CAPITOLO 87
Il ricatto di Kaspar
Leonardo fissò l’espressione algebrica
scritta alla lavagna. Il compito finale di matematica si avvicinava e la
spiegazione che la professoressa stava dando era – per sua stessa ammissione –
essenziale per la riuscita del test, ma pur sapendolo, non riusciva a rimanere
concentrato.
La settimana era stata tranquilla.
Nessuno si era dimenticato di lui, non c’erano stati altri attacchi da ragazzi
con poteri, però non riusciva a rilassarsi per dedicarsi completamente alla sua
vita scolastica. Si guardò intorno, sicuro che presto qualcuno avrebbe messo in
dubbio la sua esistenza.
I suoi compagni non lo degnarono di uno
sguardo.
È
un buon segno. O un cattivo segno pensò. Doveva fare una
prova. Alzò il braccio per chiedere il permesso di andare in bagno.
La professoressa sembrò non notarlo.
«Professoressa» la richiamò Leonardo per
attirare la sua attenzione.
«Cosa?» La donna si girò verso di lui e
rimase perplessa. «Scusa, tu chi sei?»
Leonardo abbassò lentamente il braccio.
«Sono Martini. Leonardo Martini» rispose con voce flebile. Stava succedendo di
nuovo. Istintivamente cercò tra i compagni Davide e Sabrina, che si erano
girati di colpo a fissarlo.
La professoressa esaminò il registro. «Non
c’è nessun Martini in questa classe tra i miei studenti. Non è uno scherzo
divertente.»
Leonardo scrutò di nuovo gli altri
ragazzi, ora intenti a fissarlo confusi. Neanche loro sapevano chi fosse.
Allontanò con violenza la sedia dal banco e corse fuori dalla classe. Si fermò
a metà corridoio, guardò indietro e vide il braccio della donna che richiudeva
la porta, ovattando così il brusio che si era diffuso nell’aula.
S’infilò la mano sinistra tra i capelli
e la pelle ai lati della schiena si inumidì di sudore. «E adesso? Cosa faccio?»
Nel panico il respirò divenne affannoso.
La porta dell’aula si aprì di nuovo.
Davide uscì porgendogli la sua giacca e lo zaino. «Non farti venire un attacco
isterico» gli disse vedendolo sbiancare e inspirare grandi boccate d’aria. «Avevamo
previsto che potesse accadere di nuovo.»
«Ma non abbiamo stabilito che cosa fare!»
«Vai da Kaspar De Santi» rispose Davide.
«E se non mi riconosce?»
«Sarà la prova che lui e il C.E.N.T.R.O.
non c’entrano niente con questa storia. A quel punto esci da scuola e aspettaci
in cortile.»
Leonardo sistemò lo zaino in spalla e
piegò la giacca sotto il braccio destro. «E se invece è colpevole?»
«Scopri cosa vuole, ma non fare niente.
Ci vediamo comunque fuori per discuterne con gli altri.» Davide tornò verso
l’aula e rientrò.
Leonardo s’incamminò nel corridoio,
l’eco dei suoi passi come unico compagno durante il tragitto. Salì la rampa che
portava al piano dell’ufficio del consulente ripetendosi Pensa positivo. Pensa Positivo. Pensa positivo e stringendosi
l’avambraccio destro con forza tale da stritolarlo.
Si fermò davanti all’ingresso
dell’ufficio e trasse un lungo respiro. Chiuse la mano a pugno per bussare, ma
si fermò a mezz’aria. All’interno Kaspar stava conversando con qualcuno.
«Certo, può stare tranquillo direttore
Strom.» La voce di Kaspar aveva un tono reverenziale. «Ho valutato ogni
possibile rischio ed è la scelta migliore.»
«Mi fido del tuo giudizio, ma sai quanto
questo progetto mi stia a cuore» rispose il signor Strom. «Possiamo definirla,
in un certo senso, una questione personale.»
Leonardo non riconobbe la voce
dell’altro uomo. Strom non era il cognome del preside e neanche del suo vice.
Eppure lo aveva chiamato direttore.
«Lo comprendo. Non ci saranno errori»
ribadì Kaspar.
«Allora, aspetto notizie.»
Leonardo udì il rumore di sedie che
venivano spostate, così si allontanò dalla porta, giusto un istante prima che
venisse aperta. Il signor Strom uscì, era un uomo alto con i capelli castano
chiaro e la barba che partiva dalle lunghe basette fino a coprire le labbra
carnose. I suoi occhi marroni incontrarono per una frazione di secondo quelli
di Leonardo e poi proseguì per la sua strada.
Il ragazzo ritornò sull’uscio e bussò
alla porta aperta.
Kaspar alzò la testa dalla scrivania e
disse: «Prego, entra pure.»
Non lo aveva chiamato per nome o
cognome. Scoraggiato, avanzò e prese posto sulla sedia davanti alla scrivania.
«Cosa posso fare per te?» domandò
Kaspar.
«Io… » iniziò Leonardo, non sapendo in
realtà cosa dire. Se non lo riconosceva, doveva parlare per metafora, se invece
si ricordava di lui, avrebbe potuto andare dritto al sodo. «Ho un problema.»
«Ok. Altrimenti non saresti qui. Che
tipo di problema?»
Leonardo rimase a scrutarlo in silenzio.
«È personale. E complicato.»
«Ho capito.» Kaspar si alzò e andò a
chiudere la porta. Ritornò quindi al suo posto e disse: «Nessuno ci ascolterà.
Ora puoi parlare liberamente, Leonardo.»
«Mi riconosce» esclamò.
«È ovvio. Non dovrei?»
«Ultimamente le persone hanno dei vuoti
di memoria. Tendono a dimenticare momentaneamente che esisto e pochi minuti fa
è successo alla professoressa di matematica e ai miei compagni.»
«Dunque, si tratta di questo» rispose
composto Kaspar. «Supponevo che potesse accadere qualcosa del genere.»
«Davvero?» domandò Leonardo sorpreso.
«Come vi avevo già anticipato,
l’incantesimo della memoria è molto delicato. Bisogna utilizzarlo con cura. Se
non si presta attenzione, possono esserci conseguenze di questo genere,
soprattutto se a usarlo sono giovani inesperti come voi.»
«Il signor Moser era con noi quando abbiamo
ripristinato i ricordi» replicò seccato. «E ci ha spiegato che non è stato un
nostro errore, ma qualcuno che è intervenuto per creare di proposito questo
problema.»
Kaspar lo guardò senza ribattere. Il
ragazzo ricambiò lo sguardo, mentre cresceva nella sua mente il sospetto che
quell’uomo non fosse del tutto sincero.
«So cosa stai pensando: forse sono
proprio io quel qualcuno» gli disse con un sorriso enigmatico.
«Sa chi sono, quindi se non è vittima
anche lei di queste “amnesie”. Può essere la persona che le ha causate.»
«Forse. E in quel caso, sarei anche
l’unico che può sistemare questa faccenda definitivamente.»
«In modo che tutti si ricordino per
sempre chi sono?»
«Esatto» disse Kaspar. «Solo chi ha
lasciato aperto l’incantesimo, può richiuderlo.»
Leonardo appoggiò la giacca al bracciolo
e lo zaino accanto alla gamba della sedia. Ormai aveva pochi dubbi che il
responsabile fosse un altro, avrebbe potuto smascherarlo, ma ricordò la raccomandazione
di Davide.
«Che cosa vuole?» domandò. «Se dovessi
rivolgermi a lei per risolvere il mio problema, cosa dovrei darle in cambio?»
Kaspar sorrise di nuovo, in maniera più
divertita. «Sei un ragazzo sveglio.» Aprì un cassetto alla sua sinistra e posò
sei moduli sulla scrivania. «Non sarà niente di doloroso. Anzi, ci guadagneremo
tutti.»
Davide afferrò Sara per un braccio,
mentre attraversava l’atrio con Naoko, in mezzo ad altri studenti.
Notando Sabrina e Yuri appoggiati al
muro, la ragazza chiese: «È successo qualcosa a Leonardo?»
«Un altro blackout collettivo di
memoria» rispose Davide. «Nessuno in classe sapeva chi fosse, a parte me e
Sabrina.»
«Dov’è lui?» domandò Naoko.
«Ci aspetta fuori» fece lui. «È andato a
parlare con il consulente.»
«Muoviamoci» li esortò Sara.
Raggiunsero i due compagni e tutti e
cinque si avviarono verso l’uscita.
Osservarono i giovani in cortile e individuarono Leonardo appoggiato
alla cancellata in un angolo appartato, con le mani nelle tasche della giacca.
Lui li vide a sua volta avvicinarsi,
evitando i ragazzi che proseguivano per lasciare l’edificio scolastico.
«Stai bene? Ti ha fatto del male?»
domandò apprensiva Sara.
«No, sto bene» le rispose.
«Come è andata? Ti ha riconosciuto?»
domandò Sabrina.
Leonardo annuì «Mi sembrava di essere
una delle protagoniste di Pretty Little
Liars che cerca di scoprire se ha di fronte A.»
«Che vuol dire? A volte non ti seguo
quando fai riferimenti a serie tv» disse Yuri.
Naoko sospirò «Sapeva chi era. Quindi ha
ammesso di essere stato lui.»
«Non apertamente, ma me lo ha fatto
intendere» replicò. «E ovviamente per togliermi da questo casino vuole qualcosa
da noi.»
«Da tutti
noi?» ripeté Davide. «Non ce l’ha solo con te?»
«No. Riguarda tutti e sei.» Leonardo
fece scivolare una spallina dello zaino e inserì una mano nella fessura aperta
della cerniera, estrasse sei fogli di carta e li distribuì uno ciascuno agli
amici. «È un modulo da compilare per uno stage, dovremmo frequentarlo due
pomeriggi a settimana fino alla fine della scuola e ci darà dei crediti extra.»
Sara lo guardò perplessa. «Un po’ strano
come ricatto.»
«Non sembra tanto male» ammise Yuri. «Tutto torna normale e noi
otteniamo dei crediti in più per gli esami finali. Non vedo problemi.»
Naoko terminò di controllare il modulo.
«Lo avete letto fino in fondo? È chiaro dov’è il suo tornaconto.»
«Lo stage non sarà a scuola» spiegò
Leonardo, prima che anche gli altri lo scoprissero da soli. «Dovremmo farlo al
C.E.N.T.R.O.»
Continua…
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