzio mentre l’abitacolo scendeva nel secondo sotterraneo e una volta lì, si affidarono nuovamente ai poteri illusori di Jonathan per avanzare senza l’intralcio delle guardie.
Arrivarono davanti alla porta della stanza con l’etichetta “000” e lui le indicò di avvicinarsi al pannello quadrato che nella loro precedente visita avevano scoperto teneva sigillato l’ingresso.
 «Abbiamo fatto delle ricerche e ora sappiamo che è chiuso da un sistema mistico che si disattiva solo con il sangue del direttore. Sapendo che sei sua figlia, se vuoi gentilmente offrircene un po’ entreremo senza fatica.»
Titubante, Sabrina porse il palmo sinistro a Erica. «Fa’ attenzione con quella lancia, deve essere solo un taglio e non troppo profondo.» Erica schiacciò la punta sulla sua pelle e le procurò una live ferita. Si morse il labbro per non emettere un suono con la voce. Il sangue prese subito a sgorgare, Sabrina si sporcò l’intero palmo, spalmandolo di sangue con l’indice dell’altra mano. Poi lo posò sul pannello. Un arco rosso e arancio attraversò la porta e con un sonoro scatto si aprì verso l’esterno.
Yuri le fu accanto subito, le legò un fazzoletto di stoffa verde intorno al palmo e poi entrò con lei nella camera.
Davanti a loro erano fissate al soffitto cinque gigantesche vasche a forma di capsule, in piedi in verticale  si inserivano nella parte inferiore in un quadrato di metallo con bottoni e manopole sulla facciata e inchiodato sul pavimento. Quattro su cinque erano vuote, la seconda da sinistra conteneva invece del liquido opaco in cui era immerso un bambino nudo, con gli occhi chiusi, una maschera per respirare e una coppia di fili che partivano dalle sue narici e risalivano verso la parte superiore della capsula. Una scia di bolle percorrevano lo stesso tragitto in colonne, dal basso verso l’alto, sfiorandolo.
Sabrina si portò le mani alla bocca. «Oh mio Dio. È lui! Ma come fa essere così grande? L’ho partorito solo tre mesi fa ed era prematuro.»
«Ricordati che tuo figlio è un demone. In parte è sopravvissuto grazie alla sua natura e per il resto ci hanno pensato i cervelloni del C.E.N.T.R.O.» rispose Jonathan avanzando dietro di loro. «Hanno mischiato scienza e magia e lo hanno tenuto in vita e nutrito.»
«Hans Strom ci aveva detto qualcosa di simile» concordò Yuri. «Come si apre la capsula?»
Erica lo superò. «In questo modo.» Colpì ripetutamente con la sua lancia psichica la parte elettronica inferiore e in un crepitio di luci e scintille andò in corto circuito.
Poi passò al vetro: la vasca si coprì di crepe, rompendosi in pochi attimi e mentre il liquido fuoriusciva bagnando il pavimento e le loro scarpe, Sabrina accorse per sorreggere il bimbo. Lo afferrò con attenzione e Yuri lo liberò delicatamente dalla maschera e dai fili.
«Sembra che abbia già nove mesi o forse anche di più» notò Sabrina, stringendoselo al petto ancora addormentato.
«Dobbiamo cercare qualcosa per coprirlo» disse Yuri, carezzandogli la piccola testa con qualche capello biondo.
Erica però afferrò il ragazzo per un braccio. «Non c’è tempo. Dobbiamo uscire subito, prima che qualcuno ci scopra.»
Sabrina annuì. Tenendo gli occhi fissi sul figlio ritrovato – imitata da Yuri – si fecero scortare attraverso il corridoio, fino all’ascensore e poi al piano superiore, varcando le porte del C.E.N.T.R.O.
Arrivati davanti all’auto, Yuri stava per salire e sedersi nel sedile posteriore, ma Jonathan lo strattonò. «Sali al posto di guida, sei l’unico con la patente.»
«Ma il bambino…»
«Me ne occupo io» lo rassicurò Sabrina. Entrò delicatamente nel mezzo, con il  bimbo tra le braccia accostato al suo petto e si sedette dietro al posto del guidatore. «Lo terrò stretto, non temere.»  
«Va bene.»
Yuri aprì la portiera e si sistemò alla guida. Erica gli si sedé accanto nel posto del passeggero, mentre Jonathan si sistemo dietro, al suo fianco.
«Lo portiamo a casa mia» disse Yuri, girando al chiave e accendendo il motore. «Nessuno ci disturberà.»
«No. Dovete rispettare la vostra parete del patto» intervenne Erica. «Tuo figlio starà bene. Ora dovete portarci dove possiamo iniziare la caccia ai demoni: alle rovine con il Sigillo.»
Sabrina sollevò la testa e spostò gli occhi dal figlio, che dormiva beato, incontrando nello specchietto retrovisore lo sguardo incerto del fidanzato «Va bene. Ma se ho solo il dubbio che il bambino possa correre pericoli, noi ce ne andiamo.»
«Non ne correrà» replicò Jonathan, posandole la mano sulla spalla e sfoderando un ghigno tutt’altro che rassicurante.
L’auto partì, sgommando sulla strada per la seconda volta e Sabrina fu percorsa da un brivido. L’altro ragazzo scostò l’arto da lei, ma la sensazione di disagio non l’abbandonò.

Arrivati in prossimità delle rovine del Portale Mistico, Yuri spense l’auto e scese. Sabrina stava per fare lo stesso, ma lui la bloccò.
«No, rimani qui. Li aiuterò io.»
«Ci servite tutti e due per aprire il Sigillo» ribatté aggressiva Erica, uscendo dal mezzo e brandendo ancora la sua arma di origine psichica.
«E poi lasciarla sola con il bambino qui a quest’ora non è consigliabile» s’intromise con tono mellifluo Jonathan.
«Dovrebbe esserci in giro il signor Moser» ricordò Sabrina, unendosi con il figlio ai tre all’esterno dell’auto. «Si è offerto di sorvegliare le rovine al posto nostro. Se mi vedesse con il piccolo chie…»
«Staremo attenti a non farci vedere» la interruppe Erica. Si incamminò verso l’apertura tra le sbarre e nell’oscurità resa più flebile solo dalla luce dei lampioni lì intorno, spostò le siepi per farla attraversare a loro due. «Forza! Prima andiamo, prima sarà tutto finito.»
Anche se il tono della ragazza non le piaceva affatto, Sabrina non vedeva l’ora di terminare quella storia e poter portare il figlio in un luogo sicuro. Non pose altre obiezioni e si mosse per prima. Yuri le coprì le spalle con le mani, seguendola e Jonathan chiuse la fila.
Tenendo tra le braccia il piccolo e superata la prima ondata di emozioni, Sabrina iniziò a rendersi conto che c’era qualcosa di strano. Come potevano bastare solo lei e Yuri per riaprire il Sigillo? Per richiuderlo, mesi prima, era stato necessario ricorrere all’energia combinata di tutti e sei. E poi c’era la questione dei demoni: il loro sangue era sicuramente essenziale per riavviare il rito. Arrivati ormai a pochi passi dal Sigillo, un’idea terribile le si affacciò alla mente.
«Oh no» sibilò, bloccandosi all’istante.
Yuri si chinò verso il suo volto. «Cosa c’è?»
Sabrina si morse il labbro. Ormai era troppo tardi. Erica li aveva guidati sicura fino al luogo esatto in cui era emersa la pietra e loro quattro ci sostavano proprio intorno.
«Che cosa hai?» domandò ancora Yuri.
«È una trappola» gridò. «Ci hanno incastrato.»
Erica e Jonathan scoppiarono a  ridere.
Yuri abbassò le mani e le chiuse a pugno. Fiamme gialle e rosse le circondarono. «Che cosa significa? Che volete fare?»
«La tua ragazza è più sveglia di te» rispose Erica, puntando la lama quasi all’altezza del petto del ragazzo. «Vi abbiamo aiutato solo perché quello che volevate, serviva anche a noi.»
«Non vi lascerò uccidere mio figlio. Vi ammazzerò se è necessario» li minacciò Sabrina. Indietreggiò scostando il bimbo perché non potessero toccarlo.
Jonathan continuò a ridere. «Sei una stupida! Davvero vuoi crescere quella cosa
Sabrina abbassò gli occhi sull’essere che reggeva in braccio e provò disgusto e sgomento per ciò che vide.
Non era un bambino. Non era neanche un essere umano. Era un bozzolo violaceo, percorso da venature in rilievo che pulsavano, cosparso di una sostanza gelatinosa.
Sabrina intuì l’inganno orchestrato. Con un’illusione Jonathan aveva mascherato tutto e solo adesso vedevano il suo vero aspetto.
                                      
                                       

Continua…

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