lunedì 22 luglio 2019

Darklight Children - Capitolo 98


CAPITOLO 98
Segreti nel sotterraneo



Il gruppo di Patrick si era allontanato verso i dormitori ai piani sopra di loro e i ragazzi rimasti al quarto piano stavano decidendo dove andare.
«Seguitemi, mi è venuta un’idea» li sorprese Yuri, prendendo l’iniziativa. Poi lanciò uno sguardo furtivo alla fidanzata.
Sabrina annuì. «Sbrighiamoci, non sprechiamo tempo.»
I due scesero le scale verso i piani inferiori, Leonardo osservò Davide, lui scrollò le spalle e li seguirono senza ribattere.
Giunti al pian terreno, si nascosero dietro una parete. Yuri controllò che la receptionist non si accorgesse di loro e poi li guidò fin dentro all’ascensore.
«Dove ci stai portando?» domandò Leonardo sospettoso.
Yuri spinse il pulsante B2 (sotterraneo due), le porte automatiche si chiusero davanti a loro e iniziarono la discesa verso il luogo sotto l’edificio.
«Quando ho chiesto cosa fosse il piano tratteggiato sulla cartina, De Santi mi è parso nervoso e mi ha liquidato velocemente» gli spiegò. «Se nascondono qualcosa, è di sicuro in quel sotterraneo.»
Leonardo scosse la testa. «È troppo pericoloso. E se fosse sorvegliato?»
«Diremo che ci siamo persi» rispose Sabrina. «Faremo in fretta. Una sbirciatina veloce e poi raggiungiamo gli altri in sala relax.»
 Davide afferrò al spalla a Yuri.«D’accordo, ma da adesso comunicateci le vostre idee prima di metterle in atto.»
Osservandolo, Leonardo notò che li guardava con diffidenza, segno che poteva contare su di lui se avesse deciso di fare dietro-front.
L’ascensore si fermò. Le porte si spalancarono e si trovarono davanti a un lungo corridoio con le pareti in metallo.
Yuri avanzò affiancato da Sabrina; lui e Davide li distanziavano di qualche passo. Dopo pochi metri si trovarono davanti una doppia porta verde scuro con maniglie antipanico. I due fidanzati le piegarono senza indugio e continuarono il tragitto.
Si ritrovarono in un ambiente simile al piano che ospitava le classi in cui avevano preso lezione. Il nuovo corridoio era ugualmente lungo e le pareti ai loro lati avevano porte color argento con serrature elettroniche sula parte destra. Sopra ognuna era affissa un’etichetta metallica che riportava una sequenza numerica con lo zero come prima cifra. 
Yuri e Sabrina si guardarono intorno disorientati, sembrarono indecisi sul da farsi: era meglio provare ad aprire una porta – pur non sapendo quale – o era il caso di proseguire?
«Torniamo indietro» suggerì Leonardo. «Anche se sapessimo dove guardare, non possiamo entrare.»
«No» rispose Yuri. «Dobbiamo solo in…»
Il rumore di passi che avanzavano dal fondo poco illuminato della stanza davanti a loro, lo fece zittire. Nel silenzio, li udirono farsi sempre più vicini.
Si guardarono l’un l’altro nel panico. Non potevano nascondersi e indietreggiarono lentamente, temendo di venir sorpresi da qualcun altro alle spalle.
Un uomo alto con i capelli castani rasati e  un uniforme blu scuro comparì di fronte  a loro. «Che ci fate qui?» domandò serio con fare inquisitorio.
«Ecco… abbiamo sbagliato strada» improvvisò Sabrina.
L’uomo li squadrò poco convinto. Estrasse un walkie-talkie dalla fondina della cintura e disse: «Datemi i vostri nominativi. Devo fare rapporto al direttore.»
«Non è necessario» fece Yuri alzando le mani in segno di resa. «Ce ne stavamo andando.»
Il walkie-talkie gracchiò nella sua mano. «Vi accompagno io. Prima ditemi i vostri nomi» ribadì l’uomo, avanzando minaccioso.
Le porte verdi si spalancarono e una voce disse: «Non c’è problema. Me ne occupo io.»
«Oh! Va bene dottor De Santi» rispose l’uomo.
Leonardo e i compagni si voltarono di scatto allarmati, ma invece di Kaspar si trovarono davanti Jonathan ed Erica.
La ragazza mise l’indice davanti alle labbra in segno di fare silenzio, mentre il suo compagno continuò la sua illusione.
«Ci lasci soli e vada a controllare il piano superiore. Mi è parso di vedere qualcuno nascondersi in una delle sale mediche.»
«Signorsì.» L’uomo rinfoderò il walkie-talkie e superò il gruppo di corsa, oltrepassando le porte.
«Cosa significa?» domandò Davide.
«È un’offerta di pace» disse Erica sorridendo, avvicinandosi.
Jonathan si mise tra Yuri e Sabrina. «Vogliamo farci perdonare per il brutto tiro dell’altra volta. E dato che consociamo quasi ogni angolo del C.E.N.T.R.O., vogliamo aiutarvi a trovare qualsiasi cosa stiate cercando.»
«Non sappiamo neanche noi cosa cercare… di preciso» rispose Yuri.
Jonathan sorrise. «Allora, diciamo che se ci fosse nascosto qualcosa qui sotto, noi sappiamo in quale stanza guardare.»
Leonardo lo scrutò guardingo. Non credeva nel cambiamento di quei due, tanto meno che fossero arrivati con intenzioni benevole. Ma non poté esprimere le sue convinzioni.
«Va bene. Fateci strada» acconsentì Sabrina.
«Cosa? Ci fidiamo di loro adesso?» domandò allibito Davide. «Non dovremmo almeno metterlo ai voti?»
«Giusto. Dobbiamo prendere insieme le decisioni» disse Leonardo.
Yuri si girò a guardarli. «Jonathan ha usato il suo potere per aiutarci con la guardia. Possiamo considerarla una tregua.»
Jonathan si avviò nel corridoio, Erica lo raggiunse e Yuri e Sabrina si mossero subito dopo.
«Questa storia non mi piace» sussurrò Leonardo, incamminandosi. «Ci stanno portando dove vogliono loro.»
Davide fissò la nuca dei due amici. «Anche i fidanzatini ci nascondono qualcosa» rispose. «Hanno accettato troppo passivamente, anzi sembra quasi che volessero venire qui di proposito e poi gli servisse una guida esperta. C’è qualcosa che devo sapere?»
Lo guardò perplesso. «Di che parli? Ne so quanto te.»
«Sabrina non ti ha confidato niente?»
«Non abbiamo mai parlato del C.E.N.T.R.O.»
Attraversarono più di metà corridoio e osservando le porte che superavano a destra e a sinistra, Leonardo si accorse che i numeri progredivano in maniera decrescente. Si stavano allontanando troppo dall’ingresso, aumentando il rischio di venire di nuovo scoperti.
«Manca ancora molto?» domandò Yuri. Nella sua voce era individuabile una punta di dubbio.
Erica inclinò la testa indietro. «Se sapessimo con esattezza cosa stiamo andando a scoprire, sarebbe più facile risponderti.»
Sabrina si fermò. «Aspetta. Voi avete detto che….»
«Non darle ascolto» intervenne Jonathan. «A Erica piace stuzzicare le persone. Ecco, è proprio davanti a noi.»
Erano giunti nell’ultimo tratto del corridoio, i lati erano spogli, mentre una porta troneggiava davanti a loro con l’etichetta 000 affissa sullo stipite.
Leonardo si voltò verso i due amici. Sabrina e Yuri si guardarono negli occhi, poi sobbalzarono e lei corse verso la porta. La esaminò con attenzione e non trovò nessuna maniglia, né la serratura elettronica di cui erano provviste le altre. Aveva però un pannello quadrato e scuro sistemato in centro alla sua destra.
«Come si apre?» domandò agitata.
«Non ne ho idea» rispose Jonathan facendo spallucce.
Yuri si avvicinò alla fidanzata. «Dobbiamo trovare assolutamente un modo.»
«Perché?» chiese Davide. «Per quanto ne sappiamo dentro potrebbe esserci una trappola. O essere vuota.»
«No. C’è sicuramente qualcosa di importante» replicò l’altro concitato.
«Il vostro amico non è un Proiettore Psichico? Può entrare lui e aprirci dall’interno» propose Erica. «O almeno dirci cosa contiene quella stanza.»
Leonardo la guardò di sbieco. Non lo allettava il pensiero di catapultarsi astralmente in un ambiente sconosciuto. E potenzialmente pericoloso.
«No» rispose secco Davide. «Non lo manderemo lì alla cieca.»
«Fallo provare» insisté Sabrina. Lo guardò dritto negli occhi. «Per favore, se non sappiamo cosa c’è dentro, avremmo fatto tutta questa strada per niente.»
Leonardo scrutò i vari sguardi puntati su di lui. Non moriva dalla voglia di buttarsi nel vuoto senza sapere se ci fosse una rete a sorreggerlo, però sembrava che Yuri e Sabrina non si sarebbero mossi di lì finché non avessero varcato quella porta e ci voleva qualcosa che li obbligasse a tornare indietro e li convincesse ad abbandonare quella strana insistenza.
«Va bene.» Strinse il polso di Davide e gli sibilò: «Fidati di me.» Proseguì lasciandosi dietro gli altri ragazzi e si fermò davanti alla porta.
Chiuse gli occhi e liberò la proiezione astrale.
La sua figura evanescente dall’aspetto di uno spettro celeste si librò nell’aria, si gettò sulla porta chiusa e sbatté contro un ostacolo invisibile. Sgranò gli occhi, rimbalzò all’indietro e nell’esatto istante in cui rientrava nel suo corpo, udì il rombo di una sirena risuonare e le luci del sotterraneo passare dal bianco al rosso lampeggiante.
Davide corse ad aiutarlo a rialzarsi. «Stai bene?»
«Sì» rispose. «Qualcosa mi ha respinto.»
«A quanto pare è protetta da una barriera e il tuo tentativo ha innescato l’allarme» disse Jonathan. «Muoviamoci, tra poco tutto l’istituto sarà qui!»
«Non possiamo tornare indietro» ribatté Yuri. «Arriveranno da dove siamo entrati e finiremo con andargli incontro. Non c’è un’altra uscita?»
«No» rispose Erica. «Siamo in trappola.»

La prima porta alla tua sinistra.
La voce sconosciuta, ma familiare riecheggiò nella testa di Sabrina. Guardò i compagni. Si fissavano tra di loro spauriti, nessuno sembrava aver udito quel suggerimento. E con il frastuono dell’allarme che rimbombava nel corridoio immenso, concluse che era stata contattata telepaticamente.
Chi sei?
La prima porta a sinistra. La numero 002. Sbrigati! le ripeté la voce.
Sabrina non pose altre domande. Si girò e tornò sui loro passi cercando la stanza.
«Che stai facendo?» domandò Jonathan nel panico.
«So come uscire.»
«E come lo sai?» chiese Davide incredulo.
Sabrina notò la porta 002, si appoggiò e la serratura elettronica scattò. «Prima l’ho vista socchiusa. Andiamo.» Mentì e la spalancò, all’interno trovò un laboratorio attrezzato per esperimenti da film dell’orrore. C’era un lungo tavolo di metallo. Provette e grosse vasche di vetro trasparente. In fondo, sulla sinistra, una rampa di scale saliva verso il piano superiore. 
 Prendi le scale. Vi riporteranno al sicuro senza che nessuno vi scopra spiegò la voce.
 «Venite» continuò, facendo segno agli altri di seguirla. «Quelle scale sono l’unica via di uscita.»
Leonardo aggrottò la fronte. «Come sappiamo dove sbucheremo?»
«Vanno verso l’alto» indicò Yuri con una mano, mentre con l’altra chiudeva la porta dietro di loro. «Di sicuro ci porteranno fuori di qui.»
Erica e Jonathan corsero per primi verso le scale e loro li seguirono.
L’allarme risuonava in tutto l’edificio, i ragazzi si ritrovarono nelle cucine deserte del secondo piano. Erica e Jonathan li scortarono oltre la sala mensa fino alla sala relax.
Davide aprì la porta della stanza ed entrando, trovò i tre compagni ad attenderli.
«Per fortuna state bene» li accolse Patrick.
Leonardo entrò a sua volta. «C’è mancato un pelo che ci beccassero.»
Sabrina e Yuri sostarono davanti alla porta. Aprirono la bocca, ma Jonathan li precedette.
«Se vorrete ancora sapere cosa c’è dietro la 000, noi vi aiuteremo.» Senza dare il tempo di rispondere, corse verso le scale dove lo aspettava Erica, impaziente di sparire da lì. «Restiamo in contatto.»
Sabrina li seguì con gli occhi fino a vederli dileguarsi oltre il piano, poi si rifugiò con Yuri nella sala relax.
Ci vollero diversi minuti, in cui Patrick raccomandò loro di non dire una parola finché non fossero usciti dal C.EN.T.R.O. e poi all’improvviso, Kaspar spalancò l’ingresso della stanza.
«C’è stato un inconveniente» spiegò, mentre il suono fastidioso dell’allarme si attutiva fino a svanire. «Perciò devo accompagnarvi all’uscita e congedarvi in anticipo.»
«Nessun problema» disse Patrick. «Spero non sia grave.»
«Per il momento sembra un falso allarme» rispose l’altro, invitandoli a seguirlo al pianterreno e squadrandoli con un’aria sospetta quando sfilarono sotto i suoi occhi. «Comunque faremo degli accertamenti. Vi farò sapere quando potrete riprendere lo stage.»
Attraversarono il cortile e una volta fuori, Sara domandò: «Avete fatto scattare voi l’allarme?»
Davide annuì. «Eravamo nei sotterranei e volevamo indagare su una strana stanza.»
«Sarà meglio che la prossima volta evitiamo di andare in giro per il C.E.N.T.R.O.» li ammonì Patrick. «Non voglio alimentare sospetti. Tornate a casa, penserò io ad aggiornare Angelo Moser.»
Si divisero, ognuno diretto per la propria strada, e mentre raggiungevano l’auto di Yuri, Sabrina udì la voce risuonare nella sua testa.
Cosa cercavi nel sotterraneo?
Direttore Strom, l’ho riconosciuta. Perché ci ha aiutato?
Rispondi prima tu.
No! Sabrina montò in auto, senza far trapelare la sua conversazione segreta. Voglio sapere chi è e cosa vuole da me. Perché continua a cercarmi?
Piccola mia, non sai per quanto ti ho cercata rispose Hans. Capisco che sei abituata a doverti difendere, ma non è necessario. Non sono un nemico, sono tuo padre. 


                                                 Continua…

venerdì 5 luglio 2019

Darklight Children - Capitolo 97


CAPITOLO 97
Frammenti mancanti



Patrick venne strappato dal luogo in cui si trovava. I suoi sensi – sopraffatti dal potere delle visioni – lo confondevano, facendogli perdere l’orientamento: galleggiava in un flusso di visi e situazioni che gli sfrecciavano accanto. 
Le immagini lo travolsero, le emozioni di Samuele erano talmente forti da non dargli il tempo di controllare tutto quello che stava entrando nella sua mente.
Ricorrendo alla sua forza di volontà e all’esperienza ormai sviluppata nell’imbrigliare il suo dono, Patrick fermò una delle visioni, come se potesse premere il pulsante PAUSA all’interno del suo cervello.
La percezione del dove e del quando prese una forma più concreta e si ritrovò in un luogo familiare.

Sistemò una coperta sopra al piumone del letto in cui era steso Samuele. «Sei comodo?» domandò Patrick.
«Sì» rispose Samuele.
Sorrise e si rialzò dal letto. La camera del ragazzino era immersa nella penombra, la piccola lampada sul comodino gli illuminava il volto e gettava ombre simili a strani animali sul resto dell’arredamento.
Samuele sembrava essersi adattato bene alla sua nuova abitazione. Solamente il giorno prima lo aveva salvato dall’incendio scatenato dall’elettrocinesi, il potere incontrollato emerso nelle ultime settimane e che si era rivelato negli ultimi tempi un grosso peso da sostenere.
Patrick gli accarezzò i capelli castani. «Buonanotte.» Si voltò e camminò verso la porta della stanza. 
«Signor Molina» lo richiamò Samuele, mentre stava per uscire. «Verrà a salutarmi anche domani sera?»
«Certamente» gli rispose, chiudendo la porta della camera. Attraversando il corridoio del dormitorio, pensò a come riuscisse a spiazzarlo. Da quando era stato incaricato dal dottor De Santi di affiancarlo nel seguire il suo piccolo paziente, Samuele aveva avuto un comportamento uguale a quello dei suoi coetanei, poi però si era dimostrato maturo nel prendere la decisione di seguirli in quell’istituto dove avrebbero potuto istruirlo a dovere su come controllare il suo dono. Eppure, quando faceva buio, tornava un bambino bisognoso che qualcuno lo rassicurasse.
Arrivato alle scale, quasi si scontrò con il dottor De Santi.
«Hai di nuovo rimboccato le coperte a Samuele?» domandò l’uomo.
Patrick annuì. «So che non dovremmo avere delle preferenze, né riservare un trattamento di favore a un ragazzo piuttosto che a un altro, ma non sono riuscito a  dirgli di no.»
Kaspar sorrise benevolo. «Non è un problema. Samuele è appena arrivato, aiutarlo ad ambientarsi è uno dei nostri compiti. Tu lo hai convinto a seguirci, è normale che sia più a suo agio con te intorno.»
«Sì, anche se pensavo che,magari, solo per i primi tempi, potremmo far venire i suoi genitori.»
«Non credo sia possibile.»
Patrick non si arrese. «Se è per via di qualche regolamento interno, potrei accompagnare io Samuele fuori, per breve tempo.»
«Non è per questo» rispose Kaspar. «Samuele non era l’unico a dover essere convinto. Anche i suoi genitori dovevano capire che non c’era altra soluzione. E  a loro ha pensato il direttore.»
A Patrick non piacque la piega che stava prendendo la discussione. «Cosa intende dire?»
Kaspar sorrise di nuovo, in maniera più sinistra. «Non sei qui da molto e non hai ancora conosciuto il direttore Strom. Quando lo farai, imparerai che se ha un obbiettivo, nessuno può ostacolarlo.» Si voltò per andarsene.
«Aspetti» lo fermò. «Ha obbligato i genitori a separarsi dal figlio, come può fare qualcosa di così orribile senza conseguenze?»
«Mio caro Patrick, quello che non conosci non può ferirti» gli disse, senza voltarsi. «E ora i genitori di Samuele non sanno neanche che lui esiste.»
Patrick lo osservò andare via. Il significato delle sue parole era fin troppo chiaro. Avevano annullato i ricordi, così Samuele non aveva altra scelta che restare al C.E.N.T.R.O.

Patrick ebbe come l’impressione di cominciare finalmente a capire un film di cui a aveva visto solo pochi spezzoni. La trama aveva senso e anche se gli mancavano molti fotogrammi, riusciva a seguire il filo della storia. Quando aveva intuito in cosa era stato coinvolto e soprattutto in cosa aveva coinvolto Samuele, era già troppo tardi. Nella sua mente scattò una nuova molla, si ritrovò immerso in un altro ricordo, come se lo avesse richiamato da un archivio, questa volta però della sua stessa memoria.

Il direttore Strom aveva accolto la sua domanda di un colloquio, ma non aveva rispettato i patti.
«Le avevo richiesto che fosse una conversazione privata» disse Patrick, scrutando i volti della donna e dell’uomo in piedi ai lati sinistro e destro, dietro alla poltrona su cui era seduto Hans Strom.
«Il dottor De Santi e la professoressa Cluster sono i miei più fidati collaboratori. Di qualsiasi questione tu voglia parlare, dovrai farlo davanti a loro.»
Sapeva che era uno dei suoi infiniti modi per intimorire le persone, ma Patrick aveva ancora davanti agli occhi il volto speranzoso di Samuele, e quella era l’unica forza di cui avesse bisogno. «Dopo un’attenta analisi della situazione di Samuele, credo sia controproducente per lui rimanere ancora in questa struttura.»
Hans lo guardò con attenzione. «E quale sarebbe la tua proposta?»
«Farlo uscire di qui, ovviamente» rispose. «Ormai riesce a controllare al novanta per cento l’elettrocinesi, ma la desolazione crescente per la mancanza dei suoi genitori, alla lunga può distruggere i risultati ottenuti.»
Kaspar si piegò e sibilò qualcosa all’orecchio destro del direttore. L’uomo annuì un paio di volte e poi disse: «A quanto so, sei al corrente che i genitori di Samuele ignorano la sua esistenza.»
Patrick lanciò un’occhiata di sbieco all’altro uomo. «Sì, ne sono al corrente. Per questo sono da lei. Oltre al permesso per l’uscita di Samuele, le richiederei di sistemare quella questione.»
«Vedi, Patrick, lasciare uno di questi ragazzi libero fuori dal C.E.N.T.R.O. è una grande responsabilità» spiegò pacato Hans. «Altri più grandi di età e con più anni di addestramento non hanno ancora il pieno controllo dei loro doni e lasciare qualcuno giovane come Samuele al mondo esterno, che come da tua stessa ammissione non è del tutto capace di gestire il dono, rappresenterebbe un pericolo per lui quanto per gli altri.»
«Continuerei a seguirlo» disse Patrick. «Posso prendermi l’impegno di andare a casa sua e proseguire con l’addestramento.»
Questa volta fu Clara Cluster ad abbassarsi e sussurrare all’orecchio destro di Strom. La conversazione segreta fu più lunga e Hans non mutò espressione, rendendogli impossibile intuire se fosse a favore del rilascio di Samuele o meno.
«Potrei prendere in considerazione la tua proposta» disse poi il direttore, quando la donna si fu allontanata. «Se tu valuterai la mia. Assumersi la responsabilità di un mezzo demone può essere un compito gravoso e avrai bisogno di capacità che ora non possiedi. Ti propongo di acquisirle e io accetterò di lasciar proseguire l’istruzione di Samuele con i suoi genitori.»
«Devo fare un corso di aggiornamento, o qualcosa di simile?» domandò.
Hans rise. «No. Si tratta di un rito, è ancora in forma sperimentale, ma se ti sottoporrai come primo volontario e avrà successo, fornirai un servizio al C.E.N.T.R.O. e anche all’intera umanità.»
«Un rito per che cosa?»
«Per trasmetterti i poteri di un mezzo demone» rivelò Hans. «Attualmente è tutto solo teorico, ma svolgendo ricerche abbiamo scoperto che potrebbe essere possibile trasferire il dono di un mezzo demone a qualcuno che discende da almeno un genitore mezzo demone. Qualcuno come te.»
«Come sapete queste cose?» Patrick lo guardò stupito e incredulo. «È la prima volta che sento parlare di una storia del genere.»
«Abbiamo svolto le nostre ricerche. Il dottor De Santi non ti ha scelto come suo assistente solo per le tue qualità accademiche.» Il direttore Strom abbandonò la sua poltrona e girando intorno alla scrivania, gli si fermò davanti, porgendogli la mano. «Se accetti di sottoporti al rito e farci constatare che ha avuto successo, potrai riportare Samuele a casa. Accetti?»
Patrick scrutò sia lui che le due persone alle sue spalle. Già da tempo la sua idea sul C.E.N.T.R.O. e su Kaspar era cambiata. Si era immaginato il peggio, ma la realtà lo superava di molto. Quei tizi volevano giocare al Dottor Frankenstein con lui e non ne era affatto entusiasta, se poi avessero fatto lo stesso con dei ragazzini innocenti come Samuele? C’era la possibilità di salvarne almeno uno e l’avrebbe colta al volo.
Patrick afferrò la mano di Hans e la strinse. «Si, abbiamo un accordo.»

 Per Patrick fu come venir risucchiato all’interno del suo corpo da quel preciso istante nel passato. Sbatté le palpebre e riconoscendo il corridoio del dormitorio, allentò la presa sulla mano di Samuele.
«È tutto ok?» domandò il ragazzino ritirandola.
«Sì, sto bene» rispose. «Credo di aver scoperto abbastanza.»
Samuele lo guardò incuriosito. «Cosa è successo? Perché mi hai las...»
Un frastuono invase l’intero edificio, risuonando violentemente e ripetutamente come l’antifurto di un appartamento.
«Che diavolo succede?» urlò Naoko.
Marcus infilò velocemente il braccio destro sotto quello di Samuele. «È l’allarme delle zone a cui è vietato l’accesso, scatta quando qualcuno entra senza permesso. Dovete andarvene subito.»
«E se fosse il gruppo di Leonardo?» domandò Sara nel panico.
«Auguratevi siano veloci a scappare» rispose Marcus.
Patrick spinse Sara verso le scale e si girò a richiamare l’altra ragazza. «Sbrighiamoci, dobbiamo raggiungere la sala relax prima che si accorgano della nostra assenza.»
Naoko si voltò a guardare un’ultima volta Marcus. «Grazie per esserti fidato.»
Marcus le si avvicinò e le mise un biglietto nella mano sinistra. «È il numero del mio un cellulare segreto. Se dovessi avere dei problemi, chiamami.» Poi corse verso la sua camera e si rifugiò all’interno.
Patrick spinse le due ragazze verso le scale. Scendendo rapidamente i gradini a sua volta, pensò che se i loro amici erano i responsabili del frastuono, questa volta non se la sarebbero cavata facilmente.

                                                  
Continua…

sabato 15 giugno 2019

Darklight Children - Capitolo 96


CAPITOLO 96
Tour nei misteri del C.E.N.T.R.O.



Alla seconda visita ufficiale al C.E.N.T.R.O. , Kaspar accolse il gruppo personalmente, non appena entrarono nella sala all’ingresso.
«Sono felice di vedere che avete mantenuto la vostra parola» disse osservandoli compiaciuto. «Come sta la tua mano?»
Patrick la sollevò all’altezza del viso e mosse le singole dita senza fatica, o smorfie di dolore. «Come se non fosse successo nulla.»
«Bene. Vorrei che affrontaste il vostro tempo qui nello stesso modo» continuò  lui. «Mi piacerebbe che dimenticaste il brutto incidente dell’altra settimana e ripartissimo da zero.»
«Come se fosse così semplice» bofonchiò Leonardo.
«Ha ancora  intenzione di dividerci per “specie” e rinchiuderci in gabbie come animali allo zoo?» domandò Davide.
Kaspar abbozzò a fatica un sorriso. «No, pensavo di mostrarvi l’istituto. Avrei dovuto farlo fin dal primo giorno, ma rimedierò oggi.» Diede loro le spalle e s’incamminò verso le scale.

Kaspar iniziò la visita guidata dal primo piano, dove erano raggruppati gli uffici dello staff. Li condusse poi nel secondo dove mostrò l’ampia sala mensa, l’auditorium e le sale relax comuni. Salirono quindi al terzo, dove si trovavano le aule che anche i ragazzi avevano frequentato durante la visita precedente. Si fermarono poi al quarto piano e lì elogiò la loro biblioteca, che ne ricopriva quasi la metà.
Sabrina osservava e registrava ogni informazione in attento silenzio. Se voleva avere chiarimenti su suo figlio, era necessario conoscere il più possibile quel luogo infausto.
«Come potete vedere, noi siamo qui» disse Kaspar, puntando l’indice destro sulla piantina fissata dietro una teca di vetro, appesa all’imboccatura delle scale. «La seconda metà di questo piano comprende le palestre per le esercitazioni pratiche di gruppo.»
Naoko osservò attentamente il foglio dietro al vetro e domandò: «Cosa si trova in questi due piani?»
«Il quinto e il sesto sono riservati ai laboratori per le dimostrazioni e le lezioni di scienze e chimica. Vorrei mostrarveli, ma credo che a quest’ora siano occupati e non vorrei disturbare gli studenti.»  
«E i ragazzi che erano nelle classi con noi, vivono qui?» chiese Sara.
Kaspar annuì. Fece scorrere il dito due piani sopra quelli appena elencati. «Il settimo piano è riservato ai dormitori maschili e l’ottavo a quelli femminili. Ormai abbiamo visitato l’intero inetrno. Possiamo passare al cortile esterno.»
Si mosse per raggiungere di nuovo le scale e ridiscendere, ma Sabrina si fece avanti. Il quel tour, mancava un elemento essenziale.
«Dov’è la sala operatoria?» domandò, provando a non far trasparire la sua apprensione. «Quella in cui mi avete portato per l’aborto.»
Kaspar rimase momentaneamente interdetto, poi si riprese e segnò sulla cartina un perimetro situato sotto la rappresentazione della sala d’ingresso. «È qui, insieme all’infermeria e ai reparti medici, ovviamente non lo reputo un luogo d’interesse per una visita.»
Yuri gli si avvicinò «E questa zona tratteggiata? Cosa rappresenta?»
«Sono strutture di cui non posso parlarvi» rispose seccato. «Come vi dicevo, se vogliamo proseguire per il cortile, abbiamo un rigoglioso giardino posteriore che meriterebbe…»
Un suono, simile al segnale che annuncia i voli all’aeroporto, sovrastò la sua voce, interrompendolo nuovamente. Proveniva da un altoparlante sistemato sopra l’entrata del piano e subito dopo si udì una voce femminile annunciare: «Il dottor De Santi è atteso dalla professoressa Cluster in sala riunioni uno al pian terreno.»
«Scusatemi, devo andare» disse Kaspar. «Vi ricordate dove si trovano le sale relax?»   
«Certo» rispose Patrick.
«Vi verrò a prendere lì.» Imboccò le scale e corse per i piani sottostanti.
Davide lo osservò finché non scomparve. «Ottimo. È la  nostra occasione.»
Patrick inarcò un sopracciglio «Per cosa?»
«Dobbiamo indagare. Questo posto nasconde di sicuro qualcosa» gli rispose l’altro
Patrick spinse le mani in avanti come a bloccarli. «Aspettate ragazzi, non credo sia una buona idea.»
«Avevano i nostri Registri» disse Naoko. «Non mi piace violare le regole, ma hanno iniziato loro. Non sappiamo cos’altro ci tengono nascosto.»
Sabrina scrutò i volti dei compagni. Sembravano avere tutti la stessa intenzione . E questo giocava a suo favore. Decise di mettere in atto la sua strategia. «Dovremmo dividerci in gruppi» propose.
Leonardo la guardò poco convinto. «Non saremmo di nuovo dei bersagli?»
«Ne basteranno due. Uno da tre e l’altro da quattro e in caso di pericolo io e te comunicheremo sulla nostra linea telepatica privata» replicò Sara. Guardò Patrick. «Hai detto che hai avuto dei flash sul tuo passato con il direttore. Magari curiosando un po’ ricorderai qualche particolare in più.»
Lui la osservò perplesso. «D’accordo ma dovremo fare presto. Poi ci ritroveremo tutti nella sala relax. E deciderò io come formare i gruppi.»

Quella dei ragazzi era una proposta allettante, avrebbe anche chiarito il dubbio insinuatogli da Kaspar sulla possibilità che fosse anche lui un mezzo demone, dopo averla accettata però Patrick venne di nuovo assalito dai dubbi di essere staro avventato e metterli in pericolo. La sua scelta era caduta sui dormitori e aveva scelto come sue compagne di perlustrazione Sara e Naoko.
«Perché andiamo nelle stanze private?» domandò la ragazza asiatica, poco entusiasta. «Sarebbe stato più logico controllare gli uffici dello staff, o la biblioteca.»
«Se non vogliamo essere scoperti, dobbiamo tenerci il più lontano possibile da Kaspar» le rispose, salendo l’ultimo gradino che immetteva nel dormitorio maschile. «E poi i ragazzi sono tutti a lezione, non ci disturberà nessuno.»
«Patrick può toccare qualche oggetto e avere una visione» aggiunse Sara. «Magari scopriremmo qualcosa che nessuno ci direbbe apertamente.»
Lui annuì e osservò le targhette affisse in alto a destra di ogni porta. Ognuna riportava il nome del ragazzo a cui era stata assegnata. «Aiutatemi a cercare le camere dei tre che vi hanno attaccato.»
Sara si mosse verso la parete opposta alla sua per aiutarlo, Naoko le si avvicinò e bisbigliò: «Non ti sembra un po’ esagerato? Capisco che vuoi aiutare il tuo nuovo ragazzo, ma così passeremo noi dalla parte dei colpevoli.»
«Lui non è il mio… insomma non è solo per questo» ribatté Sara. «E poi hai detto tu che hanno iniziato loro con i nostri Registri.»
«Sì, ma sbirciare nella vita vissuta da qualcuno secoli fa non è come farlo con chi è ancora vivo, per di più scassinandogli la camera.»
Facendo finta di non aver udito la conversazione, Patrick annunciò: «Ne ho trovata una. Marcus era uno di loro, giusto?»
Sara annuì, raggiungendolo davanti alla porta. «Come farai a…. ecco… attivare il tuo dono.»
«Devo toccare qualcosa che gli appartiene. Meglio se è un oggetto personale.» Provò a piegare la maniglia ma la porta non si aprì. «Dobbiamo trovare un modo per forzare la serratura.»
«È più pratico usare la chiave per entrare.»
Marcus comparve all’ingresso del corridoio, le braccia incrociate sul petto e Samuele al suo fianco.
Naoko si morse il labbro. «Noi non volevamo, cioè volevamo solo cer…»
Sara si parò davanti a loro. «Che ci fate qui?  Non dovreste essere a qualche lezione o esercitazione? Avete fatto chiamare voi il dottor De Santi perché ci lasciasse soli?»
«Puoi stare tranquilla: non è un piano premeditato.» Marcus si avvicinò a loro tre spingendo lievemente Samuele a fare lo stesso. «Non sono qui per aggredirvi e non ho niente da nascondere. Vi mostrerò la mia camera, se ci tenete tanto, prima però il mio amico ha qualcosa da dire al signor Molina.»
Samuele lo guardò contrariato. Lui gli fece cenno con la testa di procedere e l’altro avanzò di un passo sbuffando. «Io… volevo scusarmi per l’latro giorno. Non era mia intenzione ferirti.»
Sara lo scrutò arricciando il naso. «Non sembri molto convinto.»
«Va bene così» intervenne Patrick. «Sono sicuro che hai avuto i tuoi motivi per agire in quel modo.»
«Certo che li ho!» sbottò Samuele. «Tu mi hai portato qui. Mi ha promesso che avrei potuto andarmene quando volevo e non era vero. Poi mi hai giurato che mi avresti aiutato a scappare, però sei sparito e mi hai abbandonato qui!»
Patrick venne preso alla sprovvista. Quelle rivelazioni si potevano inserire con le sue visioni, ma come poteva esserne sicuro?
«Vi conoscevate da prima che noi venissimo al C.E.N.T.R.O?» domandò Naoko.
«Certo» le rispose Samuele. «Lui lavorava per loro.»
Il danno era stato fatto. «Un momento c’è una ragione» fece Patrick, tentando di rimediare.
Sara lo prese per il braccio. «È vero?»
«La verità? Non lo so con certezza. Potrebbe essere così.» Scostò con gentilezza la sua mano e si rivolse quindi a Samuele. «Purtroppo non ricordo molto del mio passato. Sono stato in coma per lungo tempo, quando mi sono svegliato ero senza ricordi e quello che so su me stesso, me lo ha rivelato il dottor De Santi. Mi ha detto che ero un suo assistente, ma non mi ha raccontato altri dettagli. Qualche giorno fa ho avuto dei flash grazie ha un potere che si è manifestato dopo il coma e ho ricordato di averti fatto da insegnante qui al C.E.N.T.R.O.»
Marcus s’intromise. «Lei non è uno degli Alpha e se ha poteri da mezzo demone, appartiene alla nuova generazione. Perché non è stato reclutato come noi?»
«Non so nulla» ripeté Patrick. «Ma forse Samuele potrebbe aiutarmi.»
«Perché dovrei farlo?» gli chiese diffidente.
Patrick gli mise una mano coperta dal guanto sulla spalla. «Se volevo aiutarti a scappare, lo avrei fatto senza fermarmi. Di questo sono sicuro. Se non ci sono riuscito, significa che qualcuno me lo ha impedito e voglio sapere il motivo.»
Samuele lo guardò indeciso. «L’ultima volta che ci siamo visti, prima che scomparissi, mi hai detto che non ti fidavi del dottor De Santi.»
«La stessa persona che lo ha rintracciato in ospedale» commentò Sara. «Una strana coincidenza, non trovate?»
Marcus si frappose tra loro due. «Ammesso che accettasse di aiutarla, cosa dovrebbe fare?»
- Dovrò solo toccarlo con la mano nuda. I ricordi che lo riguardano, si formeranno nella mia mente» spiegò Patrick.
Marcus fissò il compagno. «Te la senti?»
Samuele si voltò verso di lui, squadrandolo a sua volta. «Farà male?»
Patrick scosse la testa. «Non sentirai niente.»
Marcus si voltò verso le due ragazze. «Me lo garantite?»
«Hai la mia parola» rispose Naoko.
«E la mia» le fece eco Sara.
Samuele superò l’amico. Allungò il braccio e gli porse la mano.
Patrick si sfilò il guanto e gli sorrise. «Grazie.» Chiuse gli occhi e sfiorò con le dita il palmo teso.
L’onda travolgente di immagini e parole rifluì nella sua testa, lanciandolo alla deriva come una zattera in preda ai moti dell’oceano.


                                                     Continua…