Sorge
Oscurità Maggiore 15: Il Valore dell’Oscurità
«Michelle Berg a colloquio con il
consulente.»
Michelle sollevò allarmata il volto dal
libro. Guardò negli occhi la professoressa Petrie e aprì la bocca per domandare
cosa doveva fare, in fin dei conti nessuno tra Betty, Donovan e Zec era ancora
rientrato.
«Sì, sì vai» le disse la professoressa,
con tono infastidito. «E speriamo non ci siano altre interruzioni.»
Michelle capì che non le sarebbe stata
di nessun aiuto. Raccolse quaderno, libro e astuccio e li ripose nello zaino.
Si alzò in piedi e osservò Billy. L’amico però non intercettò il suo sguardo:
si teneva la testa tra le mani e con la schiena piegata in avanti, si concentrava
sulle pagine del volume aperto sul banco, ma con gli occhi ridotti quasi a una
fessura.
“Forse
sta male… oppure è il suo potere…” pensò stringendo gli spallacci fino a
far sbiancare le nocche. Non sapeva come comportarsi, segnalare il possibile
malessere di Billy, oppure attenersi al piano concordato con gli altri e andare
a colloquio?
«Michelle! Cosa fai lì impalata!» la
rimproverò la professoressa Petrie.
Imbarazzata, Michelle si mosse rapida
verso l’uscita della classe. Le dispiaceva per Billy, ma avrebbe dovuto
cavarsela da solo, come del resto anche lei.
Attraversò il corridoio sperando di
scorgere i tre compagni andarle incontro e scambiarsi le informazioni sul
Consulente, ma non incrociò nessuno. Fu tentata di prendere lo smartphone dalla
tasca dei pantaloni e chiamare Dana, ma il timore di metterla in pericolo e
condannarla allo stesso destino di Aiden Cheung la frenò.
Michelle si bloccò davanti alla porta
socchiusa dell’ufficio del consulente. Forse era ancora in tempo: poteva fare
marcia indietro e rintracciare gli altri, insieme occuparsi di Billy e saltare
quella conversazione. In fin dei conti non era scritto da nessuna parte che
dovesse affrontare Oscurità Maggiore da sola.
«Coraggio, signorina Berg» la invitò
Hart Wyngarde dall’interno. «Stare fermi sull’uscio è da maleducati.»
Michelle deglutì e avanzò. Con passi
lenti e incerti, si addentrò nella stanza. Le parve normale, un po’ differente
da quella del suo responsabile per gli incontri sui disturbi alimentari, ma con
lo stesso stile neutro. Una scrivania con una sedia di fronte, uno schedario
sulla sinistra e lui, “l’uomo del terrore”, seduto sulla sua poltrona che la
fissava sorridente.
«Dove sono i miei compagni? Sono stati
convocati prima di me e non li ho più visti» disse tutto d’un fiato.
«Non parlo dei miei altri incontri, non
è professionale, dovrebbe saperlo signorina Berg» replicò Hart senza perdere la
calma. «Accomodati. Posso darti del tu e chiamarti Michelle?»
Lei annuì, temendo di contrariarlo e si
sedette sulla sedia.
«Oh, avanti non essere così tesa, si
tratta solo di una chiacchierata.» Hart aprì un cassetto ed estrasse un cestino
in metallo con dentro cioccolatini sferici dall’incarto dorato. «Tieni,
assaggiane uno, ti aiuteranno a rilassarti.»
Michelle osservò per pochi istanti il
contenitore offertole, stretto tra le dita del Consulente e poi scosse la
testa. «No, grazie. Sono a posto.»
«Sul serio? Sembra quasi tu abbia paura
di essere avvelenata.»
«No, no, io… ecco… sto cercando di
evitare spuntini fuori pasto.»
«Oh, certo. Non li rifiuti perché sono
Oscurità Maggiore e non si accettano dolci dal cattivo di turno, giusto?»
Michelle trasalì. «No… mi-mi dispiace
non intendevo offendere… è solo che non pen…»
«Tranquilla» le rispose lui, sempre con
il sorriso. «Non sono offeso. So che mi avete riconosciuto e per questo che
volevo incontrarvi.» Posò i cioccolatini sulla scrivania, si alzò e andò verso
lo schedario. Lo aprì, scostò due o tre cartellette, poi ne afferrò una e
richiuse il cassettone, tornando alla poltrona. Sollevò la copertina e osservò
il contenuto, poi la guardò in volto e disse: «Sei un piccolo diamante grezzo e
non lo immagini neanche.»
Michelle strabuzzò gli occhi. «Io?»
Hart annuì compiaciuto. «Poco
considerata a casa, i tuoi genitori sono ben lontani dal vincere il premio per
“padre e madre dell’anno”; bullizzata a scuola dalle solite sciacquette
altezzose, hai però attinto tutta da sola alla tua oscurità interiore e,
ragazza mia, hai fatto faville. Quel principio di scorticamento con energia
psionica era un vero tocco di classe.»
Michelle ricordava ciò a cui faceva
riferimento e rabbrividì. «Non ne vado fiera.»
«Lo so, ed è un vero peccato, uno
spreco. Hai un potenziale enorme, sotto la giusta guida e se non fossi frenata
da compagnie inadeguate potr…»
«È una mia scelta» intervenne. «Ho avuto
bisogno di qualcuno che mi facesse notare il mio errore, ma poi ho capito: come
uso il mio potere e perché lo faccio sono decisioni solo mie. Nessuno può
manipolarmi, o convincermi del contrario. Deciderò sempre da sola come
sfruttare il mio dolore e le capacità da Poltergeist. Non mi vergogno dei
sentimenti da cui l’ho creato.»
Hart divenne serio. «Vedo che hai le
idee molto chiare. Sono impressionato, di nuovo. Quindi vuoi rinunciare a
quella bella sensazione di libertà che provi ogni volta che dai sfogo al tuo
potere?»
Michelle sostenne il suo sguardo,
cominciò a sentirsi meno intimorita. «Ci sono altri modi, altre situazioni, che
mi aiutano a provare qualcosa di simile e sono meno pericolose.»
Un largo sorriso ricomparve sulle labbra
di Hart. «So a cosa ti riferisci. Stai parlando dei tuoi amici, anzi, mi
correggo, di un’amica in particolare. Una ragazza birichina, sensuale, più di
una semplice amica. La signorina Dana Giller, correggimi se sbaglio.»
Michelle si morse il labbro inferiore.
Aveva fatto centro, ma era sicura di non avergli dato modo si indovinarlo dalle
sue parole. Poi ricordò con chi aveva a che fare e a lui non serviva sentirsi
dire certi segreti, li percepiva e basta.
«Immagino sia una conclusione a cui tu
sia arrivata da sola, ma vorrei sottolineare come chi sceglie come aspetto un
look demoniaco, ha forti tendenze all’oscurità» riprese il Consulente Wyngarde.
«E grazie alle mie… doti, posso confermarti che nella signorina Giller c’è un
grande talento oscuro. Per certi versi, in questo, lei e il fratello sono molto
simili.»
«Dana non è una persona cattiva, forse
un po’ egoista, ma sa controllarsi e non farà mai del male di proposito»
replicò Michelle.
«Ho i miei dubbi sull’ultima
affermazione, ma il punto è un altro.» Hart chiuse il fascicolo e lo scostò da
davanti a sé. «Oltre all’attrazione fisica, c’è un’altra ragione per cui Dana
Giller si è interessata a te. Il tuo potenziale oscuro. Di sicuro quella parte
di te ha avuto il suo peso nell’attirarla, nel farti notare e intrigarla. Sei
abbastanza intelligente da capire che non sto mentendo.»
Michelle sentì il sudore formarsi ai
lati del busto. Una minuscola parte della sua mente aveva preso in
considerazione quell’ipotesi, liquidandola il più delle volte, ma senza mai
escluderla del tutto.
«Lei… noi non ne abbiamo mai discussso…»
«È ovvio, mia cara» rispose Hart. «Non è
un argomento che le coppie affrontano con facilità, ma dovresti domandarti se
la chimica tra di voi sarebbe altrettanto infuocata se tu reprimessi la tua
oscurità, fino a renderla inutile.»
«Non saprei…» Michelle spostò lo sguardo
da lui al cestino con i cioccolatini. L’ansia e l’inquietudine, unite
all’insicurezza e il timore di perdere la ragazza di cui era innamorata,
avevano riacceso il suo bisogno di cibo.
«E anche ammesso che sia solo una mia
preoccupazione, puoi essere sicura che non prenderà bene il fatto che tu voglia
privarla dei suoi poteri.»
Michelle tornò di colpo a fissarlo in
volto. «Non ho mai detto, o voluto una cosa simile.»
«Però è quello che accadrà. Se aiuterai
i tuoi amici a chiudere la Bocca dell’Inferno, una delle conseguenze inevitabili sarà l’annullamento degli effetti
del sogno e tutto ciò che è stato alterato.» Hart fece un lungo sospiro. «Non
sono un vero esperto in faccende amorose, ma non credo vi aiuterà a mantenere
la vostra relazione.»
Michelle avvertì il panico attanagliarle
la gola. Hart Wyngarde aveva ragione. Ogni mossa per allontanarsi da lui, per
combatterlo, era un passo che l’avrebbe portata sempre più distante da Dana.
Non voleva perderla, ma non voleva nemmeno condannare persone innocenti. Cosa
doveva fare?
Sollevò il capo e i suoi occhi si
scontarono con la carta dei cioccolatini.
«Posso avere uno dei cioccolatini?»
«Certamente, cara» rispose Hart e le
allungò il cestino.
Michelle pescò dal mucchio, facendo
scricchiolare l’incarto in plastica e strinse un dolcetto sferico nella mano.
“Ne
basta uno”, si ripeté. Uno solo. Il cioccolato la calmava, l’aiutava a
pensare. Uno non avrebbe fatto male. Forse anche due. Giusto per avere qualcosa
in bocca da sgranocchiare.
Lo scartò e mise tra le labbra la
pralina al fondente con scaglie di nocciola.
«Mentre ti gusti il cioccolatino,
rifletti su quello che ci siamo detti» la invitò Hart. «Come mi hai ripetuto,
alla fine, la decisione è solo tua.»
Michelle annuì. Era vero, nonostante
quello che avrebbero fatto gli altri, non potevano costringerla su nulla. L’ultima
parola sarebbe spettata a lei.
Continua…?
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