martedì 1 maggio 2012

Interludio - Madoka Magica: l'evoluzione definitiva delle majokko

Di recente mi è capitato di seguire la serie anime “Madoka Magica”, non è stato un caso: fin da bambino sono un appassionato del filone delle maghette terrestri degli anime giapponesi ed ero incuriosito da questa nuova serie che aveva fatto tanto scalpore in patria. Al di là del fatto che l’ho molto apprezzata per il suo taglio adulto, mi ha portato a fare una riflessione: questa serie può essere considerata come la probabile evoluzione definitiva del genere, un po’ nello stesso modo in cui “Neon Genesis Evangelion” lo è stato per il filone “mecha-anime” (conosciuti in Italia come i“robottoni”). Come sono arrivato a questa conclusione? Lo spiego subito, tenendo presente che ho preso sotto esame solo i prodotti che considero più rappresentativi del genere majokko.
Punto primo: chi sono le majokko? Nell’animazione giapponese con “majokko-anime”, s’intende un tipo di produzione che può essere suddivisa in due sottogeneri: “aliene” e “terrestri”. Quello a cui faccio riferimento è il secondo e ha una  protagonista  femminile, nata da genitori umani, che può frequentare dalle elementari fino al massimo il primo anno del liceo e riceve in dono da una creatura magica uno o più oggetti che le permettono di fare uso della magia.
La capostipite del genere è la serie Himitsu no Akko-chan (Lo specchio magico) del 1962 (manga) e 1969 (anime), tanto famosa da aver avuto anche ben due remake nel 1988 (in Italia Un mondo di magia) e nel 1998 (Stilly e lo specchio magico) e fissa quelle che sono le caratteristiche primarie del filone. Akko (Stilly) è infatti una ragazzina delle elementari a cui uno spirito (e poi nei remake la Regina degli Specchi) dona un portacipria magico con cui può trasformarsi in chiunque vuole. Viene anche introdotto il tema che sarà principale nel filone: il potere di trasformarsi permetterà a Stilly di entrare in contatto con il mondo degli adulti e provare con la sua innocenza di bambina a risolvere i problemi della vita quotidiana.
Il salto significativo nel genere avviene nel 1983, quando lo Studio Pierrot crea Maho no Tenshi Creamy Mami (L’Incantevole Creamy), una serie che pur attenendosi alle regole di base, porta qualche novità. La prima è l’introduzione delle mascotte: uno o più esseri dall’aspetto simile ad animali che avranno il compito di vegliare sulla protagonista durante l’anno in cui la creatura magica le ha donato i poteri. La seconda è la possibilità tramite l’oggetto magico di diventare  una ragazza più grande (in genere adolescente) e in questo modo fare parte del mondo degli adulti. Si realizza così un desiderio spesso condiviso da molti bambini, il voler essere trattati da grandi, ma che porta con sé anche un piccolo prezzo. Yu, la nostra nuova protagonista, può infatti diventare Creamy la stella della canzone pop, ma si troverà a dover affrontare gli stessi impegni e  responsabilità di un’adulta con un lavoro e conoscere quel mondo che  l’aspetta tra qualche anno la porterà inevitabilmente a perdere un po’ della sua innocenza e guardare con occhi diversi la sua infanzia che passa. Lo Studio Pierrot produrrà altre due serie molto simili in struttura a questa: Maho no Yosei Pelsha (Evelyn e la magia di un sogno d’amore) del 1984 e Maho no Star Emi (Magica, magica Emi) del 1985, in cui le protagoniste oltre a condividere con Yu la capacità di trasformarsi in un’adolescente, avranno un coinvolgimento amoroso o comunque affettivo verso un ragazzo più grande, in genere attratto dalla controparte magica della protagonista. Tra le due però è  Emi ad avere più punti in comune con Creamy (essendo entrambe star dello show business) e allo stesso tempo a presentare un’altra piccola innovazione. Alla fine del suo ciclo di episodi, la protagonista Mai ha l’opportunità di mantenere i poteri magici e trasformarsi per sempre in Emi, realizzando così il suo sogno di diventare una prestigiatrice provetta, oppure rinunciarvi e realizzare con le sue sole forze il suo sogno. Mai sceglierà per l’appunto di contare sulle sue sole forze e questo varia un po’ il tema di fondo: non più la magia come mezzo per sbirciare e provare a vivere il mondo adulto, ma come mezzo per realizzare un sogno e capire che la via giusta per renderlo reale è impegnarsi facendo affidamento solo sulle proprie capacità. Va segnalato che lo Studio Pierrot produrrà altre due maghette: Maho no Idol Pastel Yumi (Sandy dai mille colori) del 1986, che si distacca dalle opere precedenti in quanto la protagonista non si trasforma in adulta  e Maho no Stage Fancy Lala (Fancy Lala) del 1998 in cui la protagonista torna a trasformarsi in adulta e a lavorare nel mondo dello spettacolo, ma come Mai/Emi arriva alla consapevolezza di non aver bisogno della magia per realizzare i suoi sogni.
Per avere una vera e propria rivoluzione del genere bisogna aspettare il 1992, quando fa il suo debutto Bishojo Senshi Sailor Moon (Sailor Moon) serie-saga che avrà ben quattro seguiti. La serie, che meriterebbe un approfondimento a sé stante, si inserisce nel filone maghette, portandole però a un passo successivo. La protagonista Usagi (Bunny) è già un’adolescente (ha quattordici anni) e quindi i poteri che le verranno donati non le serviranno come scusa per entrare nel mondo adulto. La sua sarà una vera e propria missione: diventerà una guerriera che con colpi speciali e vari oggetti magici si dedicherà a difendere il mondo dagli emissari del male. In questo contesto è chiaro che la protagonista rinuncia alla sua spensieratezza nel momento stesso in cui accetta la missione, il suo unico pensiero sarà la sicurezza del mondo e quindi non avrà il tempo di vivere come una normale ragazza. Ecco quindi che subentrano nuovi temi, forse più adulti e rivolti quindi a questo genere di pubblico, che saranno lo spirito di sacrificio e l’importanza dell’amicizia. Il primo è ben evidenziato dalla caratteristica di questa nuova maghetta, che appunto non si tramuta in cantante o prestigiatrice, ma in vera e propria guerriera, pronta a battersi fino all’ultimo respiro per proteggere chiunque. Il secondo è messo in risalto dal fatto che la protagonista non è sola: al suo fianco avrà un numero sempre maggiore di compagne, che dotate come lei di oggetti magici, si trasformeranno nelle sue paladine alleate. Questo elemento è una sorta di fusione con il genere sentai-mono popolare in Giappone in svariati live-action e conosciuto anche in Italia grazie alla prolifica serie dei Power Rangers. Le compagne di Usagi però differiscono da lei per un particolare importante: per vari motivi sono delle emarginate e l’amicizia disinteressata che la ragazza donerà loro una volta divenute guerriere, sarà il modo in cui, oltre ai loro sogni individuali, condivideranno quello comune di proteggere quel mondo in cui hanno avuto la fortuna di incontrarsi e abbandonare così la loro solitudine. Bisogna menzionare che questa mega-serie ha anche un forte valore femminista (basti pensare che nonostante l’interesse amoroso di Usagi la salvi spesso dal mostro di turno, è sempre lei con le sue sole forze a conseguire la vittoria finale) e porta allo sviluppo anche della figura della mascotte. Luna, la gatta che dona a Usagi l’oggetto per trasformarsi, è infatti una vera  e propria figura autoritaria per la ragazza, che la guida nel suo percorso per accettare e diventare una combattente responsabile.
Dopo Sailor Moon sono stati prodotti una lunga serie di cloni con più o meno successo rispetto alla portatrice di questa innovazione, arrivando sul finire degli anni novanta addirittura alla creazione di una sorta di serie “ibrido”. Si tratta di Ojamajo Doremì (Magica Doremì) del 1999 composta da ben quattro cicli di episodi e che partendo dal tema di base della bambina delle elementari che acquisisce i poteri magici da un essere magico (in questo caso una strega) viene affiancata da altre compagne maghette (componente inserita da Sailor Moon), unendo anche il sottogenere delle “maghette aliene” (appartenenti cioè a un mondo diverso dal nostro) con l’introduzione del Regno delle Streghe e della futura regina di quel regno: Hana una bimba che le protagoniste aiuteranno a crescere, diventandone le mamme. Questa può considerarsi una parentesi nell’evoluzione del genere perché la serie non aggiunge nulla ai temi già sviluppati dai precedenti prodotti e forse si colloca più nella fascia fanciullesca rispetto a quella adulta inaugurata da Sailor Moon.
L’ultimo stadio dell’evoluzione delle maghette avviene quindi solo nel 2011 con la comparsa sugli schermi nipponici di Puella Magi Madoka Magica (Madoka Magica). Questa serie presenta fin da subito una particolarità: la protagonista  quattordicenne Madoka entra in possesso dei poteri magici solo nell’ultimo episodio della serie. Nel corso dell’intera storia, Madoka infatti viene dissuasa in ogni modo da Homura, un’altra maghetta, a stipulare il contatto con la mascotte della serie per ottenere i poteri magici. Grazie a questo espediente, Madoka consoce così le altre maghette, che non sono un gruppo coeso ma sono in lotta tra loro e l’origine dei loro poteri: la Soul Gem. Questo gioiello, a differenza degli oggetti magici delle majokko precedenti, non è un semplice articolo magico ma l’anima della maghetta prescelta che abbandona il corpo della ragazza una volta che ha stipulato il contratto con la mascotte Kyubey. Kyubey stesso è un evoluzione (in negativo) della mascotte: il suo nome è la contrazione di Incubator ed è visto come un essere senza emozioni il cui unico interesse è sacrificare le maghette perché diventino streghe (i nemici contro cui le maghette combattono) e raccogliere così l’energia scaturita da questa evoluzione malvagia. Ecco che comincia così a delinearsi la forma definita del genere. Le maghette acquistano i poteri esprimendo un desiderio (che corrisponde alla realizzazione di un sogno tramite la magia), ma nella maggioranza dei casi questo desiderio (anche se altruista) ha delle conseguenze negative, porta alla corruzione la ragazza che lo ha espresso e il potere magico nato dal contratto per realizzarlo la trasforma nella strega, il mostro che porta distruzione e che le protagoniste devono sconfiggere. Continuando la tradizione iniziata con Sailor Moon, i temi del sacrificio e dell’amicizia vengono portati all’estremo attraverso Homura e Madoka. È infatti il desiderio della prima di proteggere la sua migliore amica Madoka a spingerla a diventare una maghetta e rivivere infinite volte gli eventi che causeranno la morte della ragazza, mentre Madoka nel finale della serie compirà il sacrifico estremo per salvare tutte le maghette del passato e del futuro, in un gesto molto simile a quello compiuto da Sailor Moon con una differenza sostanziale: nessuno si ricorderà di lei.
Grazie all’approfondimento psicologico delle protagoniste e alle scene a volte crude (una delle maghette muore decapitata e in genere la morte delle maghette è definitiva), questa serie è chiaramente rivolta solo a un pubblico di adolescenti e adulti. Estremizzando la perdita dell’innocenza delle protagoniste (costrette a compiere azioni e scelte da adulte), mostrando come un sogno realizzato tramite la magia lo renda nullo e sbagliato ed elevando i valori dell’amicizia e del sacrifico in favore del prossimo, Puella Magi Madoka Magica inserisce inoltre nuovi elementi nel filone come il viaggio nel tempo e le realtà parallele, tipici della fiction di fantascienza.
In definitiva sarà molto complicato portare questo genere a un livello ancora più alto, ma la fantasia degli autori potrebbe ancora riuscire a sorprendere gli spettatori. Un esempio? Introducendo magari  dei protagonisti maschili (che potremmo simpaticamente definire dei maghetti) in modo che anche il pubblico maschile (che ha cominciato ad avvicinarsi a questo tipo di produzioni grazie a Sailor Moon) possa avere un personaggio in cui identificarsi.