lunedì 6 gennaio 2025

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 76

 Sorge Oscurità Maggiore 1: Questa Volta Arriva Qualcosa di Oscuro

 

Camminò tranquillo, a quell’ora di notte l’ospedale Saint Mary non era affollato e in caso contrario, non sarebbe comunque stato un problema. Nessuno poteva vederlo.

Alto, slanciato e in una figura totalmente oscura, percorse il corridoio diretto nella stanza della paziente a cui era andato a fare visita.
Girò il pomello della porta e trovò Sasha DiVittis nella camera, ancora costretta nel suo sonno solitario.
Accostò l’uscio, si avvicinò al letto e posò la mano dai contorni incerti sulla fronte della ragazzina.
Il macchinario per i segni vitali gracchiò, disturbato dalle frequenze emanate dalla sua presenza.
Ci siamo già conosciuti, in un certo senso, non serve che mi ripresenti. Se vuoi, puoi farmi compagnia nel mio progetto, non sarà divertente come un gioco, ma potrebbe intrattenerti. È quello che possiamo definire un nuovo mondo. Cosa mi dici?”
La voce non uscì da lui e oltre Sasha, nessuno era in grado di sentirlo.
Anche lei rispose nello steso linguaggio privato.
Da mente a mente.
Capisco, mi rincresce per l’incidente. A mia discolpa, posso dire che una parte di te mi ha trovato affascinante, per così dire. Purtroppo le nostre misure non coincidevano.  L’oscurità che formava il suo volto ebbe un fremito, nella sua attuale forma ciò di più simile a un sorriso. “A ogni modo, la mia offerta resta sul piatto. Se cambiassi idea, sai come contattarmi.
Sollevò il palmo dalla fronte di Sasha e si girò per andarsene. Arrivato alla porta, le mandò un ultimo avvertimento: “Non hai le forze per avvisare altri del mio arrivo ed è inutile provarci.
Per tenersi in esercizio nell’avere una presenza quasi solida, girò nuovamente il pomello e una volta fuori dalla stanza, se lo tirò dietro, chiudendo la porta.
Imboccò le scale e scese fino al piano sottostante. Aveva un altro paziente a cui fare un saluto.
Procedette lungo il corridoio fino alla porta della sua stanza. Avverti la fatica nel ripetere i movimenti di poco prima e così passò attraverso al costrutto solido che lo separava dall’interno.
Anche Elliott Summerson era steso in un letto, nel suo caso il sonno se lo era autoimposto.
Con lui non ebbe bisogno di un primo contatto. Poteva comunicare tramite la mente con la certezza di venir ascoltato.
Alla fine ci sono riuscito, è arrivato il mio turno di godermi un po’ di libertà. Me lo merito. Mi assicurerò che niente e nessuno interrompa questo bellissimo sogno. Durerà per sempre.”                                    

                                                      Continua…?

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