Zec osservò Betty scappare verso l’edificio
scolastico e provò pena per lei. Capiva come si sentiva in quel momento, più di
quanto lei avrebbe voluto.
«Cosa fai? Pensi di seguirla?» domandò
Donovan, fissando Billy.
Billy guardò il ragazzo confuso. «Io..
non saprei cosa…»
«Lascia stare. Ho capito. Me ne occupo
io.» Donovan abbandonò i tre compagni e corse dietro alla ragazza.
Billy si girò a fissare sia lui che
Michelle. «Mi dispiace. Non volevo creare problemi. Non volevo tutto questo…»
si fermò come se volesse aggiungere altro, ma ripeté solo: «Mi dispiace.» S’incamminò verso l’entrata del pianterreno e
poi aumentò la velocità della sua andatura fino a correre.
«Spettacolo decisamente interessante.»
Dana comparve nel campo di atletica,
camminando lentamente. «È stata un’interpretazione molto intensa,
sentita.»
«Falla finita» le sbottò contro Zec.
Dana alzò le mani in segno di difesa.
«Ehi! Non è colpa mia. Io metto solo il carburante, ma è quello che c’è dentro
che fa reagire il motore.» Spostò gli occhi verdi su Michelle. «Allora, tesoro,
vuoi essere la prossima?»
«Lasciala in pace» s’intromise di nuovo
Zec. Si avvicinò alla compagna e aggiunse: «Vai dentro, vedi se Billy sta bene
e se Betty e Donovan hanno bisogno di aiuto.»
Michelle lanciò uno sguardo fugace a
Dana. «Sei sicuro di voler rimanere solo con lei?»
Lui annuì. «Non preoccuparti. So tenerla
a bada.»
«Ok.» Michelle osservò ancora una volta
la ragazza demone e poi voltò loro le spalle, procedendo per la strada diretta
all’interno dell’edificio scolastico.
«E così siamo rimasti solo io e te»
disse Dana, avanzando di pochi passi, fino a fermarsi a una spanna da lui.
«Vuoi fare un altro numero musicale?»
«No, basta trucchi.» La guardò
arrabbiato. «Giochiamo a carte scoperte. Cosa vuoi?»
«Te l’ho detto: assicurarmi che tu stia
bene e farti vedere che sto bene anche io.»
«Bugiarda. Sei qui per un altro motivo.»
«Ah sì? E cosa te lo fa credere?»
«Se volevi tranquillizzarmi, non avresti
scatenato tutto questo.» Sentì la rabbia montargli dentro. Era come un fuoco
che veniva attizzato, facendogli ribollire il sangue. «E ti saresti preoccupata
di farlo prima. Dimmi perché sei qui?»
Dana gli accarezzò la guancia sinistra
con la mano rosso rubino. «È così difficile credere fossi in ansia per te? In
fondo eri in pensiero anche tu, me lo hai cantato poco fa.»
Zec scostò il volto dal suo tocco. «Come
speri potrò mai più crederti?»
«Perché sono un demone, non è così?»
Dana abbozzò un sorriso. «Non dovresti essere così bigotto e razzista. Visto
quello che sai fare, si potrebbe pensare che anche le tue doti poltergeist o
telecinetiche siano frutto di poteri demoniaci.»
«Non è perché sei diventata un demone.
Cioè anche per quello, ma la verità è che tu mi hai tradito tre mesi fa, prima
di sposare un demone e diventarlo tu stessa.»
Dana lo fissò ancora una volta con lo
sguardo smarrito, lo stesso che aveva al termine della sua canzone per lei. «Ti
ho detto come stavano le cose. Mamma mi soffocava, non avevo scelta.»
«Sì che ce l’avevi» urlò esasperato.
«Ero lì, vivevo con te, potevi parlarmene, sfogarti. Avremmo potuto trovare una
soluzione insieme. o al peggio condividere questo peso.»
«Ce l’hai con me perché me ne sono
andata?»
«Perché sei scappata. E mi hai
abbandonato.» Zec respirò cercando di trovare la calma. «Avendoti al mio
fianco, non mi ero mai sentito solo e pensavo fosse lo stesso per te. Anche se
c’erano delle differenze tra noi, se non eravamo sempre d’accordo su tutto,
potevamo contare uno sull’altra. Invece mi sono reso conto che per te non era
uguale. Sei stata egoista, te ne sei fregata di come mi sarei sentito nel
perderti e sei andata via.»
«Non mi hai persa. Sono qui.» Dana
assunse un’espressione seria. «Ho agito d’impulso, lo ammetto. Tu avevi un
rapporto perfetto con mamma e non ho pensato potessi capirmi, anche perché neanche io capivo bene me stessa.
In più, dopo la morte di papà, ogni cosa era più difficile: la scuola, la vita
a casa… tutto.»
«E non ti è venuto in mente fosse
difficile anche per me?» Scosse la testa. «A quanto pare no, visto che appena
un demone ti ha proposto di diventare sua moglie, hai accettato, trovandola la
soluzione perfetta a tutti i tuoi problemi.»
«Non è vero. Ho valutato a lungo la sua
proposta, ma era una scelta solo mia. E sono diversa da Sweet, in molti modi
che neanche immagini. Ma posso mostrarteli.» Dana gli afferrò le mani,
stringendole nelle sue. «Non hai idea di cosa sono capace di fare e neanche io
lo so ancora, sto scoprendo tutto un po’ alla volta. Potremmo farlo insieme,
proprio come dicevi tu.»
Zec corrugò la fronte. «Cosa intendi?»
«Vieni con me.» Dana frugò sotto il top
viola con la mano destra ed estrasse un badge appeso al collo con un cordone
rosso, si infuocò non appena lo toccò. Lo lasciò quindi cadere in evidenza sul
tessuto e questo si spense. «È il mio passe-partout
per le dimensioni infernali. Posso averne uno anche per te e sceglierci un
posto in cui stare e rimodellarlo come ci piace. Creeremo il nostro angolo di
Paradiso all’Inferno.»
«Vuoi che abbandoni la mamma, la nostra
casa, il nostro mondo?»
«Potremmo tornare ogni volta che vuoi.
Non siamo vincolati all’Inferno, per ora.»
«E i miei amici? Non posso lasciarli
come se niente fosse, soprattutto con tutto quello che sta succedendo.»
«Vivete su una Bocca dell’Inferno, le
cose possono solo peggiorare e non riuscirete sempre a cavarvela. E poi non mi
sembra siate così uniti. A quanto ho visto, il tuo essere gay ti sta creando
qualche problema con loro e non accadrebbe con me.»
Fissandola negli occhi verdi che
conosceva da una vita, Zec vide qualcosa di familiare. Riconobbe la sua natura
prepotente, la stessa che aveva quando erano bambini e lo obbligava a fare
quello che decideva lei. Solo che ora era peggio, c’era una scintilla oscura,
più maligna, quella parte demoniaca, al contrario del passato, le impediva di
frenarsi.
Allontanò di colpo le mani da quella
della sorella e disse: «Ecco perché sei venuta. Questo era il tuo obbiettivo
fin dall’inizio.»
«Non ti seguo» rispose Dana con aria
innocente.
«Non fingere con me, non ci casco»
ribadì Zec. «Hai inscenato tutta questa storia della sorella preoccupata e hai
portato in superficie i sentimenti nascosti dei miei amici per portarmi con te.
Voglio sapere perché. La verità.»
Dana rimase a osservarlo in silenzio.
Poi sulle labbra balenò di nuovo il sorriso divertito. «Sei diventato più furbo
di quanto ricordassi. E va bene, mi hai scoperto: mi sento sola. Il tempo
scorre in maniera diversa all’Inferno, un giorno può essere lungo come un mese.
All’inizio andare a zonzo per le dimensioni infernali era divertente; la
scoperta di mondi nuovi, demoni nuovi, ma poi tornavo comunque nella mia nuova
casa da sola. E il mio maritino ha altre mogli e affari di cui occuparsi.»
«Così hai pensato di usare i tuoi poteri
per portare me e i miei amici a litigare tra noi, così mi sarei sentito di
nuovo abbandonato e non avendo altra scelta, mi sarei unito a te.» Zec
indietreggiò amareggiato. «In questo sei rimasta uguale. La solita egoista.»
«No. Penso davvero tutto quello che ti
ho detto, anche se avevo uno scopo fin dal principio.»
«Be’ hai fallito. Anche se non fossi un
demone, non cancellerò tre mesi di dolore con un colpo di spugna. Sei
ricomparsa da mezza giornata e già hai cercato di mandare all’aria la mia vita.
Non mi muoverò da qui. Puoi andartene.»
Dana mutò espressione. Il suo volto
calmo e controllato si distorse per la rabbia. «Ti ho mentito, forse
manipolato, ma anche tu sei un bugiardo. Non è vero che ti preoccupi per me,
non mi vuoi più bene.»
«Perché non faccio quello che vuoi?
Questo non ha nulla a che vedere con l’affetto.»
«Ti stai vendicando.»
Zec scosse la testa. «Sto scegliendo in
libertà quello che ritengo più giusto. Come hai fatto tu.»
Dana rise amaramente. «E quindi, scegli
di disconoscermi come sorella.»
«No.» Zec la guardò senza rancore.
«Sarai sempre mia sorella e avrai sempre il mio amore incondizionato. Ma non
posso perdonarti. Per oggi, per tre mesi fa, per la fuga. Le tue azioni hanno
un peso, mi hai ferito e devo proteggermi.»
«Non ti farei mai del male.»
«Lo fai e non te ne rendi nemmeno
conto.» Zec le baciò una guancia. Un gesto fatto di slancio, dettato
dall’istinto. «E temo che in futuro potrebbe essere anche peggio. Davanti a me
vedo un demone con i tuoi occhi e ho paura che tra non molto anche quelli scompariranno.»
Dana rimase immobile, disorientata. Poi
sorrise. «Va bene. Mi basta sapere che non mi odi. Ci sarà tempo per
convincerti a seguirmi. Ora ho altri progetti di cui occuparmi.»
«Cosa significa?»
Dana girò il polso sinistro e il fumo
violaceo si alzò dai suoi piedi, avvolgendole il corpo. «Lo vedrai.» Gli soffiò
un bacio, sospingendolo con la mano destra e svanì del tutto in uno sbuffo
viola.
Zec s’incamminò pensieroso verso le
porte antincendio della scuola. Se una parte di lui era sollevata all’idea di
rincontrarla, l’altra tremava all’idea di cosa potesse riferirsi con le sue
ultime parole.
Rientrò nel pianterreno e si chiese dove
potessero essere i suoi compagni. Immaginava che nessuno di loro fosse andato a
lezione e l’unico posto in cui ritrovarsi era l’aula multimediale. O come
l’aveva definita Betty, il corrispettivo di quello che la biblioteca
rappresentava per Buffy e i suoi amici nella serie tv.
Zec si diresse verso la classe e scostò
la porta, sperando non ci fosse nessuno a fare lezione o altro. Sbirciando
all’interno, vide Michelle seduta davanti a uno dei computer.
Non appena entrò, la ragazza gli andò in
contro. «Meno male, stai bene. Cominciavo a stare in ansia.»
«È tutto a posto… più o meno» rispose. «Gli
altri? Dove sono?»
«Billy non è più a scuola. Credo che
dopo la faccenda con Betty se ne sia andato» disse Michelle. «E lei e Donovan
non sapevo dove cercarli.»
Zec si rese conto che la situazione
poteva essere peggio del previsto, Dana poteva aver fatto danni che non erano
riparabili.
La porta si aprì e Donovan entrò facendoli
girare. «Dov’è finita la demone da musical?»
«Se ne è andata, per un po’ non la
rivedremo.» Zec studiò la sua espressione. Non sembrava arrabbiato. «E Betty?
Le hai parlato?»
Donovan annuì. «Per il momento non vuole
farsi vedere da nessuno di noi. Mi ha solo detto che è meglio se ci prendiamo
una pausa dalle nostre cacce al soprannaturale.»
«Per quanto? Cioè, possiamo vederci per
fare altro?» domandò Michelle.
«Credo preferisca che ognuno di noi stia
lontano dagli altri. E forse ha ragione» rispose Donovan. «Ci siamo messi a
fare questa cosa della Scooby Gang un
po’ troppo in fretta, in fin dei conti non ci conosciamo così bene. Lasciamo
passare qualche giorno e vediamo cosa succede.»
La campanella del cambio dell’ora suonò,
riempiendo il loro silenzio.
Donovan si mosse per primo e aprì la
porta. «Andiamo. Dobbiamo presentarci almeno al resto delle lezioni.» Si sforzò
di sorridere e uscì dall’aula.
Michelle si girò verso di lui intristita
e poi proseguì all’esterno.
Zec rimase ancora qualche istante da
solo. Quel giorno forse aveva ritrovato sua sorella, ma aveva l’impressione di
aver anche perso gli unici amici che avesse al liceo.
Continua…?
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