CAPITOLO 96
Tour nei misteri del C.E.N.T.R.O.
Alla seconda visita ufficiale al C.E.N.T.R.O.
, Kaspar accolse il gruppo personalmente, non appena entrarono nella sala
all’ingresso.
«Sono felice di vedere che avete
mantenuto la vostra parola» disse osservandoli compiaciuto. «Come sta la tua
mano?»
Patrick la sollevò all’altezza del viso
e mosse le singole dita senza fatica, o smorfie di dolore. «Come se non fosse
successo nulla.»
«Bene. Vorrei che affrontaste il vostro
tempo qui nello stesso modo» continuò
lui. «Mi piacerebbe che dimenticaste il brutto incidente dell’altra
settimana e ripartissimo da zero.»
«Come se fosse così semplice» bofonchiò
Leonardo.
«Ha ancora intenzione di dividerci per “specie” e
rinchiuderci in gabbie come animali allo zoo?» domandò Davide.
Kaspar abbozzò a fatica un sorriso. «No,
pensavo di mostrarvi l’istituto. Avrei dovuto farlo fin dal primo giorno, ma
rimedierò oggi.» Diede loro le spalle e s’incamminò verso le scale.
Kaspar iniziò la visita guidata dal
primo piano, dove erano raggruppati gli uffici dello staff. Li condusse poi nel
secondo dove mostrò l’ampia sala mensa, l’auditorium e le sale relax comuni.
Salirono quindi al terzo, dove si trovavano le aule che anche i ragazzi avevano
frequentato durante la visita precedente. Si fermarono poi al quarto piano e lì
elogiò la loro biblioteca, che ne ricopriva quasi la metà.
Sabrina osservava e registrava ogni
informazione in attento silenzio. Se voleva avere chiarimenti su suo figlio,
era necessario conoscere il più possibile quel luogo infausto.
«Come potete vedere, noi siamo qui»
disse Kaspar, puntando l’indice destro sulla piantina fissata dietro una teca
di vetro, appesa all’imboccatura delle scale. «La seconda metà di questo piano
comprende le palestre per le esercitazioni pratiche di gruppo.»
Naoko osservò attentamente il foglio
dietro al vetro e domandò: «Cosa si trova in questi due piani?»
«Il quinto e il sesto sono riservati ai
laboratori per le dimostrazioni e le lezioni di scienze e chimica. Vorrei
mostrarveli, ma credo che a quest’ora siano occupati e non vorrei disturbare
gli studenti.»
«E i ragazzi che erano nelle classi con
noi, vivono qui?» chiese Sara.
Kaspar annuì. Fece scorrere il dito due
piani sopra quelli appena elencati. «Il settimo piano è riservato ai dormitori maschili
e l’ottavo a quelli femminili. Ormai abbiamo visitato l’intero inetrno.
Possiamo passare al cortile esterno.»
Si mosse per raggiungere di nuovo le
scale e ridiscendere, ma Sabrina si fece avanti. Il quel tour, mancava un
elemento essenziale.
«Dov’è la sala operatoria?» domandò,
provando a non far trasparire la sua apprensione. «Quella in cui mi avete
portato per l’aborto.»
Kaspar rimase momentaneamente
interdetto, poi si riprese e segnò sulla cartina un perimetro situato sotto la
rappresentazione della sala d’ingresso. «È qui, insieme all’infermeria e ai
reparti medici, ovviamente non lo reputo un luogo d’interesse per una visita.»
Yuri gli si avvicinò «E questa zona
tratteggiata? Cosa rappresenta?»
«Sono strutture di cui non posso
parlarvi» rispose seccato. «Come vi dicevo, se vogliamo proseguire per il
cortile, abbiamo un rigoglioso giardino posteriore che meriterebbe…»
Un suono, simile al segnale che annuncia
i voli all’aeroporto, sovrastò la sua voce, interrompendolo nuovamente.
Proveniva da un altoparlante sistemato sopra l’entrata del piano e subito dopo
si udì una voce femminile annunciare: «Il dottor De Santi è atteso dalla
professoressa Cluster in sala riunioni uno al pian terreno.»
«Scusatemi, devo andare» disse Kaspar. «Vi
ricordate dove si trovano le sale relax?»
«Certo» rispose Patrick.
«Vi verrò a prendere lì.» Imboccò le
scale e corse per i piani sottostanti.
Davide lo osservò finché non scomparve.
«Ottimo. È la nostra occasione.»
Patrick inarcò un sopracciglio «Per
cosa?»
«Dobbiamo indagare. Questo posto
nasconde di sicuro qualcosa» gli rispose l’altro
Patrick spinse le mani in avanti come a
bloccarli. «Aspettate ragazzi, non credo sia una buona idea.»
«Avevano i nostri Registri» disse Naoko.
«Non mi piace violare le regole, ma hanno iniziato loro. Non sappiamo cos’altro
ci tengono nascosto.»
Sabrina scrutò i volti dei compagni.
Sembravano avere tutti la stessa intenzione . E questo giocava a suo favore.
Decise di mettere in atto la sua strategia. «Dovremmo dividerci in gruppi» propose.
Leonardo la guardò poco convinto. «Non
saremmo di nuovo dei bersagli?»
«Ne basteranno due. Uno da tre e l’altro
da quattro e in caso di pericolo io e te comunicheremo sulla nostra linea
telepatica privata» replicò Sara. Guardò Patrick. «Hai detto che hai avuto dei
flash sul tuo passato con il direttore. Magari curiosando un po’ ricorderai
qualche particolare in più.»
Lui la osservò perplesso. «D’accordo ma
dovremo fare presto. Poi ci ritroveremo tutti nella sala relax. E deciderò io
come formare i gruppi.»
Quella dei ragazzi era una proposta
allettante, avrebbe anche chiarito il dubbio insinuatogli da Kaspar sulla
possibilità che fosse anche lui un mezzo demone, dopo averla accettata però
Patrick venne di nuovo assalito dai dubbi di essere staro avventato e metterli
in pericolo. La sua scelta era caduta sui dormitori e aveva scelto come sue
compagne di perlustrazione Sara e Naoko.
«Perché andiamo nelle stanze private?»
domandò la ragazza asiatica, poco entusiasta. «Sarebbe stato più logico
controllare gli uffici dello staff, o la biblioteca.»
«Se non vogliamo essere scoperti,
dobbiamo tenerci il più lontano possibile da Kaspar» le rispose, salendo
l’ultimo gradino che immetteva nel dormitorio maschile. «E poi i ragazzi sono
tutti a lezione, non ci disturberà nessuno.»
«Patrick può toccare qualche oggetto e
avere una visione» aggiunse Sara. «Magari scopriremmo qualcosa che nessuno ci
direbbe apertamente.»
Lui annuì e osservò le targhette affisse
in alto a destra di ogni porta. Ognuna riportava il nome del ragazzo a cui era
stata assegnata. «Aiutatemi a cercare le camere dei tre che vi hanno attaccato.»
Sara si mosse verso la parete opposta
alla sua per aiutarlo, Naoko le si avvicinò e bisbigliò: «Non ti sembra un po’
esagerato? Capisco che vuoi aiutare il tuo nuovo ragazzo, ma così passeremo noi
dalla parte dei colpevoli.»
«Lui non è il mio… insomma non è solo
per questo» ribatté Sara. «E poi hai detto tu che hanno iniziato loro con i
nostri Registri.»
«Sì, ma sbirciare nella vita vissuta da
qualcuno secoli fa non è come farlo con chi è ancora vivo, per di più
scassinandogli la camera.»
Facendo finta di non aver udito la
conversazione, Patrick annunciò: «Ne ho trovata una. Marcus era uno di loro,
giusto?»
Sara annuì, raggiungendolo davanti alla
porta. «Come farai a…. ecco… attivare il tuo dono.»
«Devo toccare qualcosa che gli appartiene.
Meglio se è un oggetto personale.» Provò a piegare la maniglia ma la porta non
si aprì. «Dobbiamo trovare un modo per forzare la serratura.»
«È più pratico usare la chiave per
entrare.»
Marcus comparve all’ingresso del
corridoio, le braccia incrociate sul petto e Samuele al suo fianco.
Naoko si morse il labbro. «Noi non
volevamo, cioè volevamo solo cer…»
Sara si parò davanti a loro. «Che ci
fate qui? Non dovreste essere a qualche
lezione o esercitazione? Avete fatto chiamare voi il dottor De Santi perché ci
lasciasse soli?»
«Puoi stare tranquilla: non è un piano
premeditato.» Marcus si avvicinò a loro tre spingendo lievemente Samuele a fare
lo stesso. «Non sono qui per aggredirvi e non ho niente da nascondere. Vi
mostrerò la mia camera, se ci tenete tanto, prima però il mio amico ha qualcosa
da dire al signor Molina.»
Samuele lo guardò contrariato. Lui gli
fece cenno con la testa di procedere e l’altro avanzò di un passo sbuffando.
«Io… volevo scusarmi per l’latro giorno. Non era mia intenzione ferirti.»
Sara lo scrutò arricciando il naso. «Non
sembri molto convinto.»
«Va bene così» intervenne Patrick. «Sono
sicuro che hai avuto i tuoi motivi per agire in quel modo.»
«Certo che li ho!» sbottò Samuele. «Tu
mi hai portato qui. Mi ha promesso che avrei potuto andarmene quando volevo e
non era vero. Poi mi hai giurato che mi avresti aiutato a scappare, però sei
sparito e mi hai abbandonato qui!»
Patrick venne preso alla sprovvista. Quelle
rivelazioni si potevano inserire con le sue visioni, ma come poteva esserne
sicuro?
«Vi conoscevate da prima che noi
venissimo al C.E.N.T.R.O?» domandò Naoko.
«Certo» le rispose Samuele. «Lui
lavorava per loro.»
Il danno era stato fatto. «Un momento
c’è una ragione» fece Patrick, tentando di rimediare.
Sara lo prese per il braccio. «È vero?»
«La verità? Non lo so con certezza.
Potrebbe essere così.» Scostò con gentilezza la sua mano e si rivolse quindi a
Samuele. «Purtroppo non ricordo molto del mio passato. Sono stato in coma per
lungo tempo, quando mi sono svegliato ero senza ricordi e quello che so su me
stesso, me lo ha rivelato il dottor De Santi. Mi ha detto che ero un suo
assistente, ma non mi ha raccontato altri dettagli. Qualche giorno fa ho avuto
dei flash grazie ha un potere che si è manifestato dopo il coma e ho ricordato
di averti fatto da insegnante qui al C.E.N.T.R.O.»
Marcus s’intromise. «Lei non è uno degli
Alpha e se ha poteri da mezzo demone, appartiene alla nuova generazione. Perché
non è stato reclutato come noi?»
«Non so nulla» ripeté Patrick. «Ma forse
Samuele potrebbe aiutarmi.»
«Perché dovrei farlo?» gli chiese
diffidente.
Patrick gli mise una mano coperta dal
guanto sulla spalla. «Se volevo aiutarti a scappare, lo avrei fatto senza
fermarmi. Di questo sono sicuro. Se non ci sono riuscito, significa che
qualcuno me lo ha impedito e voglio sapere il motivo.»
Samuele lo guardò indeciso. «L’ultima
volta che ci siamo visti, prima che scomparissi, mi hai detto che non ti fidavi
del dottor De Santi.»
«La stessa persona che lo ha
rintracciato in ospedale» commentò Sara. «Una strana coincidenza, non trovate?»
Marcus si frappose tra loro due. «Ammesso
che accettasse di aiutarla, cosa dovrebbe fare?»
- Dovrò solo toccarlo con la mano nuda.
I ricordi che lo riguardano, si formeranno nella mia mente» spiegò Patrick.
Marcus fissò il compagno. «Te la senti?»
Samuele si voltò verso di lui,
squadrandolo a sua volta. «Farà male?»
Patrick scosse la testa. «Non sentirai
niente.»
Marcus si voltò verso le due ragazze. «Me
lo garantite?»
«Hai la mia parola» rispose Naoko.
«E la mia» le fece eco Sara.
Samuele superò l’amico. Allungò il
braccio e gli porse la mano.
Patrick si sfilò il guanto e gli sorrise.
«Grazie.» Chiuse gli occhi e sfiorò con le dita il palmo teso.
L’onda travolgente di immagini e parole
rifluì nella sua testa, lanciandolo alla deriva come una zattera in preda ai
moti dell’oceano.
Continua…