lunedì 27 maggio 2019

Darklight Children - Capitolo 95

CAPITOLO 95
Resoconto e conseguenze



Patrick strappò il cerotto sul dito indice della mano sinistra. Emise un leggero mugolio di dolore quando la parte adesiva si staccò dalla sua pelle. Si guardò intorno, ma le rovine del Portale Mistico erano deserte, nascoste dall’oscurità della sera. Nessuno degli altri invitati al raduno segreto si era ancora fatto vivo.
L’uomo osservò le altre tre dita della mano, semicoperte da un unico groviglio di bende e iniziò a srotolarle. Al C.E.N.T.R.O. erano stati molto scrupolosi nel medicarlo, anche se si trattava di semplici tagli dovuti all’esplosione del vetro. Le ferite si erano ormai quasi del tutto richiuse e anche le cicatrici non sarebbero durate a lungo. Mentre era intento in quell’attività per liberare la mano, ripensò all’avvertimento di Kaspar.
Come pensi reagiranno se venissero a sapere che per mesi li hai spiati per conto mio?
Era una domanda che Patrick si era posto parecchie volte. Avrebbero capito che lo aveva fatto per proteggerli? Che il suo era stato un tentativo di sostituire Fulvio Marchi?
«Prima, forse… ma adesso…» disse parlando a se stesso. Ora spuntavano nuovi indizi sul suo passato e il legame con quell’istituto; si chiese se in realtà, a livello inconscio, non avesse fatto tutto per arrivare a capire la verità su di sé.
E poi c’era Sara. In quel caso pensieri, motivazioni e idee si facevano ancora più confusi. Cosa avrebbe pensato di lui? E come sarebbero cambiati i sentimenti che provavano l’uno per l’altra, una volta che lui fosse stato completamente sincero?
Patrick sentì un fruscio tra i cespugli e si girò di scatto. Dopo quanto accaduto il giorno prima, non si aspettava un nuovo attacco così ravvicinato.
Sara emerse da dietro una pianta come una ninfa dei boschi. «Sei già arrivato.» Gli sorrise. «Speravo di trovarti.»
«Gli altri dove sono?»
«In arrivo. Leonardo li sta aspettando al cancello.» Sara notò che reggeva le bende nella mano sana. «Hai tolto la fasciatura, fammi dare un’occhiata.»
La ragazza gli si avvicinò, prese la mano nella sua e la esaminò con cura.
«È tutto passato. Era solo qualche graffio» le disse imbarazzato.
«Sei stato fortunato. E io mi sento in colpa per averti messo in quella situazione.»
«Perché? Non sei la responsabile.»
Sara gli lasciò la mano. «Ti ho chiesto io di venire al C.E.N.T.R.O.»
«Non dire sciocchezze» rispose Patrick. «Sarei venuto anche se tu non lo avessi chiesto. Sono in pensiero quando siete lì. C’è qualcosa che non mi convince e mi fa infuriare non poter essere stato più vicino a te se ti fossi trovata al posto di Yuri.»
Sara sorrise. «È bello sentirtelo dire.» Si mise in punta di piedi per raggiungergli le labbra.
Patrick si scostò leggermente. «Gli altri potrebbero arrivare da un momento all’altro.»
«Non ci vedrà nessuno.»
Lui le si avvicinò e accolse il suo bacio. Assaporò il piacere di quell’attimo rubato, di sentire il calore delle sue labbra. Era una sensazione magnifica, ma durò poco. Appena lei si allontanò, capì che stava male nel tenerle dei segreti. Pensò che doveva raccontarle tutto, prima che fosse tardi per farlo. 

Angelo Moser, accompagnato dai cinque ragazzi, sbucò nel centro delle macerie pochi secondi dopo che Sara e Patrick avevano preso una distanza meno equivoca.
«Ora che siamo tutti insieme, raccontatemi come è andata» esordì.
«Nell’unico modo in cui poteva andare» rispose Davide. «Ci hanno raggirato per colpirci e Patrick è stato ferito.»
Angelo si voltò verso l’altro uomo. «Stai bene?»
«Sì, tranquillo» replicò Patrick. «Solo poche ammaccature e un grande spavento.»
Rifletté incredulo. «Non pensavo vi avrebbero fatto andare fin lì per attaccarvi. Non subito per lo meno.»
«In realtà è stato tutto molto strano» rispose Naoko. «Marcus, uno dei ragazzi che ci hanno attaccato in precedenza, ha cercato di mettermi in guardia, al contrario degli altri che hanno cercato di tenerli occupati.»
«In effetti anche il comportamento del direttore è stato inspiegabile» aggiunse Sara. «Sembrava all’oscuro di quello che stava accadendo. Vero Sabrina?»
Lei si riscosse dai suoi pensieri. «Sì, è così. Hans Strom ha av…»
«Cosa?» chiesero all’unisono Angelo e Patrick.
Ognuno dei ragazzi spostò lo sguardo attonito su di loro.
Yuri domandò: «Sapete qualcosa di lui?»
Angelo fissò l’altro uomo.
Patrick annuì. «Di recente ho avuto delle visioni sul mio passato. In una di queste c’era un uomo incappucciato e quando ho mostrato il suo ritratto ad Angelo, lui l’ha riconosciuto.»
«Hans è un mezzo demone, uno dei primi dell’ultima generazione, ha fatto parte dell’Ordine per diversi anni, prima di venire allontanato» raccontò. «Sapevamo che aveva convinto diversi membri a seguirlo, ma non immaginavamo fosse addirittura a capo del C.E.N.T.R.O.»
«Per quale motivo l’hanno buttato fuori dall’Ordine?» chiese Davide.
«Fu il primo a sostenere che il Sigillo andava riaperto» rivelò, notando lo sgomento degli altri. «Era convinto che l’unico modo per tenere il mondo al sicuro, fosse addestrare i mezzo demoni per condurli in battaglia nel Primo Inferno e sterminare i demoni.»
Leonardo si grattò la testa confuso. «Questo non spiega cosa vogliano da noi. Abbiamo chiuso il Sigillo, non c’è modo per romperlo.»
«Forse sì, ma noi non lo sappiamo» ipotizzò Naoko. «E se ci fosse una scappatoia nel Ritus? Il libro è ancora in mano sua?»
Angelo annuì. «È in un posto sicuro. Se la risposta è lì, Hans non può trovarla. Però è una buona ragione per cui voi continuiate ad andare al C.E.N.T.R.O.»
«Sta scherzando? Vuole che ci ritroviamo di nuovo nel bel mezzo della nostra versione de Il Trono di Spade?» chiese Leonardo allibito.
«È un paragone un po’ esagerato, ma non ha tutti i torti» ammise Sara.
«Io voglio tornare» disse Yuri. «Samuele sembrava confuso, plagiato, ma non credo fosse davvero arrabbiato con me.»
«Anche io torno. Non intendo darla vinta a quei tizi.» Sabrina si scambiò un’occhiata rapida con il fidanzato.
Davide sospirò. «Sono con loro. Ho troppo bisogno di quei crediti extra per diplomarmi.»
Naoko si fece avanti. «Se la mettiamo ai voti, sono favorevole a continuare lo stage. È l’unico modo per assicurarci che non provino a mettere in atto l’assurdo piano di Hans Strom.»
Sara e Leonardo alzarono gli occhi al cielo, senza ribattere. La maggioranza aveva vinto.
«Non dovete temere» disse Patrick. «Ci hanno colto impreparati una volta, non accadrà di nuovo.»
«Inoltre, Kaspar ha mantenuto la sua parola» fece notare Angelo. «Leonardo mi ha detto che nelle ultime ventiquattro ore non ci sono stati casi di amnesie.»
Sara scosse la testa. «E dovremmo dare per scontato che non si ripeteranno mai più?»
Lui sorrise. Non conosceva quell’uomo da tanto e quanto lui. «Credimi, se Kaspar è stato disposto a perdere subito il suo vantaggio, significa che quell’attacco non era nei suoi piani. Non correte alcun pericolo.»

Jonathan squadrò i volti di Erica, Samuele e Marcus: come lui si erano illusi di riuscire a farla franca. Trascorso un giorno dal loro piano per colpire gli Alpha, erano stati chiamati urgentemente nell’ufficio del direttore.
La professoressa Clara Cluster era passata personalmente a prelevarli dalle rispettive stanze e li aveva condotti da Hans Strom.
«Non fiatate a meno che non vi venga chiesto di rispondere» intimò loro con sguardo minaccioso, prima di bussare alla porta dell’ufficio.
Entrarono in fila indiana e la donna chiuse la porta dietro di loro. Li fece fermare uno di fianco all’altro, di fronte alla scrivania dietro cui era seduto il direttore e si mise a braccia conserte, poco distante dalla parete sinistra.
Hans li scrutò cupo. «Sapete perché vi trovate qui. Non offendetemi cercando di negarlo, o inventando inutili scuse.» Scostò la sedia, si mise in piedi e aggirò il grosso tavolo in legno di mogano. Passeggiò davanti a loro un paio di volte, obbligandoli a tenere lo sguardo alto su di lui. «Voglio sapere perché avete architettato quell’assurda battaglia ai danni del ragazzo in visita.»
Samuele chinò il capo, fissandosi le scarpe per mascherare l’aria colpevole. Erica deglutì, cercando di prendere tempo. Marcus girò lentamente il volto verso di lui e Jonathan parlò senza timore.
«Abbiamo messo in pratica le lunghe ore di lezioni e addestramento» disse serafico. «Ci avete reclutato per cacciare demoni ed è quello che abbiamo fatto.»
Hans gli si fermò di fronte. «Chi ve lo ha ordinato?»
«Nessuno. È stata una nostra idea.»
«Io non ero favorevole» aggiunse Marcus.
Hans lo guardò per un istante e poi tornò a concentrarsi su di lui. «Sapete quanto questa operazione sia delicata. Ci sono voluti anni per pianificarla, per riuscire a rintracciare tutti gli elementi essenziali. Sono stati fatti dei sacrifici e voi stavate per mandare tutto in fumo nel giro di un pomeriggio.»
Nessuno di loro fiatò, anche se Jonathan dovette mordersi la lingua per rimanere zitto.
Hans tornò alla scrivania. «Siete confinati all’istituto per due settimane. Frequenterete le lezioni e gli allenamenti, pranzerete e cenerete. Dopodiché  tornerete nelle vostre stanze e non uscirete fino alla prima ora di lezione del giorno successivo. Mi sono spiegato?»
«Signorsì» risposero tutti in coro.
«Sia chiaro che questa è la prima e unica volta che passo sopra un comportamento del genere.» Fece un cenno con la testa a Clara. «Se accadrà di nuovo, ne pagherete le conseguenze.»
Clara si spostò verso la porta e l’aprì. «Andiamo» ordinò.
Li precedette e loro uscirono dall’ufficio senza replicare. Li guidò lungo il corridoio, conducendoli all’interno di una sala riunioni, si chiuse dentro e si voltò verso di loro. «Sedetevi.»
Erica provò a guardarla con finta innocenza. «Professoressa Cluster, noi…»
«Ho detto: seduti!» ribadì, alzando la voce.
Jonathan afferrò la compagna per un braccio e come gli altri due, presero posto nelle sedie rosse intorno al lungo tavolo.
Clara sbatté violentemente le mani sul tavolo, facendoli sobbalzare. «Vi avevo già sorpresi a interferire in affari che non vi riguardano e vi avevo messo in guardia. E se qualcuno si fosse ferito gravemente? Non apprezzo queste iniziative.»
«Però ci ha inserito lei nella squadra speciale» rispose Jonathan, esaurendo l’ultima stilla di calma. «Ci avete inculcato in testa che la nostra è una missione importante, combattere i demoni è il vero motivo per cui siamo qui. Ci avete negato la nostra vita e adesso che siamo a un passo dalla fine, volete sostituirci con quegli incapaci.»
Clara afferrò i braccioli della sedia girevole su cui era seduto e lo tirò verso di sé. «Ragazzino, non ti permettere mai più di rivolgerti a me in questo modo. E soprattutto non pretendere di sapere cose più grandi di te. Sei ai miei ordini e finché non mi sentirai dire che sei pronto ad affrontare i demoni, non lo farai.» Indietreggiò, si ricompose e li lasciò soli nella sala.
Jonathan scattò in piedi e si scagliò contro Samuele. «È tutta colpa tua. Dovevi attenerti al piano, invece di prendertela con quel Patrick Molina.»
L’altro lo spinse lontano. «Sei tu che hai raccontato tutto a uno dei gemelli. Eri sicuro che la Cluster sarebbe stata fiera di noi, invece è più furiosa del direttore.»
«Ha ragione» s’intromise Marcus. «Seguirti in questa tua idea assurda di metterci in mostra è stato un errore fin da principio. Non contare più su di me, Se vuoi continuare, lo farai da solo.»
«Anche io ho chiuso» disse Samuele, insieme a Marcus se ne andarono all’esterno della stanza, verso le loro stanze.
«Stupidi codardi» li apostrofò Jonathan, mentre scomparivano in corridoio.
«Non preoccuparti, tesoro. Ci sono io con te.» Erica si alzò e gli strinse il braccio destro, baciandolo sulla guancia. «Ho fatto come mi hai detto: ho seguito la professoressa Cluster i giorni scorsi e ho scoperto che la chiave per il nostro successo è nei laboratori sotterranei.»
«Grazie. Sapevo di potermi fidare di te» le sorrise, ritrovando il buon umore. «Useremo gli Alpha per il nostro scopo. Quegli stupidi ci saranno così riconoscenti, che non si accorgeranno di essere le nostre marionette.»     



Continua…