venerdì 5 luglio 2019

Darklight Children - Capitolo 97


CAPITOLO 97
Frammenti mancanti



Patrick venne strappato dal luogo in cui si trovava. I suoi sensi – sopraffatti dal potere delle visioni – lo confondevano, facendogli perdere l’orientamento: galleggiava in un flusso di visi e situazioni che gli sfrecciavano accanto. 
Le immagini lo travolsero, le emozioni di Samuele erano talmente forti da non dargli il tempo di controllare tutto quello che stava entrando nella sua mente.
Ricorrendo alla sua forza di volontà e all’esperienza ormai sviluppata nell’imbrigliare il suo dono, Patrick fermò una delle visioni, come se potesse premere il pulsante PAUSA all’interno del suo cervello.
La percezione del dove e del quando prese una forma più concreta e si ritrovò in un luogo familiare.

Sistemò una coperta sopra al piumone del letto in cui era steso Samuele. «Sei comodo?» domandò Patrick.
«Sì» rispose Samuele.
Sorrise e si rialzò dal letto. La camera del ragazzino era immersa nella penombra, la piccola lampada sul comodino gli illuminava il volto e gettava ombre simili a strani animali sul resto dell’arredamento.
Samuele sembrava essersi adattato bene alla sua nuova abitazione. Solamente il giorno prima lo aveva salvato dall’incendio scatenato dall’elettrocinesi, il potere incontrollato emerso nelle ultime settimane e che si era rivelato negli ultimi tempi un grosso peso da sostenere.
Patrick gli accarezzò i capelli castani. «Buonanotte.» Si voltò e camminò verso la porta della stanza. 
«Signor Molina» lo richiamò Samuele, mentre stava per uscire. «Verrà a salutarmi anche domani sera?»
«Certamente» gli rispose, chiudendo la porta della camera. Attraversando il corridoio del dormitorio, pensò a come riuscisse a spiazzarlo. Da quando era stato incaricato dal dottor De Santi di affiancarlo nel seguire il suo piccolo paziente, Samuele aveva avuto un comportamento uguale a quello dei suoi coetanei, poi però si era dimostrato maturo nel prendere la decisione di seguirli in quell’istituto dove avrebbero potuto istruirlo a dovere su come controllare il suo dono. Eppure, quando faceva buio, tornava un bambino bisognoso che qualcuno lo rassicurasse.
Arrivato alle scale, quasi si scontrò con il dottor De Santi.
«Hai di nuovo rimboccato le coperte a Samuele?» domandò l’uomo.
Patrick annuì. «So che non dovremmo avere delle preferenze, né riservare un trattamento di favore a un ragazzo piuttosto che a un altro, ma non sono riuscito a  dirgli di no.»
Kaspar sorrise benevolo. «Non è un problema. Samuele è appena arrivato, aiutarlo ad ambientarsi è uno dei nostri compiti. Tu lo hai convinto a seguirci, è normale che sia più a suo agio con te intorno.»
«Sì, anche se pensavo che,magari, solo per i primi tempi, potremmo far venire i suoi genitori.»
«Non credo sia possibile.»
Patrick non si arrese. «Se è per via di qualche regolamento interno, potrei accompagnare io Samuele fuori, per breve tempo.»
«Non è per questo» rispose Kaspar. «Samuele non era l’unico a dover essere convinto. Anche i suoi genitori dovevano capire che non c’era altra soluzione. E  a loro ha pensato il direttore.»
A Patrick non piacque la piega che stava prendendo la discussione. «Cosa intende dire?»
Kaspar sorrise di nuovo, in maniera più sinistra. «Non sei qui da molto e non hai ancora conosciuto il direttore Strom. Quando lo farai, imparerai che se ha un obbiettivo, nessuno può ostacolarlo.» Si voltò per andarsene.
«Aspetti» lo fermò. «Ha obbligato i genitori a separarsi dal figlio, come può fare qualcosa di così orribile senza conseguenze?»
«Mio caro Patrick, quello che non conosci non può ferirti» gli disse, senza voltarsi. «E ora i genitori di Samuele non sanno neanche che lui esiste.»
Patrick lo osservò andare via. Il significato delle sue parole era fin troppo chiaro. Avevano annullato i ricordi, così Samuele non aveva altra scelta che restare al C.E.N.T.R.O.

Patrick ebbe come l’impressione di cominciare finalmente a capire un film di cui a aveva visto solo pochi spezzoni. La trama aveva senso e anche se gli mancavano molti fotogrammi, riusciva a seguire il filo della storia. Quando aveva intuito in cosa era stato coinvolto e soprattutto in cosa aveva coinvolto Samuele, era già troppo tardi. Nella sua mente scattò una nuova molla, si ritrovò immerso in un altro ricordo, come se lo avesse richiamato da un archivio, questa volta però della sua stessa memoria.

Il direttore Strom aveva accolto la sua domanda di un colloquio, ma non aveva rispettato i patti.
«Le avevo richiesto che fosse una conversazione privata» disse Patrick, scrutando i volti della donna e dell’uomo in piedi ai lati sinistro e destro, dietro alla poltrona su cui era seduto Hans Strom.
«Il dottor De Santi e la professoressa Cluster sono i miei più fidati collaboratori. Di qualsiasi questione tu voglia parlare, dovrai farlo davanti a loro.»
Sapeva che era uno dei suoi infiniti modi per intimorire le persone, ma Patrick aveva ancora davanti agli occhi il volto speranzoso di Samuele, e quella era l’unica forza di cui avesse bisogno. «Dopo un’attenta analisi della situazione di Samuele, credo sia controproducente per lui rimanere ancora in questa struttura.»
Hans lo guardò con attenzione. «E quale sarebbe la tua proposta?»
«Farlo uscire di qui, ovviamente» rispose. «Ormai riesce a controllare al novanta per cento l’elettrocinesi, ma la desolazione crescente per la mancanza dei suoi genitori, alla lunga può distruggere i risultati ottenuti.»
Kaspar si piegò e sibilò qualcosa all’orecchio destro del direttore. L’uomo annuì un paio di volte e poi disse: «A quanto so, sei al corrente che i genitori di Samuele ignorano la sua esistenza.»
Patrick lanciò un’occhiata di sbieco all’altro uomo. «Sì, ne sono al corrente. Per questo sono da lei. Oltre al permesso per l’uscita di Samuele, le richiederei di sistemare quella questione.»
«Vedi, Patrick, lasciare uno di questi ragazzi libero fuori dal C.E.N.T.R.O. è una grande responsabilità» spiegò pacato Hans. «Altri più grandi di età e con più anni di addestramento non hanno ancora il pieno controllo dei loro doni e lasciare qualcuno giovane come Samuele al mondo esterno, che come da tua stessa ammissione non è del tutto capace di gestire il dono, rappresenterebbe un pericolo per lui quanto per gli altri.»
«Continuerei a seguirlo» disse Patrick. «Posso prendermi l’impegno di andare a casa sua e proseguire con l’addestramento.»
Questa volta fu Clara Cluster ad abbassarsi e sussurrare all’orecchio destro di Strom. La conversazione segreta fu più lunga e Hans non mutò espressione, rendendogli impossibile intuire se fosse a favore del rilascio di Samuele o meno.
«Potrei prendere in considerazione la tua proposta» disse poi il direttore, quando la donna si fu allontanata. «Se tu valuterai la mia. Assumersi la responsabilità di un mezzo demone può essere un compito gravoso e avrai bisogno di capacità che ora non possiedi. Ti propongo di acquisirle e io accetterò di lasciar proseguire l’istruzione di Samuele con i suoi genitori.»
«Devo fare un corso di aggiornamento, o qualcosa di simile?» domandò.
Hans rise. «No. Si tratta di un rito, è ancora in forma sperimentale, ma se ti sottoporrai come primo volontario e avrà successo, fornirai un servizio al C.E.N.T.R.O. e anche all’intera umanità.»
«Un rito per che cosa?»
«Per trasmetterti i poteri di un mezzo demone» rivelò Hans. «Attualmente è tutto solo teorico, ma svolgendo ricerche abbiamo scoperto che potrebbe essere possibile trasferire il dono di un mezzo demone a qualcuno che discende da almeno un genitore mezzo demone. Qualcuno come te.»
«Come sapete queste cose?» Patrick lo guardò stupito e incredulo. «È la prima volta che sento parlare di una storia del genere.»
«Abbiamo svolto le nostre ricerche. Il dottor De Santi non ti ha scelto come suo assistente solo per le tue qualità accademiche.» Il direttore Strom abbandonò la sua poltrona e girando intorno alla scrivania, gli si fermò davanti, porgendogli la mano. «Se accetti di sottoporti al rito e farci constatare che ha avuto successo, potrai riportare Samuele a casa. Accetti?»
Patrick scrutò sia lui che le due persone alle sue spalle. Già da tempo la sua idea sul C.E.N.T.R.O. e su Kaspar era cambiata. Si era immaginato il peggio, ma la realtà lo superava di molto. Quei tizi volevano giocare al Dottor Frankenstein con lui e non ne era affatto entusiasta, se poi avessero fatto lo stesso con dei ragazzini innocenti come Samuele? C’era la possibilità di salvarne almeno uno e l’avrebbe colta al volo.
Patrick afferrò la mano di Hans e la strinse. «Si, abbiamo un accordo.»

 Per Patrick fu come venir risucchiato all’interno del suo corpo da quel preciso istante nel passato. Sbatté le palpebre e riconoscendo il corridoio del dormitorio, allentò la presa sulla mano di Samuele.
«È tutto ok?» domandò il ragazzino ritirandola.
«Sì, sto bene» rispose. «Credo di aver scoperto abbastanza.»
Samuele lo guardò incuriosito. «Cosa è successo? Perché mi hai las...»
Un frastuono invase l’intero edificio, risuonando violentemente e ripetutamente come l’antifurto di un appartamento.
«Che diavolo succede?» urlò Naoko.
Marcus infilò velocemente il braccio destro sotto quello di Samuele. «È l’allarme delle zone a cui è vietato l’accesso, scatta quando qualcuno entra senza permesso. Dovete andarvene subito.»
«E se fosse il gruppo di Leonardo?» domandò Sara nel panico.
«Auguratevi siano veloci a scappare» rispose Marcus.
Patrick spinse Sara verso le scale e si girò a richiamare l’altra ragazza. «Sbrighiamoci, dobbiamo raggiungere la sala relax prima che si accorgano della nostra assenza.»
Naoko si voltò a guardare un’ultima volta Marcus. «Grazie per esserti fidato.»
Marcus le si avvicinò e le mise un biglietto nella mano sinistra. «È il numero del mio un cellulare segreto. Se dovessi avere dei problemi, chiamami.» Poi corse verso la sua camera e si rifugiò all’interno.
Patrick spinse le due ragazze verso le scale. Scendendo rapidamente i gradini a sua volta, pensò che se i loro amici erano i responsabili del frastuono, questa volta non se la sarebbero cavata facilmente.

                                                  
Continua…

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