CAPITOLO 93
Proiettori Psichici e Manipolatori
Psichici
Leonardo venne lasciato davanti alla
porta dell’aula “Proiettori Psichici”. Osservò Patrick, Sara, Yuri e Sabrina
allontanarsi lungo il corridoio guidati da Kaspar, inspirò e buttò fuori
l’aria.
Forza
si disse. Piegò la maniglia ed entrò nella classe.
«Benvenuto» lo accolse un ragazzo biondo
seduto nel secondo banco in prima fila.
Leonardo riconobbe i tratti del suo
viso. Si guardò intorno: non c’era nessun altro a parte loro due. Avanzò nella
classe deserta e rispose: «Sei il ragazzo che mi spiava da Davide.»
«Mi hai scoperto, ma ho anche un nome.» Scostò
la sedia del banco accanto al suo per farlo accomodare. «Mi chiamo Jonathan.»
Gli si avvicinò lentamente. «Dove sono
tutti gli altri?»
«La lezione inizierà tra cinque minuti.
Siamo in anticipo. Possiamo approfittarne per conoscerci meglio.»
«Comincia spiegandomi perché tu e i tuoi
amici ci avete attaccato.»
«È stato scortese, lo ammetto.» Jonathan
abbozzò un mezzo sorriso, provando a mostrarsi colpevole. «Si trattava di un
test, un innocuo e innocente test.»
Leonardo corrugò la fronte. «Ci volevate
mettere alla prova? Per qual motivo?»
«Volevamo verificare la vostra fama.»
Strabuzzò gli occhi. Continuò a fissarlo,
senza capire di cosa stesse parlando.
Jonathan sospirò. «Abbiamo letto e
studiato di nascosto i Registri dell’Ordine che vi riguardano. Erano delle
copie, così volevamo capire personalmente cosa rendeva i famosi Alpha, rinati
dopo aver scatenato la guerra tra DiKann e l’Ordine, tanto speciali e particolari.»
«Perché ci chiami in quel modo?»
«L’Ordine vi ha catalogati così» gli
rispose, scrollando le spalle. «Scrivono che siete gli Originali, mezzo demoni
come non potranno mai più nascerne, dato che l’ingresso alle Dimensioni
Infernali è stato sigillato.»
«Non siamo più quelli di un tempo» disse
Leonardo serio. «Conserviamo parte dei ricordi di chi eravamo, ma siamo persone
diverse.»
«Lo credi davvero?» domandò l’altro.
«Penso, invece, che chi ha abitato forse un paio di secoli nella corte di un
demone, vivendo proprio come un demone, non possa mantenere integra la sua
umanità. La vera natura, quella infernale e diabolica, è quella reale e non si
può camuffarla a lungo.»
«Ti sbagli. Non sai di cosa parli.»
«Forse. Ma sono sicuro della mia teoria,
anzi te lo dimostrerò.» Jonathan si alzò in piedi e andò verso la lunga e larga
finestra che attraversava la parete alla sua sinistra e immetteva nel corridoio
esterno. «Tra pochi minuti, lo spietato capo delle guardie di DiKann verrà
messo alla prova e rivelerà a tutti che è lo stesso mezzo demone sanguinario di
quei tempi antichi.»
La porta della classe si spalancò. Entrò
una donna con un lungo vestito scuro e i capelli raccolti in uno chignon.
Leonardo la riconobbe come la stessa che aveva visto in sogno e lo aveva
aiutato a uscire dall’illusione di Jonathan.
Il suo compagno non si accorse del suo
ingresso.
La donna si fermò davanti alla lavagna,
dandogli le spalle. Tra l’indice e il pollice della mano destra, coperta da un
guanto nero, stringeva un gessetto bianco, lo fece scivolare sulla superficie
scura e scrisse un messaggio:
GUARDA CON ATTENZIONE.
DEVI SQUARCIARE IL VELO.
ALTRI RISCHIANO SE NON APRI GLI
OCCHI.
Leonardo non impiegò molto a capire che ci
era cascato di nuovo. Era ancora sotto l’influsso del potere illusorio di
Jonathan. Balzò in piedi e si avventò sul ragazzo.
Lo obbligò a girarsi verso di lui e
tirandogli il collo della camicia urlò: «Perché lo stai facendo di nuovo? A che
serve questa illusione? Da cosa vuoi tenermi lontano?»
«Così alla fine te ne sei reso conto.»
Sorrise beffardo. «Però sei sempre lento a capire le cose. Dovrebbero
trasferirti nei corsi di sostegno.»
Leonardo sentì l’indumento scivolargli
tra le mani, il ragazzo si dissolse come un miraggio e lui sbatté due volte le
palpebre.
Davanti ai suoi occhi l’ambiente era
cambiato e al contempo rimasto lo stesso. Era ancora seduto nel secondo banco
della prima fila, intorno a lui però c’erano altri sette studenti. Guardavano
un uomo di spalle in piedi davanti alla lavagna mentre scriveva una serie di
nozioni.
Leonardo si girò in cerca di Jonathan.
Di lui non c’era traccia. Come il resto di ciò che era accaduto da quando aveva
messo piede nell’aula, anche la sua presenza lì era stata un’illusione. Non
sapeva dove si trovasse, ma sapeva che stava organizzando qualcosa contro Yuri.
Anzi forse lo aveva già messo in atto nei minuti in cui era stato prigioniero
del suo trucco.
Nessuno sembrava aver notato qualcosa di
strano in lui o nel suo comportamento, quindi dedusse che nessuno dei presenti
sapeva del piano di Jonathan. Doveva avvertire gli altri, ma non poteva usare
la proiezione astrale nella classe dei “Proiettori Psichici”.
Per
fortuna ho un’arma segreta pensò.
«Aveva detto che saremmo stati separati»
disse Sara, dopo che Kaspar indicò a lei e a Sabrina la medesima classe.
«I vostri poteri appartengono entrambi
alla categoria “Manipolatori Psichici”» rispose sbrigativamente l’uomo. Poi
proseguì lungo il corridoio con Patrick per assegnare anche l’ultimo ragazzo
alla sua classe.
«Visto che siamo insieme, restiamo
unite.» Sabrina spinse in avanti la porta socchiusa e si immerse nella stanza.
La classe era numerosa, c’erano circa
quindici ragazzi seduti nelle quattro file da cinque banchi, qualcuno si voltò
a guardarle, ma poi ritornò a chiacchierare con un compagno o a controllare i
propri appunti.
Sara scorse due banchi liberi e vicini
in terza fila. «Mettiamoci lì» indicò.
Presero posto una accanto all’altra e
osservarono più attentamente l’aula. La lavagna scura era affissa alla parete
di fronte a loro, con davanti la
cattedra. Non c’era altro mobilio e l’unica finestra era ampia e ricopriva
quasi interamente la parete sinistra, opposta a quella su cui era sistemata la
porta.
«Sembra una classe come le nostre a
scuola» fece Sabrina.
Sara annuì. «E siamo tutti sullo stesso piano.
In caso di bisogno non dovremmo metterci molto a raggiungere qualcuno degli
altri.»
«Pensi che dovremmo stare in guardia?»
Prima che potesse risponderle, il
professore entrò nell’aula.
Sabrina sbiancò in volto nel vederlo.
«Che ti prende?» domandò Sara,
afferrandole il braccio. Si accorse che l’uomo fissava la sua amica dritta
negli occhi. «Lo conosci?»
«Sia chiama Hans Strom. È il
direttore del C.E.N.T.R.O.» disse un
ragazzo alle loro spalle. «Se siete qui è perché lui conosce voi.
Le due ragazze si voltarono a guardare
il ragazzo che aveva parlato e poi riportarono lo sguardo sull’uomo. Non
riuscivano a credere che il capo dell’intero istituto fosse il professore del
corso a cui erano state assegnate.
«Silenzio ragazzi. Iniziamo
l’esercitazione» disse Hans.
La stanza fu immersa nel silenzio
totale. Sara frugò l’ambiente con lo sguardo. Erano tutti fermi immobili.
Nessuno scriveva o leggeva: non c’erano test da compilare; nessuna chiamata
alla cattedra per un’interrogazione.
Ora
fate molta attenzione.
Sara drizzò la schiena. La voce
dell’uomo riecheggiò nella sua testa e, suppose, anche in quella di tutti gli
altri.
Sceglierò
a caso uno di voi con cui inizierò una conversazione psichica.
Continuò lui. Il vostro compito sarà
usare i vostri poteri per rintracciare le mie onde psichiche, scoprire con chi
sto parlando e intromettersi nella discussione, superando le mie difese.
Cominciate.
Sara scambiò un’occhiata confusa con
Sabrina. Poi alzò le spalle in segno di resa e annuì invitando l’amica a
partecipare anche loro a questa prova.
Sabrina chiuse gli occhi e si concentrò.
Sapeva solo spostare oggetti e persone con i suoi poteri mentali, non aveva
idea di come rintracciare le onde psichiche.
In
questo caso dovremo fare delle lezioni private.
Sabrina udì con chiarezza la voce di
Hans nella sua mete.
Sorpresa
che ti abbia scelto?
Non
più di tanto, visto che mi ha sottilmente suggerito di accettare lo stage
replicò. Perché mi ha voluta qui?
Per
darti l’occasione di aumentare il controllo e la conoscenza dei tuoi poteri.
Non
mi prenda in giro. Qual è la vera ragione?
Dovrebbe
essercene un’altra? domandò Hans.
Sabrina rifletté su come rispondere. Poi
realizzò che quell’uomo aveva delle capacità telepatiche e quindi nascondergli
qualcosa era pressoché inutile. Quando è
venuto a casa mia ha ammesso di conoscere mia madre. Che genere di rapporto c’è
tra di voi?
Lei
cosa ti ha detto?
Non
ha voluto parlare di lei, né in quel momento, né mai.
Hans fece una breve pausa. Abbiamo un passato in comune. Un passato che
non ho dimenticato e a quanto mi riferisci, nemmeno lei.
Le
ha fatto del male?
Non
intenzionalmente.
La
smetta di girarci intorno. Parli chiaramente! disse Sabrina. Come fa a conoscere me e mia madre? Cosa
vuole da noi?
Hans rimase in silenzio.
Mi
risponda! ribadì spazientita.
Zitta
le intimò lui. C’è qualcuno che non è
stato invitato.
In quello stesso momento, Sara scattò in
piedi e le afferrò di nuovo il braccio.
«Mi ha contattato Leonardo. Ci sono
problemi.»
«Cosa vuol dire?» domandò confusa.
«Yuri è in pericolo» le rispose. «I
ragazzi che ci hanno attaccato hanno in mente di fargli qualcosa per dimostrare
che è un mezzo demone violento come nel passato.»
Hans si scostò dalla cattedra e batté le
mani. «Basta così ragazzi. L’esercitazione di oggi è finita. Tornate nelle
vostre stanze.»
Gli studenti si guardarono perplessi, poi
si alzarono dai banchi e uscirono dall’aula.
Lei e Sara li imitarono, pronte a
raggiungere l’amico.
«Aspettate» le fermò Hans.
«No» rispose secca Sabrina. «Il mio
ragazzo potrebbe essere in pericolo e non lascerò che gli facciate del male. È
per questo che mi ha voluta qui? Per punirci perché siamo stati dalla parte dei
demoni?»
«Non ho idea di cosa stia succedendo, ma
non era ciò che avevo programmato per voi.» Le superò fuori dalla porta. «Andiamo,
chiunque abbia messo in atto tutto questo, rimpiangerà di averlo fatto.»
Lo seguirono nel corridoio. Mentre
avanzavano quasi correndo, la luce elettrica crepitò nei rivestimenti delle
plafoniere. Il buio si alternò a sprazzi all’illuminazione e un violento boato
esplose nell’ultima classe in fondo al piano.
Continua…
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