CAPITOLO 91
Cambio di strategia
Lunedì mattina, Leonardo insieme a
Davide aspettò prima dell’inizio delle lezioni l’arrivo di Kaspar De Santi.
Fermi davanti alla porta chiusa a chiave del suo ufficio, vedevano gli altri
ragazzi passare per il corridoio ed almeno lui provò un pizzico d’invidia per
la loro spensieratezza.
Kaspar emerse dalla scalinata di fronte
ai due e sorrise non appena li individuò. «È un piacere trovarvi qui.»
Leonardo si scostò lo zaino dalle
spalle, aprì la tasca inferiore ed estrasse i sei moduli piegati a metà. «Sono
tutti firmati» disse consegnandoglieli.
«Ottima scelta» si complimentò l’uomo,
sfilandoli dalle sue mani. Prese la chiave dell’ufficio dalla tasca dei
pantaloni e la infilò nella serratura.
Davide si fece avanti. «Aspetti, quando
sistemerà la situazione di Leonardo?»
«Dopo il vostro primo giorno di stage,
ripristinerò i ricordi in maniera permanente.»
«Davvero? E poi come spera di
convincerci a continuare a venire al C.E.N.T.R.O.?» chiese Davide con aria
minacciosa.
Kaspar lo guardò impassibile. «Forse non
ve ne siete accorti, ma a causa dei vostri problemi soprannaturali, avete perso
diversi giorni di scuola e questo ha influito negativamente sul vostro
rendimento. Ho controllato la media dei voti di ciascuno di voi, chi più e chi
meno, avete comunque tutti bisogno di questi crediti extra. Arrivati a questo
punto dell’anno scolastico, lo stage al C.E.N.T.R.O. è il vostro unico modo per
ottenerli.»
Davide aprì la bocca per ribattere, ma
la chiuse subito.
Leonardo si morse il labbro inferiore. Come
aveva già fatto notare Angelo Moser, Kapsar era sempre un passo avanti a loro.
«Quando è fissato il primo giorno?»
domandò infine rassegnato.
Kaspar girò la chiave nella serratura e
aprì la porta dell’ufficio. «Domani pomeriggio, dopo le lezioni. Sapete già
come raggiungere l’istituto. Siate puntuali.» Entrò nella stanza e richiuse
l’uscio. Leonardo strattonò per un braccio Davide, obbligandolo a seguirlo
verso l’aula. Era inutile perdere altro tempo, non potevano contrastare
quell’uomo in nessun modo
Kaspar aveva imparato che il modo più
sicuro per avere a che fare con Patrick Molina era cogliendolo di sorpresa,
quindi non aveva avvisato l’altro del suo arrivo e si era presentato a casa
sua.
Suonò il campanello. Due trilli e
attese. Rimase fermo davanti all’uscio circa un minuto, ma non sentì nessun
rumore dall’interno. Suonò di nuovo, più lungamente, non arrivò nessuno.
Era appena incappato nel problema
principale della sua tattica: il padrone di casa poteva essere fuori.
Si voltò verso le scale e trovò Patrick,
che le saliva andandogli in contro.
«Cosa ci fai qui?» gli domandò l’altro,
stringendo con il braccio destro una busta di carta marrone da cui spuntava un
cartone del latte. «È successo qualcosa al C.E.N.T.R.O.?»
«Tranquillo, nessuna emergenza» rispose,
sfoderando un sorriso fasullo. «Avevo solo bisogno di parlarti.»
Patrick lo superò, infilò la chiave
nella serratura della porta di casa e l’aprì. «Se mi avessi avvertito, avrei
aspettato a uscire per fare la spesa.»
«Hai ragione. Nella fretta l’ho
dimenticato.»
«Accomodati pure.» Entrò, lo fece
passare e chiuse la porta. «Mi hai anticipato di poco. Ti avrei chiamato in
giornata, anche io ho bisogno di parlarti.»
«Oh…» Kaspar lo guardò allarmato. Non era un buon
segno che volesse contattarlo. Non si erano più sentiti dalla sera in cui era
piombato con i ragazzi e Angelo Moser all’istituto e se come immaginava
continuava a frequentarli, poteva essere a conoscenza degli ultimi sviluppi sulla
situazione di Leonardo. «Di cosa hai bisogno?»
«Metto questa roba in frigorifero e ne
parliamo con calma» rispose Patrick.
Kaspar annuì. Udendo i rumori provenire
dalla cucina, diede una rapida occhiata al salone in cui si trovava. Cercò un
indizio per capire se Patrick poteva rappresentare un fastidio e si fermò
davanti al tavolo. Il ritratto a matita di un uomo era abbandonato in mezzo
alla superficie liscia di legno. Lo riconobbe all’istante: si trattava di Hans
Strom, il direttore del C.E.N.T.R.O. . Riconobbe anche gli strumenti usati per
ritrarlo: erano gli stessi che lui aveva regalato al padrone di casa per
“fissare” le sue visioni su carta e questo poteva aprire diverse prospettive.
Non ebbe però il tempo di formulare
ipotesi, sentì l’anta del frigorifero chiudersi in un tintinnio di bottiglie e
si sedé frettolosamente sul divano. Patrick entrò nella stanza pochi secondi
dopo.
«Dimmi Patrick, di cosa volevi
parlarmi?» domandò.
«Si tratta dei ragazzi. So che avevo
preso l’impegno di seguirli per te, ma non me la sento più di farlo di
nascosto.»
«Non sarà più necessario» rispose
Kaspar. «Ero venuto appunto per dirti che la situazione è cambiata e puoi
smettere di raccogliere informazioni.»
Patrick corrugò la fronte. «Ha per caso
a che fare con lo stage che hai proposto ai ragazzi?»
Kaspar si finse sorpreso. «Ne sei al
corrente anche tu.»
«Il mio compito era tenerli d’occhio»
gli ricordò l’altro. «A ogni modo, voglio ancora affiancarti con loro e anzi mi
chiedevo se era possibile essere presente con voi al C.E.N.T.R.O. durante le
ore dello stage?»
Kaspar non era preparato a quella
richiesta e non vedeva un collegamento con il disegno di Hans Strom, però pensò
di poterla girare a suo vantaggio. «Non credo ci siano problemi, però dovrò
consultarmi con il mio superiore, prima di potertelo confermare.»
«Ottimo» disse Patrick. «Aspetterò la
tua chiamata.»
I due rimasero in silenzio per qualche
secondo.
«Devi chiedermi altro?» gli domandò
Patrick.
Kaspar rimuginò che qualsiasi quesito
sul disegno, su Hans o sulla probabile visione che lo aveva originato, potevano
metterlo in allarme. «No, scusa, ero soprapensiero.» Si alzò dal divano e si
diresse alla porta. «Ci sentiamo, entro questa sera saprò se domani pomeriggio
potrai partecipare allo stage.»
Patrick lo accompagnò fino al
pianerottolo e lo seguì con lo sguardo finché non scomparve dietro la seconda
rampa di scale.
Non appena mise piede fuori dal palazzo,
Kaspar afferrò il cellulare e chiamò Clara Cluster.
«Ha fatto storie?» domandò la donna al
capo opposto della linea.
«No, ma vuole essere presente durante lo
stage.»
Clara fece una breve pausa. «Dovevamo
aspettarci che uno degli Alpha glielo avrebbe raccontato. Cosa hai risposto?»
Kaspar si infilò nell’auto, chiuse la
portiera e abbassò il finestrino per far entrare un po’ d’aria fresca
nell’abitacolo. «Ho preso tempo dicendo che dovevo consultarmi con i superiori,
ma acconsentirò alla sua richiesta.»
«Allora perché farlo attendere? Se
avev…»
«Credo che l’esperimento sia riuscito»
la interruppe. «Ho visto un disegno di Patrick, era chiaramente il frutto di
una visione e raffigurava Hans Strom con l’aspetto di quella notte.»
Clara schioccò la lingua. «Mi sembra un
po’ poco per esserne così sicuro.»
«Una ragione in più per reinserirlo nel
C.E.N.T.R.O.» replicò Kaspar. «Potremmo accertarcene.»
«Mi fido delle tue idee, ma non possiamo
compromettere questa fase dell’operazione» gli ricordò Clara. «Sei sicuro non
possa rivelarsi un passo falso?»
Kaspar sorrise. «Non preoccuparti. So
come gestirlo.» Chiuse la telefonata e mise in moto l’auto.
Un pipistrello si allontanò rapidamente
dal retro della vettura per non inalare i gas di scarico. Sbatté con un’ampia
falcata le ali e puntò verso il cielo.
Samuele faceva dondolare le gambe seduto
sul letto della sua stanza al C.E.N.T.R.O., mentre Marcus, in piedi appoggiato
alla parete accanto alla finestra aperta, osservava il cielo in attesa.
Il pipistrello comparve all’orizzonte e
si infilò nella camera, andando ad appollaiarsi sulla spalla del suo
addestratore.
«Cosa hai scoperto?» domandò Marcus alla
bestiola, accarezzandogli la testa con il polpastrello dell’indice.
L’animale piegò di lato il capo e lui
annuì compiaciuto. «Vai pure a riposare» disse poi inviandolo nuovamente fuori
dalla finestra.
Samuele balzò in piedi. «Cosa ti ha
detto?»
«Gli Alpha verranno qui domani
pomeriggio e l’invito è stato esteso anche a Patrick Molina.» Marcus rimase a
fissare il compagno. «Va tutto bene?»
«Certo. È tutto ok» gli rispose. «Devi
andare ad avvisare Jonathan ed Erica.»
«Sì.» Marcus aprì la porta della stanza.
«A dopo.» La richiuse alle sue spalle, lasciandolo solo.
Samuele andò verso la finestra e la
chiuse. Poi si girò e raggiunse la scrivania. Aprì il primo cassetto e prese un
raccoglitore ad anelli. Sollevò la copertina e girò due cartellette
trasparenti. Estrasse il ritaglio di giornale riposto nella terza e lo guardò
intensamente.
Era fotografato insieme a Patrick, il
giorno che lo aveva salvato dall’incendio a casa sua, i loro nomi erano
stampati nella didascalia.
«Finalmente potrò vendicarmi» disse,
digrignando i denti. «Pagherai per avermi trascinato in questo posto.»
Continua…
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