CAPITOLO 97
Frammenti mancanti
Patrick venne strappato dal luogo in cui
si trovava. I suoi sensi – sopraffatti dal potere delle visioni – lo
confondevano, facendogli perdere l’orientamento: galleggiava in un flusso di
visi e situazioni che gli sfrecciavano accanto.
Le immagini lo travolsero, le emozioni
di Samuele erano talmente forti da non dargli il tempo di controllare tutto
quello che stava entrando nella sua mente.
Ricorrendo alla sua forza di volontà e
all’esperienza ormai sviluppata nell’imbrigliare il suo dono, Patrick fermò una
delle visioni, come se potesse premere il pulsante PAUSA
all’interno del suo cervello.
La percezione del dove e del quando
prese una forma più concreta e si ritrovò in un luogo familiare.
Sistemò
una coperta sopra al piumone del letto in cui era steso Samuele. «Sei comodo?»
domandò Patrick.
«Sì»
rispose Samuele.
Sorrise
e si rialzò dal letto. La camera del ragazzino era immersa nella penombra, la
piccola lampada sul comodino gli illuminava il volto e gettava ombre simili a
strani animali sul resto dell’arredamento.
Samuele
sembrava essersi adattato bene alla sua nuova abitazione. Solamente il giorno
prima lo aveva salvato dall’incendio scatenato dall’elettrocinesi, il potere
incontrollato emerso nelle ultime settimane e che si era rivelato negli ultimi
tempi un grosso peso da sostenere.
Patrick
gli accarezzò i capelli castani. «Buonanotte.» Si voltò e camminò verso la
porta della stanza.
«Signor
Molina» lo richiamò Samuele, mentre stava per uscire. «Verrà a salutarmi anche
domani sera?»
«Certamente»
gli rispose, chiudendo la porta della camera. Attraversando il corridoio del
dormitorio, pensò a come riuscisse a spiazzarlo. Da quando era stato incaricato
dal dottor De Santi di affiancarlo nel seguire il suo piccolo paziente, Samuele
aveva avuto un comportamento uguale a quello dei suoi coetanei, poi però si era
dimostrato maturo nel prendere la decisione di seguirli in quell’istituto dove
avrebbero potuto istruirlo a dovere su come controllare il suo dono. Eppure,
quando faceva buio, tornava un bambino bisognoso che qualcuno lo rassicurasse.
Arrivato
alle scale, quasi si scontrò con il dottor De Santi.
«Hai
di nuovo rimboccato le coperte a Samuele?» domandò l’uomo.
Patrick
annuì. «So che non dovremmo avere delle preferenze, né riservare un trattamento
di favore a un ragazzo piuttosto che a un altro, ma non sono riuscito a dirgli di no.»
Kaspar
sorrise benevolo. «Non è un problema. Samuele è appena arrivato, aiutarlo ad
ambientarsi è uno dei nostri compiti. Tu lo hai convinto a seguirci, è normale
che sia più a suo agio con te intorno.»
«Sì,
anche se pensavo che,magari, solo per i primi tempi, potremmo far venire i suoi
genitori.»
«Non
credo sia possibile.»
Patrick
non si arrese. «Se è per via di qualche regolamento interno, potrei
accompagnare io Samuele fuori, per breve tempo.»
«Non
è per questo» rispose Kaspar. «Samuele non era l’unico a dover essere convinto.
Anche i suoi genitori dovevano capire che non c’era altra soluzione. E a loro ha pensato il direttore.»
A
Patrick non piacque la piega che stava prendendo la discussione. «Cosa intende
dire?»
Kaspar
sorrise di nuovo, in maniera più sinistra. «Non sei qui da molto e non hai
ancora conosciuto il direttore Strom. Quando lo farai, imparerai che se ha un
obbiettivo, nessuno può ostacolarlo.» Si voltò per andarsene.
«Aspetti»
lo fermò. «Ha obbligato i genitori a separarsi dal figlio, come può fare
qualcosa di così orribile senza conseguenze?»
«Mio
caro Patrick, quello che non conosci non può ferirti» gli disse, senza
voltarsi. «E ora i genitori di Samuele non sanno neanche che lui esiste.»
Patrick
lo osservò andare via. Il significato delle sue parole era fin troppo chiaro.
Avevano annullato i ricordi, così Samuele non aveva altra scelta che restare al
C.E.N.T.R.O.
Patrick ebbe come l’impressione di
cominciare finalmente a capire un film di cui a aveva visto solo pochi
spezzoni. La trama aveva senso e anche se gli mancavano molti fotogrammi,
riusciva a seguire il filo della storia. Quando aveva intuito in cosa era stato
coinvolto e soprattutto in cosa aveva coinvolto Samuele, era già troppo tardi.
Nella sua mente scattò una nuova molla, si ritrovò immerso in un altro ricordo,
come se lo avesse richiamato da un archivio, questa volta però della sua stessa
memoria.
Il
direttore Strom aveva accolto la sua domanda di un colloquio, ma non aveva
rispettato i patti.
«Le
avevo richiesto che fosse una conversazione privata» disse Patrick, scrutando i
volti della donna e dell’uomo in piedi ai lati sinistro e destro, dietro alla
poltrona su cui era seduto Hans Strom.
«Il
dottor De Santi e la professoressa Cluster sono i miei più fidati
collaboratori. Di qualsiasi questione tu voglia parlare, dovrai farlo davanti a
loro.»
Sapeva
che era uno dei suoi infiniti modi per intimorire le persone, ma Patrick aveva
ancora davanti agli occhi il volto speranzoso di Samuele, e quella era l’unica
forza di cui avesse bisogno. «Dopo un’attenta analisi della situazione di
Samuele, credo sia controproducente per lui rimanere ancora in questa
struttura.»
Hans
lo guardò con attenzione. «E quale sarebbe la tua proposta?»
«Farlo
uscire di qui, ovviamente» rispose. «Ormai riesce a controllare al novanta per
cento l’elettrocinesi, ma la desolazione crescente per la mancanza dei suoi
genitori, alla lunga può distruggere i risultati ottenuti.»
Kaspar
si piegò e sibilò qualcosa all’orecchio destro del direttore. L’uomo annuì un
paio di volte e poi disse: «A quanto so, sei al corrente che i genitori di
Samuele ignorano la sua esistenza.»
Patrick
lanciò un’occhiata di sbieco all’altro uomo. «Sì, ne sono al corrente. Per
questo sono da lei. Oltre al permesso per l’uscita di Samuele, le richiederei
di sistemare quella questione.»
«Vedi,
Patrick, lasciare uno di questi ragazzi libero fuori dal C.E.N.T.R.O. è una
grande responsabilità» spiegò pacato Hans. «Altri più grandi di età e con più
anni di addestramento non hanno ancora il pieno controllo dei loro doni e
lasciare qualcuno giovane come Samuele al mondo esterno, che come da tua stessa
ammissione non è del tutto capace di gestire il dono, rappresenterebbe un
pericolo per lui quanto per gli altri.»
«Continuerei
a seguirlo» disse Patrick. «Posso prendermi l’impegno di andare a casa sua e
proseguire con l’addestramento.»
Questa
volta fu Clara Cluster ad abbassarsi e sussurrare all’orecchio destro di Strom.
La conversazione segreta fu più lunga e Hans non mutò espressione, rendendogli
impossibile intuire se fosse a favore del rilascio di Samuele o meno.
«Potrei
prendere in considerazione la tua proposta» disse poi il direttore, quando la
donna si fu allontanata. «Se tu valuterai la mia. Assumersi la responsabilità
di un mezzo demone può essere un compito gravoso e avrai bisogno di capacità
che ora non possiedi. Ti propongo di acquisirle e io accetterò di lasciar
proseguire l’istruzione di Samuele con i suoi genitori.»
«Devo
fare un corso di aggiornamento, o qualcosa di simile?» domandò.
Hans
rise. «No. Si tratta di un rito, è ancora in forma sperimentale, ma se ti
sottoporrai come primo volontario e avrà successo, fornirai un servizio al
C.E.N.T.R.O. e anche all’intera umanità.»
«Un
rito per che cosa?»
«Per
trasmetterti i poteri di un mezzo demone» rivelò Hans. «Attualmente è tutto
solo teorico, ma svolgendo ricerche abbiamo scoperto che potrebbe essere
possibile trasferire il dono di un mezzo demone a qualcuno che discende da
almeno un genitore mezzo demone. Qualcuno come te.»
«Come
sapete queste cose?» Patrick lo guardò stupito e incredulo. «È la prima volta
che sento parlare di una storia del genere.»
«Abbiamo
svolto le nostre ricerche. Il dottor De Santi non ti ha scelto come suo
assistente solo per le tue qualità accademiche.» Il direttore Strom abbandonò
la sua poltrona e girando intorno alla scrivania, gli si fermò davanti,
porgendogli la mano. «Se accetti di sottoporti al rito e farci constatare che
ha avuto successo, potrai riportare Samuele a casa. Accetti?»
Patrick
scrutò sia lui che le due persone alle sue spalle. Già da tempo la sua idea sul
C.E.N.T.R.O. e su Kaspar era cambiata. Si era immaginato il peggio, ma la
realtà lo superava di molto. Quei tizi volevano giocare al Dottor Frankenstein
con lui e non ne era affatto entusiasta, se poi avessero fatto lo stesso con
dei ragazzini innocenti come Samuele? C’era la possibilità di salvarne almeno
uno e l’avrebbe colta al volo.
Patrick
afferrò la mano di Hans e la strinse. «Si, abbiamo un accordo.»
Per Patrick fu come
venir risucchiato all’interno del suo corpo da quel preciso istante nel
passato. Sbatté le palpebre e riconoscendo il corridoio del dormitorio, allentò
la presa sulla mano di Samuele.
«È tutto ok?» domandò il ragazzino
ritirandola.
«Sì, sto bene» rispose. «Credo di aver
scoperto abbastanza.»
Samuele lo guardò incuriosito. «Cosa è
successo? Perché mi hai las...»
Un frastuono invase l’intero edificio,
risuonando violentemente e ripetutamente come l’antifurto di un appartamento.
«Che diavolo succede?» urlò Naoko.
Marcus infilò velocemente il braccio destro
sotto quello di Samuele. «È l’allarme delle zone a cui è vietato l’accesso,
scatta quando qualcuno entra senza permesso. Dovete andarvene subito.»
«E se fosse il gruppo di Leonardo?»
domandò Sara nel panico.
«Auguratevi siano veloci a scappare»
rispose Marcus.
Patrick spinse Sara verso le scale e si
girò a richiamare l’altra ragazza. «Sbrighiamoci, dobbiamo raggiungere la sala
relax prima che si accorgano della nostra assenza.»
Naoko si voltò a guardare un’ultima volta
Marcus. «Grazie per esserti fidato.»
Marcus le si avvicinò e le mise un
biglietto nella mano sinistra. «È il numero del mio un cellulare segreto. Se
dovessi avere dei problemi, chiamami.» Poi corse verso la sua camera e si
rifugiò all’interno.
Patrick spinse le due ragazze verso le
scale. Scendendo rapidamente i gradini a sua volta, pensò che se i loro amici
erano i responsabili del frastuono, questa volta non se la sarebbero cavata
facilmente.
Continua…
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