lunedì 9 settembre 2024

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 68

Il Gioco del Branco 32: Guarda l’Inferno con i Miei Occhi

 

Billy era stranito a esser parte di quella bizzarra comitiva. Qualcosa era cambiato, ma non riusciva a percepire in che modo.

Procedendo sul marciapiede, in testa al gruppo con Zec al suo fianco, rimuginò sugli ultimi eventi e come risultassero particolari. Primo: il messaggio ricevuto per svelare la lettera era firmato con una K, iniziale di Kate e non più con la S di Sasha. Secondo: anche Jordan era stato avvisato da Kate tramite cellulare e non con qualche legame mentale. Terzo: la nemica sapeva dove abitava e stranamente voleva incontrarli in un terreno in cui loro potevano essere in vantaggio.
Girò di poco il collo per poter osservare i volti di Jordan e Chas che procedevano dietro di lui. Erano calmi e non mostravano alcun segno di allarme.  
«Perché vuole incontraci a casa mia?» domandò.
Jordan incrociò i suoi occhi. «Lo scoprirete lì.»
Billy spostò lo sguardo ancora più indietro, dove Michelle, Betty e Donovan, uno vicino all’altra, camminavano in chiusura del gruppo. Da dietro le lenti degli occhiali, l’amica gli fece cenno di non dire altro.
Si girò, guardando avanti e sentendo le dita di Zec intrecciarsi alle sue della mano più vicina. Pensò che non lo aveva mai portato nell’appartamento in cui viveva come minorenne emancipato e avrebbe voluto mostrargli la sua casa in circostanze piacevoli.
«Percepisci qualcosa di diverso? Nessun pizzicore al tuo senso soprannaturale?» gli domandò Zec con un filo di voce.
Lui scosse la testa. «Non so davvero cosa aspettarmi.»
Arrivati davanti al palazzo con il suo appartamento, Billy compì i soliti gesti con naturalezza. Estrasse le chiavi dalla tasca, aprì il portone, lasciò entrare i sei ragazzi e lo richiuse alle sue spalle. Sempre in fila, salirono le scale fino al terzo piano e poi infilò la chiave media nella seconda porta sulla destra e la spalancò.
Un vento freddo li accolse e l’uscio sbatté, chiudendosi a causa della corrente.
Billy notò subito che il semplice arredamento del monolocale era a posto, solo la finestra era spalancata, con molta probabilità la via di ingresso da cui si era intrufolata l’ospite sgradita, che lo fissava.
Kate sedeva comoda sul suo piccolo divano biposto. «È un po’ che vi aspetto» li accolse seria.
«Cosa vuoi?» la incalzò Billy.
«Mostrare la verità.»
Donovan sbuffò dal naso. «La sappiamo già: tu e Sasha siete la stessa persona.»
La donna sorrise. «Questo non vi dà nessun vantaggio. Come credete sia riuscita a sapere della lettera?  Il mio legame con l’altra me è più forte di quello tra il vostro amico e il suo “creatore”.»
«A proposito, il contenuto della lettera di Elliott a Billy, o il fatto che ha voluto tenercela nascosta per mesi, non è servito a dividerci» aggiunse Zec.
Kate si alzò con lentezza in piedi. «Non vi nascondo che questo mi ha infastidito, siete così ingenui. Questo finto ragazzo non è il protettore che credete.»
«Sono discorsi inutili» rispose Betty. «La  nostra opinione su Billy non cambia.»
«Gli amici servono a questo» continuò Michelle. «Tu non puoi dire lo stesso, visto come si sono ridotti i tuoi.»
Kate soffiò tra i denti. «Posso farmene degli altri, per ora mi bastano quelli rimasti e comunque anche questa non è una vittoria. Avete guadagnato solo qualche punto.»
Billy guardò Chas e Jordan e ancora una volta li trovò impassibili. Quindi rivolse la sua attenzione sulla loro Alpha. «Non ho idea del perché Sasha sia così arrabbiata con me, ma le nostre vite non sono un gioco. Devi smetterla.»
«Non ti azzardare a darmi ordini.» Kate fece un cenno con la testa ai due membri superstiti del suo branco.
Jordan ringhiò e le fiamme esplosero dal suo corpo. Chas si schiarì la gola e poi iniziò dei vocalizzi.
Al suono della voce della ragazza, Billy provò un senso di intontimento, non era più stabile sulle sue gambe ed era lo stesso per i suoi amici.
«Cosa… cosa vuoi farci?» domandò.
«Ve l’ho già detto, mostravi la verità. Dopo vedremo se sarete ancora sicuri di essere dalla parte giusta.»  Kate camminò verso di loro e spintonandoli leggermente, li obbligò a riunirsi in cerchio.
Billy si ritrovò con accanto Zec, schiacciato contro Betty alla sua destra; la donna si posizionò alle loro spalle, mentre di fronte vide barcollare Michelle e Donovan, a loro volta con dietro Jordan pronto a sfoderare gli artigli.
«State fermi» intimò Kate. «Farà un po’ male.»
Due punture acute sulla nuca fecero sussultare Billy. Osservando la scena davanti a lui, capì che Kate aveva affondato gli artigli di una mano nella sua carne, come stava facendo Jordan con Donovan e Michelle. Non riuscì a girarsi di lato per constatare che anche Betty e Zec stessero subendo lo stesso trattamento, ma era certo fosse così.
Il dolore si attenuò e avvertì il bisogno di chiudere gli occhi.
 

Stavano viaggiando in auto.

Billy lo capiva dalla sensazione di essere sballottato, ma non era seduto nell’abitacolo. Vedeva la scena, la stava vivendo, ma non era lì.
Nell’auto rossa c’erano due ragazze.
Una di circa diciotto anni dai capelli castano scuro, seduta alla guida e una bionda sui dodici o tredici nel posto del passeggero.
«Non ce la faccio più, Crystal» sbottò la biondina. «Mamma e papà si odiano e mi tirano in ballo per ogni stupidaggine. Sono la loro scusa per farsi la guerra.»
«Lo so, Sasha. Devi avere ancora un po’ di pazienza» le rispose comprensiva l’altra. «L’affidamento congiunto fa schifo, anche a me non piace essere trascinata di qua e di là per i loro litigi. Però presto non dovremo più preoccuparcene.»
«Non hai cambiato idea?»
«Assolutamente» rispose Crystal, voltandosi per guardarla convinta e riportando poi gli occhi sulla strada davanti a sé. «Perché credi ti abbia detto di sbrigarti all’uscita della scuola? Ti sto portando in quella che diventerà la nostra nuova casa.»
«Sul serio?» esultò Sasha. «Dov’è? Com’è?»
Crystal sorrise. «Non esaltarti troppo. È un piccolo appartamento, poco fuori Dorms. Con quello  che ho messo da parte come cameriera, non possiamo permetterci molto di più, ma ci adatteremo.»
Sasha lanciò un gridolino e saltò al collo della sorella.
Lei fu spiazzata dal gesto e perse per un attimo la presa sul volante, facendo sbandare l’auto sulla destra, riprendendo però subito il controllo e tornado nella corsia giusta.
Sasha tornò composta. «E saremo solo noi due?»
Crystal annuì. «Tra poco finirò il liceo, avrò il diploma e potrò richiedere la tua custodia. Sono già in contatto con un assistente sociale.»
«Ti darò una mano. Mi cercherò un lavoretto o…»
«No, tu andrai a scuola e ti impegnerai ad avere voti alti. È la nostra unica arma per dimostrare che possiamo vivere sole, senza mamma e papà. Del resto mi occuperò io.»
Sasha divenne pensierosa. «E se non ci riuscissimo? Se trovassero un modo per tenermi con loro? Te ne andai da sola?»
«Non ti lascerò mai. Te l’ho già detto. Nessuno potrà sep… ma che diavolo!» Crystal pigiò il piede sul freno, facendo arrestare bruscamente la loro corsa.
Dal parabrezza era visibile un uomo steso sul cemento a pochi passi davanti al muso dell’auto.
«Cos’ha? Sta male?» domandò Sasha.
Crystal si tolse la cintura di sicurezza e aprì lo sportello. «Vado a vedere cosa gli succede. Tu resta dentro.»
Sasha slacciò a sua volta la cintura e aprì lenta la portiera. «No, voglio aiutarti.»
«Rimani lì.»
Sbuffando, Sasha restò ferma all’interno.
Crystal chiuse la portiera e procedette verso l’uomo disteso. «Ehi! Tutto bene?» domandò a voce alta. Non ricevendo risposta, si avvicinò e si piegò verso il basso.  
L’uomo le agguantò il polso e spalancò gli occhi. Erano scuri come pece e iniettati di venature rosse come il sangue. Aprì la bocca e rivelò un paio di canini aguzzi.
Un vampiro.
Trascinò Crystal verso di sé, lei oppose resistenza e riuscì a tirarsi su. Lui non si arrese e nella frazione di un secondo fu in piedi e le addentò il collo.
«No!» urlò Sasha. Si gettò fuori dal veicolo e corse verso la sorella in pericolo. Dopo il primo passo gridò: «Lasciala stare!»
Il vampiro fu sbalzato dalla sua preda e volò in mezzo al campo d’erba che costeggiava la strada in cemento.
Crystal cadde sulle ginocchia e Sasha la raggiunse, tenendosi la testa e accovacciandosi al suo fianco.
«Mi ha… morso» disse incredula la sorella maggiore. Si tastò la ferita e il palmo destro fu intriso di sangue, un rivolo le scivolò sulla pelle dal collo fin sotto la maglia. «È un pazzo! Andiamo via.»
Si rimisero in piedi insieme e arrancando verso l’auto, Sasha mugolò. «Mi fa male la testa.»
«Ti ha colpita?»
«No.»
Rimontarono sull’auto rossa e chiusero le portiere.
Crystal girò la chiave, premette il piede sull’acceleratore e sgommò rapida. «Andiamo in ospedale.»
Stringendo le palpebre per il dolore, Sasha rispose. «No… mamma e papà potrebbero…»
Il suono di vetri infranti la zittì e le fece riaprire di getto gli occhi.
L’uomo era attaccato al finestrino del guidatore. Agguantò il volante stretto da Crystal e lo girò con forza, obbligando l’auto a sterzare. Uscirono dalla strada e si schiantarono contro un palo della luce.
Sasha vide tutto scuro, poi era all’esterno dell’abitacolo e osservava se stessa all’interno, priva di sensi sul sedile del passeggero. Spostò lo sguardo e dal finestrino infranto, l’uomo teneva stretta a sé Crystal, a peso morto e con i canini aguzzi infilati nella ferita aperta.
Udì l’orribile rumore del risucchio.
Stava bevendo il suo sangue.
Stava uccidendo sua sorella.
«Fermo! Lasciala! Aiuto!» urlò Sasha all’esterno. La voce risuonò ovattata come sotto a una cupola.
Girò intorno all’auto e provò ad afferrare le spalle dell’uomo, ma le sue braccia gli passarono attraverso.
Era morta? Era un fantasma? Per quello poteva vedere il suo corpo dentro l’auto?
Sasha si guardò intorno nel panico.
L’intera scena iniziò a sgretolarsi come una fotografia consumata dalle fiamme.
 

Billy riaprì gli occhi e percepì le unghie di Kate sfilarsi dalla sua carne e arretrare da lui.

Jordan fece altrettanto, si allontanò da Donovan e Michelle, estinguendo le fiamme dal suo fisico. Contemporaneamente,  Chas smise di colpo di canticchiare.
Riacquistando in pochi istanti la lucidità, Billy si scambiò delle occhiate con gli amici intorno e capì di avere avuto tutti la medesima esperienza.
«Ci hanno portati in un ricordo, l’incidente che ha mandato in coma Sasha» disse, parlando a nome di tutti.
Donovan si massaggio il retro della testa e del collo. «Cosa c’entra questo con te? E con Elliott?»
«È colpa sua!» ringhiò Kate. «Lui ha sognato di vivere su una Bocca dell’Inferno, ha portato un vampiro nel mondo reale e ha fatto uccidere Crystal. È un assassino.»
Zec si voltò verso di lei. «No, lui non vo…»
«Non l’ha fatto di proposito» lo interruppe Betty. «Elliott ha agito in modo… precipitoso con i suoi poteri, ma ha mandato Billy per rimediare.»
«Sono solo patetiche scuse» replicò Kate. «Tutto è successo a causa sua e continuando a scusarlo, siete colpevoli anche voi.»
«Ma abbiamo cercato di fermare Elliott, appena abbiamo scoperto che era responsabile della Bocca dell’Inferno» fece Michelle.
«Non importa, Kate ha ragione su Elliott» intervenne Billy. Ed era sincero, non voleva rabbonire la nemica. La guardò dritta in volto. «È tutta colpa sua e per estensione anche mia. Non posso dire niente per giustificare la morte della sorella di Sasha… tua sorella. Mi dispiace. Stai soffrendo, ma continuando il tuo gioco, il vostro, vi state comportando come Elliott. Create solo altro dolore e sofferenza. Deve finire qui.»
Kate fece un passo avanti. «No» rispose. «Il gioco non finirà, continuerà all’infinito, se ne avrò voglia.»  Gli passò accanto, prese Jordan e Chas per un braccio e insieme raggiunsero la porta. L’aprì, si girò e aggiunse: «Io devo soffrire e allora devono farlo anche gli altri. Qualsiasi cosa succeda, qualunque morte, sarà colpa di tutti voi.»
Billy la osservò uscire e allontanarsi sulle scale. Non trovò la forza per andarle dietro, o tentare di bloccarla, e anche se ci fosse riuscito, non sapeva come fare per farle cambiare idea.  
 
 
 

                                                                     Continua…?

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