lunedì 29 luglio 2019

Darklight Children - Capitolo 99


CAPITOLO 99
Tutto su padre e figlio



«È assurdo! Ti ha proprio rivelato di essere tuo padre… così come se niente fosse?» Yuri strinse infuriato il volante dell’auto, tanto che le nocche gli diventarono bianche,  alzando il tono della voce mano a mano che finiva la frase.
Sabrina sbuffò. Era la terza volta, da quando erano partiti da casa sua, che facevano quella conversazione. «Quante volte ancora dovrò dirtelo? Me lo ha comunicato telepaticamente ieri. E nello stesso modo mi ha chiesto di andare oggi al C.E.N.T.R.O. Lo stage è sospeso per tutta la settimana a causa dell’incidente, ma vuole vedermi.»
«Ok, ma non può essere vero. Voglio dire, tu non credi che sia vero?»
Sabrina si spostò una ciocca di capelli biondi dalla guancia. «Non so, forse è sincero. Mia madre si è comportata in modo strano quando abbiamo parlato del direttore Strom e lui è sempre stato misterioso quando gli ho parlato di lei.»
Yuri tacque per un tratto di strada. Lei lo osservò, stava rimuginando sulle sue parole per infine prendere in considerazione l’eventualità che l’uomo non stesse mentendo.
«Cosa farai se lui è tuo padre?»
«In che senso?» Sabrina lo guardò confusa.
«Insomma… come ti comporterai? Hai sempre detto che vi ha abbandonate appena ha scoperto che tua madre era incinta.»
«Ascolterò la sua versione» rispose calma. «E poi farò le mie domande.»
Arrivarono a destinazione, Yuri parcheggiò non molto distante dal cortile dell’istituto. Smontarono dal mezzo e si diressero sicuri al C.E.N.T.R.O. Varcarono le porte di vetro e, prima che la receptionist potesse bloccarli per la sua inquisitoria, Hans comparve e li accolse.
«Benvenuti. Andiamo nel mio ufficio.» Si voltò verso la giovane donna dietro il bancone e aggiunse: «Nessuno deve disturbarci.»
Lo seguirono senza fiatare, istintivamente Sabrina afferrò e strinse la mano del ragazzo, percorsero insieme il primo piano e Hans li fece entrare nel suo ufficio, indicando due comode sedie davanti alla sua scrivania.
Strom si sistemò sulla sua poltrona e incrociò le dita sotto al mento. «Il mio invito era solo per te Sabrina, mi dispiace che tu abbia sentito il bisogno di portare la scorta.»
«Yuri è il mio fidanzato» precisò. «Tra noi non ci sono segreti.»
«Un ottimo metodo per iniziare un rapporto»  si compiacque Hans. «Purtroppo non sempre dà frutti positivi.»
«Cosa intende dire?» domandò Yuri offeso.
L’uomo fece una smorfia vagamente simile a un sorriso. «Tranquillo, non mi riferivo a te nello specifico. Parlavo per esperienza personale. Ho sempre parlato apertamente agli altri e mi hanno sempre ripagato voltandomi le spalle.»
Sabrina percepì un nota di amarezza nella sua voce. «Si riferisce a mia madre?»
«Sì, Miranda ha sempre saputo tutto di me. Le raccontai dei miei poteri appena mi resi conto che tra di noi stava diventando una cosa seria. Ovviamente sulle prime era confusa, forse anche un po’spaventata, ma dopo capì che ero diverso, speciale, ma non ero una minaccia. Di certo non per lei e i miei sentimenti erano sinceri. Lo sono stati e lo saranno sempre.» Hans sospirò e fece una pausa di silenzio, quasi volesse rievocare quei ricordi e ciò gli provocasse fitte di dolore fisico.
«E poi? Cosa è successo dopo?» chiese Sabrina.
L’uomo tornò serio. «Tua madre rimase incinta e me lo rivelò. Io ero felice, non potevo desiderare nulla di più. Pensai che a quel punto potevo anche parlarle del C.E.N.T.R.O., di cosa rappresentava per me e di come rintracciare e addestrare mezzo demoni, la missione che l’Ordine non voleva più portare avanti, fosse essenziale: ciò che mi dava un posto in questo assurdo mondo di cui non mi ero mai sentito parte. Almeno prima di conoscere lei. Ma Miranda non capì. Disse che tutto questo era follia, non c’era altro modo per definirlo. E mi abbandonò.»
Sabrina deglutì a fatica. Stava provando ad assimilare la ricostruzione di un passato su cui aveva solo fantasticato e non era certo un compito facile.
«Forse non aveva tutti i torti» intervenne Yuri. «Aspettava un figlio da Lei, signor Strom e all’improvviso scopre che gestisce un centro di addestramento per creare un esercito di mezzo demoni. Non pensa le sia parso alquanto strano che per coincidenza ne avrebbe partorito uno anche lei!»
Hans posò pacatamente le mani sulla superficie liscia della scrivania, puntò i suoi occhi sul ragazzo e rispose: «Ti ho permesso di restare e ascoltare una conversazione privata, ma non ti azzardare a offendermi.»
«Quindi è falso?» domandò Sabrina. Si era riscossa di colpo, come da un sogno confuso. «Non avevi pianificato di mettermi al mondo come mezzo per i tuoi scopi?»
«No» disse Hans con voce ferma. «È stato uno stupendo imprevisto.»
«Però avete i nostri Registri, venendo dall’Ordine conoscevi la mia storia, il mio passato.»
«Sapevo chi erano stati i mezzo demoni della Guerra contro DiKann. Conoscevo i loro nomi in quella vita e avevo studiato le loro azioni» ammise lui. «In un certo senso posso anche dire che mi abbiano ispirato, ma non avevo idea dove e quando potessero rinascere. Non era possibile prevedere chi sarebbero stati nel presente, figuriamoci programmare da quale unione potessero nascere.»
Yuri incrocio le braccia sul petto, per niente intimorito dal breve confronto con il direttore. «Però ci avete comunque rintracciato. Non mi racconti che il dottor Kaspar De Santi è diventato il nostro consulente scolastico per caso.»
Hans rilassò le spalle e si appoggiò allo schienale. «Abbiamo sempre tenuto sotto controllo il Sigillo e quando i vostri amici gemelli sono rimasti coinvolti nel Rito per infrangere il passaggio al Primo Inferno, ho preso la decisione di tenere sotto osservazione anche loro. Il mio piano non cambia, sono fermamente convinto che la lotta ai demoni sia necessaria, ma come ogni battaglia va pianificata nei minimi dettagli. Non potevo correre il rischio che qualcun altro agisse avventatamente come il professor Oliver Barbieri. Seguendo Sara e Leonardo Martini, De Santi ha scoperto anche voi e i vostri poteri. Da lì ad apprendere tutte le altre verità, il passo è stato breve.
Sabrina lo osservò indecisa a cosa credere. Tutto sembrava razionale, forse anche troppo. Avrebbe voluto consultarsi in privato con Yuri per poter pianificare cosa altro chiedere e come farlo, ma non c’era tempo e nemmeno il modo.
«Il mio potere è la telepatia. Percepisco i pensieri, tra le altre cose, e per quanto cerchi di tenermi alla lontana dai vostri, dai tuoi in particolare Sabrina, sento che sei piena di dubbi» disse Hans gentilmente. «Coraggio, chiedimi quello che vuoi.»
Sabrina prese un respiro. «Perché non sei mai venuto a cercarmi? Mamma ti aveva rifiutato, ma non ti sei preoccupato di me?»
Per la prima volta da quando lo avevano visto all’ingresso del C.E.N.T.R.O. quel giorno, Hans distese le labbra in un sorriso. «Non c’è stato un momento in cui non ho provato l’impulso di scandagliare ogni mente della città, del pianeta se era necessario e ritrovarti. Miranda però mia aveva minacciato. Se mi fossi solo avvicinato a te e a lei, avrebbe reso pubblico tutto quello che mi riguardava: poteri, C.E.N.T.R.O., il Sigillo. Nel periodo in cui mi ero confidato, le avevo fornito tanti e dettagliati particolari.»
«E non le è passato per la testa l’idea di cancellarle i ricordi, vero?» domandò Yuri.
Sabrina gli strattonò il braccio più vicino. «Che cosa dici!»
«Non c’è problema, mia cara» la tranquillizzò Hans. «Il tuo ragazzo mi piace: apprezzo le persone che dicono chiaramente quello che pensano. Comunque no, non avrei mai violato la mente di Miranda in quel modo. Poteva pensare di me che ero un pazzo e un mostro, ma non le avrei mai dato motivo di avere ragione. Nonostante tutto ne ero ancora innamorato.»
«Sì, posso capire e crederti» fece Sabrina. «Però… perché mi hai cercato adesso? Sei venuto fino a casa mia. Non ti spaventano più quelle minacce?»
Yuri la guardò come se la sua fosse una domanda stupida. «Non ha più paura perché sa che sei come lui. Sa che tua madre non può colpirlo senza mettere in pericolo anche te.»
«Ha ragione» ammise Hans. «Ma solo in parte. Il fatto che sei una mezzo demone e non una qualunque, ci lega più di quanto si possa intuire. Questo progetto ti coinvolge da vicino e ti riguarda. Se ci sbarazziamo dei demoni, non dovrai mai temere che qualcuno cerchi vendetta per il tuo passato. Tu e tutti i tuoi amici sareste per sempre al sicuro.»
Sabrina individuò in quella dichiarazione il momento ideale per andare fino in fondo con le risposte che cercava. Senza timore, domandò: «Chiunque mi sta a cuore sarebbe al sicuro?»
«Nessuno escluso.»
«Nemmeno qualcuno che mi hai tenuto nascosto» ribatté. «Qualcuno che si trova nei sotterranei nella stanza Zero Zero Zero?»
Questa volta fu Hans a rimanere senza parole. Li scrutò cauto e rispose: «Non ho voluto portarvi via intenzionalmente vostro figlio.»
«Davvero? Sembrava il contrario!» disse Yuri, dalla sua voce emergeva più rabbia che sarcasmo. «Anche la bugia dell’aborto era per proteggerci?»
Hans annuì. «Il bambino che avete concepito è un demone puro nato sulla Terra. Un essere talmente raro che si sarebbe scatenato un massacro se qualcuno lo avesse trovato.»
«Noi non siamo qualcuno!» urlò Sabrina. «Siamo i suoi genitori.»
«Non sapevate come aiutarlo. Qui all’istituto ci sono le strutture adeguate a tenerlo in vita. La sua fisiologia è differente, se non fossi intervenuto appena lo hai partorito, sarebbe morto.»  
«Come sappiamo che non sta mentendo?» chiese Yuri.
«Non avrei ragione di raccontarvi solo mezze verità» replicò Hans. «Inoltre, anche se forse eri stordita dall’anestesia, dovresti ricordati che ero in quella sala operatoria con te. Non ti ho lasciato per un solo istante e appena ho visto mio nipote, ho capito che dovevo salvarlo. Era un demone, la razza che ho giurato di sterminare, ma lui aveva anche una scintilla della tua umanità, della tua innocenza.»
Sabrina si sforzò di tornare con la mente a quel giorno, un ricordo relegato in un angolo buio e sperduto della memoria. Riemerse l’immagine di un via vai di uomini e donne, con cuffie e mascherine sul volto, si occupavano di lei.  E poi c’era una figura ferma in piedi al suo fianco, che le stringeva la mano. I tratti somatici non li distingueva con precisione, ma le trasmetteva forza e tranquillità.
«Ti credo» ripeté, allontanando con le dita una lacrima che cercava di uscire dall’occhio sinistro.
«Voglio vederlo» affermò Yuri. «Ora che sappiamo per certo che è vivo, voglio mio figlio.»
«Non è ancora il momento» rispose Hans.
«Ci ha chiamati. Ogni volta che siamo in questo edificio o nelle vicinanze, lui ci chiama. Sentiamo la sua vocina nella nostra testa.»
Hans sembrò sorpreso. «È il suo potere e dimostra quanto sia già potente a soli pochi mesi di vita. Deve restare qui e ed essere aiutato a comprendere e gestire il suo dono. Ragiona come un bambino e ha già stabilito un legame psichico con voi. Se vi vedesse, non vorrebbe far altro che stare con voi. Il suo sviluppo corporeo e mentale devono procedere sotto osservazione.»
«È una decisione che spetta noi» insisté Yuri.
«No» lo contraddisse Sabrina. «Non possiamo dargli quello di cui ha bisogno e non voglio compromettere quello che mio padre ha fatto per lui.»
«Ma noi sia…»
«Non cambierò idea, Yuri. Il bambino resta qui. E nessuno oltre  a noi saprà della sua esistenza.» Sabrina si rivolse al padre. «Giuri di portarci da lui quando sarà pronto?»
Hans sorrise. «Lo giuro. Non terrei mai un figlio lontano da sua madre e suo padre. So cosa si prova.»

Alla fine Yuri si era trovato costretto a cedere. Non aveva fatto scenate, né posto obiezioni, ma a pochi passi dall’auto parcheggiata, la sua furia riemerse e si scagliò contro Sabrina.
«Non posso credere che tu l’abbia fatto davvero!» gridò. «Ti rendi conto che anche se quell’uomo afferma di essere tuo padre, resta uno sconosciuto. Come puoi fidarti di lui? Come puoi lasciargli nostro figlio così facilmente?»
«Era l’unico modo per poter prendere tempo» gli rispose calma. «Dovevo fargli credere di essere dalla sua parte. Da soli non avevamo alcuna speranza di portarglielo via.»
Yuri strabuzzò gli occhi e scosse la testa confuso. «Quindi… tu non vuoi veramente che resti al C.E.N.T.R.O.?»
«Mio padre ha ragione solo su una cosa. Chiunque sa dell’esistenza di questo bambino, cercherà di uccidere per averlo e non possiamo permetterlo. Sarà al sicuro solo con me e con te.»
«E come lo portiamo via? Vuoi dirlo agli altri?»
«No, non sono sicura di potermi fidare.» Lanciò uno sguardo al C.E.N.T.R.O. «C’è qualcuno che può aiutarci dall’interno e sono certa che lo farà senza troppi problemi.»

                                      

Continua…

lunedì 22 luglio 2019

Darklight Children - Capitolo 98


CAPITOLO 98
Segreti nel sotterraneo



Il gruppo di Patrick si era allontanato verso i dormitori ai piani sopra di loro e i ragazzi rimasti al quarto piano stavano decidendo dove andare.
«Seguitemi, mi è venuta un’idea» li sorprese Yuri, prendendo l’iniziativa. Poi lanciò uno sguardo furtivo alla fidanzata.
Sabrina annuì. «Sbrighiamoci, non sprechiamo tempo.»
I due scesero le scale verso i piani inferiori, Leonardo osservò Davide, lui scrollò le spalle e li seguirono senza ribattere.
Giunti al pian terreno, si nascosero dietro una parete. Yuri controllò che la receptionist non si accorgesse di loro e poi li guidò fin dentro all’ascensore.
«Dove ci stai portando?» domandò Leonardo sospettoso.
Yuri spinse il pulsante B2 (sotterraneo due), le porte automatiche si chiusero davanti a loro e iniziarono la discesa verso il luogo sotto l’edificio.
«Quando ho chiesto cosa fosse il piano tratteggiato sulla cartina, De Santi mi è parso nervoso e mi ha liquidato velocemente» gli spiegò. «Se nascondono qualcosa, è di sicuro in quel sotterraneo.»
Leonardo scosse la testa. «È troppo pericoloso. E se fosse sorvegliato?»
«Diremo che ci siamo persi» rispose Sabrina. «Faremo in fretta. Una sbirciatina veloce e poi raggiungiamo gli altri in sala relax.»
 Davide afferrò al spalla a Yuri.«D’accordo, ma da adesso comunicateci le vostre idee prima di metterle in atto.»
Osservandolo, Leonardo notò che li guardava con diffidenza, segno che poteva contare su di lui se avesse deciso di fare dietro-front.
L’ascensore si fermò. Le porte si spalancarono e si trovarono davanti a un lungo corridoio con le pareti in metallo.
Yuri avanzò affiancato da Sabrina; lui e Davide li distanziavano di qualche passo. Dopo pochi metri si trovarono davanti una doppia porta verde scuro con maniglie antipanico. I due fidanzati le piegarono senza indugio e continuarono il tragitto.
Si ritrovarono in un ambiente simile al piano che ospitava le classi in cui avevano preso lezione. Il nuovo corridoio era ugualmente lungo e le pareti ai loro lati avevano porte color argento con serrature elettroniche sula parte destra. Sopra ognuna era affissa un’etichetta metallica che riportava una sequenza numerica con lo zero come prima cifra. 
Yuri e Sabrina si guardarono intorno disorientati, sembrarono indecisi sul da farsi: era meglio provare ad aprire una porta – pur non sapendo quale – o era il caso di proseguire?
«Torniamo indietro» suggerì Leonardo. «Anche se sapessimo dove guardare, non possiamo entrare.»
«No» rispose Yuri. «Dobbiamo solo in…»
Il rumore di passi che avanzavano dal fondo poco illuminato della stanza davanti a loro, lo fece zittire. Nel silenzio, li udirono farsi sempre più vicini.
Si guardarono l’un l’altro nel panico. Non potevano nascondersi e indietreggiarono lentamente, temendo di venir sorpresi da qualcun altro alle spalle.
Un uomo alto con i capelli castani rasati e  un uniforme blu scuro comparì di fronte  a loro. «Che ci fate qui?» domandò serio con fare inquisitorio.
«Ecco… abbiamo sbagliato strada» improvvisò Sabrina.
L’uomo li squadrò poco convinto. Estrasse un walkie-talkie dalla fondina della cintura e disse: «Datemi i vostri nominativi. Devo fare rapporto al direttore.»
«Non è necessario» fece Yuri alzando le mani in segno di resa. «Ce ne stavamo andando.»
Il walkie-talkie gracchiò nella sua mano. «Vi accompagno io. Prima ditemi i vostri nomi» ribadì l’uomo, avanzando minaccioso.
Le porte verdi si spalancarono e una voce disse: «Non c’è problema. Me ne occupo io.»
«Oh! Va bene dottor De Santi» rispose l’uomo.
Leonardo e i compagni si voltarono di scatto allarmati, ma invece di Kaspar si trovarono davanti Jonathan ed Erica.
La ragazza mise l’indice davanti alle labbra in segno di fare silenzio, mentre il suo compagno continuò la sua illusione.
«Ci lasci soli e vada a controllare il piano superiore. Mi è parso di vedere qualcuno nascondersi in una delle sale mediche.»
«Signorsì.» L’uomo rinfoderò il walkie-talkie e superò il gruppo di corsa, oltrepassando le porte.
«Cosa significa?» domandò Davide.
«È un’offerta di pace» disse Erica sorridendo, avvicinandosi.
Jonathan si mise tra Yuri e Sabrina. «Vogliamo farci perdonare per il brutto tiro dell’altra volta. E dato che consociamo quasi ogni angolo del C.E.N.T.R.O., vogliamo aiutarvi a trovare qualsiasi cosa stiate cercando.»
«Non sappiamo neanche noi cosa cercare… di preciso» rispose Yuri.
Jonathan sorrise. «Allora, diciamo che se ci fosse nascosto qualcosa qui sotto, noi sappiamo in quale stanza guardare.»
Leonardo lo scrutò guardingo. Non credeva nel cambiamento di quei due, tanto meno che fossero arrivati con intenzioni benevole. Ma non poté esprimere le sue convinzioni.
«Va bene. Fateci strada» acconsentì Sabrina.
«Cosa? Ci fidiamo di loro adesso?» domandò allibito Davide. «Non dovremmo almeno metterlo ai voti?»
«Giusto. Dobbiamo prendere insieme le decisioni» disse Leonardo.
Yuri si girò a guardarli. «Jonathan ha usato il suo potere per aiutarci con la guardia. Possiamo considerarla una tregua.»
Jonathan si avviò nel corridoio, Erica lo raggiunse e Yuri e Sabrina si mossero subito dopo.
«Questa storia non mi piace» sussurrò Leonardo, incamminandosi. «Ci stanno portando dove vogliono loro.»
Davide fissò la nuca dei due amici. «Anche i fidanzatini ci nascondono qualcosa» rispose. «Hanno accettato troppo passivamente, anzi sembra quasi che volessero venire qui di proposito e poi gli servisse una guida esperta. C’è qualcosa che devo sapere?»
Lo guardò perplesso. «Di che parli? Ne so quanto te.»
«Sabrina non ti ha confidato niente?»
«Non abbiamo mai parlato del C.E.N.T.R.O.»
Attraversarono più di metà corridoio e osservando le porte che superavano a destra e a sinistra, Leonardo si accorse che i numeri progredivano in maniera decrescente. Si stavano allontanando troppo dall’ingresso, aumentando il rischio di venire di nuovo scoperti.
«Manca ancora molto?» domandò Yuri. Nella sua voce era individuabile una punta di dubbio.
Erica inclinò la testa indietro. «Se sapessimo con esattezza cosa stiamo andando a scoprire, sarebbe più facile risponderti.»
Sabrina si fermò. «Aspetta. Voi avete detto che….»
«Non darle ascolto» intervenne Jonathan. «A Erica piace stuzzicare le persone. Ecco, è proprio davanti a noi.»
Erano giunti nell’ultimo tratto del corridoio, i lati erano spogli, mentre una porta troneggiava davanti a loro con l’etichetta 000 affissa sullo stipite.
Leonardo si voltò verso i due amici. Sabrina e Yuri si guardarono negli occhi, poi sobbalzarono e lei corse verso la porta. La esaminò con attenzione e non trovò nessuna maniglia, né la serratura elettronica di cui erano provviste le altre. Aveva però un pannello quadrato e scuro sistemato in centro alla sua destra.
«Come si apre?» domandò agitata.
«Non ne ho idea» rispose Jonathan facendo spallucce.
Yuri si avvicinò alla fidanzata. «Dobbiamo trovare assolutamente un modo.»
«Perché?» chiese Davide. «Per quanto ne sappiamo dentro potrebbe esserci una trappola. O essere vuota.»
«No. C’è sicuramente qualcosa di importante» replicò l’altro concitato.
«Il vostro amico non è un Proiettore Psichico? Può entrare lui e aprirci dall’interno» propose Erica. «O almeno dirci cosa contiene quella stanza.»
Leonardo la guardò di sbieco. Non lo allettava il pensiero di catapultarsi astralmente in un ambiente sconosciuto. E potenzialmente pericoloso.
«No» rispose secco Davide. «Non lo manderemo lì alla cieca.»
«Fallo provare» insisté Sabrina. Lo guardò dritto negli occhi. «Per favore, se non sappiamo cosa c’è dentro, avremmo fatto tutta questa strada per niente.»
Leonardo scrutò i vari sguardi puntati su di lui. Non moriva dalla voglia di buttarsi nel vuoto senza sapere se ci fosse una rete a sorreggerlo, però sembrava che Yuri e Sabrina non si sarebbero mossi di lì finché non avessero varcato quella porta e ci voleva qualcosa che li obbligasse a tornare indietro e li convincesse ad abbandonare quella strana insistenza.
«Va bene.» Strinse il polso di Davide e gli sibilò: «Fidati di me.» Proseguì lasciandosi dietro gli altri ragazzi e si fermò davanti alla porta.
Chiuse gli occhi e liberò la proiezione astrale.
La sua figura evanescente dall’aspetto di uno spettro celeste si librò nell’aria, si gettò sulla porta chiusa e sbatté contro un ostacolo invisibile. Sgranò gli occhi, rimbalzò all’indietro e nell’esatto istante in cui rientrava nel suo corpo, udì il rombo di una sirena risuonare e le luci del sotterraneo passare dal bianco al rosso lampeggiante.
Davide corse ad aiutarlo a rialzarsi. «Stai bene?»
«Sì» rispose. «Qualcosa mi ha respinto.»
«A quanto pare è protetta da una barriera e il tuo tentativo ha innescato l’allarme» disse Jonathan. «Muoviamoci, tra poco tutto l’istituto sarà qui!»
«Non possiamo tornare indietro» ribatté Yuri. «Arriveranno da dove siamo entrati e finiremo con andargli incontro. Non c’è un’altra uscita?»
«No» rispose Erica. «Siamo in trappola.»

La prima porta alla tua sinistra.
La voce sconosciuta, ma familiare riecheggiò nella testa di Sabrina. Guardò i compagni. Si fissavano tra di loro spauriti, nessuno sembrava aver udito quel suggerimento. E con il frastuono dell’allarme che rimbombava nel corridoio immenso, concluse che era stata contattata telepaticamente.
Chi sei?
La prima porta a sinistra. La numero 002. Sbrigati! le ripeté la voce.
Sabrina non pose altre domande. Si girò e tornò sui loro passi cercando la stanza.
«Che stai facendo?» domandò Jonathan nel panico.
«So come uscire.»
«E come lo sai?» chiese Davide incredulo.
Sabrina notò la porta 002, si appoggiò e la serratura elettronica scattò. «Prima l’ho vista socchiusa. Andiamo.» Mentì e la spalancò, all’interno trovò un laboratorio attrezzato per esperimenti da film dell’orrore. C’era un lungo tavolo di metallo. Provette e grosse vasche di vetro trasparente. In fondo, sulla sinistra, una rampa di scale saliva verso il piano superiore. 
 Prendi le scale. Vi riporteranno al sicuro senza che nessuno vi scopra spiegò la voce.
 «Venite» continuò, facendo segno agli altri di seguirla. «Quelle scale sono l’unica via di uscita.»
Leonardo aggrottò la fronte. «Come sappiamo dove sbucheremo?»
«Vanno verso l’alto» indicò Yuri con una mano, mentre con l’altra chiudeva la porta dietro di loro. «Di sicuro ci porteranno fuori di qui.»
Erica e Jonathan corsero per primi verso le scale e loro li seguirono.
L’allarme risuonava in tutto l’edificio, i ragazzi si ritrovarono nelle cucine deserte del secondo piano. Erica e Jonathan li scortarono oltre la sala mensa fino alla sala relax.
Davide aprì la porta della stanza ed entrando, trovò i tre compagni ad attenderli.
«Per fortuna state bene» li accolse Patrick.
Leonardo entrò a sua volta. «C’è mancato un pelo che ci beccassero.»
Sabrina e Yuri sostarono davanti alla porta. Aprirono la bocca, ma Jonathan li precedette.
«Se vorrete ancora sapere cosa c’è dietro la 000, noi vi aiuteremo.» Senza dare il tempo di rispondere, corse verso le scale dove lo aspettava Erica, impaziente di sparire da lì. «Restiamo in contatto.»
Sabrina li seguì con gli occhi fino a vederli dileguarsi oltre il piano, poi si rifugiò con Yuri nella sala relax.
Ci vollero diversi minuti, in cui Patrick raccomandò loro di non dire una parola finché non fossero usciti dal C.EN.T.R.O. e poi all’improvviso, Kaspar spalancò l’ingresso della stanza.
«C’è stato un inconveniente» spiegò, mentre il suono fastidioso dell’allarme si attutiva fino a svanire. «Perciò devo accompagnarvi all’uscita e congedarvi in anticipo.»
«Nessun problema» disse Patrick. «Spero non sia grave.»
«Per il momento sembra un falso allarme» rispose l’altro, invitandoli a seguirlo al pianterreno e squadrandoli con un’aria sospetta quando sfilarono sotto i suoi occhi. «Comunque faremo degli accertamenti. Vi farò sapere quando potrete riprendere lo stage.»
Attraversarono il cortile e una volta fuori, Sara domandò: «Avete fatto scattare voi l’allarme?»
Davide annuì. «Eravamo nei sotterranei e volevamo indagare su una strana stanza.»
«Sarà meglio che la prossima volta evitiamo di andare in giro per il C.E.N.T.R.O.» li ammonì Patrick. «Non voglio alimentare sospetti. Tornate a casa, penserò io ad aggiornare Angelo Moser.»
Si divisero, ognuno diretto per la propria strada, e mentre raggiungevano l’auto di Yuri, Sabrina udì la voce risuonare nella sua testa.
Cosa cercavi nel sotterraneo?
Direttore Strom, l’ho riconosciuta. Perché ci ha aiutato?
Rispondi prima tu.
No! Sabrina montò in auto, senza far trapelare la sua conversazione segreta. Voglio sapere chi è e cosa vuole da me. Perché continua a cercarmi?
Piccola mia, non sai per quanto ti ho cercata rispose Hans. Capisco che sei abituata a doverti difendere, ma non è necessario. Non sono un nemico, sono tuo padre. 


                                                 Continua…

venerdì 5 luglio 2019

Darklight Children - Capitolo 97


CAPITOLO 97
Frammenti mancanti



Patrick venne strappato dal luogo in cui si trovava. I suoi sensi – sopraffatti dal potere delle visioni – lo confondevano, facendogli perdere l’orientamento: galleggiava in un flusso di visi e situazioni che gli sfrecciavano accanto. 
Le immagini lo travolsero, le emozioni di Samuele erano talmente forti da non dargli il tempo di controllare tutto quello che stava entrando nella sua mente.
Ricorrendo alla sua forza di volontà e all’esperienza ormai sviluppata nell’imbrigliare il suo dono, Patrick fermò una delle visioni, come se potesse premere il pulsante PAUSA all’interno del suo cervello.
La percezione del dove e del quando prese una forma più concreta e si ritrovò in un luogo familiare.

Sistemò una coperta sopra al piumone del letto in cui era steso Samuele. «Sei comodo?» domandò Patrick.
«Sì» rispose Samuele.
Sorrise e si rialzò dal letto. La camera del ragazzino era immersa nella penombra, la piccola lampada sul comodino gli illuminava il volto e gettava ombre simili a strani animali sul resto dell’arredamento.
Samuele sembrava essersi adattato bene alla sua nuova abitazione. Solamente il giorno prima lo aveva salvato dall’incendio scatenato dall’elettrocinesi, il potere incontrollato emerso nelle ultime settimane e che si era rivelato negli ultimi tempi un grosso peso da sostenere.
Patrick gli accarezzò i capelli castani. «Buonanotte.» Si voltò e camminò verso la porta della stanza. 
«Signor Molina» lo richiamò Samuele, mentre stava per uscire. «Verrà a salutarmi anche domani sera?»
«Certamente» gli rispose, chiudendo la porta della camera. Attraversando il corridoio del dormitorio, pensò a come riuscisse a spiazzarlo. Da quando era stato incaricato dal dottor De Santi di affiancarlo nel seguire il suo piccolo paziente, Samuele aveva avuto un comportamento uguale a quello dei suoi coetanei, poi però si era dimostrato maturo nel prendere la decisione di seguirli in quell’istituto dove avrebbero potuto istruirlo a dovere su come controllare il suo dono. Eppure, quando faceva buio, tornava un bambino bisognoso che qualcuno lo rassicurasse.
Arrivato alle scale, quasi si scontrò con il dottor De Santi.
«Hai di nuovo rimboccato le coperte a Samuele?» domandò l’uomo.
Patrick annuì. «So che non dovremmo avere delle preferenze, né riservare un trattamento di favore a un ragazzo piuttosto che a un altro, ma non sono riuscito a  dirgli di no.»
Kaspar sorrise benevolo. «Non è un problema. Samuele è appena arrivato, aiutarlo ad ambientarsi è uno dei nostri compiti. Tu lo hai convinto a seguirci, è normale che sia più a suo agio con te intorno.»
«Sì, anche se pensavo che,magari, solo per i primi tempi, potremmo far venire i suoi genitori.»
«Non credo sia possibile.»
Patrick non si arrese. «Se è per via di qualche regolamento interno, potrei accompagnare io Samuele fuori, per breve tempo.»
«Non è per questo» rispose Kaspar. «Samuele non era l’unico a dover essere convinto. Anche i suoi genitori dovevano capire che non c’era altra soluzione. E  a loro ha pensato il direttore.»
A Patrick non piacque la piega che stava prendendo la discussione. «Cosa intende dire?»
Kaspar sorrise di nuovo, in maniera più sinistra. «Non sei qui da molto e non hai ancora conosciuto il direttore Strom. Quando lo farai, imparerai che se ha un obbiettivo, nessuno può ostacolarlo.» Si voltò per andarsene.
«Aspetti» lo fermò. «Ha obbligato i genitori a separarsi dal figlio, come può fare qualcosa di così orribile senza conseguenze?»
«Mio caro Patrick, quello che non conosci non può ferirti» gli disse, senza voltarsi. «E ora i genitori di Samuele non sanno neanche che lui esiste.»
Patrick lo osservò andare via. Il significato delle sue parole era fin troppo chiaro. Avevano annullato i ricordi, così Samuele non aveva altra scelta che restare al C.E.N.T.R.O.

Patrick ebbe come l’impressione di cominciare finalmente a capire un film di cui a aveva visto solo pochi spezzoni. La trama aveva senso e anche se gli mancavano molti fotogrammi, riusciva a seguire il filo della storia. Quando aveva intuito in cosa era stato coinvolto e soprattutto in cosa aveva coinvolto Samuele, era già troppo tardi. Nella sua mente scattò una nuova molla, si ritrovò immerso in un altro ricordo, come se lo avesse richiamato da un archivio, questa volta però della sua stessa memoria.

Il direttore Strom aveva accolto la sua domanda di un colloquio, ma non aveva rispettato i patti.
«Le avevo richiesto che fosse una conversazione privata» disse Patrick, scrutando i volti della donna e dell’uomo in piedi ai lati sinistro e destro, dietro alla poltrona su cui era seduto Hans Strom.
«Il dottor De Santi e la professoressa Cluster sono i miei più fidati collaboratori. Di qualsiasi questione tu voglia parlare, dovrai farlo davanti a loro.»
Sapeva che era uno dei suoi infiniti modi per intimorire le persone, ma Patrick aveva ancora davanti agli occhi il volto speranzoso di Samuele, e quella era l’unica forza di cui avesse bisogno. «Dopo un’attenta analisi della situazione di Samuele, credo sia controproducente per lui rimanere ancora in questa struttura.»
Hans lo guardò con attenzione. «E quale sarebbe la tua proposta?»
«Farlo uscire di qui, ovviamente» rispose. «Ormai riesce a controllare al novanta per cento l’elettrocinesi, ma la desolazione crescente per la mancanza dei suoi genitori, alla lunga può distruggere i risultati ottenuti.»
Kaspar si piegò e sibilò qualcosa all’orecchio destro del direttore. L’uomo annuì un paio di volte e poi disse: «A quanto so, sei al corrente che i genitori di Samuele ignorano la sua esistenza.»
Patrick lanciò un’occhiata di sbieco all’altro uomo. «Sì, ne sono al corrente. Per questo sono da lei. Oltre al permesso per l’uscita di Samuele, le richiederei di sistemare quella questione.»
«Vedi, Patrick, lasciare uno di questi ragazzi libero fuori dal C.E.N.T.R.O. è una grande responsabilità» spiegò pacato Hans. «Altri più grandi di età e con più anni di addestramento non hanno ancora il pieno controllo dei loro doni e lasciare qualcuno giovane come Samuele al mondo esterno, che come da tua stessa ammissione non è del tutto capace di gestire il dono, rappresenterebbe un pericolo per lui quanto per gli altri.»
«Continuerei a seguirlo» disse Patrick. «Posso prendermi l’impegno di andare a casa sua e proseguire con l’addestramento.»
Questa volta fu Clara Cluster ad abbassarsi e sussurrare all’orecchio destro di Strom. La conversazione segreta fu più lunga e Hans non mutò espressione, rendendogli impossibile intuire se fosse a favore del rilascio di Samuele o meno.
«Potrei prendere in considerazione la tua proposta» disse poi il direttore, quando la donna si fu allontanata. «Se tu valuterai la mia. Assumersi la responsabilità di un mezzo demone può essere un compito gravoso e avrai bisogno di capacità che ora non possiedi. Ti propongo di acquisirle e io accetterò di lasciar proseguire l’istruzione di Samuele con i suoi genitori.»
«Devo fare un corso di aggiornamento, o qualcosa di simile?» domandò.
Hans rise. «No. Si tratta di un rito, è ancora in forma sperimentale, ma se ti sottoporrai come primo volontario e avrà successo, fornirai un servizio al C.E.N.T.R.O. e anche all’intera umanità.»
«Un rito per che cosa?»
«Per trasmetterti i poteri di un mezzo demone» rivelò Hans. «Attualmente è tutto solo teorico, ma svolgendo ricerche abbiamo scoperto che potrebbe essere possibile trasferire il dono di un mezzo demone a qualcuno che discende da almeno un genitore mezzo demone. Qualcuno come te.»
«Come sapete queste cose?» Patrick lo guardò stupito e incredulo. «È la prima volta che sento parlare di una storia del genere.»
«Abbiamo svolto le nostre ricerche. Il dottor De Santi non ti ha scelto come suo assistente solo per le tue qualità accademiche.» Il direttore Strom abbandonò la sua poltrona e girando intorno alla scrivania, gli si fermò davanti, porgendogli la mano. «Se accetti di sottoporti al rito e farci constatare che ha avuto successo, potrai riportare Samuele a casa. Accetti?»
Patrick scrutò sia lui che le due persone alle sue spalle. Già da tempo la sua idea sul C.E.N.T.R.O. e su Kaspar era cambiata. Si era immaginato il peggio, ma la realtà lo superava di molto. Quei tizi volevano giocare al Dottor Frankenstein con lui e non ne era affatto entusiasta, se poi avessero fatto lo stesso con dei ragazzini innocenti come Samuele? C’era la possibilità di salvarne almeno uno e l’avrebbe colta al volo.
Patrick afferrò la mano di Hans e la strinse. «Si, abbiamo un accordo.»

 Per Patrick fu come venir risucchiato all’interno del suo corpo da quel preciso istante nel passato. Sbatté le palpebre e riconoscendo il corridoio del dormitorio, allentò la presa sulla mano di Samuele.
«È tutto ok?» domandò il ragazzino ritirandola.
«Sì, sto bene» rispose. «Credo di aver scoperto abbastanza.»
Samuele lo guardò incuriosito. «Cosa è successo? Perché mi hai las...»
Un frastuono invase l’intero edificio, risuonando violentemente e ripetutamente come l’antifurto di un appartamento.
«Che diavolo succede?» urlò Naoko.
Marcus infilò velocemente il braccio destro sotto quello di Samuele. «È l’allarme delle zone a cui è vietato l’accesso, scatta quando qualcuno entra senza permesso. Dovete andarvene subito.»
«E se fosse il gruppo di Leonardo?» domandò Sara nel panico.
«Auguratevi siano veloci a scappare» rispose Marcus.
Patrick spinse Sara verso le scale e si girò a richiamare l’altra ragazza. «Sbrighiamoci, dobbiamo raggiungere la sala relax prima che si accorgano della nostra assenza.»
Naoko si voltò a guardare un’ultima volta Marcus. «Grazie per esserti fidato.»
Marcus le si avvicinò e le mise un biglietto nella mano sinistra. «È il numero del mio un cellulare segreto. Se dovessi avere dei problemi, chiamami.» Poi corse verso la sua camera e si rifugiò all’interno.
Patrick spinse le due ragazze verso le scale. Scendendo rapidamente i gradini a sua volta, pensò che se i loro amici erano i responsabili del frastuono, questa volta non se la sarebbero cavata facilmente.

                                                  
Continua…