3. Indossa il Dolore Come un'Arma (1° parte)
Zec diede un morso al sandwich, osservò lo
schermo davanti al quale era seduto, fece scivolare l’indice sul bottone
centrale del mouse e la pagina internet scorse verso il basso.
Ormai era un’abitudine trascorrere la
pausa pranzo in aula multimediale. Ed era anche piacevole dato che non la
frequentava nessuno in quell’ora e poteva starsene in pace. In più era un
rifugio perfetto dai bulli che lo tormentavano e che non avevano ancora scovato
il suo nascondiglio.
Masticando, continuò a leggere con
attenzione la rassegna di articoli del quotidiano locale sulle scomparse
misteriose e gli omicidi senza spiegazione. Erano iniziati tutti due mesi
prima, nello stesso periodo in cui sua sorella Dana era scappata di casa senza
lasciare traccia e l’ultimo articolo era della settimana precedente e si
riferiva al ritrovamento di un infermiere morto dissanguato.
La polizia non aveva spiegazioni, anche
per quanto riguardava Dana sembrava brancolare nel buio e così Zec si era messo
a investigare come poteva: consultando giornalmente i quotidiani per trovare
qualche indizio su cosa potesse esserle successo e recandosi quotidianamente
all’ospedale per essere certo di avere ogni possibile novità subito.
Zec prese la foto piegata a metà dalla
tasca posteriore dei pantaloni e la fissò. Dana sorrideva ed era un evento
raro, il suo viso era ben illuminato dal sole e in quello scatto era facile
identificarla se qualcuno l’avesse vista. Poi si mise una mano tra i capelli
castani mossi e ricacciò il magone giù in gola. Tutti quei misteriosi delitti
aumentavano l’angoscia che non avesse più speranze di ritrovare sua sorella, ma
cercò di scacciare quel pensiero.
Posò la foto piegata e prese la lattina
di Coca Cola alla sua destra, bevve e alzando gli occhi dallo schermo, vide due
ragazzi entrare nell’aula. Lei la riconobbe subito: era Betty, sua compagna di
laboratorio di chimica. L’altro era un ragazzo di cui aveva sentito parlare,
anche se non ricordava per quale motivo, e gli sembrava si chiamasse Don o
Vance.
Betty gli fece un cenno di saluto con la
mano sinistra e poi trascinò il compagno a una delle ultime postazioni sul
fondo della stanza.
Zec non fu particolarmente felice di
dover condividere con loro il suo posto speciale, ma era un’aula aperta a tutti
e doveva aspettarsi che prima o poi qualcun altro si sarebbe rintanato lì.
«Perché tanta fretta?» sentì dire sotto
voce al ragazzo.
«Donovan, ti avevo chiesto di
incontrarci ieri» rispose stizzita Betty. «La questione è urgente!»
Anche se non era sua abitudine, Zec non
poté fare a meno di restare ad ascoltare.
«Quello che è successo non è un caso.
Billy mi ha aiutato una settimana fa e proprio ieri ricompare per salvarti»
continuò Betty.
«Mi preoccupa di più la faccenda del
demone.»
D’istinto, Zec si girò di scatto a
guardare Donovan. I loro occhi si incontrarono e poi incrociò anche quelli di
Betty.
La ragazza strattonò il compagno per la
manica e lo obbligò ad appiattirsi ancora di più dietro lo schermo
rettangolare, nascondendosi alla sua vista.
Zec si voltò di nuovo verso il suo
monitor e scosse la testa. Di certo aveva sentito male e comunque non erano affari
suoi. Però, tornando a leggere gli articoli, si rese conto che la parola demone
calzava a pennello con le sue letture. Nei pochi dettagli trapelati dalle
parole dei giornalisti, si parlava di dissanguamenti, inspiegabili ferite e
brutali sventramenti. Le vittime erano principalmente ragazzi e ragazze e
avevano spesso sul corpo strani segni o simboli rituali.
“Sembrano
quasi ispirati a film horror” pensò Zec. “Anzi, a me fanno venire in mente Buffy The Vampire Slayer.”
«Buffy» disse ad alta voce Donovan in
quello stesso momento.
«L’ho pensato anche io» rispose Betty.
Zec si girò, ma questa volta si alzò in
piedi. «Scusate, cosa avete detto?» Posò il mezzo sandwich vicino alla tastiera
e avanzò verso di loro. «Non volevo origliare, ma sto facendo una ricerca e pe…»
Anche Donovan si mise in piedi. «Senti
amico, non ti offendere, ma è meglio se non ti impicci.»
«Donovan! Puoi essere anche meno
stronzo.» Betty provò a sorridergli. «Quello che voleva dire è che stiamo
parlando di problemi personali. Scusa Zec, ma non ci va di condividere la
nostra conversazione.»
«Sì, ok, non voglio ficcanasare, ma…»
Zec si fermò a riflettere se era il caso di dire ad alta voce quello che
pensava e poi si buttò. «Stavo leggendo degli omicidi irrisolti degli ultimi
mesi e mi è venuto in mente che hanno somiglianze con la serie Tv Buffy e voi
ne stavate parlando, giusto?»
Betty e Donovan si guardarono perplessi
e poi lo fissarono con la stessa espressione.
«Cosa hai trovato di preciso?» domandò
Betty.
«Venite, vi faccio vedere.» Zec ritornò
verso il suo posto, quando due figure apparvero sull’uscio.
«Ecco dove si nasconde» disse un ragazzo
alto e bruno con un ciuffo di capelli spalmati di gel e ritti sulla fronte. Al
suo fianco un ragazzo con i capelli corti rasati e gli occhiali sogghignò.
«Stefan e Simon» sussurrò Zec sorpreso.
Era finita. I suoi aguzzini lo avevano scovato. «Perché siete qui?»
«Non possiamo?» domandò Stefan
aggressivo.
Simon precedette l’amico nella stanza e
sistemandosi gli occhiali, si fermò davanti a Zec. «La scuola è grande, ma non
così tanto. Era inevitabile trovarti, prima o poi.»
«Che volete da me?»
Stefan entrò a sua volta e si posizionò
alle spalle di Zec. «Non lo immagini? Passare del tempo insieme, non hai detto
tu che ti piacciono i ragazzi?»
Zec si rese conto che la sua ammissione
di essere gay non era stata una grande trovata. Non smaniava dalla voglia di
fare outing, ma quando pochi giorni prima i due ragazzi avevano iniziato a dargli del frocio aveva confermato la sua
omossesualità, più per zittirli che per il bisogno di renderlo pubblico. Si era
già accettato da tempo e non era un problema. Per lui almeno.
«Ehi aspetta, forse non è vero che è
gay. Guarda qua» intervenne Simon. Prese la foto di Dana e la mostrò al
compare. «Forse gli piacciono le ragazze, ma il sentimento non è reciproco.»
Zec cercò di strappargliela di mano.
«Ridammela.»
Stefan lo afferrò per le spalle. «Cosa
credi di fare?» Lo fece giare a forza e lo strattonò per il collo dalla
maglietta. «Sei zero. Non vali niente e se a Simon piace la foto se la tiene.
Anzi, adesso andiamo a cercare la tua amichetta e ce la facciamo. Fermaci se
credi di riuscirci.»
«Idiota» lo apostrofò Zec.
Simon, arrivatogli alle spalle, lo
spintonò in avanti. «Che hai detto? Ripetilo frocetto.»
Zec finì contro Stefan e a sua volta lo
spinse indietro verso il mittente. Simon rispose respingendolo ancora e così si ritrovò inerme, come una pallina da
ping pong, sballottata tra due racchette.
«Dai ragazzi, fatela finita» disse
Donovan.
Simon si girò a guadarlo, come se
notasse lui e Betty solo in quel momento. «Fatti i cazzi tuoi.» Distratto, non
respinse in tempo Zec, gli finì addosso ed entrambi caddero contro la
postazione del computer. «E levati!»
Zec venne spinto contro la sedia,
facendola sbattere contro il banco. Il nuovo urto rovesciò la lattina aperta di
Coca Cola e il liquido scuro scivolò in un rivolo verso terra, inzuppando la
foto di Dana che Simon aveva perso di mano.
«No.» Zec si chinò a raccoglierla e si
rese conto che l’immagine già logora per i viaggi in tasca, ora era zuppa e
appiccicosa.
Stefan scoppiò a ridere. «Scommetto che inizia a piangere.»
Simon rise in rimando rimettendosi al
fianco dell’amico.
Zec si alzò e si voltò lentamente.
«Siete solo degli stronzi e bastardi» li apostrofò. Guardandoli con rabbia e
odio.
«Stai esagerando» lo minacciò Stefan,
tirando un pugno sul palmo sinistro. «Hai proprio bisogno di una nuova
lezione.»
«Già, vediamo se la tua amichetta ti
guarderà quando la tua faccia sarà blu dai lividi.»
«Non sapete niente di me. Non capite
niente» gridò Zec inferocito.
Tutto il dolore che provava per la
scomparsa di Dana gli esplose nelle vene, nel cuore, nell’anima. Nessuno a
scuola si preoccupava di lei o di cosa provasse lui. Nessuno aveva cercato di
fargli coraggio. Si disinteressavano alla sua situazione, lo ignoravano, salvo
farsi avanti per sbeffeggiarlo o sibilare offese. Aveva sopportato sempre in
silenzio, ma ora sentiva di essere arrivato al limite, ogni giorno era uno
strazio alzarsi dal letto e trovare la forza per andare avanti.
«Ve la farò pagare» gridò Zec. «Per
tutto quanto!»
Stefan mosse un passo vero di lui. «Poi
non dire che non te la sei cercata.»
«Ma ti senti? Parli come il cliché di un
bullo.»
Tutti spostarono lo sguardo
sull’entrata. Un ragazzo dai capelli scuri e una maglietta con sopra la scritta
rosso sangue The Real Vampires Bite!
s’introdusse nell’aula.
«E tu chi cazzo sei?» chiese Simon.
«Billy» disse Betty con espressione
sorpresa.
Billy la guardò per un istante, poi
spostò la sua attenzione sui tre ragazzi. Girò quindi intorno ai banchi e
raggiunse Zec. «Non credere a quello che ti dicono. Sei più forte di loro.
Pensano che ferirti li rende superiori, ma si sbagliano. Quel dolore che senti,
in parte è colpa della loro indifferenza e della loro cattiveria, non lasciare
che ti logori, ma usalo.» Gli posò le mani sulle spalle. «Indossalo come
un’arma.»
Zec percepì come una molla invisibile
sbloccarsi dentro il suo corpo. Aveva aperto uno scomparto che non credeva
esistesse e poteva tirar fuori tutto il dolore per trasformarlo nella sua forza.
«Hai ragione» disse, mentre l’aria
crepitò intorno a lui. «Ora posso pareggiare i conti.»
Betty e Donovan lo guardarono allibiti e
anche Simon e Stefan rimasero a bocca aperta.
Gli occhi di Zec si tinsero
completamente di nero come la pece, piccole venature scure comparvero sulla
pelle, diramandosi nelle guance e nella fronte e i capelli castani divennero
scuri fino alle punte.
Anche se non poteva vedersi, Zec percepì
quel cambiamento. Sicuro di sé come non lo era mai stato, allungò il braccio
destro in avanti e piegando le dita come per graffiare l’aria, spinse i due
bulli contro il muro. Non contento allungò anche il braccio sinistro e
sollevandoli dal pavimento con violenza, li sbatté contro il soffitto, in modo
che i loro volti fossero rivolti verso il basso.
«Facci scendere» urlò Simon.
«Mettici giù» gridò Stefan.
Zec esibì un sorriso compiaciuto. «Mi
era parso di capire che volevate divertirvi un po’ con me. E io mi sto
divertendo.» Scostò il braccio verso sinistra e i due volarono contro le
finestre, infrangendo i vetri e rimanendo sospesi a mezz’aria. «Sapete cosa
sarebbe un vero spasso? Un bel volo dal secondo piano.»
Betty si avvicinò a Billy intento a
osservare la scena con loro. «Devi fermarlo. Sta esagerando.»
«Dici?» Billy sembrò incerto. «Quei tizi
se lo meritano. Ho percepito il loro male.»
«Ma ci andrà di mezzo Zec» disse
Donovan.
«Che vuoi dire?» chiese Billy.
«Non lo vedi? Ora sembra posseduto,
come… Dark Willow!»
«Donovan ha ragione. Non so come hai
liberato quel potere in Zec, ma se continua così ne verrà consumato. E non è
giusto. Lo conosco, non è cattivo.»
Billy parve convinto. Raggiunse Zec e
gli mise gentilmente una mano sulla spalla. «Può bastare.»
«Lo decido io» rispose Zec, voltandosi.
«Forse qualche osso rotto gli farà passare la voglia di prendersela con me, o
con altri, solo perché si considerano predatori e noi le loro deboli prede.»
«Forse. Ma i tuoi amici lì dietro mi
hanno fatto notare quanto sarebbe sbagliato e non ti renderebbe diverso da quei
due» rispose Billy. «Dimostra che sei migliore.»
Zec
guardò Betty e Donovan. Per una frazione di secondo si rivide riflesso
nei loro occhi e scorse un mostro e un prepotente. E non gli piacque. Alzò le
braccia e riportò nell’aula Simon e Stefan facendoli fluttuare, infine li
atterrò con poca grazia sul pavimento.
Betty si sporse in avanti imitata da
Donovan. Entrambi osservarono i due stesi a terra con gli occhi chiusi. Lei
disse: «Sono…»
«Svenuti» rispose Zec. Poi si rivolse a
Billy. «Non voglio perdere questo potere. Hai intenzione di togliermelo?»
«Non te l’ho dato io» rispose Billy. «È
frutto del tuo dolore, ti appartiene e potrai sempre usarlo, ma devi saperti
controllare.»
«E se non ci riuscissi?»
«Ti farai del male, ne farai ad altri e
io poi dovrò farne ancora a te.» Billy divenne serio. «In modo definitivo.»
Anche se una parte di lui continuava a
suggerirgli di metterlo alla prova, Zec non le diede ascolto. «Puoi aiutarmi a…
diciamo scaricarmi?»
Billy sorrise. «Bel termine, ma forse è
meglio che rimani ancora un po’ così.»
«Perché?» domandò Donovan preoccupato.
«Probabilmente dovrà aiutarci» disse
Billy. «In questo stesso momento sta succedendo qualcosa di simile in mensa.»
Continua…?
2 commenti:
Eccomi di ritorno^^
Questa storia mi mette sempre più curiosità,ogni cap è meglio del precedente e sono curiosa di sapere chi è veramente Billy e cosa si nasconde dietro tutta sta faccenda.Spero che il prossimo capitolo arrivi presto^^
Ciao Lady Red Moon e bentornata!
Grazie mille per i complimenti, mi fa piacere che la storia ti stia incuriosendo.
Per le risposte dovrai pazientare ancora un po ;)
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