lunedì 5 febbraio 2018

Darklight Children - Capitolo 63


CAPITOLO 63

Gioco di spie

 
Seduto nel centro del divano, Patrick sfogliò il blocco di appunti preso dal cassetto del comodino vicino al letto.
Alcuni mesi prima aveva stretto un accordo con Kaspar De Santi, l’uomo che gli aveva insegnato come sfruttare e controllare il suo potere di avere visioni attraverso il contatto tattile, e seppur non ne andasse fiero, aveva scelto di lavorare per lui solo per proteggere Sara Martini e i suoi amici.
Fulvio vorrebbe che qualcuno vegli su di loro pensò, ricordando l’ispettore suo amico e zio della ragazza, e credendo in questo modo di onorare la sua morte.
Rilesse le note scritte a mano negli ultimi mesi. Da quando aveva scoperto che Kaspar aveva accettato il posto di consulente scolastico nel liceo dei ragazzi, Patrick aveva iniziato a nutrire dei dubbi sulle vere intenzioni dell’uomo e dopo che lui gli aveva rivelato di lavorare per un misterioso istituto chiamato il C.E.N.T.R.O. – che seguiva ragazzi con poteri extrasensoriali – aveva preso la decisione di tenerlo il più possibile alla larga dai suoi protetti.
Patrick sollevò lo sguardo dai suoi appunti. «Dovrei conoscere l’interno di quell’istituto, eppure non ricordo nessun particolare» disse, ripensando alla visione del giorno prima, scattata dopo aver sfiorato Sara.
Aveva fissato un incontro a casa sua con Kaspar anche per quella ragione: doveva scoprire se quel buco nella memoria era opera sua.
Il campanello trillò e Patrick controllò l’orologio al polso. «Le undici. È puntuale come sempre.» Si alzò e andò ad aprire la porta.
Non appena l’ebbe davanti a sé, Kaspar gli strinse la mano sorridente, mentre con l’altra reggeva una borsa. «Buongiorno Patrick. Ieri la tua telefonata è giunta proprio al momento giusto. Se non mi avessi chiamato tu, l’avrei fatto io.» Entrò e si diresse a passo sicuro nel salone.
Patrick non fece troppo caso alla sua invadenza. In passato avevano abitato insieme e si era instaurata una certa familiarità. Quello che aveva detto però lo mise in allarme.
«Come mai?» domandò sospettoso, chiuse la porta e gli si avvicinò.
«Be’ ormai è passato diverso tempo dal nostro ultimo incontro. Dovresti avere qualcosa da dirmi sui ragazzi, o meglio sui loro poteri» gli rispose. «Erano questi i termini del nostro accordo.»
«Certo, infatti ti volevo vedere anche per questo.» Riprese posto sul divano gli fece segno di sedersi accanto a lui. Raccolse il blocco dal cuscino, strappò delicatamente gli ultimi tre fogli e li porse all’altro.
Kaspar li prese dalle sue mani e li scrutò velocemente. «Vedo che hai ricavato più informazioni su Sara Martini che sugli altri.»
«Lei è più facile da avvicinare. Per i suoi amici ci vorrà ancora qualche tempo. Devo instaurare lo stesso rapporto di fiducia che ho con Sara.»
«Capisco» disse Kaspar con aria contrariata.
Patrick non poteva correre il rischio che riconsiderasse l’idea di lasciargli quell’incarico, così decise di provare a catturare il suo interesse.  «Avrai notato che ho scoperto che i ragazzi hanno avuto la possibilità di rivivere i ricordi della loro vita passata. L’identità più rilevante e proprio quella di Sara. È la figlia di DiKann.»
«Il demone DiKann? Il re del Primo Inferno?»
Patrick annuì. Non ricordava se in passato aveva parlato a Kaspar del demone, ma lui sembrava comunque ben informato. «Il vero problema è che questo ritorno della memoria passata ha avuto degli strascichi. Almeno per quanto riguarda per Sara.»
«Puoi essere più preciso?»
«La ragazza, passami il termine, è perseguitata dagli spiriti di coloro che ha ucciso nella sua precedente esistenza. Mi ha confessato di aver ricevuto due volte loro visite e hanno cercato di farle del male.»
«L’hanno aggredita fisicamente?» domandò Kaspar incredulo.
«Da quel che ho capito sembra di sì. Ed è questa l’altra questione di cui volevo parlarti» disse Patrick. «Quando è venuta da me era sconvolta e spaventata. Ho cercato di rassicurarla, ma devo saperlo da te, e devi essere sincero: Sara corre dei rischi?»
Kaspar si fermò a riflettere. Patrick lo osservò leggere nuovamente la parte di informazioni che gli aveva riassunto, poi alzò il volto e attraverso le lenti degli occhiali, lo scrutò negli occhi. «In una situazione normale ti risponderei che Sara non ha niente da temere. I soggetti con il dono di evocare gli spiriti dei morti sono i più a rischio di subire gli effetti della rabbia dello spirito richiamato e Sara non è uno di essi. Inoltre, in generale, bisogna possedere un talento psichico per rientrare nei casi  che possiamo definire da “bollino rosso”.» Fece una pausa come a mettere lui stesso insieme i pezzi del suo discorso. «Tuttavia, la situazione in cui si trovano Sara e i suoi amici è particolare. Aver avuto accesso ai ricordi di un’altra vita è un caso unico, non saprei dire con certezza a che conseguenze può portare.»
«Quindi… devo preoccuparmi?»
«Se Sara è riuscita a venire da te per raccontartelo, dovrebbe essere in grado di gestirli» spiegò Kaspar. «Per sicurezza, mi consulterò con i miei colleghi per saperne di più. Ma se dovessi avere il dubbio che questi spiriti rappresentano un problema, porteremo Sara al C.E.N.T.R.O. dove potremmo seguirla più attentamente.»
Patrick valutò quell’affermazione. Non era favorevole all’ingresso di Sara in quell’istituto, però voleva che fosse al sicuro e lui non aveva i mezzi per proteggerla in maniera adeguata. Per di più quella proposta gli fornì l’occasione per scoprire se Kaspar era responsabile della mancanza di ricordi specifici.
«D’accordo ti terrò aggiornato. E se si presentasse questa urgenza, sarà anche la mia occasione per poter finalmente vedere come è fatto il C.E.N.T.R.O.»
Kaspar lo fissò per una frazione di secondo, quindi aprì la borsa ai suoi piedi e sistemò i vari fogli in apposite cartelline con sopra stampato il nome di ognuno dei ragazzi. «Certamente. Comunque, posso portarti a vedere la nostra struttura quando vuoi. Anzi, è una mia mancanza non averlo ancora fatto.»
Patrick rimase interdetto. O Kaspar era un bravissimo attore, o era davvero convinto di quello che aveva appena detto. E non ricordava assolutamente di averlo già ospitato al C.E.N.T.R.O. dopo che gli aveva portato Leonardo, il paziente di cui ignorava l’identità.
«Si è fatto tardi. Devo andare» disse il professor De Santi, porgendogli la mano.
Lui la strinse e lo accompagnò alla porta. Cercò di dissimulare i suoi dubbi, ma salutandolo distrattamente non riuscì a cancellare la convinzione che qualcuno avesse agito alle sue spalle.

Kaspar montò in auto. Buttò la borsa sul sedile del passeggero e si sistemò l’auricolare bluetooth, collegandolo al cellulare. Compose il numero e poi ripose il telefono in tasca. Mentre nel suo orecchio sinistro si ripeteva il suono della linea libera, girò la chiave nel cruscotto e accese il motore.
«Pronto Kaspar? Come è andata?» gli domandò una voce femminile.
«Tutto liscio. Non ha fatto molto, ma credo che inconsciamente mi ha fornito una notizia interessante.» Girò il volante. «I ragazzi sono gli Alpha
«Ne sei sciuro?»
Kaspar sorrise. «Sicurissimo. Una di loro è la figlia di DiKann.»
La donna dall’altro capo del telefono fece un lunga pausa. «In effetti il numero coincide. Sono in sei. Proprio come gli Alpha
«Sei?» ripeté. «Cosa dici? I ragazzi sono in cinque.»
«Mi prendi in giro? Sono in sei. Mi hai raccontato tu di averli individuati i mesi scorsi, lavorando come consulente nella loro scuola. Ho qui sotto gli occhi i dossier con i loro nomi: Naoko, Davide, Yuri, Sabrina, Sara e Leonardo.»
«Aspetta, non c’è nessun ragazzo di nome Leonardo» ribadì Kaspar.
«Sì, il gemello di Sara» insistette la donna. Il suo tono era preoccupato. «Kaspar, sei sicuro di star bene?»
«Sì. Ora, scusami ma devo lasciarti. Credo di sapere cosa sta succedendo. Devo far visita a una mia vecchia conoscenza.» Chiuse la comunicazione e sterzò velocemente. Andò in retromarcia e fece inversione, cambiando il suo percorso. «Credevo che quel passato fosse un capitolo chiuso, ma alla fine le nostre strade tornano a incrociarsi.»
Kaspar pigiò il piede sull’acceleratore e arrivò in pochi minuti nella strada che portava al Portale Mistico. Parcheggiò poco vicino all’entrata e scese dal mezzo come una furia.
Con la stessa foga spalancò la porta e si trovò il proprietario di spalle che sistemava della merce sugli scaffali. 
«Buongiorno. In cosa posso...» Angelo Moser si fermò di colpo, la sua cordialità scomparve trovandosi faccia a faccia con lui. «Cosa ci fai tu qui?»
Kaspar lo squadrò  furioso. «Pensavi che non sapessimo di te? Ti controlliamo da un pezzo. Sei stato tu, non è vero?»
«Di cosa stai parlando?»
«Non fare giochetti con me. I ricordi dei ragazzi. I mezzo demoni che scatenarono la rivolta di DiKann e del suo esercito di demoni e che l’Ordine ha fatto rinascere. Sei tu che hai dato loro gli strumenti per avere i ricordi. Ti sei messo in mezzo, come fa sempre l’Ordine e una di loro ne ha pagato le conseguenze. Qualcosa è andato storto e potrebbe essere in pericolo, preda degli errori del suo passato.»
«Non sono affari che ti riguardano» replicò l’altro impettito.
«E la memoria che mi hai cancellato? Anche quella non mi riguarda?»
«Ti ripeto che non so a cosa ti riferisci e in ogni caso non sono più tenuto a darti spiegazioni» rispose secco Angelo. «Vai fuori dal mio negozio.»
Kaspar lo guardò con aria di sfida. «Non finisce qui. È meglio per te se il responsabile è un altro.» Si girò e uscì quasi correndo. Rimontò nell’auto e partì come un fulmine, sgommando sul cemento.

«A quanto pare ho fatto bene a tenere d’occhio questo posto.» Nascosto sul tetto di un edificio lì vicino, Carovus osservò l’auto di Kaspar che sia allontanava dal negozio. Pur non conoscendo l’uomo che era entrato come un selvaggio, doveva essergli grato per le informazioni che aveva portato con sé.
Grazie al suo udito sviluppato dalla trasformazione demoniaca, aveva sentito ogni parola della discussione tra i due uomini, come se si trovasse in mezzo a loro.
Non era importante che non avessero fatto il nome della ragazza di cui parlavano. Sapeva che si trattava di Sara Martini. L’unica minacciata dal suo passato era al figlia di DiKann: la mezzo demone con le mani sporche di sangue e indebolita dalla sua parte umana.
Carovus saltò sul tetto alla sua destra e poi su un altro e su uno ancora. Continuò così diretto alla villa che condivideva con Gabriel.
«Devo accelerare i tempi » disse. «La principessa non resisterà ancora a lungo e prima di allora, devo aver già recuperato il Ritus

 
                                                      Continua…

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