Il Gioco del Branco 32: Guarda l’Inferno con i Miei Occhi
Billy era stranito a esser parte di
quella bizzarra comitiva. Qualcosa era cambiato, ma non riusciva a percepire in
che modo.
Procedendo sul marciapiede, in testa al
gruppo con Zec al suo fianco, rimuginò sugli ultimi eventi e come risultassero
particolari. Primo: il messaggio ricevuto per svelare la lettera era firmato
con una K, iniziale di Kate e non più con la S di Sasha. Secondo: anche Jordan
era stato avvisato da Kate tramite cellulare e non con qualche legame mentale. Terzo:
la nemica sapeva dove abitava e stranamente voleva incontrarli in un terreno in
cui loro potevano essere in vantaggio.
Girò di poco il collo per poter
osservare i volti di Jordan e Chas che procedevano dietro di lui. Erano calmi e
non mostravano alcun segno di allarme.
«Perché vuole incontraci a casa mia?»
domandò.
Jordan incrociò i suoi occhi. «Lo
scoprirete lì.»
Billy spostò lo sguardo ancora più
indietro, dove Michelle, Betty e Donovan, uno vicino all’altra, camminavano in
chiusura del gruppo. Da dietro le lenti degli occhiali, l’amica gli fece cenno
di non dire altro.
Si girò, guardando avanti e sentendo le
dita di Zec intrecciarsi alle sue della mano più vicina. Pensò che non lo aveva
mai portato nell’appartamento in cui viveva come minorenne emancipato e avrebbe
voluto mostrargli la sua casa in circostanze piacevoli.
«Percepisci qualcosa di diverso? Nessun
pizzicore al tuo senso soprannaturale?» gli domandò Zec con un filo di voce.
Lui scosse la testa. «Non so davvero
cosa aspettarmi.»
Arrivati davanti al palazzo con il suo
appartamento, Billy compì i soliti gesti con naturalezza. Estrasse le chiavi
dalla tasca, aprì il portone, lasciò entrare i sei ragazzi e lo richiuse alle
sue spalle. Sempre in fila, salirono le scale fino al terzo piano e poi infilò
la chiave media nella seconda porta sulla destra e la spalancò.
Un vento freddo li accolse e l’uscio
sbatté, chiudendosi a causa della corrente.
Billy notò subito che il semplice
arredamento del monolocale era a posto, solo la finestra era spalancata, con
molta probabilità la via di ingresso da cui si era intrufolata l’ospite
sgradita, che lo fissava.
Kate sedeva comoda sul suo piccolo
divano biposto. «È un po’ che vi aspetto» li accolse seria.
«Cosa vuoi?» la incalzò Billy.
«Mostrare la verità.»
Donovan sbuffò dal naso. «La sappiamo
già: tu e Sasha siete la stessa persona.»
La donna sorrise. «Questo non vi dà
nessun vantaggio. Come credete sia riuscita a sapere della lettera? Il mio legame con l’altra me è più forte di
quello tra il vostro amico e il suo “creatore”.»
«A proposito, il contenuto della lettera
di Elliott a Billy, o il fatto che ha voluto tenercela nascosta per mesi, non è
servito a dividerci» aggiunse Zec.
Kate si alzò con lentezza in piedi. «Non
vi nascondo che questo mi ha infastidito, siete così ingenui. Questo finto
ragazzo non è il protettore che credete.»
«Sono discorsi inutili» rispose Betty.
«La nostra opinione su Billy non
cambia.»
«Gli amici servono a questo» continuò
Michelle. «Tu non puoi dire lo stesso, visto come si sono ridotti i tuoi.»
Kate soffiò tra i denti. «Posso farmene
degli altri, per ora mi bastano quelli rimasti e comunque anche questa non è
una vittoria. Avete guadagnato solo qualche punto.»
Billy guardò Chas e Jordan e ancora una
volta li trovò impassibili. Quindi rivolse la sua attenzione sulla loro Alpha.
«Non ho idea del perché Sasha sia così arrabbiata con me, ma le nostre vite non
sono un gioco. Devi smetterla.»
«Non ti azzardare a darmi ordini.» Kate
fece un cenno con la testa ai due membri superstiti del suo branco.
Jordan ringhiò e le fiamme esplosero dal
suo corpo. Chas si schiarì la gola e poi iniziò dei vocalizzi.
Al suono della voce della ragazza, Billy
provò un senso di intontimento, non era più stabile sulle sue gambe ed era lo
stesso per i suoi amici.
«Cosa… cosa vuoi farci?» domandò.
«Ve l’ho già detto, mostravi la verità.
Dopo vedremo se sarete ancora sicuri di essere dalla parte giusta.» Kate camminò verso di loro e spintonandoli
leggermente, li obbligò a riunirsi in cerchio.
Billy si ritrovò con accanto Zec,
schiacciato contro Betty alla sua destra; la donna si posizionò alle loro
spalle, mentre di fronte vide barcollare Michelle e Donovan, a loro volta con
dietro Jordan pronto a sfoderare gli artigli.
«State fermi» intimò Kate. «Farà un po’
male.»
Due punture acute sulla nuca fecero
sussultare Billy. Osservando la scena davanti a lui, capì che Kate aveva
affondato gli artigli di una mano nella sua carne, come stava facendo Jordan
con Donovan e Michelle. Non riuscì a girarsi di lato per constatare che anche
Betty e Zec stessero subendo lo stesso trattamento, ma era certo fosse così.
Il dolore si attenuò e avvertì il
bisogno di chiudere gli occhi.
Stavano viaggiando in auto.
Billy lo capiva dalla sensazione di
essere sballottato, ma non era seduto nell’abitacolo. Vedeva la scena, la stava
vivendo, ma non era lì.
Nell’auto rossa c’erano due ragazze.
Una di circa diciotto anni dai capelli
castano scuro, seduta alla guida e una bionda sui dodici o tredici nel posto
del passeggero.
«Non ce la faccio più, Crystal» sbottò
la biondina. «Mamma e papà si odiano e mi tirano in ballo per ogni stupidaggine.
Sono la loro scusa per farsi la guerra.»
«Lo so, Sasha. Devi avere ancora un po’
di pazienza» le rispose comprensiva l’altra. «L’affidamento congiunto fa
schifo, anche a me non piace essere trascinata di qua e di là per i loro litigi.
Però presto non dovremo più preoccuparcene.»
«Non hai cambiato idea?»
«Assolutamente» rispose Crystal, voltandosi
per guardarla convinta e riportando poi gli occhi sulla strada davanti a sé.
«Perché credi ti abbia detto di sbrigarti all’uscita della scuola? Ti sto
portando in quella che diventerà la nostra nuova casa.»
«Sul serio?» esultò Sasha. «Dov’è?
Com’è?»
Crystal sorrise. «Non esaltarti troppo.
È un piccolo appartamento, poco fuori Dorms. Con quello che ho messo da parte come cameriera, non
possiamo permetterci molto di più, ma ci adatteremo.»
Sasha lanciò un gridolino e saltò al
collo della sorella.
Lei fu spiazzata dal gesto e perse per
un attimo la presa sul volante, facendo sbandare l’auto sulla destra,
riprendendo però subito il controllo e tornado nella corsia giusta.
Sasha tornò composta. «E saremo solo noi
due?»
Crystal annuì. «Tra poco finirò il
liceo, avrò il diploma e potrò richiedere la tua custodia. Sono già in contatto
con un assistente sociale.»
«Ti darò una mano. Mi cercherò un
lavoretto o…»
«No, tu andrai a scuola e ti impegnerai
ad avere voti alti. È la nostra unica arma per dimostrare che possiamo vivere
sole, senza mamma e papà. Del resto mi occuperò io.»
Sasha divenne pensierosa. «E se non ci
riuscissimo? Se trovassero un modo per tenermi con loro? Te ne andai da sola?»
«Non ti lascerò mai. Te l’ho già detto.
Nessuno potrà sep… ma che diavolo!» Crystal pigiò il piede sul freno, facendo
arrestare bruscamente la loro corsa.
Dal parabrezza era visibile un uomo
steso sul cemento a pochi passi davanti al muso dell’auto.
«Cos’ha? Sta male?» domandò Sasha.
Crystal si tolse la cintura di sicurezza
e aprì lo sportello. «Vado a vedere cosa gli succede. Tu resta dentro.»
Sasha slacciò a sua volta la cintura e
aprì lenta la portiera. «No, voglio aiutarti.»
«Rimani lì.»
Sbuffando, Sasha restò ferma
all’interno.
Crystal chiuse la portiera e procedette
verso l’uomo disteso. «Ehi! Tutto bene?» domandò a voce alta. Non ricevendo
risposta, si avvicinò e si piegò verso il basso.
L’uomo le agguantò il polso e spalancò
gli occhi. Erano scuri come pece e iniettati di venature rosse come il sangue.
Aprì la bocca e rivelò un paio di canini aguzzi.
Un vampiro.
Trascinò Crystal verso di sé, lei oppose
resistenza e riuscì a tirarsi su. Lui non si arrese e nella frazione di un
secondo fu in piedi e le addentò il collo.
«No!» urlò Sasha. Si gettò fuori dal
veicolo e corse verso la sorella in pericolo. Dopo il primo passo gridò:
«Lasciala stare!»
Il vampiro fu sbalzato dalla sua preda e
volò in mezzo al campo d’erba che costeggiava la strada in cemento.
Crystal cadde sulle ginocchia e Sasha la
raggiunse, tenendosi la testa e accovacciandosi al suo fianco.
«Mi ha… morso» disse incredula la
sorella maggiore. Si tastò la ferita e il palmo destro fu intriso di sangue, un
rivolo le scivolò sulla pelle dal collo fin sotto la maglia. «È un pazzo!
Andiamo via.»
Si rimisero in piedi insieme e
arrancando verso l’auto, Sasha mugolò. «Mi fa male la testa.»
«Ti ha colpita?»
«No.»
Rimontarono sull’auto rossa e chiusero
le portiere.
Crystal girò la chiave, premette il
piede sull’acceleratore e sgommò rapida. «Andiamo in ospedale.»
Stringendo le palpebre per il dolore,
Sasha rispose. «No… mamma e papà potrebbero…»
Il suono di vetri infranti la zittì e le
fece riaprire di getto gli occhi.
L’uomo era attaccato al finestrino del
guidatore. Agguantò il volante stretto da Crystal e lo girò con forza,
obbligando l’auto a sterzare. Uscirono dalla strada e si schiantarono contro un
palo della luce.
Sasha vide tutto scuro, poi era
all’esterno dell’abitacolo e osservava se stessa all’interno, priva di sensi
sul sedile del passeggero. Spostò lo sguardo e dal finestrino infranto, l’uomo
teneva stretta a sé Crystal, a peso morto e con i canini aguzzi infilati nella
ferita aperta.
Udì l’orribile rumore del risucchio.
Stava bevendo il suo sangue.
Stava uccidendo sua sorella.
«Fermo! Lasciala! Aiuto!» urlò Sasha
all’esterno. La voce risuonò ovattata come sotto a una cupola.
Girò intorno all’auto e provò ad
afferrare le spalle dell’uomo, ma le sue braccia gli passarono attraverso.
Era morta? Era un fantasma? Per quello
poteva vedere il suo corpo dentro l’auto?
Sasha si guardò intorno nel panico.
L’intera scena iniziò a sgretolarsi come
una fotografia consumata dalle fiamme.
Billy riaprì gli occhi e percepì le
unghie di Kate sfilarsi dalla sua carne e arretrare da lui.
Jordan fece altrettanto, si allontanò da
Donovan e Michelle, estinguendo le fiamme dal suo fisico.
Contemporaneamente, Chas smise di colpo
di canticchiare.
Riacquistando in pochi istanti la
lucidità, Billy si scambiò delle occhiate con gli amici intorno e capì di avere
avuto tutti la medesima esperienza.
«Ci hanno portati in un ricordo,
l’incidente che ha mandato in coma Sasha» disse, parlando a nome di tutti.
Donovan si massaggio il retro della
testa e del collo. «Cosa c’entra questo con te? E con Elliott?»
«È colpa sua!» ringhiò Kate. «Lui ha
sognato di vivere su una Bocca dell’Inferno, ha portato un vampiro nel mondo
reale e ha fatto uccidere Crystal. È un assassino.»
Zec si voltò verso di lei. «No, lui non
vo…»
«Non l’ha fatto di proposito» lo
interruppe Betty. «Elliott ha agito in modo… precipitoso con i suoi poteri, ma
ha mandato Billy per rimediare.»
«Sono solo patetiche scuse» replicò
Kate. «Tutto è successo a causa sua e continuando a scusarlo, siete colpevoli
anche voi.»
«Ma abbiamo cercato di fermare Elliott,
appena abbiamo scoperto che era responsabile della Bocca dell’Inferno» fece
Michelle.
«Non importa, Kate ha ragione su Elliott»
intervenne Billy. Ed era sincero, non voleva rabbonire la nemica. La guardò
dritta in volto. «È tutta colpa sua e per estensione anche mia. Non posso dire
niente per giustificare la morte della sorella di Sasha… tua sorella. Mi
dispiace. Stai soffrendo, ma continuando il tuo gioco, il vostro, vi state
comportando come Elliott. Create solo altro dolore e sofferenza. Deve finire
qui.»
Kate fece un passo avanti. «No» rispose.
«Il gioco non finirà, continuerà all’infinito, se ne avrò voglia.» Gli passò accanto, prese Jordan e Chas per un
braccio e insieme raggiunsero la porta. L’aprì, si girò e aggiunse: «Io devo
soffrire e allora devono farlo anche gli altri. Qualsiasi cosa succeda,
qualunque morte, sarà colpa di tutti voi.»
Billy la osservò uscire e allontanarsi
sulle scale. Non trovò la forza per andarle dietro, o tentare di bloccarla, e
anche se ci fosse riuscito, non sapeva come fare per farle cambiare idea.
Continua…?
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