lunedì 27 ottobre 2025

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 97

Sorge Oscurità Maggiore 22: Hot As Hell – Bollente Come l’Inferno

 

Eccitato e accaldato, Billy aveva trascorso la notte facendo sogni erotici su lui e Zec.

Si era alzato dal letto più volte, buttandosi l’acqua fredda sul volto in fiamme e bagnandosi anche il resto del corpo: avvertiva il caldo tipico della febbre alta e lo stesso senso di stordimento, però era anche in preda alla lussuria. E i continui sciacqui gelati non abbassavano per nulla la sua voglia di fare sesso con il suo ragazzo.
Per questo motivo aveva deciso di non presentarsi a scuola, ormai gli era chiaro che Hart Wyngarde aveva in qualche modo risvegliato il suo desiderio sessuale represso, le fantasie che non riusciva ad ammettere neanche con se stesso e non voleva rischiare di dare sfogo alla sua libidine davanti a tutti.
Al mattino, però un nuovo pensiero lo tormentò: la sua assenza era proprio ciò che Hart voleva.
Si vestì in tutta fretta – anche perché il desiderio di Zec era tornato a farsi impellente – e uscì di casa, diretto a scuola. Facendo uno sforzo sovraumano per controllare quegli istinti carnali, decise di saltare la prima ora di lezione.
Mi farò una doccia ghiacciata nello spogliatoio, mi aiuterà a tenermi calmo” si disse nel cortile di lato, entrando dalla porta antipanico che dava nella palastra.
Un po’ intontito da quel calore fastidioso e insieme piacevole, Billy attraversò zigzagando lo stanzone in cui, per fortuna, non si stava svolgendo lezione. Arrivò alle porte a vetri ansimando e percepì un pizzicore alla nuca.
«Il mio senso del soprannaturale» e subito si rese conto che anche nel suo abituale potere c’era qualcosa di differente. Non avvertiva pericolo, ma una forte ondata di sensazioni simili alla sua voglia e di pensieri sessuali.
Rinvigorito da quell’aggiunta di eccitazione, spalancò le porte della palestra, si lasciò guidare dalla scia di desiderio libidinoso, corse nel corridoio e si fiondò nello spogliatoio maschile, chiudendo l’uscio alle spalle.
Sulle panche all’entrata non c’era nulla, notò sull’ultima in fondo un paio di jeans scuri, abbandonati con una maglietta a maniche corte, un maglione verde e dei boxer grigi. Sotto, vicino allo zaino, c’erano una coppia di scarpe da ginnastica con infilati i calzini arrotolati. Oltre le panche, nuvole di vapore si espandevano dalla zona delle docce e Billy udì il rumore di acqua scrosciante.
Era uscito di casa senza giacca e maglione, non percependo il freddo e scordando pure lo zaino, d’istinto si tolse la maglia a maniche lunghe, rimanendo a torso nudo. Camminò accaldato e preda della libidine in mezzo a quella coltre di vapore e intravide un corpo nudo di spalle.
Billy si tolse le scarpe e le lanciò contro il muro.
Udendo il rumore, il ragazzo sotto il getto della doccia si girò di scatto.
«Billy? Che diavolo fai qui?»
«Jordan» sussurrò lui, completamente rapito. Osservò con brama la pelle olivastra, con tracce di sapone; il fisico non atletico, ma comunque abbastanza tonico; la lieve rotondità intorno alla pancia; i peli sulle gambe e il suo membro in erezione.
Lo desiderava. Non si era mai reso conto di quanto anche Jordan Guiterrez fosse sexy. Avrebbe chiesto scusa a Zec più tardi e potevano fare la pace con del sesso.
In preda alla sua foga carnale, Billy si buttò su Jordan, stringendogli una natica con la mano destra e provando a baciarlo sulla bocca.
L’altro lo afferrò per la gola, spingendolo indietro. «¡¿Estás loco?!» imprecò. Chiuse il rubinetto e grondando acqua, lo guardò furente. «Che ti prende? Stai lontano!»
«Non posso, non resisto» replicò Billy, slacciandosi il bottone dei pantaloni. «Sei eccitato anche tu, lo sento. Pensi a Chas, ma non mi importa. Scegli la posizione che vuoi.» Avanzò allungando le  braccia per riavere un contatto con la sua pelle.
«Se ci riprovi, ti spezzo le ossa» rispose. «Non sono omofobo, ma non mi interessano i ragazzi. E mi hai praticamente aggredito!»
Billy si fermò. Qualcosa nel tono allarmato e infuriato lo scosse. «Scusa, scusa, hai ragione. È che sono stato manipolato.»
Jordan cercò a tentoni l’asciugamano blu appeso ai rubinetti della doccia accanto, lo afferrò e se lo fissò in vita, coprendosi fino a metà coscia. «Spiegati meglio.»
«Io… non so come dirlo… il caldo… il sesso…» A Billy mancò il respiro e di nuovo fu invaso da quell’istinto di provare piacere avendo un rapporto fisico con il ragazzo. Perdendo il controllo, si lanciò su di lui.
Jordan lo afferrò per i polsi, bloccandolo a una spanna da lui. «Ho capito: sei arrapato. Ma devi smetterla, o passerò alle maniere forti.»
Billy lasciò scorrere la lingua sul labbro superiore. «Oh sì, ti prego! Non vedo l’ora!» Il calore lo invase con un ondata intensa, la carne stretta dai polpastrelli dell’altro si arrossò e percepì la temperatura farsi rovente.
Come un riflesso automatico, Jordan accese le fiamme del suo potere da Mastino Infernale, coprendo il petto, le braccia e le mani. Strabuzzò gli occhi avvertendo il calore identico emanato dal corpo di Billy.
«Che bella sensazione…» Billy ansimò di piacere e percepì tutto quel caldo fluire dalla sua pelle e dall’interno del fisico per riversarsi in Jordan. Le sensazioni di eccitazione e la confusione svanirono dalla sua mente. Fu lucido, come se la febbre fosse scesa di colpo, sbatté le palpebre e provò vergogna nel trovarsi mezzo nudo di fronte all’altro ragazzo con solo un asciugamano sul ventre. «Devi aiutarmi. Hart mi ha fatto un qualche trucco da Oscurità Maggiore e sono super voglioso di fare sesso con il mio ragazzo… anzi, penso che mi succeda con qualunque maschio incontri.»
Tenendogli le pupille arancio addosso, Jordan lo fissò scettico. «Come mai ora sembri cosciente?»
«Non lo so.»
«Non vuoi davvero fare sesso con me?»
«No! È colpa di Hart!»
«Perché lo ha fatto?»
«Ha in mente un suo piano e io gli sono d’intralcio. Ha cercato… di…» La voce gli si strozzò in gola. Una vampa tiepida partì dal centro del busto e si diffuse rapida lungo le gambe. «Oh no!»
«Cosa? Che succede?» domandò Jordan tenendo accese le fiamme su di sé.
Billy riavvertì il calore aumentare, arrossandogli le orecchie e le guance. «Questa malattia della lussuria, sta ricominciando.» Prima che potesse dire di più, tornò a provare desiderio per il ragazzo. Quella situazione non lo imbarazzava più, lo stimolava ad andare avanti. Il sesso violento poteva essere divertente. «Coraggio! Facciamolo come bestie!»
Jordan tirò indietro il busto e mantenne le dita serrate intorno ai suoi polsi. «Merda!»
La porta si spalancò sbattendo contro il muro.
«Non lasciarlo andare» ordinò una voce femminile.
Billy seguì lo sguardo di Jordan e vide entrare nell’angolo delle docce Kerry e Kenny Wood.
Jordan li scrutò allarmato. «Anche voi qui? Siete in preda alla voglia di sesso?»
«No, ho avuto una visione. Sappiamo cosa succede e dobbiamo aiutarlo» rispose Kenny.
Billy si concentrò su di lui. La pelle scura, i capelli crespi e ricci, si immaginò avvinghiato al suo corpo, in una fantasia esotica da re della giungla. Ogni fibra del suo essere andò a fuoco.
«Ahi!» Jordan ritrasse le mani e sconvolto, notò che i bollori di Billy gli avevano bruciato i palmi, superando il fuoco che li avvolgeva.
Libero, Billy si lanciò su Kenny atterrandolo. A cavalcioni sul di lui, si strusciò petto contro petto: non era molto muscoloso, ma percepì i capezzoli turgidi sotto la felpa e gli leccò le labbra.
Kenny gridò di dolore. «Scotta! È bollente!»
«Non sai quanto» replicò eccitato.
Le mani di Kerry lo afferrarono per il bordo dei jeans e lo sollevò dal fratello, spostandolo a forza contro il muro opposto all’ingresso delle docce.
«Devi trasformati in lupo mannaro, la pelliccia ti terrà al sicuro. Più o meno» disse la ragazza rivolta al gemello. Si girò poi verso Billy, tirò le maniche del maglione fino alla punta delle dita e le tenne premute contro le sue spalle, immobilizzandolo con la schiena sulle mattonelle.
«Levati di dosso! Non mi interessi» urlò Billy, infastidito da quella interruzione.
«Lo so. Per questo, anche se fa male, devo tenerti a bada.»
«Finirai con il procurarti delle ustioni» disse Jordan. «Hai visto cosa ha fatto a me e sono ancora pieno delle mie fiamme.»
Billy sorrise. «Jordy-bello sono pronto per il secondo round.»
«È davvero assatanato» commentò Kenny, rialzandosi, mentre il volto mutava in forma transitoria di licantropo – con  pupille gialle, orecchie a punta, zanne – e le unghie lasciavano il posto agli artigli.
Kerry strinse i denti. «Non è responsabile delle sue azioni, sappiamo che è sotto l’influsso di Hart. La mia forza lo trattiene, ma se diventa troppo caldo, mi sfuggirà. Ci serve un'altra soluzione.»
«Prima è tornato calmo per pochi minuti» raccontò Jordan. «Devo aver assorbito il fuoco che lo surriscalda e forse, se provo ad aumentare l’intensità delle mie fiamme, riesco a farlo tornare normale.»
«Finirete con bruciare entrambi per combustione» replicò Kenny. «Dobbiamo controbilanciare con qualcuno di freddo… Ci sono!» Si picchiò il palmo destro sulla fronte. «Dylan Derrek è una Chimera Camaleonte, i suoi poteri non lo fanno solo mimetizzare con l’ambiente, ha anche il sangue freddo, può avvicinarlo senza ferirsi.»
«È un buon tentativo.» Kerry osservò aliti di fumo salire dalla lana del suo maglione. «Vai a prenderlo.»
«Oh sì, una cosa a quattro» disse Billy in preda all’estasi. «Non vedo l’ora.»
«Come lo trovi? Sai il suo orario?» chiese Jordan.
«Mi basta il mio fiuto» gridò Kenny, galoppando a quattro zampe fuori dallo spogliatoio.
Billy mise il broncio. Non gli piaceva essere premuto dal fisico di una ragazza, non gli suscitava nessuna immagine piacevole. Le vampate di calore lo facevano sudare, voleva un ragazzo. «Allora, Jordy, questo secondo round lo iniziamo?»
«Prendilo da dietro» disse Kerry, con le maniche del maglione bruciacchiate. Le mani dalla pelle scura erano ormai quasi a contatto con quella del ragazzo e lo tirò in avanti.
«Bella idea» gongolò Billy.
Jordan lo ignorò, si infilò alle sue spalle e con il fuoco da Mastino diventato dal giallo-arancio al rosso vivo,  passò le braccia sotto le sue ascelle e lo immobilizzò contro il suo petto.
Billy buttò la testa indietro e emise dei gridolini di piacere. Percepì ancora il calore scivolare fuori dal suo fisico e venire assorbito dal ragazzo che lo tratteneva. Come pochi istanti prima, riprese controllo di sé.
«Sono mortificato» disse, abbassando il capo con uno scatto veloce per non dover guardare la ragazza in viso.
«Non ci pensare, sappiamo che è colpa di Hart» replicò Kerry in tono pacato. «Hai qualche idea su cosa stia architettando? Questa mossa di renderti un pervertito e maniaco sessuale è un po’ fuori dai suoi soliti schemi.»
«Si è presentato al Saint Mary quando sono andato da Elliott per cercare risposte più precise, ma mentre tentava di dissuadermi, ha come sentito qualcosa di più interessante e mi ha detto chiaro e tondo di volermi tenere alla larga.»
Con il fiato corto, Jordan allentò la presa. «Ma questo tipo, Oscurità o come diavolo si fa chiamare, come fa a sapere e sentire tutto? Prima Aiden con la sua furia, ora tu e la tua sessualità repressa, è spuntato da soli due mesi e sembra conoscerci da sempre.»
«Perché è sempre stato qui con noi, dal momento in cui Elliott ha chiuso gli occhi e la Bocca dell’Inferno da incubo si è aperta» spiegò Billy, sollevando la testa.
Kerry aprì il rubinetto della doccia un posto lontano da loro e si rinfrescò le mani sotto l’acqua gelida. «Però io ho avvertito la tua oscurità solo un anno e mezzo fa. E comunque non spiega perché usi tattiche diverse per avvicinarci. A me, ad esempio, ha provato a farmi mettere contro mio fratello.»
«Non lo so, anche se siamo stati creati dalla stessa persona e siamo la stessa persona, non seguo i suoi deliri mentali. So che vuole la Bocca dell’Inferno aperta per sempre, divertendosi a tirare fuori dalla gente ogni aspetto oscuro e punisce chiunque cerca di intralciarlo.» Billy avvertì il caldo riaccendersi come un fuoco tra le gambe e poi scorrere in tutto il corpo. «Jordan, stai perdendo forza, sento… sento… il bollore…»
Kerry si allontanò dall’acqua e si posizionò di fronte a lui, pronta a placcarlo. «Billy, cerca di mantenerti lucido, pensa all’Oscurità, a come ti sta usando.»
«Non posso. Se resisto fa male.» Billy chiuse gli occhi, il sudore colò dalle tempie. Riaprì le palpebre e  cedette al desiderio. «Basta sofferenza, è ora di godere.»
Jordan tremò sulle gambe nude e le fiamme persero il colore vivo. «Non lo tengo più. È di nuovo troppo caldo.»
Billy strusciò il sedere contro l’asciugamano. «Scommetto che riesco a risvegliare anche la bestia che c’è qui sotto.»
Il rumore di passi li obbligò spostare gli sguardi sull’ingresso dello spogliatoio. Kenny comparve trascinando Dylan e lo spinse all’interno.
A pochi passi da loro, il nuovo arrivato li osservò sorpreso e in un istante un sorriso malizioso si disegnò sulle sue labbra. «Che scena interessante, se avessi saputo cosa mi aspettava, non avrei fatto tante storie per seguirti.»
«Ricordati che è rovente come un ferro da stiro, devi sfruttare il sangue da camaleonte» ribadì Kenny alle sue spalle.
Dylan si fece avanti, entrò nella zona delle docce e allargò le braccia. «Forza Billy, divertiamoci un po’ insieme, sai che non ho inibizioni.»
Billy rise di gusto. Percepì la sua completa libertà sessuale, non si sarebbe opposto a nulla e questo lo eccitò al massimo. Afferrò le braccia di Jordan e lo staccò dalle sue con una forza nuova, non avvertendo alcun fastidio al contatto con le fiamme. Spinse via con violenza Kerry in piedi davanti a  lui e corse incontro al suo partner consenziente.
Gli si buttò addosso e nello slancio di venire accolto dal suo abbraccio, fece barcollare Dylan, ma poi riacquistò equilibrio. Premette il bacino contro l’altro e attraverso i jeans avvertì la sua eccitazione e la durezza del suo membro. «Sì, ti voglio anche io.» Lo baciò con foga, cercando la sua lingua e lasciando che si intrecciassero, abbandonandosi alla sensazione umida.
Dylan allontanò di poco le labbra. «Anche se un po’ mi dispiace, vediamo se riesco a raffreddarti.»
«Non ci contare» gli rispose.
Stretto tra le sue braccia, Billy riprese a baciarlo, affamato della sua bocca. Petto contro petto e muovendosi sinuoso tra le sue gambe, avvertì una frescura diffondersi dal ragazzo: era simile a come Jordan assorbiva il suo calore, ma in modo più lento e piacevole. La sua mente, invasa da fantasie da film porno, si liberò e ricominciò a pensare in modo chiaro e controllato.
Cosa sto facendo? Questo è quello che vuole Hart!
Billy non era più così eccitato, il caldo affannoso era diventato sopportabile, un senso di vergogna e imbarazzo tornò a farsi strada nella sua coscienza. Era quasi pronto a staccarsi da Dylan, quando una visione lo colse alla sprovvista.
L’interno della jeep di Dylan. Lui e Zec. Un bacio fugace. La sensazione di solitudine e malinconia del suo ragazzo.
Spostò le labbra da Dylan e sbatté due volte le palpebre. «Zec… lo hai baciato, ma era così... triste.»
«È successo ieri sera.»
«Lui è triste anche adesso.»
Dylan fece scivolare le mani giù dalle sue braccia e arretrò di un passo. Gli altri tre ragazzi si radunarono intorno a loro e Billy non avvertì più il caldo febbrile.
Una voluta di fumo rosso scuro si alzò dal suo corpo e si disperse nel soffitto della stanza.
«Credo di averti curato» affermò Dylan. «E avendo baciato anche te, sei a posto con il tuo ragazzo.»
Billy non era preoccupato per quello, avvertiva di essere libero dall’influsso usato su di lui da Hart, ma continuava a percepire nella mente e nel suo animo il malessere di Zec. E non era troppo lontano da loro.
Jordan afferrò i pantaloni sulla panca e si li infilò, togliendo l’asciugamano. Stava per mettersi la maglia e poi si bloccò. Sollevò la testa e fissò Kenny. «La senti anche tu?»
Kenny annuì. «Musica. Qui fuori.»
Billy guardò Kerry e Dylan in silenzio. Il suono di una canzone risultò udibile anche alle loro orecchie umane. La nuca pizzicò di nuovo e una scossa gli attraversò la testa. Questa volta era il solito senso del soprannaturale e gli apparve per un secondo l’immagine del volto compiaciuto di Hart.
«Andiamo in cortile. Subito» ordinò agli altri. «Sta succedendo quello da cui voleva tenermi lontano.»
 
 

                                                                       Continua…?

lunedì 13 ottobre 2025

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 96

Sorge Oscurità Maggiore 21: Darkness Just Want to Have Fun

 

Billy camminò con nonchalance oltre l’ingresso dell’ospedale Saint Mary. A ogni passo, la Falce nascosta nello zaino gli batteva sulla schiena, ma non si scompose, non doveva creare sospetti proprio ora che la brutta avventura lì dentro sembrava scordata del tutto da ogni membro del personale.

Aver abbandonato i suoi amici a scuola, appena avuto il via libera dalla professoressa Noxon e senza spiegare nulla, non lo faceva sentire a posto con la coscienza, ma allo stesso tempo sapeva di dover affrontare quella prova da solo.
Procedette verso l’ascensore, oltre la reception dove l’uomo di guardia lo osservò disinteressato e si convinse di aver fatto la scelta giusta: se fosse arrivato pochi minuti più tardi, sarebbe finito l’orario di visita e lo avrebbero intralciato. Schiacciò il pulsante di chiamata, le porte automatiche si aprirono ed entrò con calma.
Premette il pulsante con il numero e il pianterreno scomparve lento in una fessura. Mentre l’abitacolo saliva verso il secondo piano, ripensò a quanto visto nella spirale di ricordi in cui li aveva imprigionati Hart Wyngarde. La consapevolezza della scelta di Elliott lo aveva lasciato svuotato, non sapeva come comportarsi e per quel motivo aveva deciso di avere un confronto diretto, escludendo i suoi compagni che anche se non avevano detto nulla in modo diretto, sapeva fossero rimasti sconvolti da quella stessa scoperta. E sospettava non solo da quella.
Billy scosse la testa liberandosi di quei pensieri, doveva rimanere concentrato. Le porte automatiche si spalancarono di nuovo e uscì nel piano. Camminò lungo il corridoio, con le mani nelle tasche della giacca, udendo qualche voce provenire dalle stanze lì accanto. Si fermò dando la schiena alla porta chiusa della camera di Elliott; posò la mano sul pomello e spostò lo sguardo da sinistra a destra. Non vedendo nessuno, girò il polso, aprì la porta, entrò e chiuse subito l’uscio alle sue spalle.
Le narici di Billy inalarono l’odore di disinfettante, si tolse lo spallaccio destro e fece scivolare lo zaino davanti a sé. Lasciò scorrere la zip della cerniera e infilò la mano destra all’interno della tasca, afferrò la Falce e la estrasse. In passato era riuscito a comunicare tramite immagini mentali con Elliott, scoprendo come avesse già individuato i suoi quattro amici, ora doveva andare ancora più a fondo, comprendere se davvero lo aveva lasciato senza possibilità di vittoria, oppure se in quei tre ricordi c’era uno spiraglio con una chance di sconfiggere Hart-Oscurità. E dovendo osare tanto, l’arma era necessaria per amplificare la connessione psichica e superare ogni difesa. 
Compì gli ultimi passi per raggiungere il lato sinistro del letto e rimase fermo a fissarlo.
Illuminato dalla luce al neon, Elliott Summerson restò immobile nel letto, chiuso nel suo sonno forzato. Era inutile sperare in una reazione spontanea.
Con la mano destra, Billy rovesciò la Falce a testa in giù e la depositò delicato sul petto dell’uomo addormentato, in modo che la punta del paletto in legno fosse rivolta verso il volto e la lama sopra la coperta. Poi aprì il palmo della sinistra e l’appoggiò sulla fronte di Elliott.
Abbassò le palpebre e svuotò la mente da ogni pensiero e sensazione. Vide solo buio. Non accadde nulla.
Riaprì gli occhi. «Possibile che tu abbia ceduto all’oscurità e non hai nulla da condividere con me?»
«È una domanda retorica, o ti aspetti davvero una risposta?»
Riconoscendo la voce, Billy alzò il capo.
Dalla parte opposta del letto in cui si trovava lui, Hart Wyngarde – o Oscurità Maggiore – levitava a metà della stanza, con le braccia incrociate sul petto coperto da un maglione nero e scuotendo la testa. «È patetico, non renderti ridicolo.»
«Sei qui per impedirmi di comunicare con Elliott» lo accusò Billy.
«Come se fosse qualcosa di possibile per te.» Hart galleggiò verso il basso, fino a posare le scarpe scure sul pavimento di linoleum. «Paparino ha staccato il canale, niente messaggi, immagini, chiamate psichiche. Zero segnale, nessuna ricezione.» 
«Il fatto che tu sia comparso qui indica il contrario. Ho una possibilità.»
Hart sospirò spazientito. Sollevò il braccio destro e lo scostò in un colpo secco come per scacciare una mosca.
La Falce si sollevò dal petto e andò a sbattere contro il muro, appena sotto la finestra, piombando poi a terra.
«Continua a illuderti, se ti fa stare meglio» gli disse.
Billy allontanò la mano dalla fronte di Elliott. «Quindi stai facendo l’ennesima sceneggiata? Come qualche giorno fa? Hai bloccato me e i miei amici in un vortice continuo di ricordi solo per farmi scoprire qualcosa che mi facesse sentire inutile.»
«Ti ho aiutato, come avevo promesso, non è colpa mia se sei uguale a tutte le persone e non sai accettare la verità.»
«Non ti credo. Sei venuto fino a qui e mi hai allontanato dalla Falce, tutti segni che mi stavo muovendo in modo giusto: se comunico con Elliott posso avere la sua versione.»
Hart rise mesto. «Sei davvero cocciuto. Quella che ti ho mostrato è l’unica versione. Io, tu e lui siamo parti di un intero. Ma ammettiamo tu riesca nella tua impresa, cosa pensi di riuscire a fare dopo? Svegliarlo?» Rise di nuovo.
«Certo!» rispose deciso. «Ed è quello che più ti spaventa.»
«Non vuoi renderti conto della realtà della situazione. Elliott si è chiuso nel sonno, lo ha voluto, hai assistito al suo cedimento, al preciso momento della sua rinuncia a lottare, a vivere. Niente che tu possa fare, cambierà questi fatti.»
Era ciò che temeva, ma Billy si morse il labbro inferiore piuttosto che ammetterlo. Comunque, una parte di lui continuava a essere convinta che connettersi con Elliott potesse fare la differenza.  
Hart puntò gli occhi nei suoi. «Vedo che non vuoi arrenderti e così ti rovini la vita e la rovini ai tuoi amici.»
«Parliamo di loro, cosa hai fatto in quella seduta? Sono diversi.»
«Rifai sempre la stessa domanda, ma non vuoi ascoltare la risposta. Ho fatto ciò che ti ho annunciato fin dal nostro primo incontro: rendo onore a ciò che sono, la parte oscura di Elliott e tiro fuori l’oscurità dalle persone, perché possano viverla e farci i conti. E chissà, magari diffonderla.»
«E tu mi dai sempre informazioni vaghe» replicò Billy. Provava  a studiare una strategia per uscire dalla stanza e riprendersi la Falce, tutto senza scatenare effetti disastrosi, ma era difficile combattere contro una parte di te e solo in quel momento lo capì realmente. «Spiegami, senza trucchi, in che modo li hai messi in difficoltà.»
Hart avanzò, girando intorno al fondo del letto e raggiungendolo. «Non ho mai detto di aver creato difficoltà. Dipenderà da loro, da come rea…» si interruppe. Girò di tre quarti il viso e guardò fuori dalla finestra. Le labbra gli si allargarono in un sorriso compiaciuto. «Interessante, qualcuno mi ha appena lanciato una sfida, ci sarà da divertirsi.»
Billy avvertì il panico salirgli in gola come un boccone troppo grande da ingoiare. «Chi? Cosa vuoi fare?»
Hart si voltò verso di lui, guardandolo come se avesse scordato per un istante che fosse lì. «Buffo tu non abbia percepito nulla di questa oscurità. Comunque non ti riguarda. Devi stare fuori da questa storia.»
«No, mi hai sempre detto che il mio ruolo è combattere tutte le assurdità della Bocca dell’Inferno, te compreso.» Billy gli afferrò le spalle, serrando le dita sulla lana e attirandolo a sé. «Non puoi tagliarmi fuori.»
«Questa occasione è troppo ghiotta, devo sfruttarla al meglio e non ti voglio tra i piedi a rovinarla.» Hart gli scrollò le mani dalle spalle e gli mise le sue sopra gli avambracci, stringendolo. «A pensarci bene, può essere una buona occasione anche per te.»
«Per cosa?»
«Per divertirsi, in fondo, è solo questo ciò che voglio.» Hart sorrise mettendo in evidenza i denti. «Non ti sei mai preso la briga di rispettare quello che ti ha scritto Elliott nella lettera e sì, non sorprenderti, so anche di quella. Sempre rigido e preoccupato di fare la cosa giusta, difendere i poveri innocenti prima dei tuoi bisogni. È il momento che ti rilassi un po’, ti sciolga e ti lasci andare.»
Qualunque cosa avesse in mente, Billy sapeva di doversi staccare da lui. Si divincolò, ma l’altro mantenne la presa. Dai suoi palmi si diffuse un calore tanto intenso, che riuscì ad avvertirlo sulla pelle attraverso i due strati di tessuto della giacca e della felpa.
«Devi vivere la vita che Elliott non ha vissuto. Fare le esperienze che lui ha avuto paura di fare» continuò Hart. «Dai libero sfogo ai tuoi impulsi, segui gli ormoni come un adolescente qualunque, prova il piacere di vivere i tuoi istinti appieno.»
Billy ebbe la sensazione che il corpo stesse bruciando, dalla punta delle dita dei piedi, fino alle orecchie. L’ondata di calore lo investì provocandogli dapprima un senso di fastidio e dolore, come sotto l’effetto di una febbre improvvisa e dopo uno strano stato di piacevole leggerezza, quasi ebbrezza.
Hart staccò le mani dalle maniche della sua giacca. «Bravo, così, non opporti.»
«Coscia mi hai… fattcio…» biascicò Billy, barcollando e con la vista offuscata.
Hart rise un’ultima volta con gusto. Si sollevò dal pavimento, levitando fin quasi al soffitto.
«Goditela!» gli urlò.
Una foschia nera avvolse la sua sagoma e svanì dalla stanza.
Billy sbatté le palpebre e si mosse incerto, cercando di stringere con le dieci dita la pediera del letto e sentendone al tatto il fresco del metallo plastificato. Spostò poi una mano e si slacciò la lampo della giacca, il caldo era opprimente. Strinse gli occhi e mise a fuoco la Falce abbandonata sul pavimento, a poco distanza.
Camminò con le gambe molli, sentendosi leggero e pesante allo stesso tempo. Si chinò piano per raccoglierla, con lo zaino che gli penzolava da un lato ed ebbe un capogiro.
Con la mano destra, Billy afferrò la parte metallica rossa dell’arma, mentre con la sinistra si tastò le guance. Erano bollenti, percepì tutto il volto avvampare. Doveva andarsene dall’ospedale al più presto.
Sapeva che qualunque tiro gli avesse giocato Hart Wyngarde, le conseguenze devastanti si  sarebbero manifestate a breve.
 


                                                                          Continua…?

lunedì 29 settembre 2025

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 95

Sorge Oscurità Maggiore 20: Il Coraggio di Michelle Berg

 

Ansimando per la corsa, Michelle spalancò la porta di casa e non appena varcò l’ingresso, inoltrandosi nella penombra con il solo rumore delle suole delle scarpe sul pavimento, ebbe la conferma di essere sola nell’abitazione.

Suo padre era ancora bloccato al lavoro, per colpa di qualche riunione o cose simili e sua madre aveva il pomeriggio di svago con le sue amiche: parrucchiere, giri per negozi, sala da tè e pettegolezzi.
Chiuse con attenzione la porta dietro di sé, i suoi calcoli erano giusti, ma per estrema sicurezza chiamò ad alta voce: «Mamma! Papà! Sono tornata!»
Con soddisfazione la risposta fu un silenzio assoluto.
Meglio così.”
Michelle corse sulle scale per il piano superiore, si fiondò nella sua stanza e sbatté la porta, rintanandosi all’interno. Slacciò il pesante piumino, lo sfilò e lo lanciò sulla sedia accanto alla scrivania. Poi si abbandonò sul bordo inferiore del letto ed estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans.
Si era sentita un po’ in colpa a scappare in fretta e furia da scuola, qualche minuto prima dalla fine dei lavori con il club di teatro e senza avvisare nessuno dei suoi amici. Non che loro avessero avuto questa gran voglia di stare insieme, o almeno così le era parso dal mutismo degli ultimi giorni, però aveva una questione che la tormentava e aveva aspettato fin troppo per togliersi quel peso. E doveva assolutamente sfruttare quello stretto momento di libertà in casa per farlo come si deve.  
Le parole di Hart Wyngarde le avevano insinuato il dubbio sul suo rapporto con Dana e anche se era stata incerta su come comportarsi, aveva deciso che la soluzione più rapida fosse parlarle direttamente.
Compose il numero che le aveva fatto avere e dopo il secondo squillo udì la voce sensuale della ragazza demone risponderle: «Ciao carotina.»
«Vieni da me, devo parlarti subito» le disse senza prendere fiato e chiuse la comunicazione.
Pochi secondi dopo, uno sbuffo di fumo viola si diffuse nella stanza e Dana comparve al suo fianco.
«È successo qualcosa di grave?» domandò seria.
Michelle rimase qualche istante con la bocca aperta. Per lei era un fatto di una certa importanza, ma poteva definirlo grave? Scosse la testa e decise di continuare in ogni caso con il discorso che si era preparata.
Si alzò in piedi e disse: «Ho bisogno di sapere perché stai insieme a me. E se sei arrabbiata perché vogliamo chiudere la Bocca dell’Inferno. Voglio dire, a me piaci anche senza i poteri, ma annullando l’influsso di Elliott tu potresti perderli e se questo ti fa paura ed è un motivo per cui possa decidere di lasciarmi, voglio parlarne prima che prendi questa decisione.»
Dana strabuzzò gli occhi. «Ma come ti è venuta questa idea?»
«Rispondimi, per favore.»
«Prima ricomincia a respirare e calmati.» Dana le prese il braccio e la costrinse a sedersi con lei sul piumone che copriva il letto. «Adoro i miei poteri, non te l’ho mai nascosto. E so bene che tu, mio fratello e la vostra Scooby Gang avete deciso di portare avanti questa missione finché non riuscirete a chiudere la Bocca dell’Inferno del sogno di Elliott. Va bene, non vi incolpo di questo e di sciuro, se doveste riuscirci e dovessi affrontare qualunque conseguenza, non mi arrabbierei mai con te. E puoi star certa che non sarebbe un motivo per rompere la nostra relazione.»
Michelle avvertì un gigantesco peso sciogliersi dal petto e dalle spalle. «Dici sul serio?»
L’altra ragazza annuì. «E ovvio. Ho finito con innamorarmi di te perché sei una tipa tosta. A volte tiri fuori stupidaggini come questa, ma sai tenere testa agli atri quando serve, sei grintosa e lo trovo sexy. È quello che mi piace di più in te.»
«Anche se non fosse tutto merito mio?» Michelle risentì nelle orecchie le frasi di Hart Wyngarde durante la seduta. «Hai visto come faccio emergere la mia oscurità, magari è quello a rendermi così… ad attrarti in me. E se sparisse anche l’oscurità, magari sarei diversa, qualcuno che non potresti amare.»
Dana le posò il palmo della mano color rosso rubino sulla fronte. «Non mi sembri calda, non hai la febbre,  però parli come se stessi delirando. Stai dicendo un mucchio di cazz… cavolate. Tu sei tu.»
Michelle le scostò la mano dalla faccia. «Che cosa vuoi dire?»
«Quell’oscurità che ti fa fare cose superumane, che ti dà i tuoi poteri è parte di te. A essere precisi è una parte di te. Anche se la Bocca dell’Inferno svanisse, se perdessi la tua capacità da Poltergeist, quella parte oscura rimarrebbe, così come quella più chiara, per così dire. E per toglierti ogni altro dubbio: sei perfetta così. Non è il tuo lato oscuro a farmi scegliere di essere la tua ragazza, ma tutti gli aspetti del tuo carattere, comprese queste insicurezze, dolci e anche un po’fastidiose.»
Michelle le buttò le braccia al collo e caddero semi distese sul letto. In preda alla gioia di sentirle ammettere quello che pensava di lei, iniziò a baciarle le guance e poi passò alle labbra, insinuando la lingua nella sua bocca.
Dana accolse quel gesto con piacere, poi però la scostò e si ritrasse, tirandosi su e rimettendosi a sedere. «Ferma, ferma. Non te la caverai così facilmente. Adesso è il tuo turno.»
«In che senso?» Michelle si rassettò il maglione, sedendosi a sua volta sul letto e la osservò confusa. «Oscurità Maggiore, cioè Hart Wyngarde è venuto da te?»
L’altra inarcò un sopracciglio. «Assolutamente no. Ti ho detto chiaro e tondo perché sto con te, ora voglio sapere per quale ragione tu vuoi stare con me. Forse è solo questo magnifico corpo da demone ad attirarti?»
«No, anche se ammetto che in principio è stato quello a farmi provare un certo… interesse.» Michelle sorrise a quel pensiero. «Poi mi sono sentita compresa. Quando per colpa della Bocca dell’Inferno ero diventata invisibile a tutti, parlare con te mi ha dato sicurezza e ho cominciato a provare più di una semplice attrazione fisica. Quando ci siamo ritrovate sole noi due, per la prima volta non mi sono sentita un mostro, qualcuno di sbagliato. Tu mi ha fatta sentire desiderata.»
«Wow, caspita», Dana giocherellò con la chiusura del piercing all’orecchio sinistro.
Osservandola, Michelle vide che era imbarazzata. Qualcosa che non accadeva di frequente, forse non era mai successo in sua presenza. «E in fondo credo che valga quello che hai detto tu per me. Per quanto ti sforzi di passare per quella che insegue solo il suo interesse, so che ti preoccupi anche per gli altri. Non tutti, solo persone selezionate, ma va bene così. Anche tu non sei solo oscurità, ma hai sprazzi di luce e mi sono innamorata per questo. Mi piaci perché sei così: non buona, non cattiva, la ragazza umana nel corpo di un demone.»
Dana le si avvicinò e la baciò con dolcezza, un lungo incontro di labbra pieno di tenerezza. Poi si spostò indietro e le disse: «Hai visto? Un’altra prova che sei coraggiosa: ci vuole fegato a rivelare apertamente i propri sentimenti.» E le sorrise.
Michelle respirò e facendo uscire l’aria dai polmoni, avvertì un senso di libertà. D’un tratto tutto ciò che era accaduto nello studio del Consulente Wyngarde, ogni parola subdola, ogni sottile allusione e dubbio, le parvero insulsi, non c’era mai stata una vera ragione per preoccuparsi.
«Ora però voglio sapere chi ti ha messo in testa queste idee» fece Dana. «Prima hai menzionato Oscurità Maggiore, scommetto che è stato lui.»
Michelle si morse il labbro inferiore. Coinvolgere la sua ragazza nei piani di quell’essere la spaventava, ma ormai ci era già arrivata da sola e nasconderlo non aveva senso. «Ti ho raccontato che da qualche tempo fa il Consulente al liceo e si fa chiamare Hart Wyngarde, ho avuto una seduta con lui, come da uno psicologo, solo che sembrava volesse mettermi in difficoltà. Nella conversazione ha tirato in ballo la mia storia con te, il mio essere predisposta all’oscurità… insomma quello che ci siamo dette poco fa.»
«In pratica ti ha manipolato.» Dana incrociò le braccia sul petto. «Che razza di bastardo!»
«Promettimi che non farai niente per infastidirlo.» Michelle le strinse il braccio destro e la guardò supplicandola. «È davvero pericoloso. Ed è capace i tutto.»
«Lo so, carotina, ma non posso fargliela passare liscia.» Dana la attirò a sé, l’abbracciò lasciandole posare la testa nell’incavo tra il suo collo e la spalla. «Non mi importa se è il  male assoluto o solo la parte più crudele di Elliott  e Billy, si è intromesso tra di noi e ora ne pagherà le conseguenze!»
Michelle si scostò per poterla guardare bene in volto. «No, abbiamo risolto tutto. Ignoriamolo e basta.»
Dana scosse la testa. «Con i tipi come lui non serve a niente. Ha bisogno di una bella lezione e io so come dargliela. Al contrario dei tuoi amici, non ho problemi a giocare sporco. Rimpiangerà di avermi fatto arrabbiare.» 
 
 

                                                                           Continua…?  

lunedì 15 settembre 2025

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 94

Sorge Oscurità Maggiore 19: La Solitudine di Ezechiel Giller

 

Zec guardò per la quarta volta l’orologio al polso. La professoressa Noxon li aveva tenuti “in ostaggio” quasi due ore oltre l’orario di scuola perché i lavori di chiusura dell’allestimento del musical procedessero spediti e mantenessero una tabella di marcia che accorciasse i tempi. E avevano ancora altri quattro pomeriggi da passare così.

«Sono quasi le sei» bofonchiò, tormentando gli spallacci dello zaino sopra le maniche della giacca.
Il pensiero andò subito a sua madre: anche se la loro amica Kathryn – una donna che conosceva in pratica da quando era nato – lo aiutava durante gli orari di scuola e adesso che era impegnato con il club di teatro, Zec non si sentiva tranquillo a restarle tanto lontano. Il suo esaurimento era in una fase migliore rispetto i due anni passati, ma non si poteva mai sapere. Ogni giorno era diverso, ognuno pesante da affrontare, e lui sapeva che più tardava a rincasare, più l’ansia tormentava sua mamma, innescando un circolo pericoloso. Non voleva essere causa di un problema per la sua salute, però aveva bisogno di parlare con i suoi amici.
Era una decisione su cui aveva rimuginato tutto il tempo dei lavori di sistemazione delle scene e degli oggetti dello spettacolo, non erano stati accoppiati per nessuna mansione e si erano rivolti la parola a malapena, non solo quel pomeriggio, ma dalla seduta di gruppo con Hart Wyngarde. Non andava bene.
Zec sospettava che le strane insinuazioni che gli aveva rivolto il Consulente Wyngarde e che lo avevano turbato e fatto dubitare della sua vita, non erano un trattamento riservato solo a lui. Era successo qualcosa anche agli altri in quell’incontro. Sapevano di Billy e del suo sentirsi in colpa per la scelta presa da Elliott, ma ognuno ignorava cosa avesse fatto l’uomo per renderli tanto restii a confidarsi gli uni con gli altri.
Così Zec aveva deciso di attenderli all’ingresso del liceo, finito il loro compito con il club si sarebbero incrociati e a costo di forzarli, avrebbero avuto un confronto. Però era trascorsa mezz’ora e non era ancora passato nessuno di loro. Aveva incrociato solo cinque o sei membri del club di teatro e tutti impegnati nel suo stesso gruppetto di lavoro. 
Sollevò la testa dal quadrante al polso e scorse Dylan Derreck procedere nel corridoio verso di lui.
«Ehi cosa ci fai ancora qui?» gli disse alzando la mano destra in cenno di saluto.
«Sto aspettando i miei amici.»
«Mi sa che ti hanno dato buca. Non è rimasto più nessuno dei club e dei corsi extrascolastici.»
Zec lo fissò diffidente. «Perché sei ancora qui, allora? Non fai parte del club di teatro e di nessun altro.»
Dylan gli sorrise. «Ho parecchio tempo libero e mi piace girovagare.»
Lo fissò incerto. Non era più parte del branco di Kate e dal giorno del test di ammissione al college finito male non lo aveva più visto in compagnia dei suoi ex-alleati, però c’era qualcosa nel suo atteggiamento che non lo convinceva.
«Sei sicuro che Billy, Betty o qualcuno degli altri non sia ancora qui intorno?»
Dylan sollevò la mano sinistra e disegnò una croce sul petto, all’altezza del cuore. «Lo giuro solennemente.»
Zec ignorò il tono sarcastico, ma rimase amareggiato dal comportamento degli amici. Non si erano preoccupati di assicurarsi che anche qualcuno tra loro fosse già andato via. Nemmeno il suo ragazzo lo aveva cercato almeno per avvertirlo che tornava a casa per conto suo. Era l’unico a voler mantenere compatto il loro gruppo, provando a contrastare qualunque piano avesse messo in atto Hart-Oscurità Maggiore.
«Se vuoi, posso darti un passaggio io.» Dylan si scostò dalla fronte il ciuffo di capelli che svettava tra quelli più corti. «Prometto di comportarmi da gentiluomo.»
«Tanto so difendermi da solo» replicò Zec. Pensò che a quel punto tanto valeva andarsene e dato il ritardo accumulato inutilmente, poteva anche accettare l’offerta. Non aveva voglia di fare il tragitto da solo. «D’accordo. Grazie.»
Dylan sfoderò il suo abituale sorriso malizioso e gli passò il braccio destro intorno alle spalle. Più vicini di quanto intendesse Zec, oltrepassarono le porte d’ingresso del liceo, attraversarono una parte del cortile interno, raggiungendo il parcheggio sulla destra.
Una volta montati sulla Jeep del ragazzo, Zec si sedette al lato del passeggero e lo guardò posizionarsi al volante. «Per arrivare a casa mia ti conviene pre…»
«Tranquillo, conosco la strada.» Dylan girò la chiave nel quadro comandi, mise in moto e superò le strisce che delimitavano il posteggio.
«Non so se essere lusingato o preoccupato» gli rispose. «Visti i tuoi precedenti, potrei pensare tu mi stia stalkerando.»
«Oh, sei in vena di complimenti. Comunque non sono quel tipo di persona, anche se ammetto che se trovo qualcuno che mi interessa, non mi arrendo al primo rifiuto.»
Zec rimase zitto, preferì non cedere a quel suo tentativo di flirtare. Mentre Dylan guidava tranquillo, portandoli fuori dal parcheggio della scuola e procedendo poi sulla strada, gli tornò in mente la conversazione con Hart Wyngarde. Essere l’oggetto delle attenzioni di un ragazzo non era così spiacevole. Per lui era anche la prima volta, dato che Billy non era stato molto esplicito nel conquistarlo. E a differenza di lui, non c’era il rischio che Dylan scomparisse nel nulla.
«Come è stato cambiare totalmente vita?» gli chiese d’impulso. Ricordando che in un certo senso, anche lui aveva comunque annullato la sua esistenza. «Fingersi morto, scomparire, far perdere le tracce… insomma ripartire da zero.»
«Liberatorio.» Dylan girò di poco il viso per guardarlo. «Hai intenzione di lasciare Dorms a breve?»
«No, niente del genere. Ero solo curioso. Non credo ne sarei mai capace.»
«Perché?»
Zec sospirò. «Mollare tutto e buttarmi alla cieca nel vuoto, senza sapere dove andare, o cosa mi aspetta non fa per me. E poi non potrei lasciare sola mia madre, ha troppo bisogno di me e le spezzerei il cuore.»
«Deve essere bello avere un genitore a cui tenere e che tiene a te.» Dylan riportò lo sguardo sulla strada e si fece serio. «Mia madre è morta di malattia un anno dopo la mia nascita, non la ricordo affatto. Mio padre ha preferito buttarsi nell’alcool, invece che crescere me e anche lui è morto qualche anno dopo. I miei vari genitori affidatari non hanno mai voluto veramente badare a un bambino, ti risparmio il racconto delle mie disavventure, ma non sento di appartenere a nessuna famiglia.»
Zec lo fissò intristito. Lo aveva giudicato un ragazzo a cui non frega nulla se non di se stesso, però aveva alle spalle una storia davvero dolorosa. Non gli parve più strano che avesse scelto la fuga come soluzione. «Mi dispiace.»
«Non devi. Io sono contento così.» Dylan distese di nuovo le labbra in un sorriso più sincero rispetto a poco prima. «Come ti ho detto: la mia libertà è la mia forza. Per te è diverso.»
«Già, sono così attaccato a mia mamma, al mio ragazzo, ai miei amici, perfino a mia sorella nonostante tutto quello che ha combinato.» Zec emise un risolino nervoso. «Vorrei essere forte e invece dipendo dagli altri. Sono patetico.»
«Niente affatto. E nemmeno debole. Aprirsi tanto agli altri è segno di forza, ti metti a rischio a costo di essere ferito.»
Zec lo osservò parlare e gli parve di sentire ancora una volta Hart Wyngarde. «E se avessi paura anche io? Così tanta da spingermi a fare qualcosa di… orribile per non perdere chi amo?»
Dylan si strinse nelle spalle. «Non ci vedo niente di male. Combattere per qualcuno o qualcosa a cui tieni non deve farti vergognare, nemmeno se ti spinge oltre i tuoi limiti. L’importante è che ne valga la pena.»        
Era proprio questo ciò su cui Zec iniziava a dubitare. Abbassò gli occhi sullo zaino che teneva in grembo e ripensò all’anno passato, a quando con il suo gruppo avevano avuto le prime incomprensioni. La reazione di tutti era stata quella di dividersi, poi avevano risolto i loro problemi, affrontando qualcosa di enorme come l’istituto psichiatrico, ma sempre più spesso erano divisi sulle decisioni importanti. In verità ognuno procedeva per conto suo e solo dopo un po’ si confidava con gli altri. Come potevano dirsi uniti se al primo cambiamento che scuoteva la loro normalità si richiudevano a riccio, fino a evitarsi.
La prova l’aveva avuta anche quel pomeriggio. Aveva sacrificato qualcosa per lui importante e a nessuno di loro importava. Lo avevano lasciato da solo.
L’auto si fermò.
Zec alzò il capo e guardò furori dal finestrino. La Jeep era parcheggiata a pochi passi dal vialetto della sua abitazione.
«Per quanto mi riguarda, questo lato di te ti rende ancora più attraente.»
Zec si girò a ribattere e Dylan lo sorprese: le sue labbra si posarono sulle sue, le loro lingue si sfiorarono e poi l’altro ragazzo si ritrasse concludendo quel bacio fugace.
«Non avresti dovuto» disse sollevando lo zaino come una barriera tra loro.
Dylan scosse la testa. «Non farti venire inutili paranoie. È stato solo un bacio. E anche se ti è piaciuto, non hai tradito il tuo Billy.»
«Forse… però avresti  dovuto chiedermi se lo volevo.» Zec aprì la portiera.
Dylan gli prese gentilmente la mano. «Scusa. La prossima volta lo farò. E se hai bisogno di compagnia, di sentirti meno solo, io sono a tua disposizione. Lo sarò sempre. Non ti abbandonerò, qualunque decisione prenderai o azione compirai.»
Zec si fermò, mentre l’aria fresca della sera lo accarezzava. La frescura era piacevole, rigenerante, proprio come lo era stato passare quei minuti in compagnia di Dylan. Poi uscì dall’abitacolo e si sistemò lo zaino su una spalla.  
«Grazie. Per tutto» gli disse.
Dylan gli fece l’occhiolino. «Sempre a tua disposizione.»
Zec chiuse la portiera e lo osservò ripartire. Guardandolo allontanarsi, avvertì crescere la convinzione diversa da quando era partito da scuola.
Hart Wyngarde e Dylan avevano ragione. Non c’era nulla di sbagliato in lui. E se per non sentirsi più escluso e tenere chi amava vicino doveva usare maniere forti, era arrivato il momento di cominciare a farlo.
 
 
                                                                     Continua…?