lunedì 22 aprile 2019

Darklight Children - Capitolo 94


CAPITOLO 94
Generatori Psichici



«Eccoci arrivati, questa è la tua classe» disse Kaspar, indicando a Yuri la porta davanti a loro. Accanto era fissata l’etichetta in metallo con riportato “Generatori Psichici”, l’uomo l’aprì e aggiunse: «Buona lezione.»
Yuri diede un ultimo sguardo a Patrick e poi entrò nella stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
«Non ho capito in che modo posso assistere ai corsi dei ragazzi» disse all’improvviso Patrick. «Avete un centro di controllo particolare con telecamere a circuito chiuso, o qualcos’altro di quel tipo?»
«No, niente del genere» rispose tranquillo l’altro.
«E come farò a vedere cosa succede?»
«Non puoi. Nessuno è ammesso alle lezioni.»
Patrick si spazientì. «Credevo ci fossimo capiti: ti avevo chiesto espressamente di poter continuare a seguire i ragazzi.»
Kaspar gli sorrise. «Ci deve essere stato un fraintendimento. Tu mi ha domandato di poter essere presente al C.E.N.T.R.O. durante le ore dello stage e infatti sei qui. Non ho mai detto che avresti presenziato ai corsi.»
«Mi prendi in giro?» rispose sporgendosi verso lui infuriato. «Come faccio a sapere cosa sta succedendo a ognuno di loro?»
Kaspar lo prese sotto braccio. «Calmati. Non hai motivo di stare sulla difensiva. Come ho già ripetuto un centinaio di volte, nessuno ha intenzione di fare del male a questi ragazzi.» Continuò poi con un tono più affabile. «Inoltre, pensavo fossi interessato a sapere qualcosa in più su di te.»
«Su di me?» ripeté stupito, liberando il braccio. «Di cosa diavolo parli?»
«Dei tuoi poteri.» Si allontanò da lui di un paio di passi. «Non ti sembra starno che non ci sia nessun corso per “Medium Psichici”?»
Patrick corrugò la fronte. «Intendi veggenti?»
«Preveggenza, Chiaroveggenza, Psicometria, tutte abilità che rientrano in questa categoria.»
Patrick ripercorse con la mente il tragitto lungo tutto il piano, fino alle aule in cui avevano lasciato i singoli ragazzi.  In effetti nessuna riportava il nome menzionato da Kaspar.
«Quindi... cosa stai cercando di dirmi?»
«Non ci sono mezzo demoni con quei poteri» gli rispose. «A esclusione di te.»
«Non sono rinato e non sono un mezzo demone.»
«Come fai a dirlo con certezza? Hai forse recuperato i tuoi ricordi?»
Patrick lo scrutò con attenzione. Non si fidava più di quell’uomo. Era sicuro che non fosse un caso che gli rivolgesse quella domanda proprio nel momento in cui qualcosa era riaffiorato nella sua mente.
«Basta così.»
«Come?» domandò Kaspar confuso.
«Ce ne andiamo. Io e i ragazzi andiamo via dal C.E.N.T.R.O. Ora» ribatté serio Patrick. «Non so a che gioco stai giocando, ma non mi farò manipolare da te, né permetterò che tu faccia lo stesso a loro.»
«A quanto pare ho toccato un nervo scoperto. A ogni modo, puoi andartene quando vuoi» replicò deciso Kaspar. «I ragazzi, però, rimarranno al C.E.N.T.R.O. fino alla fine dell’impegno preso per lo stage.»
«Non ho paura di te. O di chiunque altro stia in questo istituto.» Patrick si accostò minaccioso. «O vai tu a farli uscire dalle aule, oppure andrò personalmente a prenderli uno alla volta.»
«Non hai nessuna autorità. Sono maggiorenni e hanno firmato il permesso di loro spontanea volontà.» Kaspar lo trascinò davanti all’ampia finestra che dava sulla classe in cui si trovava Yuri e lo obbligò a guardare all’interno. «Per di più, come pensi reagiranno se venissero a sapere che per mesi li hai spiati per conto mio?»
Patrick non fu sorpreso da quella minaccia. Cercò Yuri con lo sguardo, si preoccupò di come potevano prenderla, soprattutto Sara. Poi scorse un’altra faccia familiare, qualcuno che in passato aveva riposto fiducia in lui e aveva finito con il deluderlo. Qualcuno a cui aveva promesso la libertà e invece era ancora prigioniero in quel luogo orribile.
Patrick notò gli occhi di Samuele incrociare i suoi.

Yuri venne accolto dal volto poco affabile di una donna dalla pelle grinzosa, con i capelli scuri raccolti in una crocchia sul capo.
Sembra la professoressa McGranitt di Harry Potter pensò squadrandola da capo a piedi. Probabilmente ha più di cento anni.
«Devi essere lo studente esterno. Prendi posto» gli ordinò la donna. «Non amo iniziare le mie lezioni in ritardo.»
Si guardò intorno alla ricerca di un posto libero e alzò gli occhi al cielo, sperando che non tutto il tempo dedicato allo stage si sarebbe svolto in quel modo. Si sedé e osservò gli altri giovani intorno a lui. Erano sette in totale, non era un corso molto frequentato e di sicuro quell’insegnante ne era in parte responsabile.
«Come al solito comincerò con le nozioni di teoria» continuò la donna, voltando le spalle agli studenti e iniziando a scrivere con il gesso alla lavagna. «Dopo, passeremo alla pratica.»
Yuri sbuffò all’idea di dover ripetere quello che aveva appena smesso di fare a scuola, tirò fuori dallo zaino un quaderno a spirale e una penna. Sperava che essendo uno studente esterno, non fosse coinvolto anche in qualche interrogazione.
Sollevò la testa per copiare le nozioni scritte alla lavagna ed ebbe la forte sensazione di essere osservato. Si girò di scatto a destra e notò un ragazzino più giovane di lui che lo fissava. Il modo in cui teneva puntati gli occhi su di lui era un po’ inquietante, ma  cercò di non farci caso.
«Ehi, sono Yuri» gli disse sottovoce.
«Samuele» gli rispose laconico.
Si sforzò di sorridere. «È sempre così noioso questo corso?»
«Ci insegnano a controllare i nostri poteri» rispose seccato. «Anche se stare qui non è piacevole, è nostro dovere imparare a non fare del male alle persone. Ma tu non lo puoi capire.»
«Cosa?»
Senza voltarsi, la professoressa urlò: «Silenzio là dietro!»
Yuri si sporse più in avanti verso il compagno. «Cosa volevi dire?»
«So chi sei» rispose Samuele con disprezzo. «Sei il capo delle guardie di DiKann, sei un servo dei demoni.»
«Come fai a conoscere queste cose?» domandò allibito. «E comunque quello è il passato.»
«Bugiardo. Jonathan mi ha messo in guardia su quelli come te. Vivete di menzogne.»
Yuri gli afferrò il polso. «Non so cosa ti abbia raccontato questo Jonathan, ma noi non siamo più così. Io e miei amici siamo ragazzi diversi. Devi dirmi cosa sai sul nostro passato e come lo hai scoperto.»
Samuele aprì la bocca per ribattere, poi non lo fece. La sua attenzione venne attirata da qualcuno all’esterno della classe. L’espressione sul suo volto mutò tempestivamente: la rabbia prima solo accennata, esplose rendendolo paonazzo e con gli occhi stretti in fessure.
Spire di energia elettrica giallognola iniziarono ad attraversare le sue braccia e si diffusero per il suo corpo. Yuri ritrasse la mano come se avesse preso la scossa.
La luce al neon del soffitto iniziò a crepitare, richiamando gli sguardi di tutti e obbligando la professoressa a girarsi.
Lei lo fissò indignata, ma con un velo di timore. «Samuele, smettila!» gli gridò.
Yuri scattò in piedi. «Che cosa ti prende?»
Una voce risuonò nella sua testa, mettendolo in guardia: Allontanati, papà!
Samuele si alzò dalla sedia, le lampade si fulminarono con uno scoppio e l’energia elettrica rilasciata, si radunò nelle sue mani e la indirizzò verso il vetro, infrangendolo con un fragore violento.
Anche se confuso, Yuri riuscì a buttarsi indietro, scansando i frammenti appena in tempo. Ritrovandosi seduto sul pavimento, fu investito dalle urla di terrore dei presenti, cercò di rimettersi in piedi e notò Patrick e Kaspar a terra all’esterno dell’aula, oltre a ciò che rimaneva della finestra.
«È così che difendi le persone?» domandò.
Samuele si girò verso di lui. «Stai zitto.»
«No. Vieni a farmi la lezione su chi è pericoloso, ma sei tu che hai appena aggredito degli innocenti.»
«Quell’uomo non è innocente» replicò furioso Samuele. «Non sai cosa mi ha fatto. O forse… sì. E sei in combutta con lui!»
Yuri creò lingue di fuoco dai palmi delle mani. «Stai calmo. Non voglio farti del male.»
«Nessuno me ne farà più.» Strinse i pugni e l’energia elettrica vorticò  nuovamente intorno alle braccia. Avanzò pronto a colpire e poi si arrestò.
Sudando freddo, Yuri lo guardò negli occhi. Erano vacui, come se il suo corpo si trovasse lì, ma la sua mente fosse da un’altra parte. «Samuele. Samuele» lo chiamò.
«Stai tranquillo. Sta bene, ma l’ho sedato psichicamente.»
Un uomo entrò dall’apertura creatasi dalla rottura della finestra, camminò sicuro in mezzo ai banchi spostati e alle sedie ribaltate. «Sei ferito?»
Yuri lo scrutò in volto diffidente. «Non mi sono fatto niente.»
«Direttore Strom… sono mortificata…» tentò di scusarsi la professoressa.
«Non si preoccupi. Devo chiederle di interrompere la lezione e accompagnare gli studenti in infermeria.» Mise poi un braccio intorno alle spalle di Samuele e lo spinse gentilmente verso la porta. Girò il volto e disse: «Vieni con noi.»
Confuso, lo seguì fino fuori dall’aula e in corridoio trovò Sara e Sabrina che lo guardavano ansiose, mentre Kaspar aiutava Patrick a rimettersi in piedi.
«Stai bene. Grazie al cielo.» Sabrina gli buttò le braccia al collo.
«È tutto a posto» rispose, accarezzandole i capelli biondo miele.
In lontananza, dal fondo del corridoio, vide arrivare Naoko di corsa. «Cosa è successo?» domandò.
Il direttore Strom scortò Samuele, ancora con l’espressione ebete dipinta sul volto, in mezzo a loro. «Lo vorrei sapere anche io.»  

I sei ragazzi si ritrovarono insieme nel salottino all’entrata, radunati in cerchio davanti a uno dei due divani.
«Ero certo al cento per cento che ci avrebbero teso un agguato» disse Davide.
Sabrina gli stringeva la mano, e Yuri capì che era ancora scossa.
«Per fortuna nessuno di noi si è fatto male» rispose Naoko.
«Solo perché Leonardo mi ha avvertito in tempo» replicò Sara. «E comunque Patrick aveva diversi tagli.»
«Dove si trova adesso?» domandò Leonardo.
«In infermeria con Kaspar. Lo stanno medicando» spiegò Naoko.
Yuri la fissò incuriosito. «Come sapevi cosa volevano farmi?»
«Mi ha messo in guardia Marcus, il ragazzo che comanda i pipistrelli.»
«A me invece, Jonathan l’illusionista ha rivelato il suo piano mentre mi teneva occupato con il suo potere» raccontò Leonardo.
«Il loro piano» lo corresse Davide. «Erica, la ragazza che ha bloccato me, lo ha fatto perché non potessi aiutarvi.»
«Anche Samuele doveva essere d’accordo» concluse Yuri. «Ha detto che Jonathan lo aveva avvisato sul nostro conto.»
«Però non sono tutti contro di noi» intervenne Naoko.
Sabrina li fissò. «Anche il direttore è venuto in nostro aiuto appena ha saputo del loro piano. Alla fine… di chi possiamo fidarci?»
Nessuno rispose. Yuri si era fatto l’idea che non dovessero credere a nessuno lì dentro. Però c’era un particolare che lo frenava. Qualcosa che doveva condividere solo con Sabrina.
Kaspar e Patrick, con le mani coperte da bende e cerotti, li raggiunsero in quel momento.
«Sono solo ferite superficiali, niente di grave» disse prontamente Patrick, notando i loro volti allarmati.
«Sono molto dispiaciuto per quanto è accaduto. Nessun membro dello staff ne era al corrente. Vi porgo ancora le mie scuse.» Kaspar era serio, posò poi una mano sulla spalla di Leonardo. «Ho annullato la falla nell’incantesimo della memoria. D’ora in poi non dovrai più temere che qualcuno si dimentichi di te.»
«Nessun altro trucco?» domandò Davide poco convinto.
«Avete la mia parola» rispose Kaspar. «Andate, vi ho trattenuto già abbastanza. Ci rivediamo giovedì.»
Patrick lo guardò dritto negli occhi «E questa volta senza trappole.» Si voltò e camminò diretto verso la porta.
Tutti loro lo seguirono rapidamente, raggiungendo l’esterno ancora una volta in formazione compatta come quando erano arrivati.
Nel cortile del C.E.N.T.R.O. Yuri trattenne Sabrina, obbligandola a distanziare gli altri.
«Cosa c’è?» gli domando lei.
«Nostro figlio. L’ho sentito, mi ha aiutato a non ferirmi» le sussurrò. «Sono sicuro che sia da qualche parte lì dentro.»
Sabrina si girò indietro a guardare la facciata dall’edificio. «Molto bene. Allora rivolteremo questo posto da cima a fondo, finché non lo avremo trovato.»
                                       
                                                    Continua…

lunedì 1 aprile 2019

Darklight Children - Capitolo 93


CAPITOLO 93
Proiettori Psichici e Manipolatori Psichici



Leonardo venne lasciato davanti alla porta dell’aula “Proiettori Psichici”. Osservò Patrick, Sara, Yuri e Sabrina allontanarsi lungo il corridoio guidati da Kaspar, inspirò e buttò fuori l’aria.
Forza si disse. Piegò la maniglia ed entrò nella classe.
«Benvenuto» lo accolse un ragazzo biondo seduto nel secondo banco in prima fila.
Leonardo riconobbe i tratti del suo viso. Si guardò intorno: non c’era nessun altro a parte loro due. Avanzò nella classe deserta e rispose: «Sei il ragazzo che mi spiava da Davide.»
«Mi hai scoperto, ma ho anche un nome.» Scostò la sedia del banco accanto al suo per farlo accomodare. «Mi chiamo Jonathan.»
Gli si avvicinò lentamente. «Dove sono tutti gli altri?»
«La lezione inizierà tra cinque minuti. Siamo in anticipo. Possiamo approfittarne per conoscerci meglio.»
«Comincia spiegandomi perché tu e i tuoi amici ci avete attaccato.»
«È stato scortese, lo ammetto.» Jonathan abbozzò un mezzo sorriso, provando a mostrarsi colpevole. «Si trattava di un test, un innocuo e innocente test.»
Leonardo corrugò la fronte. «Ci volevate mettere alla prova? Per qual motivo?»
«Volevamo verificare la vostra fama.»
Strabuzzò gli occhi. Continuò a fissarlo, senza capire di cosa stesse parlando.
Jonathan sospirò. «Abbiamo letto e studiato di nascosto i Registri dell’Ordine che vi riguardano. Erano delle copie, così volevamo capire personalmente cosa rendeva i famosi Alpha, rinati dopo aver scatenato la guerra tra DiKann e l’Ordine,  tanto speciali e particolari.»
«Perché ci chiami in quel modo?»
«L’Ordine vi ha catalogati così» gli rispose, scrollando le spalle. «Scrivono che siete gli Originali, mezzo demoni come non potranno mai più nascerne, dato che l’ingresso alle Dimensioni Infernali è stato sigillato.»
«Non siamo più quelli di un tempo» disse Leonardo serio. «Conserviamo parte dei ricordi di chi eravamo, ma siamo persone diverse.»
«Lo credi davvero?» domandò l’altro. «Penso, invece, che chi ha abitato forse un paio di secoli nella corte di un demone, vivendo proprio come un demone, non possa mantenere integra la sua umanità. La vera natura, quella infernale e diabolica, è quella reale e non si può camuffarla a lungo.»
«Ti sbagli. Non sai di cosa parli.»
«Forse. Ma sono sicuro della mia teoria, anzi te lo dimostrerò.» Jonathan si alzò in piedi e andò verso la lunga e larga finestra che attraversava la parete alla sua sinistra e immetteva nel corridoio esterno. «Tra pochi minuti, lo spietato capo delle guardie di DiKann verrà messo alla prova e rivelerà a tutti che è lo stesso mezzo demone sanguinario di quei tempi antichi.»  
La porta della classe si spalancò. Entrò una donna con un lungo vestito scuro e i capelli raccolti in uno chignon. Leonardo la riconobbe come la stessa che aveva visto in sogno e lo aveva aiutato a uscire dall’illusione di Jonathan.
Il suo compagno non si accorse del suo ingresso.
La donna si fermò davanti alla lavagna, dandogli le spalle. Tra l’indice e il pollice della mano destra, coperta da un guanto nero, stringeva un gessetto bianco, lo fece scivolare sulla superficie scura e scrisse un messaggio:

GUARDA CON ATTENZIONE.
DEVI SQUARCIARE IL VELO.
ALTRI RISCHIANO SE NON APRI GLI OCCHI.

Leonardo non impiegò molto a capire che ci era cascato di nuovo. Era ancora sotto l’influsso del potere illusorio di Jonathan. Balzò in piedi e si avventò sul ragazzo.
Lo obbligò a girarsi verso di lui e tirandogli il collo della camicia urlò: «Perché lo stai facendo di nuovo? A che serve questa illusione? Da cosa vuoi tenermi lontano?»
«Così alla fine te ne sei reso conto.» Sorrise beffardo. «Però sei sempre lento a capire le cose. Dovrebbero trasferirti nei corsi di sostegno.»
Leonardo sentì l’indumento scivolargli tra le mani, il ragazzo si dissolse come un miraggio e lui sbatté due volte le palpebre.
Davanti ai suoi occhi l’ambiente era cambiato e al contempo rimasto lo stesso. Era ancora seduto nel secondo banco della prima fila, intorno a lui però c’erano altri sette studenti. Guardavano un uomo di spalle in piedi davanti alla lavagna mentre scriveva una serie di nozioni.
Leonardo si girò in cerca di Jonathan. Di lui non c’era traccia. Come il resto di ciò che era accaduto da quando aveva messo piede nell’aula, anche la sua presenza lì era stata un’illusione. Non sapeva dove si trovasse, ma sapeva che stava organizzando qualcosa contro Yuri. Anzi forse lo aveva già messo in atto nei minuti in cui era stato prigioniero del suo trucco.
Nessuno sembrava aver notato qualcosa di strano in lui o nel suo comportamento, quindi dedusse che nessuno dei presenti sapeva del piano di Jonathan. Doveva avvertire gli altri, ma non poteva usare la proiezione astrale nella classe dei “Proiettori Psichici”.
Per fortuna ho un’arma segreta pensò. 

«Aveva detto che saremmo stati separati» disse Sara, dopo che Kaspar indicò a lei e a Sabrina la medesima classe.
«I vostri poteri appartengono entrambi alla categoria “Manipolatori Psichici”» rispose sbrigativamente l’uomo. Poi proseguì lungo il corridoio con Patrick per assegnare anche l’ultimo ragazzo alla sua classe.
«Visto che siamo insieme, restiamo unite.» Sabrina spinse in avanti la porta socchiusa e si immerse nella stanza.
La classe era numerosa, c’erano circa quindici ragazzi seduti nelle quattro file da cinque banchi, qualcuno si voltò a guardarle, ma poi ritornò a chiacchierare con un compagno o a controllare i propri appunti.
Sara scorse due banchi liberi e vicini in terza fila. «Mettiamoci lì» indicò.
Presero posto una accanto all’altra e osservarono più attentamente l’aula. La lavagna scura era affissa alla parete di fronte  a loro, con davanti la cattedra. Non c’era altro mobilio e l’unica finestra era ampia e ricopriva quasi interamente la parete sinistra, opposta a quella su cui era sistemata la porta. 
«Sembra una classe come le nostre a scuola» fece Sabrina.
 Sara annuì. «E siamo tutti sullo stesso piano. In caso di bisogno non dovremmo metterci molto a raggiungere qualcuno degli altri.»
«Pensi che dovremmo stare in guardia?»
Prima che potesse risponderle, il professore entrò nell’aula.
Sabrina sbiancò in volto nel vederlo.
«Che ti prende?» domandò Sara, afferrandole il braccio. Si accorse che l’uomo fissava la sua amica dritta negli occhi. «Lo conosci?»
«Sia chiama Hans Strom. È il direttore  del C.E.N.T.R.O.» disse un ragazzo alle loro spalle. «Se siete qui è perché lui conosce voi.
Le due ragazze si voltarono a guardare il ragazzo che aveva parlato e poi riportarono lo sguardo sull’uomo. Non riuscivano a credere che il capo dell’intero istituto fosse il professore del corso a cui erano state assegnate.
«Silenzio ragazzi. Iniziamo l’esercitazione» disse Hans.
La stanza fu immersa nel silenzio totale. Sara frugò l’ambiente con lo sguardo. Erano tutti fermi immobili. Nessuno scriveva o leggeva: non c’erano test da compilare; nessuna chiamata alla cattedra per un’interrogazione.
Ora fate molta attenzione.
Sara drizzò la schiena. La voce dell’uomo riecheggiò nella sua testa e, suppose, anche in quella di tutti gli altri.
Sceglierò a caso uno di voi con cui inizierò una conversazione psichica. Continuò lui. Il vostro compito sarà usare i vostri poteri per rintracciare le mie onde psichiche, scoprire con chi sto parlando e intromettersi nella discussione, superando le mie difese. Cominciate.
Sara scambiò un’occhiata confusa con Sabrina. Poi alzò le spalle in segno di resa e annuì invitando l’amica a partecipare anche loro a questa prova.

Sabrina chiuse gli occhi e si concentrò. Sapeva solo spostare oggetti e persone con i suoi poteri mentali, non aveva idea di come rintracciare le onde psichiche.
In questo caso dovremo fare delle lezioni private.
Sabrina udì con chiarezza la voce di Hans nella sua mete.
Sorpresa che ti abbia scelto?
Non più di tanto, visto che mi ha sottilmente suggerito di accettare lo stage replicò. Perché mi ha voluta qui?
Per darti l’occasione di aumentare il controllo e la conoscenza dei tuoi poteri.
Non mi prenda in giro. Qual è la vera ragione?
Dovrebbe essercene un’altra? domandò Hans.
Sabrina rifletté su come rispondere. Poi realizzò che quell’uomo aveva delle capacità telepatiche e quindi nascondergli qualcosa era pressoché inutile. Quando è venuto a casa mia ha ammesso di conoscere mia madre. Che genere di rapporto c’è tra di voi?
Lei cosa ti ha detto?
Non ha voluto parlare di lei, né in quel momento, né mai.
Hans fece una breve pausa. Abbiamo un passato in comune. Un passato che non ho dimenticato e a quanto mi riferisci, nemmeno lei.
Le ha fatto del male?
Non intenzionalmente.
La smetta di girarci intorno. Parli chiaramente! disse Sabrina. Come fa a conoscere me e mia madre? Cosa vuole da noi?
Hans rimase in silenzio.
Mi risponda! ribadì spazientita.
Zitta le intimò lui. C’è qualcuno che non è stato invitato.
In quello stesso momento, Sara scattò in piedi e le afferrò di nuovo il braccio.
«Mi ha contattato Leonardo. Ci sono problemi.»
«Cosa vuol dire?» domandò confusa.
«Yuri è in pericolo» le rispose. «I ragazzi che ci hanno attaccato hanno in mente di fargli qualcosa per dimostrare che è un mezzo demone violento come nel passato.»
Hans si scostò dalla cattedra e batté le mani. «Basta così ragazzi. L’esercitazione di oggi è finita. Tornate nelle vostre stanze.»
Gli studenti si guardarono perplessi, poi si alzarono dai banchi e uscirono dall’aula.
Lei e Sara li imitarono, pronte a raggiungere l’amico.
«Aspettate» le fermò Hans.
«No» rispose secca Sabrina. «Il mio ragazzo potrebbe essere in pericolo e non lascerò che gli facciate del male. È per questo che mi ha voluta qui? Per punirci perché siamo stati dalla parte dei demoni?»
«Non ho idea di cosa stia succedendo, ma non era ciò che avevo programmato per voi.» Le superò fuori dalla porta. «Andiamo, chiunque abbia messo in atto tutto questo, rimpiangerà di averlo fatto.»
Lo seguirono nel corridoio. Mentre avanzavano quasi correndo, la luce elettrica crepitò nei rivestimenti delle plafoniere. Il buio si alternò a sprazzi all’illuminazione e un violento boato esplose nell’ultima classe in fondo al piano. 


                                                           Continua…