lunedì 9 aprile 2018

Darklight Children - Capitolo 69


CAPITOLO 69

La proposta del demone

 

Sara fece un passo indietro. Si portò le mani davanti alla bocca per reprimere un urlo, quasi quel nome avesse avuto il potere di farle vedere cosa aveva realmente di fronte, spaventandola più della stessa immagine.
DiKann rimase pochi secondi a scrutarla in silenzio dalla sua parte del vetro. «Perché sei tanto sorpresa? Non pensavi che ti avrei salvato la vita?»
«Come ci sei riuscito?»
«Per citare gli umani: “basta una mano per liberarsi di un pugno di moscerini”. Hai dimenticato la mia potenza?»
Lo osservò confusa. «Ma… loro hanno detto che era il mio potere a renderli reali… sono scomparsi per sempre?»
«No. Torneranno. Non è solo il potere della tua mente a dargli forma. Ci riescono grazie anche al tuo senso di colpa umano. Più tempo passi nel mondo di superficie, più diventano forti e pesto riusciranno a portare a termine le loro minacce.»
«Quindi sarò sempre in pericolo.»
«Sì, se resterai in quel posto.» DiKann sogghignò. «Però hai un’alternativa. Nonostante quello che è successo in passato e la guerra che hai contribuito a scatenare, ti rivoglio con me. Sarai sempre Sayka, la principessa del Primo Inferno, se lo vorrai.»
Sara scosse la testa. «No. Non tornerò mai laggiù. Adesso questa è la mia vita. Non abbandonerò i miei genitori e i miei amici.»
DiKann scoppiò a ridere e il verso che le arrivò oltre il riflesso del vetro, la fece rabbrividire.
«La rinascita ti ha reso tanto stupida?» le domandò. «Ti ho già detto che  gli spiriti continueranno a tormentarti se rimani sulla Terra e, presto o tardi, per difenderti perderai il controllo sui tuoi poteri. Saranno sotto gli occhi di tutti e coloro che ti hanno generato in questa vita, se ne accorgeranno. Pensi che ti vorranno ancora, quando scopriranno che razza di abominio hanno messo al mondo? Ti ameranno anche se sei un mostro?»
«Certo che lo faranno» rispose Sara decisa. «Vuoi solo confondermi e mentirmi.»
DiKann punto gli occhi nei suoi. «Puoi raccontarti questa favola, ma in fondo non ci credi più nemmeno tu. Se i tuoi genitori e i tuoi amici sono tanto importanti per te, perché tra tutti ti sei rivolta a me per chiedere aiuto?»
Sara rimase senza parole. Non aveva nessuna risposta pronta e si rese conto che non ne esisteva una che fosse credibile. Nel momento del pericolo, senza neanche sapere come, aveva rivolto la sua preghiera e la sua mente aveva scelto il padre avuto in un’altra vita.
«Le tue azioni dimostrano che ho ragione» continuò il demone, approfittando della sua titubanza. «Sai già che nessuno di loro può capirti e sostenerti come dovrebbero. Non puoi più vivere nella finzione che l’Ordine ha ordito per te. Sai di poter contare solo su di me. Per questo, Sayka, sei riuscita a raggiungermi fino al luogo in cui sono bloccato.»
Odiava ammetterlo ma aveva ragione. Sara ripensò agli ultimi eventi: la sua migliore amica e il suo ragazzo l’avevano già tradita e delusa; probabilmente sua madre e suo padre non avrebbero impiegato molto a fare lo stesso. Si era illusa di essere in grado di poter ignorare un passato orribile, solo perché ora era rinata, convinta di essere una persona diversa, ma sbagliava.
Lei era Sayka, la mezzo demone e lo sarebbe stata per sempre, come le avevano ricordato gli spettri di coloro che aveva ucciso.
«Se scelgo di venire da te, sarò davvero al sicuro?» chiese con un filo di voce. «I morti mi lasceranno in pace?»
«Nessuno ti procurerà mai più alcun disturbo» rispose DiKann. «Sarai rispettata e temuta, come era secoli fa. Non subirai dolore, ma lo imporrai.»
Quella promessa la avvolse come un abbraccio rassicurante. Era stanca di soffrire e forse quello era l’unico modo per cambiare le cose.
Sara avanzò verso lo specchio. «Cosa devo fare per tornare a casa?»
DiKann sorrise compiaciuto. «Dovrai spezzare anche la metà di Sigillo che blocca l’ingresso dalla parte del Primo Inferno. Non temere ti guiderò io. Non ti perderò di nuovo.»
Sara annuì.
«Avvicinati» le sussurrò il demone.
Seguì il comando, appoggiò il volto al vetro e come se non ci fosse alcuna barriera e dividerli, ascoltò  le indicazioni che DiKann le forniva come un padre amorevole.

Dall’interno di Villa Asti rimbombarono urla furiose. La porta scardinata le lasciava uscire di continuo, insieme a versi tanto raccapriccianti da convincere chiunque a ignorarle.
Da tempo Gabriel aveva smesso di preoccuparsi delle possibili lamentele dei vicini. Al momento erano altre le sue preoccupazioni.
«Siete degli incapaci! Pezzi di carne inutile!» sbraitò Carovus, sfogando la sua ira sui nuovi demoni trasformati.
Intimoriti dal capobranco, loro si strinsero contro la parete del salone, coprendosi in parte i musi con le braccia e senza avere la forza e il coraggio di scappare nelle stanze al piano superiore.
«Non è solo colpa nostra.» Gabriel si fece avanti, reprimendo quello stesso timore con tutta la forza che trovò dentro sé. «Sei comparso in una nube di fumo blu mentre correvamo. Ti ho visto dietro di noi. E ti sei messo a scappare anche tu. Eri al negozio, perché non sei venuto con noi?»
Carovus sgusciò davanti a lui e lo sollevò da terra, afferrandolo per le spalle. «Non ti devo spiegazioni!»
Gabriel liberò la rabbia che covava da mesi verso il suo presunto maestro. Gli sferrò una ginocchiata nel ventre, e mentre Carovus si piegava per il dolore, lo afferrò a sua volta per il collo. «Perché eri dentro al Portale Mistico? Cosa cercavi?»
«Attento! Se ti ribelli a me, poi devi pagarne le conseguenze» lo minacciò, senza provare a nascondere il suo furore.
«Non mi fai paura» replicò Gabriel, ritrovandosi per la prima volta a credere davvero in quella frase.
Un lampo di luce e una folata di vento li colse di sorpresa. Prima che entrambi potessero girarsi alla loro destra per vedere chi era il responsabile, i demoni terrorizzati in fila contro il muro iniziarono a guaire spaventati.
«Fate silenzio!» gridò la nuova arrivata.
Gabriel la riconobbe subito: Sara Martini. Eppure in lei c’era qualcosa di diverso, ognuno dei suoi sensi amplificati di demone glielo suggeriva.
I demoni si zittirono. Gabriel lasciò la presa su Carovus e quest’ultimo rimase immobile: come lui, aspettava che la ragazza facesse la prima mossa.
Sara avanzò di qualche passo verso di loro. «È così che eseguite gli ordini di DiKann? Bisticciando tra voi come bambini?»
«Non ti impicciare ragazzina» rispose Gabriel. Cambiata o meno, non avvertì alcun pericolo da lei. «Sei tanto pazza da venire fin qui. Il tuo trucchetto mentale ha funzionato al negozio, ma ora sei nel nostro territorio.»
«Sul serio?» domandò lei con indifferenza.
Gabriel si girò verso i compagni. «Alzatevi. La nostra preda è qui!» ordinò, ma nessuno di loro mosse un muscolo.
Carovus la scrutò dubbioso. «Perché sei venuta da noi?»
«DiKann dice che c’è qualcosa che mi appartiene» rispose seria. «E devo averlo subito.»
Carovus sfiorò il medaglione rosso che aveva al collo e osservò prima il gioello e poi la ragazza con sguardo dubbioso.
Gabriel notò la sua indecisione e intuì che quel medaglione era importante. Glielo strappò di dosso con foga e spinse l’altro indietro. Compì quindi un passo in direzione di Sara e  lo sventolò davanti a lei. «È questo che vuoi? Come può essere tuo?»
«Restituiscimelo» intervenne Carovus. «O me lo riprendo con attaccato anche il tuo braccio.»
Gabriel si voltò e gli ruggì contro. «Nessuno avrà niente finché non mi date delle spiegazioni.»  
Sara si fece avanti e si fermò a una spanna da lui. «Non ti devo niente. Dammi il medaglione.»
«Dimmi a cosa serve» ribatté lui.
«Fai come ti dice» gli ordinò Carovus.
Gabriel percepì la paura nella sua voce.
«Hai commesso il tuo ultimo errore» rispose Sara. Lo fissò intensamente e sul suo volto tornò l’espressione che aveva avuto durante l’attacco al Portale Mistico.
Un tenue ronzio si diffuse per tutta la stanza. L’intensità aumentò di colpo e Gabriel si piegò in avanti e strinse la testa tra le zampe squamate. Il medaglione gli scivolò dalle dita e cadde sul pavimento. Ululò e guaì dal dolore, mentre dagli occhi gli scendevano lacrime di sangue violaceo.
Si gettò a terra. «Basta! Ti prego» urlò senza sentire la sua voce. Si rannicchiò in posizione fetale e poi non provò più nulla.

Sara batté le palpebre. Si rilassò e osservò il demone accasciato a terra. Gli occhi spalancati in uno sguardo vitreo; dalla bocca aperta gli gocciolavano rivoli di bava.
Lo scansò con un calcio e si accovacciò per raccogliere il medaglione, abbandonato a poca distanza dal cadavere. «Che serva di lezione a tutti. D’ora in avanti sono io che comando.»
«È stato tuo padre a mandarti da noi?» le domandò l’altro demone che aveva avuto al collo il gioiello.
Sara annuì. «Sei Carovus? Ha detto che saresti stato un valido aiuto. Si sbaglia?»
Carovus le si avvicinò, le prese dalle mani il medaglione e lo sistemò con gentilezza e fare regale  intorno al suo collo. «Rispetto sempre il valore del mio padrone. Quali sono i tuoi ordini, principessa Sayka?
«Sai chi sono. Non mi sorprende» disse Sara. Poi osservò disgustata i demoni tremanti. «Puoi farli tornare minacciosi?»
«Certo, non sarà un problema.»
«Bene. Andremo al Portale Mistico e questa volta otterremo il Ritus. Ho promesso a DiKann che infrangerò il Sigillo e non lo deluderò.»

 
Continua…

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