martedì 24 luglio 2012
Interludio - Concorso i-fantasy
A tutti quelli che mi leggono abitualmente (e anche chi lo fa meno abitualmente) segnalo che sto partecipando a un concorso.
E' possibile votare fino al 2 agosto.
martedì 1 maggio 2012
Interludio - Madoka Magica: l'evoluzione definitiva delle majokko
Di recente mi è capitato di seguire la serie anime “Madoka Magica”, non è stato un caso: fin da bambino sono un appassionato del filone delle maghette terrestri degli anime giapponesi ed ero incuriosito da questa nuova serie che aveva fatto tanto scalpore in patria. Al di là del fatto che l’ho molto apprezzata per il suo taglio adulto, mi ha portato a fare una riflessione: questa serie può essere considerata come la probabile evoluzione definitiva del genere, un po’ nello stesso modo in cui “Neon Genesis Evangelion” lo è stato per il filone “mecha-anime” (conosciuti in Italia come i“robottoni”). Come sono arrivato a questa conclusione? Lo spiego subito, tenendo presente che ho preso sotto esame solo i prodotti che considero più rappresentativi del genere majokko.
Punto primo: chi sono le majokko? Nell’animazione giapponese con “majokko-anime”, s’intende un tipo di produzione che può essere suddivisa in due sottogeneri: “aliene” e “terrestri”. Quello a cui faccio riferimento è il secondo e ha una protagonista femminile, nata da genitori umani, che può frequentare dalle elementari fino al massimo il primo anno del liceo e riceve in dono da una creatura magica uno o più oggetti che le permettono di fare uso della magia.
La capostipite del genere è la serie Himitsu no Akko-chan (Lo specchio magico) del 1962 (manga) e 1969 (anime), tanto famosa da aver avuto anche ben due remake nel 1988 (in Italia Un mondo di magia) e nel 1998 (Stilly e lo specchio magico) e fissa quelle che sono le caratteristiche primarie del filone. Akko (Stilly) è infatti una ragazzina delle elementari a cui uno spirito (e poi nei remake la Regina degli Specchi) dona un portacipria magico con cui può trasformarsi in chiunque vuole. Viene anche introdotto il tema che sarà principale nel filone: il potere di trasformarsi permetterà a Stilly di entrare in contatto con il mondo degli adulti e provare con la sua innocenza di bambina a risolvere i problemi della vita quotidiana.
Il salto significativo nel genere avviene nel 1983, quando lo Studio Pierrot crea Maho no Tenshi Creamy Mami (L’Incantevole Creamy), una serie che pur attenendosi alle regole di base, porta qualche novità. La prima è l’introduzione delle mascotte: uno o più esseri dall’aspetto simile ad animali che avranno il compito di vegliare sulla protagonista durante l’anno in cui la creatura magica le ha donato i poteri. La seconda è la possibilità tramite l’oggetto magico di diventare una ragazza più grande (in genere adolescente) e in questo modo fare parte del mondo degli adulti. Si realizza così un desiderio spesso condiviso da molti bambini, il voler essere trattati da grandi, ma che porta con sé anche un piccolo prezzo. Yu, la nostra nuova protagonista, può infatti diventare Creamy la stella della canzone pop, ma si troverà a dover affrontare gli stessi impegni e responsabilità di un’adulta con un lavoro e conoscere quel mondo che l’aspetta tra qualche anno la porterà inevitabilmente a perdere un po’ della sua innocenza e guardare con occhi diversi la sua infanzia che passa. Lo Studio Pierrot produrrà altre due serie molto simili in struttura a questa: Maho no Yosei Pelsha (Evelyn e la magia di un sogno d’amore) del 1984 e Maho no Star Emi (Magica, magica Emi) del 1985, in cui le protagoniste oltre a condividere con Yu la capacità di trasformarsi in un’adolescente, avranno un coinvolgimento amoroso o comunque affettivo verso un ragazzo più grande, in genere attratto dalla controparte magica della protagonista. Tra le due però è Emi ad avere più punti in comune con Creamy (essendo entrambe star dello show business) e allo stesso tempo a presentare un’altra piccola innovazione. Alla fine del suo ciclo di episodi, la protagonista Mai ha l’opportunità di mantenere i poteri magici e trasformarsi per sempre in Emi, realizzando così il suo sogno di diventare una prestigiatrice provetta, oppure rinunciarvi e realizzare con le sue sole forze il suo sogno. Mai sceglierà per l’appunto di contare sulle sue sole forze e questo varia un po’ il tema di fondo: non più la magia come mezzo per sbirciare e provare a vivere il mondo adulto, ma come mezzo per realizzare un sogno e capire che la via giusta per renderlo reale è impegnarsi facendo affidamento solo sulle proprie capacità. Va segnalato che lo Studio Pierrot produrrà altre due maghette: Maho no Idol Pastel Yumi (Sandy dai mille colori) del 1986, che si distacca dalle opere precedenti in quanto la protagonista non si trasforma in adulta e Maho no Stage Fancy Lala (Fancy Lala) del 1998 in cui la protagonista torna a trasformarsi in adulta e a lavorare nel mondo dello spettacolo, ma come Mai/Emi arriva alla consapevolezza di non aver bisogno della magia per realizzare i suoi sogni.
Per avere una vera e propria rivoluzione del genere bisogna aspettare il 1992, quando fa il suo debutto Bishojo Senshi Sailor Moon (Sailor Moon) serie-saga che avrà ben quattro seguiti. La serie, che meriterebbe un approfondimento a sé stante, si inserisce nel filone maghette, portandole però a un passo successivo. La protagonista Usagi (Bunny) è già un’adolescente (ha quattordici anni) e quindi i poteri che le verranno donati non le serviranno come scusa per entrare nel mondo adulto. La sua sarà una vera e propria missione: diventerà una guerriera che con colpi speciali e vari oggetti magici si dedicherà a difendere il mondo dagli emissari del male. In questo contesto è chiaro che la protagonista rinuncia alla sua spensieratezza nel momento stesso in cui accetta la missione, il suo unico pensiero sarà la sicurezza del mondo e quindi non avrà il tempo di vivere come una normale ragazza. Ecco quindi che subentrano nuovi temi, forse più adulti e rivolti quindi a questo genere di pubblico, che saranno lo spirito di sacrificio e l’importanza dell’amicizia. Il primo è ben evidenziato dalla caratteristica di questa nuova maghetta, che appunto non si tramuta in cantante o prestigiatrice, ma in vera e propria guerriera, pronta a battersi fino all’ultimo respiro per proteggere chiunque. Il secondo è messo in risalto dal fatto che la protagonista non è sola: al suo fianco avrà un numero sempre maggiore di compagne, che dotate come lei di oggetti magici, si trasformeranno nelle sue paladine alleate. Questo elemento è una sorta di fusione con il genere sentai-mono popolare in Giappone in svariati live-action e conosciuto anche in Italia grazie alla prolifica serie dei Power Rangers. Le compagne di Usagi però differiscono da lei per un particolare importante: per vari motivi sono delle emarginate e l’amicizia disinteressata che la ragazza donerà loro una volta divenute guerriere, sarà il modo in cui, oltre ai loro sogni individuali, condivideranno quello comune di proteggere quel mondo in cui hanno avuto la fortuna di incontrarsi e abbandonare così la loro solitudine. Bisogna menzionare che questa mega-serie ha anche un forte valore femminista (basti pensare che nonostante l’interesse amoroso di Usagi la salvi spesso dal mostro di turno, è sempre lei con le sue sole forze a conseguire la vittoria finale) e porta allo sviluppo anche della figura della mascotte. Luna, la gatta che dona a Usagi l’oggetto per trasformarsi, è infatti una vera e propria figura autoritaria per la ragazza, che la guida nel suo percorso per accettare e diventare una combattente responsabile.
Dopo Sailor Moon sono stati prodotti una lunga serie di cloni con più o meno successo rispetto alla portatrice di questa innovazione, arrivando sul finire degli anni novanta addirittura alla creazione di una sorta di serie “ibrido”. Si tratta di Ojamajo Doremì (Magica Doremì) del 1999 composta da ben quattro cicli di episodi e che partendo dal tema di base della bambina delle elementari che acquisisce i poteri magici da un essere magico (in questo caso una strega) viene affiancata da altre compagne maghette (componente inserita da Sailor Moon), unendo anche il sottogenere delle “maghette aliene” (appartenenti cioè a un mondo diverso dal nostro) con l’introduzione del Regno delle Streghe e della futura regina di quel regno: Hana una bimba che le protagoniste aiuteranno a crescere, diventandone le mamme. Questa può considerarsi una parentesi nell’evoluzione del genere perché la serie non aggiunge nulla ai temi già sviluppati dai precedenti prodotti e forse si colloca più nella fascia fanciullesca rispetto a quella adulta inaugurata da Sailor Moon.
L’ultimo stadio dell’evoluzione delle maghette avviene quindi solo nel 2011 con la comparsa sugli schermi nipponici di Puella Magi Madoka Magica (Madoka Magica). Questa serie presenta fin da subito una particolarità: la protagonista quattordicenne Madoka entra in possesso dei poteri magici solo nell’ultimo episodio della serie. Nel corso dell’intera storia, Madoka infatti viene dissuasa in ogni modo da Homura, un’altra maghetta, a stipulare il contatto con la mascotte della serie per ottenere i poteri magici. Grazie a questo espediente, Madoka consoce così le altre maghette, che non sono un gruppo coeso ma sono in lotta tra loro e l’origine dei loro poteri: la Soul Gem. Questo gioiello, a differenza degli oggetti magici delle majokko precedenti, non è un semplice articolo magico ma l’anima della maghetta prescelta che abbandona il corpo della ragazza una volta che ha stipulato il contratto con la mascotte Kyubey. Kyubey stesso è un evoluzione (in negativo) della mascotte: il suo nome è la contrazione di Incubator ed è visto come un essere senza emozioni il cui unico interesse è sacrificare le maghette perché diventino streghe (i nemici contro cui le maghette combattono) e raccogliere così l’energia scaturita da questa evoluzione malvagia. Ecco che comincia così a delinearsi la forma definita del genere. Le maghette acquistano i poteri esprimendo un desiderio (che corrisponde alla realizzazione di un sogno tramite la magia), ma nella maggioranza dei casi questo desiderio (anche se altruista) ha delle conseguenze negative, porta alla corruzione la ragazza che lo ha espresso e il potere magico nato dal contratto per realizzarlo la trasforma nella strega, il mostro che porta distruzione e che le protagoniste devono sconfiggere. Continuando la tradizione iniziata con Sailor Moon, i temi del sacrificio e dell’amicizia vengono portati all’estremo attraverso Homura e Madoka. È infatti il desiderio della prima di proteggere la sua migliore amica Madoka a spingerla a diventare una maghetta e rivivere infinite volte gli eventi che causeranno la morte della ragazza, mentre Madoka nel finale della serie compirà il sacrifico estremo per salvare tutte le maghette del passato e del futuro, in un gesto molto simile a quello compiuto da Sailor Moon con una differenza sostanziale: nessuno si ricorderà di lei.
Grazie all’approfondimento psicologico delle protagoniste e alle scene a volte crude (una delle maghette muore decapitata e in genere la morte delle maghette è definitiva), questa serie è chiaramente rivolta solo a un pubblico di adolescenti e adulti. Estremizzando la perdita dell’innocenza delle protagoniste (costrette a compiere azioni e scelte da adulte), mostrando come un sogno realizzato tramite la magia lo renda nullo e sbagliato ed elevando i valori dell’amicizia e del sacrifico in favore del prossimo, Puella Magi Madoka Magica inserisce inoltre nuovi elementi nel filone come il viaggio nel tempo e le realtà parallele, tipici della fiction di fantascienza.
In definitiva sarà molto complicato portare questo genere a un livello ancora più alto, ma la fantasia degli autori potrebbe ancora riuscire a sorprendere gli spettatori. Un esempio? Introducendo magari dei protagonisti maschili (che potremmo simpaticamente definire dei maghetti) in modo che anche il pubblico maschile (che ha cominciato ad avvicinarsi a questo tipo di produzioni grazie a Sailor Moon) possa avere un personaggio in cui identificarsi.
giovedì 15 dicembre 2011
Interludio - Recensione di "Pensavo di scappare con te" di Francesco Gungui
Devo ammetterlo: l’inizio mi ha un po’ spiazzato. Da quello che avevo letto sul risvolto di copertina e su internet, mi aspettavo che la storia partisse già con l’evento scatenante fin dal primo capitolo, invece c’è una necessaria premessa. L’autore infatti ci presenta la protagonista Alice e il suo mondo, la sua famiglia, i suoi amici e il suo più-che-amico-ma-non-fidanzato Luca. Questa premessa è importante perché ci permette di capire chi è Alice e come si muove nel suo mondo. Lei è una ragazza che non rivela mai i suoi pensieri. Lascia che ciò che sente veramente rimanga rinchiuso nella sua mente e alla sua bocca fa dire quello che chi le sta intorno vuole che lei dica.
Quando poi ha l’incidente che le porta la sindrome frontale, è quindi normale che il cervello di Alice, ormai una scatola strapiena di pensieri, opinioni e verità non dette, straripi e la ragazza finalmente parli chiaro.
A questo punto secondo me inizia la parte migliore del libro, quella che è anche la più divertente (per fare un esempio la scena in taxi in cui Alice paragona ad alta voce suo padre al padre di Milhouse dei Simpson). L’autore però gestisce egregiamente questo cambiamento della protagonista facendoci capire che c’è qualcosa di diverso in lei, ma allo stesso tempo restando fedele al personaggio che ha caratterizzato fino a quel momento. Attraverso le farsi dell’Alice senza freni anche il lettore prova quel senso di liberazione nel dire le cose come stanno, senza fronzoli o mezzi termini e non per offendere o accusare, ma perché è un modo per aiutare le persone che ha intorno a capire che stanno dando di loro un’immagine sbagliata. Allo stesso tempo Francesco Gungui ci mostra come spesso tacere la verità porta alla nascita di equivoci e fraintendimenti e quello che è ancora peggio spinge le persone ad allontanarsi le une dalle altre, ce lo fa capire attraverso i protagonisti adolescenti, ma anche tramite gli adulti, i genitori di Alice che con i tanti “non detto” si sono allontanati forse in maniera irrimediabile.
Un altro complimento all’autore da parte mia va anche per la bravura con cui caratterizza i vari personaggi secondari, tutti ben delineati con pochi ma efficaci dialoghi e modi di fare, che li rendono reali e subito riconoscibili all’interno della trama. Proprio grazie a uno di loro, Alice riceve un’importante lezione: negare i suoi pensieri per compiacere gli altri ha fatto in modo che nessuno conoscesse la vera Alice e quindi non importa se si rischia di perdere tutto, bisogna sempre essere se stessi.
Per sapere come Francesco Gungui srotola abilmente e in maniera semplice ma d’effetto l’ingarbugliata vicenda che ha allestito, vi consiglio di andare a comprare il romanzo (o ad aggiungerlo nella lista dei regali di Natale se siete ancora in tempo) e non resterete delusi.
Chi cerca una fresca e leggera storia d’amore, sarà accontentato. Chi vuole un romanzo divertente e un po’ fuori dagli schemi, sarà soddisfatto. Chi vuole imparare ad avere fiducia in se stesso e imparare ad accettarsi per essere accettato, avrà qualche utile consiglio per riuscire a farlo.
Titolo: Pensavo di scappare con te
Autore: Francesco Gungui
Editore: Mondadori
Collana: Shout
Pagine: 312
venerdì 2 settembre 2011
Interludio - Recensione "L'Estate delle Falene" di Mario Pasqualotto
Premessa: questo romanzo andrebbe letto d’estate. Non è obbligatorio, va bene anche se scegliete di farlo in un’altra stagione, ma secondo me leggerlo nel periodo in cui è ambientato vi permetterà di “viverlo” in maniera più intensa.
Superata questa premessa, veniamo al sodo. La trama racconta di un gruppo di ragazzini, Marco, Giulia e suo fratello Tommaso che passano la loro ennesima estate in Umbria nei boschi e nelle valli che conoscono da quando erano più piccoli. Sembra la solita estate, eppure c’è qualcosa di diverso, un presagio di sventura e un incontro in circostanze pericolose con Ken, un ragazzino cinese che porta con sé un velo di mistero. Ed ecco che subito parte quella voglia di avventura che va in perfetto accordo con la stagione della libertà dalla scuola e dagli adulti.
Per Marco e Giulia questa è l’estate del cambiamento, del passaggio da ragazzini ad adolescenti, un’anteprima alla strada che li condurrà all’età adulta. E come tutti i cambiamenti all’inizio è spaventoso e incomprensibile. Perché l’amica di sempre si comporta come una sconosciuta? Perché ogni volta che è con lei, Marco prova una sensazione strana? Gelosia per non avere le sue attenzioni e imbarazzo quando lei comincia a riaccorgersi di lui. L’autore riesce a riportare chi come me quell’età l’ha già superata indietro a quegli anni, facendoti ricordare quanto tutto sembri più difficile e inspiegabile e come sia complicato dover imparare a capire chi sei e che persona vorrai diventare.
Con semplicità ma efficacia, Mario Pasqulaotto spiega anche come il mondo visto dagli occhi di un pre-adulto sia molto pericoloso. Non sai più di chi puoi fidarti: chi consideri un nemico potrebbe rivelarsi la tua salvezza e chi ti ha offerto protezione è in realtà il vero male da cui scappare. Una lezione che spesso tutti abbiamo imparato purtroppo a nostre spese. Allo stesso tempo però, grazie ai personaggi di Tommaso (l’innocenza) e Ken (il mistero), ti spinge a credere che la magia esista ancora, che non sia scomparsa quando hai varcato la soglia dell’adolescenza. E ti insinua il dubbio che la magia forse ti seguirà sempre durante la tua crescita e così i sogni che tormentano Marco possono essere delle vere premonizioni e uno spirito che hai salvato può accorrere in tuo soccorso.
Le descrizioni dei luoghi in cui la storia è ambientata sono un altro dei punti di forza del romanzo. Mario Pasqualotto ne parla alla perfezione, trasportandoti in bicicletta con i suoi protagonisti su e giù per l’Appennino umbro. Personalmente ho trovato la sua prosa talmente fluida ed evocativa che a un certo punto è riuscito a riportarmi alla memoria le immagini e i ricordi delle mie estati e poco importa se non si svolgevano in Umbria ma in un’altra regione: si è talmente immedesimati nei personaggi e nelle loro situazioni, da avere l’impressione di aver davvero vissuto un’esperienza simile alla loro in passato.
In conclusione è un romanzo che consiglio a chi sta per affrontare quell’età per dirgli di non sentirsi spaventato (si sopravvive sempre!) e anche a chi è adulto, perché tornare per un po’ a essere un ragazzino non fa mai male.
Titolo: L’Estate delle Falene
Autore: Mario Pasqualotto
Editore: Einaudi Ragazzi
Collana: Carta Bianca
Pagine: 183
venerdì 10 giugno 2011
Interludio - Recensione "Da questo Libro presto un Film" di Simona Toma
Non fatevi spaventare dalla copertina rosa shocking. Questo non è il solito romanzo d’amore per ragazze. È davvero “un’esilarante storia d’amore e di cinema” come recita l’indicazione sopra il titolo e soprattutto è una storia che può attirare anche i maschietti più allergici ai romanzi rosa (non solo per la copertina).
Già il fatto di trovarsi fin da subito davanti un contenitore stracolmo di pop-corn è allettante. Almeno con me ha funzionato e mi ha spinto a conoscere Toni (la protagonista) e le sue amiche. Fin dalle prime scene, pardon pagine, sono stato catturato. Toni, Matilde e Clementina sono un trio da Oscar, le loro conversazioni, con battute sarcastiche quanto basta da essere divertenti e non banali, valgono da sole l’acquisto del volume. E questo grazie allo stile frizzante di Simona Toma, che riesce a imbastire una storia d’amore sui generi, ma al contempo originale. C’è il colpo di fulmine, c’è il lui che sembra l’uomo della vita della protagonista, l’altro simpatico ma il cui ruolo non è chiaro fin da subito e poi c’è il film. Sì, perché il film a cui Toni e le sue amiche partecipano sembra solo lo sfondo della storia, ma in realtà è quasi un personaggio a sua volta, le cui caratteristiche sono gli strani individui che lavorano per realizzarlo.
Simona Toma ci racconta un amore reale, vissuto come lo farebbe un’adolescente: che lo idealizza e poi lo vede per quello che è davvero. Ci mostra quindi un aspetto comune nella vita di tutti: crescere fa male, ma è inevitabile. E soprattutto che non tutto il male viene per nuocere. A volte dalle brutte esperienze, possono nascere anche delle belle possibilità...
Insomma, un libro perfetto direte. No, anche DA QUESTO LIBRO PRESTO UN FILM ha i suoi difetti. Personalmente mi è parso un po’ inverosimile la facilità con cui Toni e le sue amiche ottengono un ruolo da comparse, o come il regista accetti i suggerimenti di una ragazzina. E anche la fuga irrazionale di Toni forse è un po’ troppo...irrazionale. Però Simona Toma ti trascina talmente dentro alla storia che senti davvero di essere vicino a Toni. Gioisci e patisci con lei al punto che il resto passa in secondo piano.
Se tutto questo non vi ha convinti a comprare il libro, fatelo solo per poter dire quando e se uscirà il film: «Ah sì lo conosco quel film! Ho già letto il libro.»
Titolo: Da questo Libro presto un Film
Autore: Simona Toma
Editore: Mondadori
Collana: Shout
Pagine: 336
Iscriviti a:
Post (Atom)