lunedì 18 marzo 2019

Darklight Children - Capitolo 92


CAPITOLO 92
Comunicatori Psichici e Forgiatori Psichici



Con i cinque amici al fianco, Naoko si fermò nel cortile anteriore l’ingresso del grattacielo che conteneva il C.E.N.T.R.O. L’edificio sembrava sovrastarli, pronto a ingoiarli in un solo boccone.
«Entriamo» disse Yuri.
«No» lo fermò Sara. «Dobbiamo aspettare Patrick. Mi ha avvertito di essere riuscito a convincere Kaspar a farlo partecipare.»
Leonardo si tormentò i bottoni della giacca «Questo posto mi mette i brividi.»
«Anche a me» concordò Sabrina. Gli strinse la mano sinistra e la trovò fredda, quasi gelida. «Stai tranquillo, questa volta non sarai solo.»
Davide si avvicinò a lui. «Sì e poi siamo preziosi per loro, non faranno niente per metterci in pericolo.»
«Lo so, ma è più forte di me» rispose Leonardo. «Non sapere cosa ci aspetta, mi agita.»
Naoko capiva appieno quella sensazione. «Prova a pensare ad altro» gli suggerì. Ombra e Scintilla giravano intorno ai suoi piedi, condividendo l’ansia. Prese tra le braccia il gatto bianco e, decisa a seguire il suo stesso consiglio, si voltò verso Sara. «Tra due settimane è il vostro compleanno, che progetti avete?»
«Non abbiamo organizzato a niente» ammise Sara. «Con tutto quello che è successo, non ne abbiamo avuto il tempo.»
«Potreste festeggiare di nuovo al Full Moon» propose Sabrina. «Tu che ne pensi, Yuri?»
«Uhm… sì...» rispose distrattamente lui, scrutando la strada da cui erano arrivati fin lì. «Ecco il signor Molina.»
Davide lo guardò di traverso. «Sembra tu abbia fretta di entrare.»
«Prima lo facciamo, prima potremmo tornarcene a casa» replicò Yuri.
Naoko osservò la reazione del ragazzo biondo e non era convinta fosse l’unica motivazione.  
Patrick li raggiunse. «Siete pronti?»
«Se dico di no, cambia qualcosa?» domandò Leonardo, mordendosi il labbro inferiore.
Patrick sorrise. «Coraggio.» Li superò e aprì la porta di vetro con la scritta C.E.N.T.R.O.
Naoko entrò in coda la gruppo, e gettando un ultima occhiata all’esterno, prima di varcare la soglia, rimpianse di non aver portato con sé un amuleto protettivo.
Proseguirono in modo compatto, come un esercito in marcia sul territorio nemico. La sala d’ingresso era però molto più accogliente di un campo di battaglia. Una coppia di divanetti di tessuto rosso erano posti al centro, una doppia fila di sedie color argento coprivano il lato sinistro e le pareti erano di un celeste rilassante.
Da dietro la scrivania  della reception, semicoperta da un paio di piante dalle foglie lunghe e larghe, emerse una giovane donna con i capelli biondi tirati in una coda, che sbatté rumorosamente i tacchi sul pavimento mentre si avvicinava a loro. «Buongiorno, posso aiutarvi?»
«Abbiamo appuntamento con il signor De Santi» rispose prontamente Patrick.
La donna spinse più in su gli occhiali lungo il naso e si lisciò la gonna aderente del tailleur grigio. «Potete accomodarvi e aspettare il dottor De Santi. Lo avverto che siete qui.» Si girò di spalle e poi tornò a guardarli. «I due animali devono aspettare fuori.»   
Naoko storse il naso e Scintilla e Ombra soffiarono contro la donna. Posò il gatto bianco a terra e chiese: «Perché?»
«Non sono ammessi animali di alcun genere» rispose l’altra seccata. Tornò alla sua postazione, spinse la cornetta contro l’orecchio e armeggiò con i tasti del telefono.
Poco convinta, Naoko trasmise l’ordine ai suoi fedeli compagni. Andate fuori. Se avrò bisogno, vi chiamerò.
Fai attenzione replicò Scintilla.
Resteremo nei paraggi disse Ombra.
Naoko scostò la porta e i due gatti si allontanarono elegantemente verso la strada. Raggiunse poi i compagni seduti sui divanetti. Come loro, si guardò intorno in silenzio. Non sapeva cos’altro dire per placare l’agitazione e temeva che una parola sbagliata potesse essere ascoltata e metterli in difficoltà.
Dopo pochi minuti Kaspar fece il suo ingresso nella stanza.
Loro si girarono di scatto a guardarlo.
L’uomo notò l’espressione sui loro volti. «Non siate cosi tesi» disse, allargando le labbra in un sorriso amichevole. «Non abbiamo intenzione di fare esperimenti su di voi.»
«Grazie per la precisazione» ribatté sarcastico Leonardo.
Patrick si alzò e andò incontro all’uomo. «È meglio evitare battute di questo genere. I ragazzi non si sentono a loro agio in questo posto.»
«Non hanno niente da temere» ribadì Kaspar. «A ogni modo, non vi faccio perdere altro tempo. Vi porterò alle rispettive aule e così lo stage potrà iniziare.»
«Ha intenzione di dividerci?» domandò Davide allarmato.
«Certo. Sarete assegnati alle classi che corrispondono alla categoria in cui rientra il vostro potere» spiegò Kaspar. «Lo stage consisterà nel mostrarvi come alleniamo e istruiamo i mezzo demoni e allo stesso tempo permettervi di approfondire la conoscenza delle vostre capacità.»
«Non lo aveva specificato nel modulo. E non ce lo aveva detto» lo aggredì Yuri.
«Voi non lo avete chiesto» rispose Kaspar. Si avviò verso il corridoio accanto all’ascensore. «Seguitemi.»
Diffidente, Naoko abbandonò il suo posto e insieme agli altri si mosse dietro a Patrick. L’unico sollievo era sapere di poter contattare i suoi alleati felini in qualunque momento.
Appena ebbero percorso una decina di passi, Kaspar si bloccò e lei fu la prima a essere assegnata al corso di riferimento. Entrò nell’aula dei “Comunicatori Psichici” e scrutò i presenti. C’erano una dozzina di ragazzi, qualcuno si voltò a fissarla, ma distolse quasi subito lo sguardo. I banchi erano raggruppati in tre file da quattro e un’ampia vetrata rettangolare copriva la parete destra,  mostrando il corridoio esterno da cui era arrivata e in cui aveva visto sparire i suoi compagni.
Naoko sospirò rassegnata, cercò un posto libero e l’unico che notò fu accanto a un ragazzo dalla pelle scura in seconda fila. Lo riconobbe: era uno dei tre che l’avevano attaccata insieme a Sara alle macerie del negozio.
Comanda i pipistrelli pensò. È logico che si trovi qui. Si sedé al suo fianco e lo osservò. Lui non la degnò di uno sguardo. Gli occhi del ragazzo erano puntati sulla lavagna fissata al muro di fronte.
«Mi chiamo Marcus» disse all’improvviso.
«Io sono Naoko» rispose lei sorpresa.
«Lo so. Sappiamo tutto di voi.»
«Cosa?» domandò inarcando un sopracciglio. «Potresti guardarmi in faccia quando mi parli?» 
«No» replicò pacato. «Non far vedere che ti stai rivolgendo a me.»
Guardinga e prendendo seriamente il consiglio, Naoko si girò a sua volta verso la lavagna. «Cosa significa tutto questo?»
«Sono dalla tua parte, ma ci sono altri ragazzi che hanno idee diverse su di voi.»
«In che senso?»
«Abbiamo letto i Registri dell’Ordine. Delle copie. Conosciamo le vostre origini» spiegò Marcus. «I ragazzi di cui ti ho parlato, prendono sul serio la missione di eliminare i demoni e i mezzo demoni traditori.»
Naoko strinse i pugni sul banco. «Perché me lo stai raccontando?»
«Non condivido i loro metodi, ma non potevo oppormi da solo.»
«E cosa dovrei fare?»
La porta dell’aula si spalancò e un uomo con i capelli scuri e con un completo blu giacca e pantaloni, entrò. «Ragazzi, al vostro posto» disse, raggiungendo la cattedra davanti alla lavagna.
Marcus abbassò la voce. «Se capiterà un’occasione di uscire da questa stanza, coglila.» Si girò poi lentamente per guardarla in volto per la prima volta.
Dall’aria seria che traspariva dai suoi occhi, Naoko capì che non si trattava di una semplice ipotesi, Marcus sapeva con sicurezza che sarebbe successo.

Davide entrò nell’aula del corso di “Forgiatori Psichici” e trovò otto ragazzi seduti dietro il proprio banco, un’insegnante dai capelli castani e ricci – con indosso una camicia bianca e una lunga gonna a frange – tutti intenti a osservarlo.
«Sei il ragazzo esterno» lo accolse la donna.
«Mi chiamo Davide» ribatté lui diffidente.
La donna sorrise. «Benvenuto, stiamo scegliendo i candidati per una piccola dimostrazione pratica delle vostre doti.»
Una ragazza con i capelli rossi, seduta in prima fila, alzò il braccio per richiedere la parola.
«Dimmi, Erica» la esortò l’insegnante.
«Potremmo mettere alla prova il nostro nuovo compagno» propose Erica. «E mi offro volontaria come sfidante.»
«Mi sembra un’ottima idea» replicò la donna. «Sei d’accordo, Davide? È un buon modo per mostrarci a che livello sei.»
Davide passò in rassegna il volto cordiale della professoressa e quello più enigmatico di Erica. «Per me va bene.»
«Perfetto» trillò la donna. «Ragazzi fate spazio ai nostri due dimostranti.»
Osservando gli altri ragazzi che spostavano indietro i banchi ammassandoli sul fondo della stanza, Davide pensò di aver accettato troppo precipitosamente. Lo aveva colto alla sprovvista e si rese conto troppo tardi che in territorio nemico era meglio non essere troppo ostile. Guardò la parete alla sua destra: il lungo finestrone rettangolare gli parve un’ideale via di fuga al corridoio, in caso ce ne fosse stato bisogno.
Erica si avvicinò a lui. «Sarà divertente.»
«Probabilmente più per me che per te» rispose. «Nell’ultimo anno ho fatto diverse esperienze.»
Erica rise debolmente. «Spavaldo e  sicuro di te. Mi piaci. Ma so che non sono il tuo tipo… o il tuo genere…»
Davide la fissò furioso. «Cosa vuoi dire?»
 «So tutto di te e del tuo ragazzo Leonardo, ma stai tranquillo: non vi faremo nulla» rispose abbassando la voce. «Invece, gli altri devono preoccuparsi. Quelli come loro non ci piacciono.»
La professoressa richiamò la loro attenzione. «Forza ragazzi, potete cominciare.»
Davide vide la donna appoggiarsi con la schiena alla cattedra, mentre gli altri studenti prendevano posto sui banchi o rimanevano in piedi, disponendosi ai lati destro e sinistro. In quel modo al centro della stanza si era creata un’area simile a un piccolo ring.
«Cosa dobbiamo fare?» domandò Davide.
Erica plasmò nelle sue mani una lancia di energia cremisi. «Non è ovvio? Batterci.»
Il ragazzo creò d’istinto una cupola e li racchiuse entrambi, isolandoli dagli altri. Sapeva che all’interno del suo campo di forza i suoni venivano attutiti e se parlava a bassa voce, all’esterno non avrebbero sentito. «Sei una dei tizi che hanno attaccato al Portale Mistico
«Perspicace.»
«Non so cosa vuoi, ma ti sei messa contro quello sbagliato.»
«Devo solo tenerti occupato il tempo necessario perché i miei compagni dimostrino ai tuoi amici ex-pupilli e residenti tra i demoni che qui non sono graditi» replicò Erica. «Per il resto, credo che ti sopravvaluti un po’ troppo.»
Davide la guardò con aria di sfida. «Mettimi alla prova.»
La ragazza strinse le dita intorno al bastone della lancia e conficcò la punta nel muro invisibile dietro di lei.
Davide gridò di dolore e il campo di forza si sgretolò. Si massaggiò la fronte che pulsava per il colpo e si rese conto della verità: Erica era più tosta di quello che sembrava.
Qualsiasi cosa lei e i suoi compagni avevano in mente, Sabrina, Sara e Yuri avrebbero dovuto cavarsela da soli.

                                         
                                                          Continua…

lunedì 4 marzo 2019

Darklight Children - Capitolo 91


CAPITOLO 91
Cambio di strategia



Lunedì mattina, Leonardo insieme a Davide aspettò prima dell’inizio delle lezioni l’arrivo di Kaspar De Santi. Fermi davanti alla porta chiusa a chiave del suo ufficio, vedevano gli altri ragazzi passare per il corridoio ed almeno lui provò un pizzico d’invidia per la loro spensieratezza.
Kaspar emerse dalla scalinata di fronte ai due e sorrise non appena li individuò. «È un piacere trovarvi qui.»
Leonardo si scostò lo zaino dalle spalle, aprì la tasca inferiore ed estrasse i sei moduli piegati a metà. «Sono tutti firmati» disse consegnandoglieli.
«Ottima scelta» si complimentò l’uomo, sfilandoli dalle sue mani. Prese la chiave dell’ufficio dalla tasca dei pantaloni e la infilò nella serratura.
Davide si fece avanti. «Aspetti, quando sistemerà la situazione di Leonardo?»
«Dopo il vostro primo giorno di stage, ripristinerò i ricordi in maniera permanente.»
«Davvero? E poi come spera di convincerci a continuare a venire al C.E.N.T.R.O.?» chiese Davide con aria minacciosa.
Kaspar lo guardò impassibile. «Forse non ve ne siete accorti, ma a causa dei vostri problemi soprannaturali, avete perso diversi giorni di scuola e questo ha influito negativamente sul vostro rendimento. Ho controllato la media dei voti di ciascuno di voi, chi più e chi meno, avete comunque tutti bisogno di questi crediti extra. Arrivati a questo punto dell’anno scolastico, lo stage al C.E.N.T.R.O. è il vostro unico modo per ottenerli.»
Davide aprì la bocca per ribattere, ma la chiuse subito.
Leonardo si morse il labbro inferiore. Come aveva già fatto notare Angelo Moser, Kapsar era sempre un passo avanti a loro.
«Quando è fissato il primo giorno?» domandò infine rassegnato.
Kaspar girò la chiave nella serratura e aprì la porta dell’ufficio. «Domani pomeriggio, dopo le lezioni. Sapete già come raggiungere l’istituto. Siate puntuali.» Entrò nella stanza e richiuse l’uscio. Leonardo strattonò per un braccio Davide, obbligandolo a seguirlo verso l’aula. Era inutile perdere altro tempo, non potevano contrastare quell’uomo in nessun modo

Kaspar aveva imparato che il modo più sicuro per avere a che fare con Patrick Molina era cogliendolo di sorpresa, quindi non aveva avvisato l’altro del suo arrivo e si era presentato a casa sua.
Suonò il campanello. Due trilli e attese. Rimase fermo davanti all’uscio circa un minuto, ma non sentì nessun rumore dall’interno. Suonò di nuovo, più lungamente, non arrivò nessuno.
Era appena incappato nel problema principale della sua tattica: il padrone di casa poteva essere fuori.
Si voltò verso le scale e trovò Patrick, che le saliva andandogli in contro.
«Cosa ci fai qui?» gli domandò l’altro, stringendo con il braccio destro una busta di carta marrone da cui spuntava un cartone del latte. «È successo qualcosa al C.E.N.T.R.O.?»
«Tranquillo, nessuna emergenza» rispose, sfoderando un sorriso fasullo. «Avevo solo bisogno di parlarti.»
Patrick lo superò, infilò la chiave nella serratura della porta di casa e l’aprì. «Se mi avessi avvertito, avrei aspettato a uscire per fare la spesa.»
«Hai ragione. Nella fretta l’ho dimenticato.»
«Accomodati pure.» Entrò, lo fece passare e chiuse la porta. «Mi hai anticipato di poco. Ti avrei chiamato in giornata, anche io ho bisogno di parlarti.»
«Oh…»  Kaspar lo guardò allarmato. Non era un buon segno che volesse contattarlo. Non si erano più sentiti dalla sera in cui era piombato con i ragazzi e Angelo Moser all’istituto e se come immaginava continuava a frequentarli, poteva essere a conoscenza degli ultimi sviluppi sulla situazione di Leonardo. «Di cosa hai bisogno?» 
«Metto questa roba in frigorifero e ne parliamo con calma» rispose Patrick.
Kaspar annuì. Udendo i rumori provenire dalla cucina, diede una rapida occhiata al salone in cui si trovava. Cercò un indizio per capire se Patrick poteva rappresentare un fastidio e si fermò davanti al tavolo. Il ritratto a matita di un uomo era abbandonato in mezzo alla superficie liscia di legno. Lo riconobbe all’istante: si trattava di Hans Strom, il direttore del C.E.N.T.R.O. . Riconobbe anche gli strumenti usati per ritrarlo: erano gli stessi che lui aveva regalato al padrone di casa per “fissare” le sue visioni su carta e questo poteva aprire diverse prospettive.
Non ebbe però il tempo di formulare ipotesi, sentì l’anta del frigorifero chiudersi in un tintinnio di bottiglie e si sedé frettolosamente sul divano. Patrick entrò nella stanza pochi secondi dopo.
«Dimmi Patrick, di cosa volevi parlarmi?» domandò.
«Si tratta dei ragazzi. So che avevo preso l’impegno di seguirli per te, ma non me la sento più di farlo di nascosto.» 
«Non sarà più necessario» rispose Kaspar. «Ero venuto appunto per dirti che la situazione è cambiata e puoi smettere di raccogliere informazioni.»
Patrick corrugò la fronte. «Ha per caso a che fare con lo stage che hai proposto ai ragazzi?»
Kaspar si finse sorpreso. «Ne sei al corrente anche tu.» 
«Il mio compito era tenerli d’occhio» gli ricordò l’altro. «A ogni modo, voglio ancora affiancarti con loro e anzi mi chiedevo se era possibile essere presente con voi al C.E.N.T.R.O. durante le ore dello stage?»
Kaspar non era preparato a quella richiesta e non vedeva un collegamento con il disegno di Hans Strom, però pensò di poterla girare a suo vantaggio. «Non credo ci siano problemi, però dovrò consultarmi con il mio superiore, prima di potertelo confermare.»
«Ottimo» disse Patrick. «Aspetterò la tua chiamata.»
I due rimasero in silenzio per qualche secondo.
«Devi chiedermi altro?» gli domandò Patrick.
Kaspar rimuginò che qualsiasi quesito sul disegno, su Hans o sulla probabile visione che lo aveva originato, potevano metterlo in allarme. «No, scusa, ero soprapensiero.» Si alzò dal divano e si diresse alla porta. «Ci sentiamo, entro questa sera saprò se domani pomeriggio potrai partecipare allo stage.»
Patrick lo accompagnò fino al pianerottolo e lo seguì con lo sguardo finché non scomparve dietro la seconda rampa di scale.
Non appena mise piede fuori dal palazzo, Kaspar afferrò il cellulare e chiamò Clara Cluster.
«Ha fatto storie?» domandò la donna al capo opposto della linea.
«No, ma vuole essere presente durante lo stage.»
Clara fece una breve pausa. «Dovevamo aspettarci che uno degli Alpha glielo avrebbe raccontato. Cosa hai risposto?»
Kaspar si infilò nell’auto, chiuse la portiera e abbassò il finestrino per far entrare un po’ d’aria fresca nell’abitacolo. «Ho preso tempo dicendo che dovevo consultarmi con i superiori, ma acconsentirò alla sua richiesta.»
«Allora perché farlo attendere? Se avev…»
«Credo che l’esperimento sia riuscito» la interruppe. «Ho visto un disegno di Patrick, era chiaramente il frutto di una visione e raffigurava Hans Strom con l’aspetto di quella notte.»
Clara schioccò la lingua. «Mi sembra un po’ poco per esserne così sicuro.»
«Una ragione in più per reinserirlo nel C.E.N.T.R.O.» replicò Kaspar. «Potremmo accertarcene.»
«Mi fido delle tue idee, ma non possiamo compromettere questa fase dell’operazione» gli ricordò Clara. «Sei sicuro non possa rivelarsi un passo falso?»
Kaspar sorrise. «Non preoccuparti. So come gestirlo.» Chiuse la telefonata e mise in moto l’auto.
Un pipistrello si allontanò rapidamente dal retro della vettura per non inalare i gas di scarico. Sbatté con un’ampia falcata le ali e puntò verso il cielo.

Samuele faceva dondolare le gambe seduto sul letto della sua stanza al C.E.N.T.R.O., mentre Marcus, in piedi appoggiato alla parete accanto alla finestra aperta, osservava il cielo in attesa.
Il pipistrello comparve all’orizzonte e si infilò nella camera, andando ad appollaiarsi sulla spalla del suo addestratore.
«Cosa hai scoperto?» domandò Marcus alla bestiola, accarezzandogli la testa con il polpastrello dell’indice.
L’animale piegò di lato il capo e lui annuì compiaciuto. «Vai pure a riposare» disse poi inviandolo nuovamente fuori dalla finestra.
Samuele balzò in piedi. «Cosa ti ha detto?»
«Gli Alpha verranno qui domani pomeriggio e l’invito è stato esteso anche a Patrick Molina.» Marcus rimase a fissare il compagno. «Va tutto bene?»
«Certo. È tutto ok» gli rispose. «Devi andare ad avvisare Jonathan ed Erica.»
«Sì.» Marcus aprì la porta della stanza. «A dopo.» La richiuse alle sue spalle, lasciandolo solo.
Samuele andò verso la finestra e la chiuse. Poi si girò e raggiunse la scrivania. Aprì il primo cassetto e prese un raccoglitore ad anelli. Sollevò la copertina e girò due cartellette trasparenti. Estrasse il ritaglio di giornale riposto nella terza e lo guardò intensamente.
Era fotografato insieme a Patrick, il giorno che lo aveva salvato dall’incendio a casa sua, i loro nomi erano stampati nella didascalia.
«Finalmente potrò vendicarmi» disse, digrignando i denti. «Pagherai per avermi trascinato in questo posto.»


                                                           
Continua…