lunedì 21 agosto 2017

Darklight Children - Capitolo 46


CAPITOLO 46
Mutazione imprevista

 

Gabriel Asti saltò la cancellata che circondava Villa Asti, gettandosi all’interno del giardino come un animale in fuga.
Spalancò la porta d’ingresso ed entrò, camminò incurvato in avanti, a quattro zampe come una bestia. Andò diritto in bagno, riprese la posizione eretta e accendendo la luce, guardò con orrore il suo volto riflesso nello specchio dell’armadietto dei medicinali.
Non si era ancora abituato alla deformazione. La sua testa si era allargata per far posto ai nuovi organi comparsi: le corna da ariete che gli partivano dalle tempie; le zanne acuminate, spuntate in aggiunta nel mezzo del normale numero di denti; le squame dure e verde duro, che sostituivano la sua pelle curata; gli occhi gli sembravano più piccoli, ma avevano mantenuto il colore naturale. 
«Maledizione» ringhiò, pulendosi il sangue rappreso ai lati della bocca con il dorso squamoso della mano tozza, e anche la voce che uscì fu diversa dal solito. Non più un tono suadente, ma un suono gutturale. Quella mutazione inaspettata era avvenuta rapidamente, quasi due mesi prima, poco dopo che il Ritus era stato ridotto in cenere.
Gabriel si era nascosto in casa, non facendosi vedere  neanche dai suoi coinquilini Luciano e Miki, ma da un mese e mezzo quel problema non si era più posto. I due erano scomparsi senza lasciare traccia e andarli a cercare si trovava all’ultimo posto nella sua lista delle priorità. Aveva altri problemi di cui occuparsi. Da quando si era trasformato in quel mostro, era posseduto da una fame incontrollabile. Aveva ucciso quasi tutti i volatili che giravano nei dintorni e dopo ogni caccia e pasto, non riusciva a sentirsi sazio.
Per quel motivo quella sera, approfittando del buio che celava in parte il suo nuovo aspetto, era uscito a cacciare, tornando in città nello stesso parco dove aveva aggredito un uomo, dovendosi però accontentare del suo cane come spuntino. Di nuovo non era stato fortunato. Anche stavolta aveva trovato solo una paio di gatti randagi, senza esserne soddisfatto.
Gabriel scagliò un pugno contro il vetro dello specchio con la mano destra, anch’essa squamata, provvista di artigli scuri. «Perché mi hai fatto questo DiKann? Mi punisci per aver perso il tuo dannato libro?» domandò alla sua immagine frammentata.
Come le decine di volte precedenti, non ricevette alcuna riposta. Qualcosa però si agitò nella sua mente. C’era un luogo in cui poteva andare per avere delle risposte. Avrebbe dovuto pensarci già da tempo, ma la sua parte bestiale aveva sempre preso il sopravvento.
«Un negozio di magia è il luogo ideale per trovare la spiegazione alla mia trasformazione in demone» disse sogghignando e il riflesso frantumato nello specchio assunse un espressione ancora più grottesca.

Angelo Moser appoggiò svogliatamente i gomiti sulla superficie del bancone del suo negozio di magia, il Portale Mistico. E come ogni sera era deserto. In realtà lo era pure durante il giorno, ma in realtà non era la mancanza di clienti a preoccuparlo.
Purtroppo non tutti i piani vanno a buon fine pensò Angelo. Uno dei ragazzi che era stato inviato a controllare e guidare era morto e da quel giorno nessuno dei suoi compagni si era più fatto vedere nel negozio. Ogni giorno lo teneva aperto fino a tarda sera, non tanto per incrementare gli affari, ma illudendosi e sperando che almeno uno di loro facesse capolino dalla porta.
Rassegnato, Angelo guardò l’orologio al polso. «Anche oggi è stato del tutto inutile.» Si spostò dal bancone e andò verso l’entrata. Girò il cartello su CHIUSO e si diresse sulla destra per spegnere l’interruttore centrale delle luci.
Al buio, illuminato solo dal tenue bagliore dei lampioni all’esterno, sentì un rumore provenire dal cancello che circondava l’edificio. Mise le dita sulla maniglia, ma qualcosa di fulmineo spalancò la porta. Gli piombò addosso e lo fece cadere a terra sulla schiena. 
«Non fare scherzi» gli intimò una figura massiccia, quasi sdraiata sopra di lui.
Angelo annusò controvoglia il suo alito. Puzzava di rancido e carne morta. Mentre la sua voce gli parve troppo cavernosa per essere di un semplice essere umano. «Cosa sei?»
«Quello che sembro.»
L’uomo strizzò gli occhi e gli parve di vedere un colorito verdastro dipingere l’intero corpo della creatura. Scorse anche un paio di corna e bava luccicante impigliata tra le sue zanne. «Un demone.»
«Sì. E tu devi farmi tornare normale.»
«Non capisco cosa intendi.»
Il demone lo sollevò di peso dal pavimento e lo sbatté contro il bancone. «Non fare giochetti. Hai un sacco di roba qua dentro. Dammi qualcosa che mi faccia tornare uomo!»
Angelo intuì cosa intendeva, ma non riuscì a credere al suo stesso pensiero. Per accertarsene doveva avere più luce. «Illuminae Solarae» gridò.
L’oscurità cessò all’istante e una luce bianca e accecante si diffuse in tutto il locale.
La creatura balzò all’indietro, lasciandolo libero. Prima che si coprisse gli occhi, lui riuscì a riconoscere il suo sguardo. Era quello di un essere umano. O meglio, di chi lo era stato fino a poco tempo prima.
«Ormai è troppo tardi» gli disse. «Giunto a questo stadio, per te è impossibile tornare indietro. Il tuo cambiamento è irreversibile.»
«Non è vero!» urlo il demone, rimanendo sempre indietro e con il braccio ricoperto di squame a coprirgli in parte il volto. «Ho già subito mutazioni. Una volta sono morto in questo posto e DiKann mi ha resuscitato. Ci deve essere una soluzione anche a questo!»
«Tu sei morto qui? Allora eri uno degli uomini della setta. Lavoravi per Oliver Barbieri.»
A sentire quel nome la bestia ruggì e si scagliò in avanti per aggredirlo. Lui fu più veloce. Gridò: «Diniegos» e l’essere fu sbattuto violentemente all’indietro, colpendo una libreria e rovesciando il contenuto dei suoi scaffali sul corpo non più umano. «Non sto mentendo. Ma quell’uomo da solo non poteva ridurti così. Cosa ti è successo?»
Il demone non gli rispose, si scansò da dosso libri, candele e ninnoli, saltò in avanti e cercò di assalirlo di nuovo. Prima che potesse afferrarlo, Angelo si mise la mano sinistra sugli occhi e disse: «Lux.»
La luce si intensificò, diffondendo calore nella stanza, tanto che rivoli di fumo si alzarono dalle squame del demone. Confuso, accecato e spaventato, si lanciò verso la porta e scompari nel buio della sera.
«Eclissae» disse l’uomo e il negozio sprofondò di nuovo nel buio. Avanzò lentamente verso la porta e si accertò che non ci fossero altre sorprese lì intorno. Era stato fortunato a riuscire a metterlo in fuga, soprattutto perché non era preparato ad affrontare niente del genere. «Se Oliver Barbieri era in grado di tramutare gli uomini in demoni, ha ottenuto quel potere da DiKann. Solo demoni antichi come lui possono permettere metamorfosi di quel tipo. Mi chiedo quanti di loro sono in giro per la città.»
Nel silenzio che lo circondava, Angelo temé che avrebbe scoperto fin troppo presto la risposta.

Per la seconda volta in quella serata, Gabriel si ritrovò a tornare a casa infuriato per il fallimento. Il proprietario del negozio di magia si era già dimostrato un avversario pericoloso in passato, ma era convinto che la sua nuova situazione, gli desse un notevole vantaggio.
Superò con un unico salto il cancello della sua villetta e non appena planò sull’erba sentì che c’era qualcosa di diverso. Il suo olfatto era potenziato dopo la trasformazione e negli ultimi tempi lo guidava e gli forniva informazioni importanti, prima che potessero farlo gli altri sensi.
Gabriel annusò una seconda volta, l’aria, inspirando lento e capì di non essere solo. Un intruso si era intrufolato nella sua proprietà. Era un odore strano, non gli ricordava niente che conosceva, ma era ancora affamato e non gli importava: aveva la possibilità di non andare a letto a stomaco vuoto.
Si mise a quattro zampe e proseguì seguendo la scia di quell’odore. Spinse la porta d’ingresso e questa si aprì senza fare alcun rumore. Ormai non chiudeva più a chiave, non temeva nessuno, erano gli altri a dover aver paura di ritrovarsi soli con lui. Attraversò il corridoio al buio, scoprendo di non aver bisogno di accendere le luci: un altro effetto di quando era la parte animale a prendere il comando. I suoi occhi lo guidavano con sicurezza nell’oscurità, come una naturale vista a infrarossi
Gabriel andò sicuro in cucina e si fermò sull’uscio. Il frigorifero vuoto era sprovvisto dello sportello, lo aveva sradicato in uno dei suoi primi eccessi d’ira per la mancanza di cibo, la luce interna dell’elettrodomestico illuminava debolmente la stanza, rivelando l’aspetto del misterioso sconosciuto.
Una creatura simile a lui ma con squame blu e un paio di corna nere a punta, lo fissava con la bocca allargata in quello che poteva sembrare un sorriso. «Finalmente, sei tornato. È da un po’ che ti aspetto.»
«Chi sei?» ringhiò Gabriel digrignando i denti.
«Per te sarò un maestro.»
Infastidito dalla mancanza di informazioni dello sconosciuto, Gabriel reagì come faceva sempre di recente. Si lanciò verso il suo ospite non invitato, pronto a morderlo come una qualsiasi altra preda.
L’altro demone lo afferrò all’istante per il collo, con la sola mano destra e lo gettò contro il muro. «A quanto vedo sei ancora nella fase “istinto animale”.»
« Che vuoi? Chi sei?» chiese, mentre cercava di rimettersi in piedi.
«Ricominciamo da capo.» L’altro demone gli si avvicinò e parlò lentamente, come se stesse spiegando qualcosa di complicato a un bambino. «Non sono un tuo nemico. Sono stato mandato qui per aiutarti. A insegnarti a gestire questa tua nuova… be’ chiamala come preferisci.» Uscì dalla cucina obbligandolo a seguirlo.
Gabriel entrò in salotto dietro di lui, fremendo per la rabbia. «Hai almeno un nome?»
«Ne ho avuti molti» rispose, sedendosi comodamente sul divano. «Quando ero umano mi chiamavo Carlo e a dirla tutta è così che mi hai conosciuto. Facevo parte anche io della setta del professor Barbieri.»
Gabriel lo squadrò attentamente rimanendo in piedi di fronte  a lui. «Non mi ricordo di te.»
«Ti rinfresco la memoria» disse, sporgendosi in avanti. «Non ero uno dei preferiti del nostro capo. Svolgevo i lavoretti che mi dava, ma ero solo uno dei tanti. L’ultimo incarico che mi affidò fu di prelevare uno dei gemelli dalla camera di ospedale in cui era stata ricoverata. Barbieri non aveva spiegato molto del suo piano a me e al mio compagno, ci disse solo che dovevamo metterla in una situazione di pericolo per testare una sua teoria. Così, quando ha cercato di scappare dalla macchina su cui l’avevamo caricata, ho pensato di alzare un po’ il tiro. Purtroppo suo fratello comparve all’improvviso e dopo che lo vidi, ebbi solo il tempo di rendermi conto che non ero più sulla Terra.»
Gabriel sgranò gli occhi. Un minuscolo ingranaggio si era mosso nella sua memoria. «Ora ho capito chi sei: quello che il ragazzo ha fatto sparire. Il tuo compagno continuava a blaterarlo, quando è tornato alla base. Neanche Oliver Barbieri sapeva dove ti avesse spedito il moccioso e a giudicare dal tuo aspetto, non deve essere un bel posto.»
«Dipende dai punti di vista. In ogni caso mi ha mandato dove ho potuto imparare molto. Sono finito nel regno di DiKann, il Primo Inferno, e lì mi è successo in pochi istanti quello che a te è accaduto nel corso di mesi. Il demone impiantato dentro di me è emerso, e grazie alle energie di quel reame, sono riuscito a controllare e a sfruttare la mia nuova forma in breve tempo.» 
«Se è vero Carlo, perché sei ricomparso solo adesso?»
«Il nostro Signore sperava che fossi tu a portare a termine il suo piano. Ha aspettato pazientemente, ma quando ha saputo che avevi fallito e perso il controllo, mi ha inviato perché ti istruissi e ti aiutassi a finire il lavoro. E ora mi chiamo Carovus. È questo il mio nome nella nuova identità di demone. Dovresti sceglierne uno nuovo anche tu, posso darti dei consigli.»
«Comincia con spiegarmi come e perché mi sono trasformato in un demone» ruggì Gabriel, pronto a saltargli alla gola, anche per mettere in chiaro che non accettava di essere retrocesso dal ruolo di comandante.
«Ogni cosa a suo tempo» rispose Carovus, guardandolo con superiorità. «Prima dobbiamo ritrovare tutti quei poveretti che sono nella tua situazione: inconsapevoli del grande cambiamento che stanno vivendo. Dobbiamo radunarli e prepararli per la liberazione di Re DiKann. E per farlo, devo iniziare a con l’insegnarti a gestire il tuo nuovo lato animale.»
Gabriel tento di placare l’ira e cercò di incrociare a fatica le braccia davanti al petto. «E di preciso cosa intendi fare?»
Carovus mostrò un ghigno, non diverso dal suo. «Ti insegnerò come diventare da preda a predatore. Dopodiché, passeremo dalla teoria alla pratica e andremo a caccia dei ragazzini che ti hanno creato tanti problemi. E ce ne sbarazzeremo.»
L’idea di un massacro placò Gabriel e gli fece tornare il buon umore.

 

                                                              Continua…

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma Cos? WTF!!°-o Cioè Gabriel è il demone? Ok avevo fatto delle teorie ma questa non l'avevo neanche considerata. E ora che farà Angelo? Avvertirà i ragazzi o aspetterà che siano loro a venire da lui? Non vedo l'ora di scoprirlo^^ Volevo farti un paio di domande: il nome della vita precedente di Leonardo si pronuncia proprio Lucen o Lusen? e ogni quanto aggiorni di preciso?

Ezio ha detto...

Ciao, ancora una volta grazie per essere venuta a leggermi (ti firmi anonimo, ma credo tu sia la stessa persona dei commenti precedenti :) )
Sono contento di essere riuscito a sorprenderti e che tu attenda i prossimi capitoli!
Per quanto riguarda la pronuncia di Lucen, nella mia mente si pronuncia proprio così come è scritto. Per la frequenza degli aggiornamenti purtroppo non posso darti dei tempi precisi, dipende molto dal resto degli impegni che ho. Se vuoi puoi aggiungerti come follower, o tornare a controllare ogni tanto il blog :)
Al prossimo capitolo.