CAPITOLO 102
Tragica illusione
«Sara non doveva vederci» disse Yuri,
premendo il piede sull’acceleratore. Guidava a gran velocità diretto al
C.E.N.T.R.O.
«Non è un problema» lo calmò Jonathan,
seduto dietro di lui sul sedile posteriore. «Quando realizzeranno dove stiamo
andando, avremo già completato il nostro piano.»
«Piuttosto…» s’intromise Erica al suo
fianco. «Rispetterete la vostra parte dell’accordo?»
Sabrina la fissò dal sedile del
passeggero, attraverso lo specchietto retrovisore. La disgustava dover essere
ricorsa a quei due per avere aiuto. «Certo che lo faremo. Anche se ancora non
capisco come pensate di riaprire la faida con i demoni. Non ne esistono più in
questo mondo.»
«Non preoccuparti, di quella fase ci
occupiamo noi» rispose Jonathan. «Dobbiamo solo essere sicuri che ci garantiate
il vostro appoggio.»
«Vi abbiamo dato la nostra parola e non
ce la rimangiamo» mise in chiaro Yuri. «Auguratevi però che nostro figlio stia
bene.»
Sabrina lanciò una fugace occhiata al
fidanzato al volante. Entrambi erano stati concordi che ritrovare il loro
bambino valeva qualsiasi prezzo, ora sapeva che lui non l’avrebbe abbandonata,
ma di sicuro avrebbero dovuto affrontare i loro amici e anche se avrebbe fatto
di tutto per evitare che si ferissero, tra loro non sarebbe mai più stato come
prima.
Usando i poteri di Jonathan, entrare
all’istituto a quell’ora tarda e superare la guardia di sorveglianza fu facile
e indolore, uno dei pochi vantaggi messi in conto da Sabrina nel formare
quell’alleanza. Arrivati davanti all’ascensore, però fu colta da un dubbio.
«Aspettate, l’altra volta Hans Strom
sapeva che eravamo nei sotterranei. Come pensate di distrarlo perché non ci
scopra?»
«Il direttore starà dormendo, non si accorgerà
di nulla» rispose serafica Erica.
Jonathan invece li squadrò sospettoso. «Come
sai che ne era al corrente?»
«Abbiamo avuto un colloquio privato con
lui» disse secco Yuri.
«Non l’avevate detto. Per quale motivo?»
«Per ragioni personali che non vi riguardano.»
Erica materializzò la lancia psichica
color rubino. «Non mi piace il tuo tono. Se non ci dici di cosa avete parlato,
non proseguiamo.»
Sabrina gli si avvicinò e gli strinse
con dolcezza il braccio . «Lascia stare Yuri, a questo punto non serve tenere
il segreto. Quell’uomo è mio padre. Se vorrete, dopo aver liberato mio figlio,
vi racconterò la mia triste storia di figlia abbandonata. Adesso possiamo
sbrigarci?»
Jonathan cambiò espressione e sorrise
compiaciuto. «Ma certo. E questa nuova scoperta giocherà a nostro favore.»
Sabrina lo scrutò diffidente. «Che vuoi
dire?»
«Lo scoprirai presto» le rispose.
Schiacciò il pulsante in basso dell’ascensore e le porte automatiche si
scostarono per farli entrare. Attesero in silenzio mentre l’abitacolo scendeva
nel secondo sotterraneo e una volta lì, si affidarono nuovamente ai poteri
illusori di Jonathan per avanzare senza l’intralcio delle guardie.
Arrivarono davanti alla porta della
stanza con l’etichetta “000” e lui le indicò di avvicinarsi al pannello quadrato
che nella loro precedente visita avevano scoperto teneva sigillato l’ingresso.
«Abbiamo
fatto delle ricerche e ora sappiamo che è chiuso da un sistema mistico che si
disattiva solo con il sangue del direttore. Sapendo che sei sua figlia, se vuoi
gentilmente offrircene un po’ entreremo senza fatica.»
Titubante, Sabrina porse il palmo
sinistro a Erica. «Fa’ attenzione con quella lancia, deve essere solo un taglio
e non troppo profondo.» Erica schiacciò la punta sulla sua pelle e le procurò
una live ferita. Si morse il labbro per non emettere un suono con la voce. Il
sangue prese subito a sgorgare, Sabrina si sporcò l’intero palmo, spalmandolo
di sangue con l’indice dell’altra mano. Poi lo posò sul pannello. Un arco rosso
e arancio attraversò la porta e con un sonoro scatto si aprì verso l’esterno.
Yuri le fu accanto subito, le legò un
fazzoletto di stoffa verde intorno al palmo e poi entrò con lei nella camera.
Davanti a loro erano fissate al soffitto
cinque gigantesche vasche a forma di capsule, in piedi in verticale si inserivano nella parte inferiore in un
quadrato di metallo con bottoni e manopole sulla facciata e inchiodato sul
pavimento. Quattro su cinque erano vuote, la seconda da sinistra conteneva
invece del liquido opaco in cui era immerso un bambino nudo, con gli occhi
chiusi, una maschera per respirare e una coppia di fili che partivano dalle sue
narici e risalivano verso la parte superiore della capsula. Una scia di bolle
percorrevano lo stesso tragitto in colonne, dal basso verso l’alto, sfiorandolo.
Sabrina si portò le mani alla bocca. «Oh
mio Dio. È lui! Ma come fa essere così grande? L’ho partorito solo tre mesi fa
ed era prematuro.»
«Ricordati che tuo figlio è un demone.
In parte è sopravvissuto grazie alla sua natura e per il resto ci hanno pensato
i cervelloni del C.E.N.T.R.O.» rispose Jonathan avanzando dietro di loro. «Hanno
mischiato scienza e magia e lo hanno tenuto in vita e nutrito.»
«Hans Strom ci aveva detto qualcosa di
simile» concordò Yuri. «Come si apre la capsula?»
Erica lo superò. «In questo modo.» Colpì
ripetutamente con la sua lancia psichica la parte elettronica inferiore e in un
crepitio di luci e scintille andò in corto circuito.
Poi passò al vetro: la vasca si coprì di
crepe, rompendosi in pochi attimi e mentre il liquido fuoriusciva bagnando il
pavimento e le loro scarpe, Sabrina accorse per sorreggere il bimbo. Lo afferrò
con attenzione e Yuri lo liberò delicatamente dalla maschera e dai fili.
«Sembra che abbia già nove mesi o forse
anche di più» notò Sabrina, stringendoselo al petto ancora addormentato.
«Dobbiamo cercare qualcosa per coprirlo»
disse Yuri, carezzandogli la piccola testa con qualche capello biondo.
Erica però afferrò il ragazzo per un
braccio. «Non c’è tempo. Dobbiamo uscire subito, prima che qualcuno ci scopra.»
Sabrina annuì. Tenendo gli occhi fissi
sul figlio ritrovato – imitata da Yuri – si fecero scortare attraverso il
corridoio, fino all’ascensore e poi al piano superiore, varcando le porte del
C.E.N.T.R.O.
Arrivati davanti all’auto, Yuri stava
per salire e sedersi nel sedile posteriore, ma Jonathan lo strattonò. «Sali al
posto di guida, sei l’unico con la patente.»
«Ma il bambino…»
«Me ne occupo io» lo rassicurò Sabrina. Entrò
delicatamente nel mezzo, con il bimbo
tra le braccia accostato al suo petto e si sedette dietro al posto del
guidatore. «Lo terrò stretto, non temere.»
«Va bene.»
Yuri aprì la portiera e si sistemò alla
guida. Erica gli si sedé accanto nel posto del passeggero, mentre Jonathan si
sistemo dietro, al suo fianco.
«Lo portiamo a casa mia» disse Yuri,
girando al chiave e accendendo il motore. «Nessuno ci disturberà.»
«No. Dovete rispettare la vostra parete
del patto» intervenne Erica. «Tuo figlio starà bene. Ora dovete portarci dove
possiamo iniziare la caccia ai demoni: alle rovine con il Sigillo.»
Sabrina sollevò la testa e spostò gli
occhi dal figlio, che dormiva beato, incontrando nello specchietto retrovisore
lo sguardo incerto del fidanzato «Va bene. Ma se ho solo il dubbio che il
bambino possa correre pericoli, noi ce ne andiamo.»
«Non ne correrà» replicò Jonathan,
posandole la mano sulla spalla e sfoderando un ghigno tutt’altro che
rassicurante.
L’auto partì, sgommando sulla strada per
la seconda volta e Sabrina fu percorsa da un brivido. L’altro ragazzo scostò
l’arto da lei, ma la sensazione di disagio non l’abbandonò.
Arrivati in prossimità delle rovine del Portale Mistico, Yuri spense l’auto e
scese. Sabrina stava per fare lo stesso, ma lui la bloccò.
«No, rimani qui. Li aiuterò io.»
«Ci servite tutti e due per aprire il
Sigillo» ribatté aggressiva Erica, uscendo dal mezzo e brandendo ancora la sua
arma di origine psichica.
«E poi lasciarla sola con il bambino qui
a quest’ora non è consigliabile» s’intromise con tono mellifluo Jonathan.
«Dovrebbe esserci in giro il signor
Moser» ricordò Sabrina, unendosi con il figlio ai tre all’esterno dell’auto. «Si
è offerto di sorvegliare le rovine al posto nostro. Se mi vedesse con il
piccolo chie…»
«Staremo attenti a non farci vedere» la
interruppe Erica. Si incamminò verso l’apertura tra le sbarre e nell’oscurità
resa più flebile solo dalla luce dei lampioni lì intorno, spostò le siepi per
farla attraversare a loro due. «Forza! Prima andiamo, prima sarà tutto finito.»
Anche se il tono della ragazza non le
piaceva affatto, Sabrina non vedeva l’ora di terminare quella storia e poter
portare il figlio in un luogo sicuro. Non pose altre obiezioni e si mosse per
prima. Yuri le coprì le spalle con le mani, seguendola e Jonathan chiuse la
fila.
Tenendo tra le braccia il piccolo e
superata la prima ondata di emozioni, Sabrina iniziò a rendersi conto che c’era
qualcosa di strano. Come potevano bastare solo lei e Yuri per riaprire il
Sigillo? Per richiuderlo, mesi prima, era stato necessario ricorrere
all’energia combinata di tutti e sei. E poi c’era la questione dei demoni: il
loro sangue era sicuramente essenziale per riavviare il rito. Arrivati ormai a
pochi passi dal Sigillo, un’idea terribile le si affacciò alla mente.
«Oh no» sibilò, bloccandosi all’istante.
Yuri si chinò verso il suo volto. «Cosa
c’è?»
Sabrina si morse il labbro. Ormai era
troppo tardi. Erica li aveva guidati sicura fino al luogo esatto in cui era
emersa la pietra e loro quattro ci sostavano proprio intorno.
«Che cosa hai?» domandò ancora Yuri.
«È una trappola» gridò. «Ci hanno
incastrato.»
Erica e Jonathan scoppiarono a ridere.
Yuri abbassò le mani e le chiuse a
pugno. Fiamme gialle e rosse le circondarono. «Che cosa significa? Che volete
fare?»
«La tua ragazza è più sveglia di te»
rispose Erica, puntando la lama quasi all’altezza del petto del ragazzo. «Vi
abbiamo aiutato solo perché quello che volevate, serviva anche a noi.»
«Non vi lascerò uccidere mio figlio. Vi
ammazzerò se è necessario» li minacciò Sabrina. Indietreggiò scostando il bimbo
perché non potessero toccarlo.
Jonathan continuò a ridere. «Sei una
stupida! Davvero vuoi crescere quella cosa?»
Sabrina abbassò gli occhi sull’essere
che reggeva in braccio e provò disgusto e sgomento per ciò che vide.
Non era un bambino. Non era neanche un
essere umano. Era un bozzolo violaceo, percorso da venature in rilievo che
pulsavano, cosparso di una sostanza gelatinosa.
Sabrina intuì l’inganno orchestrato. Con
un’illusione Jonathan aveva mascherato tutto e solo adesso vedevano il suo vero
aspetto.
Continua…
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