lunedì 4 agosto 2025

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 91

Sorge Oscurità Maggiore 16: Oscura Seduta di Gruppo in Loop

 

Un ronzio incessante e fastidioso tormentava l’udito di Billy. Aveva la sensazione che partisse dalla sua testa e si diffondesse poi nelle orecchie.

Era iniziato appena la voce atona e gracchiante dell’altoparlante aveva chiamato anche Michelle nell’ufficio del Consulente Wyngarde, impedendogli di guardarla in volto e comunicarle di stare in guardia.
Billy si morse il labbro inferiore per non urlare mentre quel rumore gli rimbombava nel cervello e abbassò il capo, tenendolo tra le mani e socchiudendo gli occhi. Non era un malessere naturale, sapeva che non era nemmeno un vero malessere.
Era il suo senso del soprannaturale.
Lo stava avvisando, mettendolo in allerta perché stava accadendo qualcosa fuori dal comune. E Billy sapeva era opera di Hart Wyngarde, o meglio Oscurità Maggiore.
Lottò con quella manifestazione delle sue doti psichiche e sollevò lievemente la testa. Scrutò l’aula e notò la mancanza di Michelle. Era l’ultima, tutti e quattro i suoi amici erano lontani da lui, in presenza di Hart, sotto il suo volere e pronti a essere usati come punizione per la sua scelta di contrastarlo.
Billy fece stridere le gambe della sedia, strisciandole sul pavimento, scostandola indietro e mettendosi in piedi. «Professoressa… non mi sento bene.»
Barcollò fuori dal banco, con la mano destra premuta sulla tempia e camminò incerto verso la cattedra. Strizzò gli occhi in risposta a un’improvvisa impennata del ronzio che solo lui poteva percepire.
«Non hai un bell’aspetto» constatò la professoressa Petrie. «Ti faccio accompagnare da qualcuno.»
«No, grazie» rispose, anche se non era stata una proposta. «Ce la faccio da solo.»
Billy abbandonò libri, astuccio e zaino al suo posto, senza attendere una replica della donna e nemmeno guardandosi indietro, uscì dall’aula, diretto alla sua vera meta: l’ufficio del Consulente.
Percorse il corridoio appoggiandosi con il palmo sinistro aperto sul muro freddo. Il ronzio sembrò assumere il suono di una voce, distorta, sdoppiata, gutturale. Pronunciò parole intervallate da un brusio di sottofondo.
Dolore.
Impara.
Supera.
Billy si fermò un istante. Suppose fosse una sorta di messaggio in codice. Invece di immagini e visioni su quello che poteva aspettarsi di dover affrontare, questa volta il suo senso soprannaturale lo avvisava con un suggerimento vocale.
In ogni caso non prometteva nulla di buono.
Si rimise in marcia e più procedeva, più il rumore nella testa e nelle orecchie si abbassava. Quando fu davanti alla porta dell’ufficio del Consulente, il ronzio era svanito del tutto.
Billy riacquistò fermezza sulle gambe, staccò la mano dal muro e deciso, spalancò l’uscio della stanza.
«Bene, ti stavo aspettando» lo accolse Hart Wyngarde, seduto dietro alla scrivania. «A quanto pare il tuo istinto ti ha fatto arrivare giusto in tempo.»
Billy non sprecò fiato per domandare il senso di quella frase, gli bastò osservare i quattro ragazzi che gli davano le spalle: Betty, Donovan, Zec e Michelle erano seduti ognuno su una sedia, in fila orizzontale di fronte alla scrivania.
«Cosa hai fatto? Perché sono ancora tutti qui?» domandò Billy, senza celare l’ansia.
Hart si alzò dalla poltrona, aggirò la scrivania e gli andò di fianco. «Rilassati, abbiamo appena finito le sedute.» Gli sorrise malizioso e schioccò le dita della mano sinistra.
I quattro ragazzi sobbalzarono sulle sedie, come se si fossero risvegliati da una trance e si guardarono tra loro, per poi girarsi verso loro due.
«Prima che poniate domande inutili e noiose, siete stati qui con me tutto il tempo, tutti insieme, anche se vi è parso di essere soli e di venire convocati in tempi differenti» spiegò Hart. «Comunque state tranquilli, le nostre conversazioni si sono svolte in privato, nessuno degli altri è a conoscenza di cosa ci siamo detti nelle singole chiacchierate. Anche se non sembra, rispetto il principio di segretezza tra medico e paziente.»
«Non capisco, perché ci hai tenuti qui?» domandò Michelle.
«Perché dovete affrontare anche una seduta di gruppo» le rispose Hart.
Donovan balzò in piedi. «E quelle fatte fino ad ora? A cosa ti servono le  nostre informazioni?»
Il Consulente sorrise. «Saranno utili a voi, ma lo scoprirete più avanti.» Mise le mani sulla schiena di Billy e lo spinse in avanti. «Forza, non perdiamo altro tempo, la seduta di gruppo ha inizio.»
Ritrovandosi in mezzo ai compagni confusi, Billy domandò: «Come mai per me hai un trattamento diverso?»   
«Tu hai scelto di rifiutare il ruolo che ti è stato assegnato, così ho deciso di accontentarti: affronta il tuo viaggio per comprendere le ragioni del sonno di Elliott.» Hart batté due volte le mani. L’ambiente intorno a loro tremolò come una pozza d’acqua scossa dal vento. «Però, come ti ho promesso, se fallirai pagheranno tutti le conseguenze.»
«No, farò quello che devo, ma lasciali uscire.»
«Le condizioni non sono trattabili» replicò l’uomo. «E adesso ascolta con attenzione perché non te lo ripeterò: tra pochi secondi rivivrai con i tuoi amici i frammenti dei ricordi che hai appreso tramite l’uso della Falce; continueranno a ripetizione, l’unico modo per bloccarli è imparare la lezione che ti vogliono insegnare. Se non coglierai il senso del perché sono collegati all’oscurità, rimarrete imprigionati in questa spirale della memoria… bé per sempre.»
La porta davanti a Billy svanì, i muri si sciolsero come fossero stati dipinti con vernice scadente e Hart Wyngarde scomparve dal luogo.
Non c’erano più sedie e neanche la scrivania. Erano all’aperto, nel cimitero mentre pioveva, a guardare Elliott fermo davanti alla buca di una tomba.  
Billy osservò la scena disorientato, non percepiva odori, o l’umidità della pioggia intorno.  Eppure era come se un rovo spinoso gli stringesse ogni organo del corpo.
«Billy, cosa facciamo?» domandò Zec, riscuotendolo. «Se fosse un’altra trappola?»
«Perché ci ha bloccati in questi ricordi?» continuò Betty. «Sono solo tuoi, noi non capiamo nulla. E poi li abbiamo già visti con te.»
Billy non sapeva cosa rispondere, non riuscì a concentrarsi. In realtà, avrebbe voluto solo scappare da quel momento nel passato.
L’ambiente esterno e piovoso, divenne di colpo l’interno dell’ambulanza.
Questa volta udì un rumore: il rantolo di un respiro soffocato.
D’istinto si tappò le orecchie con i palmi e il dolore di spine gli riempì il petto. Quel suono lo devastava. Non voleva sentirlo, non voleva soffrire.
«Ehi! Datti una mossa» urlò Donovan e gli staccò a forza le mani dai lati del volto. «Devi tirarci fuori da questo loop.»
«O forse no» replicò Michelle. «Magari dobbiamo solo stare fermi e aspettare che finisca.»
L’ambiente mutò di nuovo. L’ambulanza divenne la stanza da letto di Elliott, con l’uomo steso in preda alla febbre.
«Oppure ognuno di noi deve trovare l’uscita da solo» replicò Zec. «Può essere che Hart ci stia mettendo alla prova.»
«No» rispose Billy. «Non so cosa vuole che trovi, o identifichi, ma di certo sperarci non è una buona idea.»
Zec lo fissò serio. «Eppure, lo hai proposto tu pochi giorni fa.»
Billy era pronto a replicare, ma la voce di Elliott del ricordo lo distrasse.
«Questa volta brucerò e basta.»
Quella frase... Billy la ricordava dal precedente viaggio nella memoria, ma gli parve più significativa. Non riguardava solo la febbre, nel profondo aveva la certezza si riferisse ad altro.
Ancora una volta la stanza svanì e ritornarono al cimitero, al funerale.
Betty era quasi al limite della buca.
«Attenta!» Donovan le si avvicinò e le afferrò il polso per tirarla via.
«Non mi toccare.» Betty si rese intangibile e attraversò le sue dita, scostandosi bruscamente. «Non c’è niente di vero. Non siamo in questo posto. Non posso cadere.»
«Scusa se mi sono preoccupato» replicò Donovan offeso. «E scusatemi se non ho superpoteri come voi e penso a salvarmi la pelle. Forse per voi è una cosa inutile.» 
Billy scostò gli occhi dalla scena e li riportò sui quattro compagni. Prima di concretarsi sui ricordi, doveva occuparsi di loro. Erano strani, diversi dal giorno prima e da quella stessa mattina in cui li aveva incontrati all’ingresso. Di qualsiasi cosa avessero parlato con Hart Wyngarde, li aveva turbati. 
«Ho sbagliato a cercare di allontanarvi» disse. «Avevate ragione, in qualunque modo cerchi di mettervi al sicuro, Hart vi trascinerà in una situazione pericolosa, quindi non vi escluderò. Non so cosa vi abbia detto nelle vostre sedute, ma per adesso non pensateci. Farò di tutto per tiraci fuori, ma ho bisogno di voi. Potete fidarvi di me?»
«Non abbiamo molta scelta» commentò Donovan.
«E sei l’unico con la possibilità di spezzare il circolo» constatò Betty.
Zec gli si avvicinò. «Va bene, mettiamo da parte tutto il resto. Siamo con te.»
«Ma come possiamo aiutarti?» domandò Michelle.
Billy si accorse di aver di nuovo cambiato scenario. Ancora una volta erano nell’ambulanza. «Per il momento restatemi accanto. Questo è tra i peggiori dei tre frammenti del passato.»
Gli altri quattro compagni si radunarono attorno a lui e Zec chiese: «Perché? Ti è tornato in mente qualche  particolare?»
«È per come mi fa sentire» rispose Billy, combattendo l’impulso di coprirsi di nuovo le orecchie. «Mi ferisce nel profondo, in un modo che so di aver già provato e di non voler mai più provare.»
«E succede anche con il primo e l’ultimo?» domandò Michelle.
«Sì… però è diverso. Come se fosse un crescendo» le rispose. «Anzi con l’ultimo è differente. È come un male di cui senti il dolore con ritardo.»
Betty incrociò le braccia sul petto. «Allora è su quello che devi concentrati. In un suo modo perverso, Hart segue una logica: ti sta dando il tempo necessario per capirne il senso. Sa che puoi arrivare alla soluzione perché lui la conosce e voi in fondo siete parte della stessa persona.»
«State pronti» li mise in guardia Donovan. «Stiamo per cambiare.»
L’ambulanza svanì e ritornarono nella camera da letto.
Billy seguì l’istinto, nella stanza c’era la chiave per spezzare il cerchio infinito. Camminò fino al letto e osservò gli occhi di Elliott: erano arrossati, gonfi, come dopo un pianto. Fissavano il soffitto, poi ebbero un guizzo e puntarono altrove.
«La libreria» disse Billy, intercettandoli. Si girò e si fermò all’altezza del quarto scaffale dal basso. Lo sguardo di Elliott era diretto in un punto preciso. Afferrò la costina di un volume cartonato e gli mancò il fiato. «La Saga di Fenice Nera. È il mio… suo… insomma il fumetto preferito, quello in cui ci siamo sempre immedesimati… ora ha senso!»
«Cosa?» domandò Zec.
Billy si girò e tornò a osservare Elliott. «La corruzione di Jean/Fenice. Il potere che consuma.»
L’uomo nel letto ripeté: «Questa volta brucerò e basta.»
E Billy rispose: «La resa.»
L’ambiente intorno a tutti loro si cancellò.
Tornarono nell’ufficio del Consulente. Solo loro cinque, in piedi tra le sedie e la scrivania. La porta aperta.
«È finita?» chiese Michelle.
Betty si sistemò gli occhiali sul naso. «Direi che è così, ma non ho capito come…»
Billy continuò a fissarsi le mani, anche se il libro a fumetti non c’era più. «Elliott si è sempre identificato con la Forza Fenice. Sentiva di possedere la capacità di risorgere dalle ceneri come l’uccello mitologico a cui è ispirata e di poter alterare la realtà come una sorta di potere mentale a livello cosmico. E infine, come accade in quella sequenza di storie, venire corrotto da tale potere.»
Donovan lo guardò arricciando il naso. «E questo ci ha riportati a scuola?»
Billy scosse la testa. «Siamo tornati, perché mi sono ricordato cosa ha provato in quell’esatto momento. In quell’istante, sentendo il peso di eventi che non poteva controllare, ha deciso che si sarebbe arreso, scatenando il sogno della Bocca dell’Inferno.»     
Zec gli si mise di fronte. «Quindi quella frase…»
«Significa che anche lui è colpevole. Ha smesso di lottare.» Spiegò Billy. «Si è arreso all’oscurità e l’oscurità ha vinto. È imbattibile.»



                                                            Continua…? 

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