CAPITOLO 69
La proposta del demone
Sara fece un
passo indietro. Si portò le mani davanti alla bocca per reprimere un urlo,
quasi quel nome avesse avuto il potere di farle vedere cosa aveva realmente di
fronte, spaventandola più della stessa immagine.
DiKann rimase
pochi secondi a scrutarla in silenzio dalla sua parte del vetro. «Perché sei
tanto sorpresa? Non pensavi che ti avrei salvato la vita?»
«Come ci sei riuscito?»
«Per citare gli
umani: “basta una mano per liberarsi di un pugno di moscerini”. Hai dimenticato
la mia potenza?»
Lo osservò
confusa. «Ma… loro hanno detto che era il mio potere a renderli reali… sono
scomparsi per sempre?»
«No. Torneranno.
Non è solo il potere della tua mente a dargli forma. Ci riescono grazie anche
al tuo senso di colpa umano. Più tempo passi nel mondo di superficie, più
diventano forti e pesto riusciranno a portare a termine le loro minacce.»
«Quindi sarò
sempre in pericolo.»
«Sì, se resterai
in quel posto.» DiKann sogghignò. «Però hai un’alternativa. Nonostante quello
che è successo in passato e la guerra che hai contribuito a scatenare, ti
rivoglio con me. Sarai sempre Sayka, la principessa del Primo Inferno, se lo
vorrai.»
Sara scosse la
testa. «No. Non tornerò mai laggiù. Adesso questa è la mia vita. Non
abbandonerò i miei genitori e i miei amici.»
DiKann scoppiò a
ridere e il verso che le arrivò oltre il riflesso del vetro, la fece
rabbrividire.
«La rinascita ti
ha reso tanto stupida?» le domandò. «Ti ho già detto che gli spiriti continueranno a tormentarti se
rimani sulla Terra e, presto o tardi, per difenderti perderai il controllo sui
tuoi poteri. Saranno sotto gli occhi di tutti e coloro che ti hanno generato in
questa vita, se ne accorgeranno. Pensi che ti vorranno ancora, quando
scopriranno che razza di abominio hanno messo al mondo? Ti ameranno anche se
sei un mostro?»
«Certo che lo
faranno» rispose Sara decisa. «Vuoi solo confondermi e mentirmi.»
DiKann punto gli
occhi nei suoi. «Puoi raccontarti questa favola, ma in fondo non ci credi più
nemmeno tu. Se i tuoi genitori e i tuoi amici sono tanto importanti per te,
perché tra tutti ti sei rivolta a me per chiedere aiuto?»
Sara rimase
senza parole. Non aveva nessuna risposta pronta e si rese conto che non ne
esisteva una che fosse credibile. Nel momento del pericolo, senza neanche
sapere come, aveva rivolto la sua preghiera e la sua mente aveva scelto il
padre avuto in un’altra vita.
«Le tue azioni
dimostrano che ho ragione» continuò il demone, approfittando della sua
titubanza. «Sai già che nessuno di loro può capirti e sostenerti come
dovrebbero. Non puoi più vivere nella finzione che l’Ordine ha ordito per te.
Sai di poter contare solo su di me. Per questo, Sayka, sei riuscita a
raggiungermi fino al luogo in cui sono bloccato.»
Odiava
ammetterlo ma aveva ragione. Sara ripensò agli ultimi eventi: la sua migliore
amica e il suo ragazzo l’avevano già tradita e delusa; probabilmente sua madre
e suo padre non avrebbero impiegato molto a fare lo stesso. Si era illusa di
essere in grado di poter ignorare un passato orribile, solo perché ora era
rinata, convinta di essere una persona diversa, ma sbagliava.
Lei era Sayka,
la mezzo demone e lo sarebbe stata per sempre, come le avevano ricordato gli
spettri di coloro che aveva ucciso.
«Se scelgo di
venire da te, sarò davvero al
sicuro?» chiese con un filo di voce. «I morti mi lasceranno in pace?»
«Nessuno ti procurerà
mai più alcun disturbo» rispose DiKann. «Sarai rispettata e temuta, come era
secoli fa. Non subirai dolore, ma lo imporrai.»
Quella promessa
la avvolse come un abbraccio rassicurante. Era stanca di soffrire e forse
quello era l’unico modo per cambiare le cose.
Sara avanzò
verso lo specchio. «Cosa devo fare per tornare a casa?»
DiKann sorrise
compiaciuto. «Dovrai spezzare anche la metà di Sigillo che blocca l’ingresso
dalla parte del Primo Inferno. Non temere ti guiderò io. Non ti perderò di
nuovo.»
Sara annuì.
«Avvicinati» le
sussurrò il demone.
Seguì il
comando, appoggiò il volto al vetro e come se non ci fosse alcuna barriera e
dividerli, ascoltò le indicazioni che
DiKann le forniva come un padre amorevole.
Dall’interno di
Villa Asti rimbombarono urla furiose. La porta scardinata le lasciava uscire di
continuo, insieme a versi tanto raccapriccianti da convincere chiunque a ignorarle.
Da tempo Gabriel
aveva smesso di preoccuparsi delle possibili lamentele dei vicini. Al momento
erano altre le sue preoccupazioni.
«Siete degli incapaci!
Pezzi di carne inutile!» sbraitò Carovus, sfogando la sua ira sui nuovi demoni
trasformati.
Intimoriti dal
capobranco, loro si strinsero contro la parete del salone, coprendosi in parte
i musi con le braccia e senza avere la forza e il coraggio di scappare nelle
stanze al piano superiore.
«Non è solo
colpa nostra.» Gabriel si fece avanti, reprimendo quello stesso timore con
tutta la forza che trovò dentro sé. «Sei comparso in una nube di fumo blu
mentre correvamo. Ti ho visto dietro di noi. E ti sei messo a scappare anche
tu. Eri al negozio, perché non sei venuto con noi?»
Carovus sgusciò
davanti a lui e lo sollevò da terra, afferrandolo per le spalle. «Non ti devo
spiegazioni!»
Gabriel liberò
la rabbia che covava da mesi verso il suo presunto maestro. Gli sferrò una
ginocchiata nel ventre, e mentre Carovus si piegava per il dolore, lo afferrò a
sua volta per il collo. «Perché eri dentro al Portale Mistico? Cosa cercavi?»
«Attento! Se ti
ribelli a me, poi devi pagarne le conseguenze» lo minacciò, senza provare a
nascondere il suo furore.
«Non mi fai
paura» replicò Gabriel, ritrovandosi per la prima volta a credere davvero in
quella frase.
Un lampo di luce
e una folata di vento li colse di sorpresa. Prima che entrambi potessero girarsi
alla loro destra per vedere chi era il responsabile, i demoni terrorizzati in
fila contro il muro iniziarono a guaire spaventati.
«Fate silenzio!»
gridò la nuova arrivata.
Gabriel la
riconobbe subito: Sara Martini. Eppure in lei c’era qualcosa di diverso, ognuno
dei suoi sensi amplificati di demone glielo suggeriva.
I demoni si zittirono.
Gabriel lasciò la presa su Carovus e quest’ultimo rimase immobile: come lui,
aspettava che la ragazza facesse la prima mossa.
Sara avanzò di
qualche passo verso di loro. «È così che eseguite gli ordini di DiKann?
Bisticciando tra voi come bambini?»
«Non ti
impicciare ragazzina» rispose Gabriel. Cambiata o meno, non avvertì alcun
pericolo da lei. «Sei tanto pazza da venire fin qui. Il tuo trucchetto mentale
ha funzionato al negozio, ma ora sei nel nostro territorio.»
«Sul serio?» domandò
lei con indifferenza.
Gabriel si girò
verso i compagni. «Alzatevi. La nostra preda è qui!» ordinò, ma nessuno di loro
mosse un muscolo.
Carovus la
scrutò dubbioso. «Perché sei venuta da noi?»
«DiKann dice che
c’è qualcosa che mi appartiene» rispose seria. «E devo averlo subito.»
Carovus sfiorò
il medaglione rosso che aveva al collo e osservò prima il gioello e poi la
ragazza con sguardo dubbioso.
Gabriel notò la
sua indecisione e intuì che quel medaglione era importante. Glielo strappò di
dosso con foga e spinse l’altro indietro. Compì quindi un passo in direzione di
Sara e lo sventolò davanti a lei. «È
questo che vuoi? Come può essere tuo?»
«Restituiscimelo»
intervenne Carovus. «O me lo riprendo con attaccato anche il tuo braccio.»
Gabriel si voltò
e gli ruggì contro. «Nessuno avrà niente finché non mi date delle spiegazioni.»
Sara si fece
avanti e si fermò a una spanna da lui. «Non ti devo niente. Dammi il
medaglione.»
«Dimmi a cosa
serve» ribatté lui.
«Fai come ti
dice» gli ordinò Carovus.
Gabriel percepì
la paura nella sua voce.
«Hai commesso il
tuo ultimo errore» rispose Sara. Lo fissò intensamente e sul suo volto tornò
l’espressione che aveva avuto durante l’attacco al Portale Mistico.
Un tenue ronzio
si diffuse per tutta la stanza. L’intensità aumentò di colpo e Gabriel si piegò
in avanti e strinse la testa tra le zampe squamate. Il medaglione gli scivolò
dalle dita e cadde sul pavimento. Ululò e guaì dal dolore, mentre dagli occhi
gli scendevano lacrime di sangue violaceo.
Si gettò a
terra. «Basta! Ti prego» urlò senza sentire la sua voce. Si rannicchiò in
posizione fetale e poi non provò più nulla.
Sara batté le
palpebre. Si rilassò e osservò il demone accasciato a terra. Gli occhi spalancati
in uno sguardo vitreo; dalla bocca aperta gli gocciolavano rivoli di bava.
Lo scansò con un
calcio e si accovacciò per raccogliere il medaglione, abbandonato a poca
distanza dal cadavere. «Che serva di lezione a tutti. D’ora in avanti sono io
che comando.»
«È stato tuo
padre a mandarti da noi?» le domandò l’altro demone che aveva avuto al collo il
gioiello.
Sara annuì. «Sei
Carovus? Ha detto che saresti stato un valido aiuto. Si sbaglia?»
Carovus le si
avvicinò, le prese dalle mani il medaglione e lo sistemò con gentilezza e fare
regale intorno al suo collo. «Rispetto
sempre il valore del mio padrone. Quali sono i tuoi ordini, principessa Sayka?
«Sai chi sono.
Non mi sorprende» disse Sara. Poi osservò disgustata i demoni tremanti. «Puoi
farli tornare minacciosi?»
«Certo, non sarà
un problema.»
«Bene. Andremo
al Portale Mistico e questa volta
otterremo il Ritus. Ho promesso a
DiKann che infrangerò il Sigillo e non lo deluderò.»
Continua…
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