Sorge Oscurità Maggiore 14: Attrazione Oscura
«Ezechiel Giller a colloquio con il
Consulente.»
Lo sguardo di Zec incontrò quello della
professoressa Petrie per pochi secondi.
La donna gli fece un segno sbrigativo
con la mano destra di uscire pure dall’aula e poi distolse gli occhi da lui, senza
interrompere la lettura del brano dal testo su cui verteva la lezione.
Zec chiuse il quaderno e il libro,
afferrò l’astuccio e fece scivolare tutto nello zaino, sistemato sulle
ginocchia. Notò i banchi vuoti di Donovan e Betty e si domandò che fine
avessero fatto.
D’istinto girò la testa indietro,
cercando gli occhi di Billy. Avrebbe voluto domandargli cosa fare, se seguire
il piano e andare a colloquio fosse la scelta giusta, oppure mettersi prima a
cercare i due compagni già usciti e non ancora rientrati.
Billy intercettò la sua richiesta
silenziosa e si strinse nelle spalle.
Zec si alzò dalla sedia e infilò lo
zaino in spalla. Anche il suo ragazzo non aveva idea di quale fosse la mossa
giusta e così seguì l’ordine e uscì dalla classe.
Camminando in corridoio per arrivare
all’ufficio del Consulente, gli tornò in mente la sua entrata in scena in palestra.
Dopo il primo momento di timore e smarrimento, si era reso conto di trovare
attraente quell’uomo e anche il quel momento provò una sorta di eccitazione
alla prospettiva di rincontrarlo.
Era emozionato all’idea di restare con
lui in una stanza da solo.
Non era così strano, d’altra parte era
una versione adulta e matura di Billy, il suo ragazzo.
Scosse la testa e scacciò quei pensieri.
Erano sbagliati, quell’uomo era una
proiezione della parte oscura di Elliott. Oscurità Maggiore, un assassino.
Zec posò le dita sul pomello della porta
dell’ufficio e tremarono, non riuscì a riprendere il controllo delle sue
emozioni. Ancora eccitazione e paura.
Era impossibile liberarsene in pochi attimi. Valutò di non entrare, in quello
stato era troppo vulnerabile.
«Vieni pure avanti» lo invitò Hart
Wyngarde.
Ormai era tardi per fare marcia
indietro, Zec spinse l’uscio e camminò dentro la stanza, la scandagliò veloce
con lo sguardo. Niente di anormale: una sedia da ufficio, davanti una scrivania,
di fronte una seconda sedia e sulla sinistra uno schedario. Non si spiegava
perché ne fosse tanto sorpreso.
«Accomodati Ezechiel» disse Hart,
indicandogli la sedia. «O posso chiamarti Zec?»
Lui annuì, deglutendo la saliva in
esubero in bocca. Si mosse rigido e si sedette.
Hart gli andò vicino e si piegò
leggermente verso di lui. «Rilassati, so che mi hai riconosciuto, ma non ti
farò del male. Volevo farti sapere che ero qui, a scuola, con voi.»
Zec rilassò le spalle. Qualcosa nel suo
tono gli parve sincero e comunque non minaccioso.
«Posso fare una domanda?»
Hart annuì.
«Perché ci stai chiamando uno a uno?»
«Per fare due chiacchiere.»
«Solo due chiacchiere?»
Hart sorrise. «Avevi in mente
qualcos’altro?» Posò il palmo sulla sua spalla destra e scivolò delicato lungo
il braccio, sfiorando la manica della felpa e si fermò sul polso. «Sentiti
libero di confidarmi qualunque pensiero.»
«No!» rispose. «Voglio dire, non ho
bisogno di confidare nulla.»
Hart gli prese la mano nella sua, Zec si
vergognò per la patina di sudore che ricopriva la sua pelle.
«Non dovrei rivelartelo, ma nel tuo
gruppo sei il mio preferito.» L’uomo girò il busto indietro e afferrò una
cartellina di cartoncino giallo dalla superficie della scrivania. «Il tuo
fascicolo è interessante, oserei quasi avvincente. Il modo in cui hai liberato
la tua oscurità, l’hai imbrigliata e sfruttata come arma di energia psichica
contro i due bulli è sbalorditivo. È un vero peccato tu non sia andato più a
fondo, sai cosa intendo?»
«Sì, cioè, no. Io… non andrò mai oltre.» Zec allontanò la mano dal
suo tocco. «Ho visto come mi hanno guardato i miei amici la prima volta che è
successo, userò quella parte di me solo per difenderli e proteggere gli
innocenti. Nient’altro.»
Hart sospirò. Appoggiò il fascicolo di
nuovo sulla scrivania, girò intorno alla sedia e si mise dietro di lui.
Appoggiò i palmi sulle sue spalle, gli scostò gli spallacci dello zaino e lo
massaggiò lievemente. «Può non dipendere da una tua decisione. Purtroppo, la
tua situazione verte verso un sentiero molto, molto buio.»
«Cosa…» Zec voleva mantenere alto il suo
livello di guardia, era in compagnia di un nemico, ma le dita di Hart si
muovevano in maniera piacevole sui suoi muscoli e dovette sforzarsi. «Cosa
significa?»
«Hai una situazione familiare piuttosto
complessa. Tua madre ha un esaurimento e molti dei suoi doveri pesano su di te.
Tua sorella è scomparsa per mesi e da quando è tornata come un demone canterino,
è più interessata a fare intrighi e sedurre la tua amica Michelle Berg, invece
che aiutarti con i problemi in casa. Non è strano se quella delusione e quella
rabbia prendessero il sopravvento.»
Zec provò a rimanere concentrato sulla
sua voce, che gli parve suadente e carezzevole anche se gli ricordava eventi
spiacevoli, però il massaggio era rilassante, inebriante, avrebbe voluto cedere
all’istinto di chiedergli di non fermarsi più. Addirittura andare oltre…
«No! Non mi farò distrarre.» Scattò in
piedi e si mise con la schiena contro la scrivania. «Tutto quello che hai detto
è vero. Però sottovaluti i miei amici. Posso contare su di loro, appoggiarmi a
loro. Questo mi eviterà di cedere a tentazioni oscure.»
Hart sorrise malizioso, scostò la sedia
da davanti a sé e si mise di fronte a lui, a meno di un palmo.
«La tua ingenuità e irresistibile.» Si
avvicinò, allungando le braccia e posandole sul brodo della scrivania,
bloccandolo in un contatto forzato con il suo corpo. Abbassò il viso e le sue
labbra gli sfiorarono l’orecchio destro. «Riponi la tua fiducia negli stessi
amici che vorrebbero chiudere la Bocca dell’Inferno e decretare la fine del tuo
amato Billy. E per quanto riguarda il mio fratellino, è talmente proiettato al
sacrificio, preoccupato di salvare chiunque tranne se stesso che
inevitabilmente finirà con lo sparire. Così, l’unico a soffrirne sarai tu. Sempre.
Solo. Tu.»
Il suo respiro procurò a Zec una
piacevole sensazione di solletico sulla pelle, ma la sua mente non si perse in
fantasie e non si abbandonò a desideri inadatti. Quelle parole erano state
prima di tutto suoi pensieri, ricacciati più volte indietro, ma comunque un
tarlo che lo divorava dall’interno. Odiava dargli ragione, ma aveva centrato il
punto.
«So tutto quanto. A ogni modo non c’è
soluzione, posso solo accettarlo.»
L’uomo alzò il volto e lo guardò negli
occhi. «Puoi accettare me e abbracciare la tua oscurità. Fammi restare al tuo
fianco, lascia che diventi il tuo insegnante privato, ti guiderò attraverso quelle
emozioni spaventose, ti mostrerò quanto potenziale hai, fino a che punto puoi
spingerti. Userai davvero quel dolore
come un’arma. E io non ti abbandonerò mai.»
Zec rimase per pochi istanti a fissarlo.
Nel profondo sapeva di essere stato convocato lì per quella ragione e ora che
la proposta era stata fatta apertamente, gli parve allettante.
Una via d’uscita facile.
«Non posso darti una riposta adesso» gli
disse, mentre si allontanava da lui.
Hart tornò a sedersi dietro alla sua
scrivania. «Non importa, posso aspettare. Però non metterci troppo. Come ti ho
spiegato, la tua vita è già in quella direzione.»
Zec si risistemò gli spallacci dello
zaino sulle spalle. «Non ti preoccupare, non mi farò trovare impreparato.»
Continuia…?