lunedì 4 febbraio 2019

Darklight Children - Capitolo 89


CAPITOLO 89
Bacio rivelatore



«Mi sembra di essere il protagonista di un film di cospiratori» disse Patrick Molina, guardando intorno a sé le macerie del Portale Mistico lanciare lunghe ombre sul terreno, mentre il sole si apprestava a tramontare.
«La segretezza è necessaria» rispose Angelo Moser, passandogli una busta marrone, prelevata da sotto la giacca. «E in un certo senso, c’è una cospirazione in atto. È chiaro che il C.E.N.T.R.O. ha più segreti di quanti immaginassimo.»
Patrick afferrò la busta. «Cosa intendi dire? È successo qualcos’altro?»
«Mi ha telefonato Leonardo, c’è stato un nuovo blackout mnemonico che lo riguarda e mi ha accennato che c’è lo zampino di Kaspar. Dovremmo incontrarci tra poco e spiegare bene i dettagli.»
«Allora è meglio che mi sbrighi ad andarmene. Non voglio che i ragazzi mi trovino qui e rischiare di agitarli finché non ci avrò capito qualcosa.» Patrick sollevò poi la busta nuovamente. «C’è tutto quello che hai trovato?»
Angelo annuì. «Come ti avevo promesso: il dossier dell’Ordine che ho salvato dalla furia di Sara. Non è molto, ma spero che ti sia di aiuto e soprattutto che qualsiasi cosa ti leghi a quell’uomo, appartenga a un passato morto e sepolto.»
Patrick lo salutò, uscì attraverso il passaggio segreto tra le protezioni in alluminio e le sbarre della cancellata che solo il gruppo di ragazzi conosceva, oltre  a loro due. Si incamminò sulla strada verso casa, stringendo la busta al petto.
Le parole di Angelo lo avevano messo in agitazione, venire a patti con la verità aveva incominciato a fargli sempre più spesso quell’effetto.

Patrick infilzò con la forchetta una delle ali di pollo fritto che aveva riscaldato in forno.  Scostò il piatto di lato e con la mano destra adagiò il dossier sulla busta sopra il tavolo.
Una cena veloce era la soluzione migliore per calmare il brontolio dello stomaco e contemporaneamente la curiosità della sua mente.
Stando ben attento a non ungere i fogli, Patrick aprì il fascicolo. La piccola fotografia quadrata in alto a sinistra sul primo foglio raffigurava un uomo dai lineamenti più giovani rispetto a quelli che aveva disegnato, ma si trattava senza dubbio della stessa persona.
«Hans Strom» lesse a voce alta. Scorse velocemente i dati personali dell’uomo e si dedicò alla descrizione delle sue abilità. Era etichettato come un telepate, un mezzo demone dalle grandi capacità psichiche di cui erano state accertate la lettura e manipolazione del pensiero. Nelle note particolari veniva evidenziata una predisposizione al comando e innate doti di leadership.
Patrick girò la pagina e trovò una biografia di Hans stilata dall’Ordine.

Hans Strom entrò in contatto con membri dell’Ordine all’età di quattordici anni. Sembrava a suo agio nel aver trovato persone in grado di capire e accettare il suo dono. La procedura prevedeva che l’Ordine avvicinasse i genitori del ragazzo per proporre di affidare loro il giovane, così che potessero istruirlo all’uso delle sue capacità, rendere meno doloroso il suo sviluppo all’interno della società e ricondurlo poi alla famiglia.
Hans diede subito prova di essere un mezzo demone già esperto nell’utilizzo dei suoi poteri: convinse mentalmente i genitori a dargli il permesso di seguire i membri dell’Ordine senza che questi avessero avuto la possibilità di parlare con i due adulti.
Fu principalmente questa la ragione per cui i membri Anziani accettarono questa infrazione senza intervenire: il ragazzo poteva essere pericoloso e andava educato con precisione e attenzione.    
Hans Strom fu un vero e proprio ragazzo prodigio, la sua padronanza sul proprio dono cresceva di pari passo alla sua istruzione scolastica e mostrò uno spiccato interesse anche nella storia dell’Ordine e delle origini dei mezzo demoni. Superata la maggiore età, si dedicò completamente agli studi per diventare membro dell’Ordine e ne entrò a far parte nel giro di pochi mesi, risultandone il più giovane a essere accettato tra i nostri ranghi.
Hans era anche il primo mezzo demone della sua generazione a non cercare a tutti i costi di reintegrarsi nella società umana, preferendo invece continuare a lavorare per l’Ordine e accompagnando spesso i suoi colleghi più esperti nella ricerca di altri mezzo demoni.
In quegli stessi anni mostrò anche un principio di dissenso verso la politica dell’Ordine: più volte fu ripreso mentre tentava di promuovere (durante le lezioni con i mezzo demoni che gli erano stati affidati) la sua teoria che il loro compito fosse quello di combattere, di tornare agli antichi doveri degli antenati e rompere il Sigillo che separava il nostro mondo da quello dei demoni per sterminarli. 
Nonostante venne allontanato dalla ricerca e dal conseguente insegnamento ai mezzo demoni, Hans non perse interesse nella sua causa. Le precauzioni prese dai membri anziani per ricordargli i voti a cui aveva fatto giuramento quando si era unito all’Ordine, non servirono a impedire due tragici eventi che furono il prologo alla decisione di espulsione di Hans e allo scisma dei membri dell’Ordine che ne derivò.

Patrick girò il terzo foglio e scoprì con delusione che non c’era altro materiale da consultare. Risistemò il dossier nella busta e provò un moto di frustrazione. Non aveva ricevuto abbastanza risposte e anche se dubitava che nella parte mancante del fascicolo ci fossero informazioni su Hans durante i suoi anni al C.E.N.T.R.O. , si domandò cosa potesse aver fatto di tanto orribile da farlo cacciare dall’Ordine.
Immerso nelle sue congetture, sobbalzò sulla sedia udendo il suono del campanello di casa. Andò ad aprire e si ritrovò davanti Sara.
«So che è un brutto orario, ma avrei bisogno di parlarti» gli disse, abbozzando un sorriso.
«Vieni, entra.» Patrick la portò in salone e cercò di nascondere in fretta il piatto con i suoi avanzi.
«Stavi cenando…» Sara si morse il labbro inferiore. «Scusa, ti ho disturbato.»
«Non preoccuparti. Pensavo che fossi anche tu da Angelo Moser. Oggi ci siano visti e mi ha detto che aspettava tuo fratello.» Patrick coprì il piatto con il tovagliolo e fece segno alla sua ospite di sedersi.
Sara si accomodò sul divano e prese dalla tasca dei jeans un foglio piegato a metà. «Leonardo voleva che andassi con lui, ma preferisco parlarne con te.» Porse il foglio all’altro e continuò. «Kaspar De Santi ha fatto una proposta a tutto il gruppo: se accettiamo uno stage al C.E.N.T.R.O. , in cambio lui annullerà i continui vuoti di memoria su mio fratello.»
Patrick esaminò il modulo. «Questa richiesta è legale?»
Sara annuì. «È stampato su carta intestata della scuola e Kaspar ci ha promesso dei crediti extra per gli esami e non poteva farlo senza l’autorizzazione del preside.»
Lui la guardò in volto. «Sei venuta a chiedermi un consiglio? Dalla tua espressione mi sembra che tu abbia già scelto.»
«Sì, ovviamente accetterò. Non posso lasciare mio fratello nei guai.» Sara abbassò momentaneamente lo sguardo e strinse tra le dita il tessuto dei pantaloni. Alzò poi di colpo la testa e disse: «Vorrei che tu venissi con noi.»
«Non credo sia una buona idea.»
«Oh… » lo guardò sorpresa. «Pensavo che sfruttando la tua amicizia con Kaspar potessi trovare…»
«No» la interruppe. «Non mi sono spiegato. Non è una buona idea che tu vada al C.E.N.T.R.O.  Anzi nessuno di voi dovrebbe andare. Non è un luogo sicuro.»
«Mi sembrava che la pensassi diversamente qualche mese fa.»
«La situazione è cambiata.» Patrick era combattuto. Voleva raccontarle le sue scoperte per metterla in guardia, ma temeva che rivelare il suo passato potesse anche allontanarla. «Devi fidarti di me. State lontani da quell’istituto, so quello che dico.»
Sara lo scrutò preoccupata. «Mi stai nascondendo qualcosa. Quelli del C.E.N.T.R.O. ti hanno minacciato?»
Patrick scosse la testa. «Non si tratta di questo, ma ho le mie ragioni.»
«Se non vuoi dirmele, deve essere comunque grave.»
Patrick intuì che era meglio dirle la verità. O una parte di essa. «Ricordi la settimana scorsa, quando quella ragazza mi ha colpito? Non so spiegarti come, ma la sua arma ha sbloccato i miei ricordi sulla vita prima del coma.»
«È meraviglioso» esultò Sara. «Non era quello che desideravi?»
«Sì, il problema è che si tratta solo di piccoli flash, frammenti sconnessi che devo ancora comprendere. Tra questi, però, c’è un ricordo legato a uno strano rito svolto su di me da strane persone nel C.E.N.T.R.O. È tutto ancora confuso, ma qualsiasi cosa volessero farmi, ho la sensazione che non fosse piacevole.»
Sara rimase in silenzio. Pur guardandola, Patrick non riuscì a indovinare i suoi pensieri. «Non volevo spaventarti.»
«Non sono spaventata» gli rispose. «Non giudicarmi male, ma sono contenta che ti preoccupi per me… voglio dire per noi... anche se so che è perché ti senti in dovere verso mio zio Fulvio.»
«Non è solo per quello» ammise Patrick. «Tengo molto a te, più di quanto credi.»
«Intendi noi, tutto il gruppo...»
«No.» Patrick sospirò. «So che non dovrei, ma provo qualcosa per te. È per questo che sono venuto ogni sera quando eri di pattuglia ai resti del negozio e ti sto chiedendo di rivalutare la tua idea di accettare il ricatto di Kaspar.»
«Ma mesi fa… quando sono venuta da te… mi hai fatto capire che avevo frainteso.»
Patrick si sentì in colpa. «Era il momento sbagliato. Non volevo essere la tua vendetta su Yuri e Sabrina e tu eri vulnerabile, non era giusto approfittarne.»
Sara scivolò vicino a lui. Gli prese il volo tra le mani e lo baciò sulle labbra. Patrick non provò neanche a resistere all’impulso di non assecondarla. Si lasciò andare, l’attirò a sé e la baciò con desiderio per pochi istanti. Si staccò poi dolcemente da lei.
«Mi dispiace» le sussurrò.
«Non devi. Lo volevo anche io.» Sara arrossì. «Erano mesi che sper…»
Si zittì di colpo.
Patrick la guardò turbato.
«Tutto a posto? Sei sbiancata.»
«È Leonardo… ha appena urlato nella mia testa.»

                                         
                                                           Continua…

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