Il Gioco del Branco 33: Appuntamento con la Vendetta
La sera era fredda e umida, Donovan si
strinse nella giacca a vento impermeabile e si sfregò le mani per riscaldarle.
Era sorpreso di non aver trovato il
resto degli amici, non gli capitava mai di essere il primo ad arrivare. Si
scostò dalla porta d’ingresso del Wild
Burger e scrutò l’interno dall’ampia vetrina. La tavola calda era quasi
vuota.
Rimuginò ancora una volta sull’incontro
con Kate del giorno prima e non poté fare a meno di provare comprensione per
Sasha. La sua situazione familiare faceva davvero schifo, era bastato quello
spezzone di ricordo per rendersene conto. Anche per lui la vita a casa non era
facile: sua madre se ne era andata ormai da un anno, decisa a rifarsi una vita
lontano da loro e suo padre era rimasto, ma era pesante viverci insieme; la
maggior parte dei giorni era di cattivo umore e con la prerogativa a
criticarlo.
Donovan non poteva condannare Sasha se
era infuriata con Elliott: causando indirettamente la morte della sorella
Crystal, le aveva tolto l’unica speranza di serenità. Ripensò alla sua situazione,
se era vero che la comparsa di Billy lo
aveva aiutato a conoscersi meglio e riempito un vuoto, ne aveva causato un
altro. In fin dei conti, prima del suo arrivo, lui aveva una ragazza di cui era
innamorato, o qualcosa di simile…
«Scusa, credevo di impiegarci di meno a
piedi.»
La voce di Betty lo riscosse dai suoi
pensieri. La osservò rapito. Sotto la giacca indossava un vestito blu semplice,
con la gonna fin sopra il ginocchio e un paio di stivaletti marroni. Non aveva
spesso occasioni di vederla in abiti così femminili ed era bellissima.
«Non c’è problema» disse, non riuscendo
a staccarle gli occhi di dosso. «Sei stupenda.»
Betty sorrise. «Grazie. Ti dispiace se
entriamo ad aspettare gli altri? Le gambe mi si stanno congelando.»
Donovan annuì e le aprì la porta della
tavola calda. Presero posto nel terzo tavolo sulla sinistra, così da poter
osservare l’esterno dalla vetrina, sedendosi sul divanetto uno di fronte
all’altra. Una cameriera si avvicinò con il taccuino in mano, ma le dissero di
stare aspettando degli amici e avrebbero ordinato poi tutti insieme.
Betty lo osservò con un’espressione
delusa. «Hai rimesso quella felpa…»
Donovan abbassò lo sguardo sulla sua
giacca aperta e fissò i vestiti sotto. «È comoda e mi avevi detto che ti
piaceva.»
«Certo, ma per questa uscita potevi
metterti un po’ più elegante.»
Donovan si accorse che il loro
abbigliamento non era proprio sulla stessa linea di stile. Lui aveva un paio di
normali jeans, una maglietta e la sua felpa verde, come si vestiva più o meno
ogni giorno. Lei sembrava pronta per un evento formale.
«Avevo capito che sarebbe stata
un’uscita tranquilla, un modo per risollevare il morale a Billy e a tutti dopo
l’ennesima scoperta sconcertante sulle responsabilità di Elliott. Non abbiamo
stabilito un dress-code.»
Betty alzò gli occhi al cielo. «Non metterti
subito sulla difensiva. Per noi è comunque un evento, non usciamo insieme da…»
esitò un istante, «Non mi ricordo neanche se siamo mai usciti, forse questo è
il nostro primo vero appuntamento.»
«Se lo consideri così, ti ricordo che
sarà un po’ affollato.»
«Puoi essere serio per cinque minuti?»
Donovan aggrottò la fronte, la sua
ragazza era di cattivo umore e non capiva il motivo. «Che ti prende? Sai che
non saremo qui da soli, gli altri arriveranno tra poco. Ti comporti come se
fossi gelosa e offesa.»
Betty si spinse contro lo schienale.
«Niente… però tu hai già avuto un primo appuntamento e anche di più.»
Lui strabuzzò gli occhi. «Ti riferisci
ad Anika? È una storia passata.»
«Ovvio, ma tu almeno hai dei ricordi,
dei termini di paragone.»
«Non faccio paragoni tra voi.»
Betty lo guardò diffidente da dietro gli
occhiali. «Hai notato subito il mio vestito.»
«Solo perché non ti vesti spesso in
questo modo. Credevo che alle ragazze piacesse ricevere complimenti.»
S’innervosì, quella conversazione lo faceva sentire in colpa e non vedeva la
ragione. «E poi non puoi essere invidiosa di qualcuno che è morto e cancellato
dal ricordo di tutti. Io devo preoccuparmi di qualcuno di reale e fin troppo
presente.»
«Ecco, ci risiamo.» Betty sbuffò. «Ancora
con la storia di Kenny, sei ridicolo.»
Donovan si morse il labbro inferiore.
Non voleva riaprire quel discorso e nemmeno litigare con lei. Erano lì per
rilassarsi. Rimase in silenzio qualche secondo, il tempo di sbollire la rabbia
che sentiva nascere.
«Possiamo ricominciare da capo? Abbiamo
una serata di tranquillità a quanto sembra, godiamocela. Finché siamo soli,
dimmi cosa c’è che non va.»
Betty si tirò in avanti, appoggiando i
gomiti sul tavolo. «Continuo a pensare al ricordo di Sasha, sua sorella aveva
la nostra età e ha perso tutto in pochi istanti e noi occupiamo la maggior
parte delle nostre giornate a combattere eventi assurdi. È eccitante, ma non
vorrei ci perdessimo momenti importanti della nostra adolescenza. Un po’ come è
successo a Elliott.»
«Ripensi alla lettera?» Anche lui aveva
riflettuto su quello che c’era scritto. «So cosa abbiamo detto a Billy e lo
penso davvero, però non possiamo far finta che Elliott non abbia colpe.»
«Hai dei dubbi?» gli domandò.
«A dire il vero non lo so» ammise,
abbassando lo sguardo sulla tovaglietta rossa e bianca con il logo Wild Burger. «Sasha-Kate ha sbagliato a
comportarsi come ha fatto, con la storia del branco e tutto il resto, però
Elliott le ha tolto tutto. E se fossimo stati in quella situazione? Aver
incontrato Billy, essere scelti per stargli accanto, ha fatto la differenza,
ma…»
«Non possiamo considerala la cattiva
della situazione» lo interruppe Betty. «Almeno non del tutto. Già, comincio a
pensarlo anche io.»
Donovan sollevò lo sguardo e si affrettò
ad aggiungere: «Dobbiamo fermarla, su questo non ci sono alternative, ma dopo?
Ammesso di ritrovare Elliott e la Falce restiamo comunque impotenti.»
Betty allungò il braccio e gli afferrò
la mano. «Credo che per stasera dovremmo rimandare il problema. La lettera per
Billy ci ha anche ricordato di dover essere dei normali diciassettenni quando
possiamo… facciamolo.»
«Non sarete mai più normali.»
Donovan riconobbe la voce di Jordan,
girò la testa di scatto e lo vide in piedi davanti al loro tavolo, con Chas al
suo fianco, sulle labbra di entrambi l’abbozzo di un sorriso di scherno.
«Cosa ci fate qui?» domandò.
Chas prese posto accanto a lui. «Siete
carini, ma male assortiti» gli disse osservando le mani strette. «Non è la
serata giusta per un appuntamento romantico.»
«Non c’è pace sulla Bocca dell’Inferno»
commentò Jordan, accomodandosi di fronte all’amica, vicino a Betty.
«Cosa volete da noi?» ripeté Donovan,
spostando la mano da quella della fidanzata e stringendo le dita di entrambe a
pugno.
«Non è ovvio? Vendetta» replicò l’altro
ragazzo.
Betty si allontanò di qualche centimetro
dal vicino di posto. «Qualunque cosa significhi, andiamo fuori.»
Chas scosse la testa in diniego. «È
tardi per preoccuparsi di chi ci va di mezzo. Vi deve essere chiaro che
dovunque andrete e qualunque cosa farete, metterete in pericolo chiunque.»
«Perché? Ci incolpate per essere amici
di Billy, ma noi cerchiamo di contenere i danni.» Donovan si sforzò di
mantenere un tono basso di voce. «Quello che è successo a Crystal non può
essere rimediato, ma possiamo trovare un modo per sbloccare la situazione,
annullare gli effetti del sogno di Elliott.»
«Continuare a lottare tra noi è solo
fatica sprecata» aggiunse Betty.
Jordan li scrutò calmo. «Guardate la
faccenda dalla prospettiva sbagliata. Non è più una questione di noi contro
voi. Ora siete un modo per pareggiare i conti. Occhio per occhio, dente per dente.»
Donovan inarcò un sopracciglio, non
seguiva il filo del suo ragionamento.
Chas si alzò di nuovo in piedi, camminò
verso il centro della tavola calda, attirando l’attenzione della cameriera alla
cassa. Jordan si parò le orecchie con i palmi e la ragazza spalancò la bocca,
lanciando un grido stridulo.
Il suono riverberò tra le pareti del
locale.
Donovan sentì una fitta all’interno
delle orecchie, d’istinto le coprì con le mani. Vide Betty fare altrettanto,
mentre il grido di Chas proseguiva, diffondendo un dolore acuto ai presenti.
Sottili crepe si disegnarono sulla
superficie delle vetrine, i bicchieri s’infransero con un colpo secco e lo
stesso accadde con le saliere sparse sui tavoli. La cassiera si allontanò dal
bancone e barcollò, finendo stesa sul pavimento; la porta della cucina si aprì
a fatica e un uomo con una mano premuta sull’orecchio sinistro, un rivolo
sottile di sangue da quello destro e lo sguardo smarrito, arrancò per osservare
cosa accadeva in sala.
A fatica, Donovan si mise in piedi, ma
non riuscì a compiere più di due passi dal suo posto. Notò due clienti, un uomo
e una donna, accasciati sopra al tavolo a cui stavano cenando, privi di sensi. Udì
un tonfo: l’uomo della cucina crollò a terra. Inarcò la schiena, il dolore gli
martellava fino in testa, sapeva di dover agire, ma formulare un qualunque
pensiero gli era impossibile.
Chas si guardò intorno fino a portare lo
sguardo su di lui e a quel punto smise di gridare e chiuse la bocca.
Donovan abbassò lento le mani dalle
orecchie, si girò per osservare il suo tavolo e Jordan balzò contro Betty,
serrandole il collo con la mano sinistra.
«Bastardo! Non toccarla!» gli urlò
avventandosi su di lui, ma l’altro lo spinse senza fatica, mandandolo a
sbattere con la schiena contro il bancone. Ansimò per il dolore e tentò di
rialzarsi.
«Resta lì» gli intimò Jordan.
Betty rantolò e poi chiuse gli occhi e
perse le forze.
«Cosa le hai fatto?» gridò nel terrore.
Chas gli si accostò. «Stai tranquillo, è
solo svenuta. Anche senza diventare un Mastino Infernale è più forte di un
ragazzo normale e non potevamo permettere alla tua ragazza di concentrasi
abbastanza da diventare intoccabile.»
Jordan arretrò fino a uscire dal
divanetto e sistemò il corpo di Betty sulla spalla sinistra, come un sacco.
«Ora puoi metterti in piedi. Dobbiamo andare.»
«Dove?» domandò Donovan, sentendosi
stupido per essere stato messo all’angolo tanto facilmente.
Chas incrociò le braccia sul petto. «Da
Kate. Il vostro appuntamento è con lei.»
Immobile e confuso, Donovan li squadrò
entrambi. «Cosa vuole da me? Da noi?»
«Sei proprio stupido» disse Jordan.
«Siete appena diventati degli ostaggi.»
Continua…?