CAPITOLO 100
Sogni, inviti e sospetti
Patrick
entrò nella stanza fredda e inospitale del sotterraneo del C.E.N.T.R.O.. Ciò
che i suoi occhi notarono subito furono i due tavoli di marmo posti nel mezzo.
«Togli
la camicia» gli disse Clara Cluster, tirandosi il cappuccio della casacca viola
fin sopra gli occhi.
Pur
iniziando a sbottonarla, Patrick domandò: «Perché?»
Un
altro uomo, con il cappuccio calato sul volto, gli si avvicinò. Nell’ombra che
aleggiava sul suo volto, Patrick riconobbe le fattezze di Kaspar De Santi. «È
una parte del rito. Non spaventarti, non farà male» spiegò. Lo aiutò a sfilarsi
la camicia e lo fece adagiare sul primo tavolo di marmo.
Patrick
rabbrividì quando la pelle nuda entrò in contatto con la superficie gelida.
Socchiuse gli occhi per abituarsi alla luce al neon che lo colpì direttamente
dall’alto.
Kaspar
prese dalle mani di un'altra persona in casacca e cappuccio viola un barattolo
di ceramica e intinse l’indice all’interno. Lo risollevò sporco di un liquido
color mattone, si chinò su di lui e passò il polpastrello sul petto, disegnando
un occhio e sotto una freccia che lo collegava a un altro occhio. Si rialzò, si
pulì il dito sul bordo del barattolo e lo riconsegnò al suo collega. «Pensi di
riuscire a stare immobile. Altrimenti dovremmo legarti, solo per precauzione.»
Patrick
scosse la testa. «Non mi muoverò.»
Clara
si posizionò ai suoi piedi. Altre due figure incappucciate si accostarono al
tavolo: alla sua destra e l’altro alla sua sinistra accanto a Kaspar.
La
porta cigolò e Patrick udì il sibilo della gomma delle ruote di una sedia a
rotelle strisciare sul pavimento. Qualcuno la spinse fino al tavolo accanto a
lui, che ora era parzialmente coperto dalle persone in piedi. La stessa persona
prelevò una figura minuta e rannicchiata dal sedile e la adagiò sul tavolo. Gli
dava le spalle e con la coda dell’occhio Patrick intuì che stava facendo gli
stessi disegni anche sull’altro.
La
persona con la casacca e il capo scoperto si voltò e allontanò la sedia a
rotelle. Mentre si girava e camminava verso il tavolo su cui era steso, Patrick
lo riconobbe: era il direttore Hans Strom.
Clara
Cluster partì a intonare una litania strana e indecifrabile, uno dopo l’atro, i
tre compagni fecero altrettanto. Solo Hans, in piedi dietro alla sua testa,
rimase in silenzio.
Patrick
deglutì. Quella situazione stava diventando grottesca ed ebbe il timore di
essersi ficcato in un gigantesco guaio, da cui non sarebbe mai uscito e che gli
avrebbe fatto mancare alla promessa fatta a Samuele.
Hans
sporse in avanti il volto. Copriva parte della luce, restando del tutto in
ombra e apparendo minaccioso. Gli posò la mano sinistra sulla fronte. “Non devi
avere paura” disse con la voce che usciva dalle labbra chiuse e entrava
direttamente nella mente di Patrick. Sorrise. “Presto anche tu sarai speciale
come me.”
Patrick
fece roteare gli occhi verso il secondo tavolo. Il suo sguardo incrociò quello
dell’altro partecipante, steso come lui e si trattenne dal trasalire. Era un
uomo, sembrava vecchio, anzi antico. La pelle grigiastra, pochi e sparuti
capelli raggruppati in chiazze sulla nuca e un’espressione di dolore
insopportabile che gli ricopriva il volto come una maschera.
Il campanello risuonò, strappando
Patrick dal sonno. Si rizzò a sedere nel letto. Si era appisolato leggendo un
libro, tastò il materasso cercandolo, ma non lo trovò.
Il campanello emise altri due squilli e
lui si alzò ancora un po’ intontito. Calpestò con i piedi nudi il libro caduto
sul pavimento.
«Arrivo! Arrivo!» gridò mentre partiva
un nuovo trillo. Raggiunse la porta correndo e la spalancò.
«Ehi, non mi sentivi?» gli domandò Sara.
Lo scrutò aggrottando la fronte. «Hai un aspetto terribile, è un brutto
momento?»
«No, vieni. Entra» rispose Patrick,
asciugandosi il sudore della fronte con il dorso della mano destra. «Mi ero
addormentato. Per fortuna mi hai svegliato.»
Sara s’insinuò nell’ingresso. «Hai fatto
un brutto sogno?»
«Un incubo che forse è anche una visione
sul mio passato. Ho bisogno di bere qualcosa.» Si avviò in cucina. «Posso
offriti del tè freddo?»
«Volentieri» rispose lei seguendolo. «L’incubo,
o meglio la visione, riguardava Samuele?»
Patrick prese due bicchieri dalla credenza
e li posò sul tavolo. «Più o meno. Penso che toccarlo abbia sbloccato
ulteriormente qualcosa nel mio cervello.» Prelevò la brocca con il liquido
ambrato e il ghiaccio dal frigorifero e lo versò nei bicchieri. «È come una
specie di ingranaggio che all’improvviso ha ripreso a funzionare.»
Sara prese il bicchiere che le porgeva e
bevve una lunga sorsata. «È una buona notizia, giusto?»
Patrick ingollò a sua volta il tè. «Non
so. Si tratta di eventi che coinvolgono il C.E.N.T.R.O. e chi ci lavora e più
cose vengo a sapere, meno mi piace averne fatto parte.»
«Non devi. Sicuramente non hai fatto
niente di male. Volevi portar via Samuele.»
«E prima che lui arrivasse? Non ricordo
nulla di quello che combinavo prima di conoscerlo.»
Sara si portò nuovamente il bicchiere
alla bocca, evitando di rispondere.
Patrick si pentì di aver riversato su di
lei i suoi dubbi. In verità doveva liberarsi di un peso però temeva la sua
reazione; allo stesso tempo si rese conto che se avesse aspettato il momento
giusto per la sua confessione, non sarebbe mai arrivato. Buttò giù tutto d’un fiato
il resto del tè e disse: «Sono confuso perché negli ultimi mesi ho fatto una
scelta di cui non vado molto fiero.»
Sara abbandonò il bicchiere sul tavolo.
«Di che si tratta?»
Lui trasse un lungo sospiro. «Subito
dopo la morte di tuo zio, Kaspar venne da
me. Raccontò che sapeva tutto di te, tuo fratello e dei vostri amici. Lo
aveva scoperto osservandovi a scuola e voleva portarvi al C.E.N.T.R.O. per
tenervi sotto controllo. Mi opposi e gli giurai che se vi avesse lasciato in
pace, vi avrei spiato per conto suo e gli avrei riferito tutto quello che
riguardava i vostri poteri e le attività soprannaturali.»
Sara lo fissò in silenzio.
«Può sembrarti una scusa banale, ma l’ho
fatto solo per proteggervi tutti. Pensavo di onorare la memoria di Fulvio,
anche se non era proprio un gesto… ecco diciamo nobile, era l’unica scelta che
avevo per tenervi alla larga dal C.E.N.T.R.O.»
Lei lo fissò impassibile. «È tutto qui?»
«Sì» rispose, non decifrando la sua
reazione.
«E ti preoccupi di una cosa del genere?»
«Vi fidavate di me e vi ho mentito.»
«Certo e non mi fa piacere saperlo, ma
ti ricordi cosa ho combinato io? Ho quasi riportato DiKann sulla Terra e
cercato di fare del male a Sabrina e suo figlio» replicò Sara. «Nonostante
questo mi avete perdonato tutti. Se dobbiamo fare una graduatoria delle cattive
azioni, la tua non rientra nemmeno tra le prime venti posizioni.»
Patrick provò un piacevole sollievo e
rilassò i muscoli. «Pensi che anche gli altri capiranno? Kaspar mi ha
sottilmente minacciato di rivelare tutto.»
«Lo batteremo sul tempo e so per certo
che agli altri tu stai più simpatico di Kaspar. All’inizio si sentiranno un po’
traditi. Mio fratello magari farà qualche scena melodrammatica, è tipico di
lui, ma poi ricorderanno che sei una persona gentile e altruista, che si è
sempre messo in gioco per aiutarci. Quello che io so ogni volta che ti guardo.»
Patrick fece due passi, chinò la testa e
la baciò sulle labbra. «Grazie. È bello sapere che da questa assurda storia ho
avuto la fortuna di incontrarti.»
Sara arrossì lievemente.
«Scusa, non ti ho nemmeno chiesto come
mai sei venuta a trovarmi» si rese conto. «C’è qualche nuova emergenza?»
«No, è per questo.» Sara sfilò dalla
tasca un cartoncino piegato a metà e lo consegnò a Patrick. «Martedì è il mio
compleanno. Con Leonardo facciamo una piccola festa al Full Moon e mi piacerebbe andarci insieme a te. Come una coppia. So
che ti senti un po’ in imbarazzo a rivelarlo ma…
«Va bene» la interruppe sorridendo. «Voglio
fare sapere a tutti che sono innamorato di te.»
Questa volta fu Sara ad alzare il volto
e baciarlo appassionatamente sulla bocca.
Il campanello suonò tre volte con
insistenza, Leonardo scattò in piedi e corse alla porta e l’aprì.
Davide lo fissò trafelato. «Ci sono
problemi? Quei pazzoidi del C.E.N.T.R.O. sono tornati all’attacco?»
Leonardo si spostò per farlo entrare. «No,
niente del genere. Perché ogni volta che chiamo qualcuno di voi pensate subito
a un problema?»
«Perché la maggior parte delle volte è
così.»
Leonardo non poté dargli torto.
Scortandolo in camera sua si rese conto che le occasioni di incontrarsi come
ragazzi normali erano sempre più rare. «Comunque questa volta non c’è niente di
allarmante.» Prese dalla scrivania un cartoncino piegato e lo porse al
compagno.
Davide lo afferrò e l’aprì. «Oh ma
guarda, un nuovo invito al Full Moon
per la festa del tuo compleanno. Non è la prima volta.»
«Sì, ma in questo caso sono io a volerti
presente» replicò.
Davide sollevò gli occhi dall’invito,
allegro e compiaciuto dalla risposta. «Dovrò pensare a un regalo.»
«Non è necessario. Mi basta quello che
hai fatto settimana scorsa. Mi hai appoggiato nei sotterranei del C.E.N.T.R.O.
e mi ha fatto piacere il tuo atteggiamento protettivo.» Gli si avvicinò
lentamente. «Ho riflettuto su quello che mi hai detto. Voglio provare.»
«Cosa?»
«Noi due. Voglio che proviamo a essere
fidanzati, una coppia o come vuoi chiamarlo. Non so spiegarti cosa sento per
te, ma mi piace quando siamo insieme. Se per te non è un problema, potremmo
provare a vedere se funziona tra noi.»
Davide lo baciò sulla bocca.«D’accordo.
Quindi, la festa per il tuo compleanno sarà la nostra prima uscita ufficiale.»
«Direi di sì.»
«Tranquillo, non sono il tipo da scambiare
effusioni in pubblico.» Davide ci pensò su un attimo e aggiunse: «Non ancora.»
« In ogni caso non sarà un problema»
disse Leonardo. «Al Full Moon nessuno ci darà fastidio e saremo solo noi, mia sorella e il suo
accompagnatore, Naoko, Sabrina e Yuri.»
«A proposito, quei due ci devono delle
spiegazioni.» Davide perse la sua espressione soddisfatta e s’incupì. «Non mi
ha convinto il loro comportamento nel sotterraneo. Di sicuro sanno qualcosa che
non ci dicono.»
Leonardo si mordicchiò il labbro
inferiore «In effetti erano un po’ troppo ansiosi di entrare in quella camera,
quella con i tre zero sulla targhetta.»
«Scommetto che hanno già un’idea di cosa
nasconde.»
«A dire il vero anche io ho visto
qualcosa» rivelò Leonardo. «Prima di venire scaraventato nel mio corpo, con la
proiezione astrale ho avuto una specie di flash dell’interno. Sembrava un
laboratorio, un incrocio tra il Programma
Arma X e le capsule degli alieni di Roswell.»
Davide lo fissò incredulo. «Hai visto
delle creature lì dentro?»
«Non ne sono sciuro. Mi sembra che ci
fosse una specie di vasca di contenimento e forse
c’era qualcosa all’interno, qualcosa messa lì per essere tenuta in vita.»
«Non raccontarlo a nessuno.» Davide si
sedé sul letto e prese le mani dell’altro ragazzo nelle sue. «Dovremo fare
qualcosa di poco piacevole, ti fidi di me?»
Leonardo annuì.
«Alla festa dobbiamo mettere sotto
torchio Sabrina. Yuri non parlerà mai, ma lei cederà.»
«È proprio necessario? È la mia migliore
amica. Vorrei si confidasse spontaneamente.»
«Lo so, ma è per il bene di tutti» gli
rispose pacatamente . «Se anche solo una piccola parte di quello che hai visto
è vero, è probabile che al C.E.N.T.R.O. stiano allevando un’arma. E non
sappiamo se è per usarla contro di noi.»
Continua...
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