lunedì 21 gennaio 2019

Darklight Children - Capitolo 88


CAPITOLO 88
Tutte le strade portano al C.E.N.T.R.O.



Seduta sul sedile del passeggero nell’auto di Yuri, Sabrina continuava a rigirarsi tra le mani il modulo d’iscrizione dello stage al C.E.N.T.R.O. «Abbiamo solo due giorni di tempo. Lunedì dovremmo dare una risposta. È assurdo!»
«È assurdo che non abbiamo pensato fin da subito ci fosse lui dietro tutto questo» rispose Yuri, stringendo le dita intorno al volante. «Kaspar ha sempre avuto l’intenzione di portarci nella sua struttura di addestramento per mezzo demoni.»
«Perché ci ha lasciati andare via dopo il mio aborto? Leonardo era già in mano sua e avrebbero potuto trattenere anche me.»
«Un rapimento di gruppo avrebbe attirato troppa attenzione e non è di certo nel loro stile.»
«Un ricatto invece lo è?»
Yuri scrollò le spalle.
«A ogni modo non abbiamo molta scelta» continuò Sabrina. «Non possiamo lasciare Leonardo in questa situazione e dubito che Kaspar sistemerà l’incantesimo se mancherà qualcuno di noi.»
Yuri si girò a guardarla. «Quindi, hai già deciso?»
Sabrina annuì.
«E lo fai solo per aiutare il tuo amico? Il discorso di settimana scorsa sul cercare delle risposte sul bambino, non c’entra niente?»
Sabrina sapeva che avrebbero finito con il parlarne di nuovo. C’era però un particolare che Yuri ignorava, glielo aveva taciuto e non poteva più nasconderlo. «In effetti la mia scelta ha a che fare anche con la nostra conversazione, ma non per quello che pensi tu. Appena ci siamo allontanati dal C.E.N.T.R.O. ho sentito una voce nella testa che mi chiamava “mamma”.»
Lui spinse il piede sul freno e fece arrestare di colpo l’auto. Erano a pochi metri da casa di Sabrina e per fortuna stava già iniziando le manovre per il parcheggio.
«Perché hai aspettato tanto per dirmelo?» le urlò contro, strabuzzando gli occhi. «Ci eravamo ripromessi di parlare di tutto.»
«L’ho fatto. Solo con un po’ di ritardo. E comunque non è questo il punto.» Lo fissò con aria di sfida. «Mi credi?»
Yuri spalancò la bocca e poi la chiuse subito, scuotendo la testa. «È qualcosa di impossibile. Eri a soli due mesi di gravidanza. Il feto non era ancora minimamente sviluppato. Come puoi pensare che possa averti mandato un richiamo mentale?»
«Lo sapevo, non mi credi.»
«Andiamo Sabrina, ragiona. È oltre il limite dell’accettabile. Persino per i nostri standard!»
«Perché? Stiamo parlando di un istituto che si occupa di mezzo demoni da anni. Chissà quali esperimenti possono aver fatto sul mio…»
L’espressione di Yuri mutò. Passò dallo sbalordimento alla confusione. «Stai cercando di dirmi che… il nostro bambino… non è morto?»
Sabrina spostò lo sguardo e tornò a fissare il modulo. «Non ne sono sicura e voglio scoprirlo.»
Yuri mosse la leva delle marce e sistemò l’auto in un parcheggio decente. «Ci devo pensare, ma se sarete tutti d’accordo ad andare, non mi tirerò indietro.»
«Grazie.» Sabrina lo baciò sulla guancia e scese dal mezzo. «Ci sentiamo domani.»
Yuri annuì, rimise in moto e partì.
Sabrina lo osservò sparire all’orizzonte. Conoscendolo, doveva compiere uno sforzo enorme per accettare e subire la decisione di qualcun altro e per un momento aveva avuto l’impressione di sentirlo distante. Era chiaro che aveva già superato la morte del loro bambino. Per lei però era diverso. Nella sua mente e nel suo cuore persisteva la sensazione che ci fosse ancora una possibilità.
Si avviò verso il portone e, mentre frugava in tasca per pescare il mazzo di chiavi, un uomo uscì e lo tenne aperto per farla entrare.
«Grazie» disse, squadrandolo da capo a piedi. Era alto, con i capelli castani e una barba buffa che dalle basette gli arrivava intorno alle labbra, dandogli l’aspetto di un aristocratico del diciottesimo secolo, come venivano raffigurati nei dipinti. Non lo aveva mai visto nel palazzo e una persona tanto particolare l’avrebbe di certo notata.
Lui ricambiò il suo lungo sguardo. «Sei Sabrina Corti?»
«Sì» rispose sorpresa.
«Il mio nome è Hans Strom» fece lui sorridendo. «Speravo di incontrarti».
«Ci conosciamo?» 
«Purtroppo no. Ma conto di rimediare presto.» Hans le indicò il modulo che teneva in mano. «È un buon istituto e una buona proposta. Dovresti coglierla al volo.»
Sabrina riportò gli occhi sul foglio. Alzò la testa e vide l’uomo allontanarsi. «Aspetti, conosce il C.E.N.T.R.O.? Perché pensa sia una buona proposta per me?»
«Vieni e lo scoprirai» rispose Hans senza voltarsi.
Sabrina s’innervosì. Sentendosi minacciata, ricorse alla telecinesi e bloccò il cammino del suo interlocutore, immobilizzandolo.
«Voglio delle risposte adesso. Chi è lei e cosa sa di me?»
«Fai le domande giuste, ma alla persona sbagliata.» La voce di Hans era calma. Non era allarmato dallo strano fenomeno che lo aveva colpito. «Chiedilo a tua madre e per favore, usa la telecinesi per ragioni più valide.»
Sabrina lo rilasciò all’istante. Sentirlo nominare il suo potere ad alta voce, le sembrò come essere sorpresa a rubare. L’uomo proseguì tranquillo per la sua strada e lei si fiondò all’interno del palazzo. Salì gli scalini due a due, non era certa, ma a quell’ora sua madre poteva essere ancora in casa. Quell’uomo forse le aveva fatto del male, forse era un altro modo del C.E.N.T.R.O. per intimidirli. Ispezionò le quattro chiavi del mazzo e infilò quella dell’appartamento nella serratura della porta.
«Mamma! Mamma!» urlò spalancandola e richiudendola alle sue spalle. S’inserì nella sala da pranzo, cercando un indizio che ci fosse stato uno scontro tra la donna e Hans.
«Ciao tesoro» disse all’improvviso Miranda Corti, sbucando dalla sua camera da letto. Notò subito l’aria trafelata della figlia «È tutto a posto?»
«È venuto qualcuno poco fa in casa? Un uomo?»
Miranda si irrigidì. «L’hai incontrato. Ti ha infastidito?»
Sabrina scosse la testa. «No, sto bene. Cosa voleva?»  
«Niente che ti riguardi.»
«Sa chi sono. Io invece non ho idea di chi sia lui e mi ha detto di chiederlo a te.» Appoggiò chiavi e modulo sul tavolo e si avvicinò alla madre. «Chi è Hans Strom?» 
«Ti ho detto che non ti riguarda» rispose secca. «Devi solo stargli lontano e se lo incroci di nuovo cambia strada. Non devi nominarlo, né avvicinarlo.»
«Perché? Ti ha minacciata?» domandò preoccupata.
«No.»
«Allora spiegami. Cosa…»
«Il discorso è chiuso» la interruppe la madre. «Devo finire di prepararmi, tra poco inizia il mio turno al ristorante.» Tornò in camera e sbatté la porta.
Sabrina avanzò, decisa a usare i suoi poteri per non essere esclusa dalla discussione. Poi si fermò. Andò verso il tavolo e lasciò cadere lo zaino su una sedia. Prese una penna blu infilata in un quaderno e iniziò a compilare il modulo per lo stage al C.E.N.T.R.O.
Non aveva bisogno di sua madre per scoprire quali segreti le nascondeva. Avrebbe trovato le sue risposte da sola.

Sporto in avanti, con il mento appoggiato sulle braccia incrociate sul volante, Yuri osservava l’imponente edificio del C.E.N.T.R.O. che si stagliava oltre il parabrezza.
Se l’era presa con Sabrina quando lo aveva obbligato a guidare fin lì e ora ci era andato di sua volontà. Non se ne spiegava il motivo, eppure si era sentito attratto da quel luogo.
Buttò un’occhiata al modulo abbandonato sul sedile accanto.
«Comincio a credere che non ci libereremo mai di Kaspar e del suo C.E.N.T.R.O.»
In parte sentiva che era colpa sua. Mesi prima aveva scelto lui di portare nell’istituto Sabrina e anche se era servito a ritrovare Leonardo, con quella decisione pensava di aver condannato tutti. 
C’era qualcosa di angosciante oltre quelle mura, era una sensazione che non aveva avvertito la prima volta che ci era entrato, ma si era insinuata in lui fin dal primo istante in cui aveva messo piede fuori.
Ripensò alle ultime parole di Sabrina pochi minuti prima. Temeva che la morte del figlio le avesse lasciato una cicatrice più profonda del previsto e stesse perdendo il senso della realtà. Era anche vero che nessuno più di loro poteva facilmente accettare l’impossibile.
«Sei davvero là dentro?» domandò in un sussurro.
Nessuna risposta. Silenzio assoluto.
Yuri sorrise. Ovviamente aspettarsi “sì” era da pazzi. Poi divenne di colpo serio. Una voce riecheggiò nella sua testa. Confusa e debole, pronunciò un’unica, chiara parola.
Papà.


                                               Continua…

lunedì 7 gennaio 2019

Darklight Children - Capitolo 87


CAPITOLO 87
Il ricatto di Kaspar



Leonardo fissò l’espressione algebrica scritta alla lavagna. Il compito finale di matematica si avvicinava e la spiegazione che la professoressa stava dando era – per sua stessa ammissione – essenziale per la riuscita del test, ma pur sapendolo, non riusciva a rimanere concentrato.
La settimana era stata tranquilla. Nessuno si era dimenticato di lui, non c’erano stati altri attacchi da ragazzi con poteri, però non riusciva a rilassarsi per dedicarsi completamente alla sua vita scolastica. Si guardò intorno, sicuro che presto qualcuno avrebbe messo in dubbio la sua esistenza.
I suoi compagni non lo degnarono di uno sguardo.
È un buon segno. O un cattivo segno pensò. Doveva fare una prova. Alzò il braccio per chiedere il permesso di andare in bagno.
La professoressa sembrò non notarlo.
«Professoressa» la richiamò Leonardo per attirare la sua attenzione.
«Cosa?» La donna si girò verso di lui e rimase perplessa. «Scusa, tu chi sei?»
Leonardo abbassò lentamente il braccio. «Sono Martini. Leonardo Martini» rispose con voce flebile. Stava succedendo di nuovo. Istintivamente cercò tra i compagni Davide e Sabrina, che si erano girati di colpo a fissarlo.
La professoressa esaminò il registro. «Non c’è nessun Martini in questa classe tra i miei studenti. Non è uno scherzo divertente.»
Leonardo scrutò di nuovo gli altri ragazzi, ora intenti a fissarlo confusi. Neanche loro sapevano chi fosse. Allontanò con violenza la sedia dal banco e corse fuori dalla classe. Si fermò a metà corridoio, guardò indietro e vide il braccio della donna che richiudeva la porta, ovattando così il brusio che si era diffuso nell’aula.
S’infilò la mano sinistra tra i capelli e la pelle ai lati della schiena si inumidì di sudore. «E adesso? Cosa faccio?» Nel panico il respirò divenne affannoso.
La porta dell’aula si aprì di nuovo. Davide uscì porgendogli la sua giacca e lo zaino. «Non farti venire un attacco isterico» gli disse vedendolo sbiancare e inspirare grandi boccate d’aria. «Avevamo previsto che potesse accadere di nuovo.»
«Ma non abbiamo stabilito che cosa fare!»
«Vai da Kaspar De Santi» rispose Davide.
«E se non mi riconosce?»
«Sarà la prova che lui e il C.E.N.T.R.O. non c’entrano niente con questa storia. A quel punto esci da scuola e aspettaci in cortile.»
Leonardo sistemò lo zaino in spalla e piegò la giacca sotto il braccio destro. «E se invece è colpevole?»
«Scopri cosa vuole, ma non fare niente. Ci vediamo comunque fuori per discuterne con gli altri.» Davide tornò verso l’aula e rientrò.
Leonardo s’incamminò nel corridoio, l’eco dei suoi passi come unico compagno durante il tragitto. Salì la rampa che portava al piano dell’ufficio del consulente ripetendosi Pensa positivo. Pensa Positivo. Pensa positivo e stringendosi l’avambraccio destro con forza tale da stritolarlo.
Si fermò davanti all’ingresso dell’ufficio e trasse un lungo respiro. Chiuse la mano a pugno per bussare, ma si fermò a mezz’aria. All’interno Kaspar stava conversando con qualcuno.
«Certo, può stare tranquillo direttore Strom.» La voce di Kaspar aveva un tono reverenziale. «Ho valutato ogni possibile rischio ed è la scelta migliore.»
«Mi fido del tuo giudizio, ma sai quanto questo progetto mi stia a cuore» rispose il signor Strom. «Possiamo definirla, in un certo senso, una questione personale.»
Leonardo non riconobbe la voce dell’altro uomo. Strom non era il cognome del preside e neanche del suo vice. Eppure lo aveva chiamato direttore.
«Lo comprendo. Non ci saranno errori» ribadì Kaspar.
«Allora, aspetto notizie.»
Leonardo udì il rumore di sedie che venivano spostate, così si allontanò dalla porta, giusto un istante prima che venisse aperta. Il signor Strom uscì, era un uomo alto con i capelli castano chiaro e la barba che partiva dalle lunghe basette fino a coprire le labbra carnose. I suoi occhi marroni incontrarono per una frazione di secondo quelli di Leonardo e poi proseguì per la sua strada.
Il ragazzo ritornò sull’uscio e bussò alla porta aperta.
Kaspar alzò la testa dalla scrivania e disse: «Prego, entra pure.»
Non lo aveva chiamato per nome o cognome. Scoraggiato, avanzò e prese posto sulla sedia davanti alla scrivania.
«Cosa posso fare per te?» domandò Kaspar.
«Io… » iniziò Leonardo, non sapendo in realtà cosa dire. Se non lo riconosceva, doveva parlare per metafora, se invece si ricordava di lui, avrebbe potuto andare dritto al sodo. «Ho un problema.»
«Ok. Altrimenti non saresti qui. Che tipo di problema?»
Leonardo rimase a scrutarlo in silenzio. «È  personale. E complicato.»
«Ho capito.» Kaspar si alzò e andò a chiudere la porta. Ritornò quindi al suo posto e disse: «Nessuno ci ascolterà. Ora puoi parlare liberamente, Leonardo.»
«Mi riconosce» esclamò.
«È ovvio. Non dovrei?»
«Ultimamente le persone hanno dei vuoti di memoria. Tendono a dimenticare momentaneamente che esisto e pochi minuti fa è successo alla professoressa di matematica e ai miei compagni.»
«Dunque, si tratta di questo» rispose composto Kaspar. «Supponevo che potesse accadere qualcosa del genere.»
«Davvero?» domandò Leonardo sorpreso.
«Come vi avevo già anticipato, l’incantesimo della memoria è molto delicato. Bisogna utilizzarlo con cura. Se non si presta attenzione, possono esserci conseguenze di questo genere, soprattutto se a usarlo sono giovani inesperti come voi.»
«Il signor Moser era con noi quando abbiamo ripristinato i ricordi» replicò seccato. «E ci ha spiegato che non è stato un nostro errore, ma qualcuno che è intervenuto per creare di proposito questo problema.»
Kaspar lo guardò senza ribattere. Il ragazzo ricambiò lo sguardo, mentre cresceva nella sua mente il sospetto che quell’uomo non fosse del tutto sincero.
«So cosa stai pensando: forse sono proprio io quel qualcuno» gli disse con un sorriso enigmatico.
«Sa chi sono, quindi se non è vittima anche lei di queste “amnesie”. Può essere la persona che le ha causate.»
«Forse. E in quel caso, sarei anche l’unico che può sistemare questa faccenda definitivamente.»
«In modo che tutti si ricordino per sempre chi sono?»
«Esatto» disse Kaspar. «Solo chi ha lasciato aperto l’incantesimo, può richiuderlo.»  
Leonardo appoggiò la giacca al bracciolo e lo zaino accanto alla gamba della sedia. Ormai aveva pochi dubbi che il responsabile fosse un altro, avrebbe potuto smascherarlo, ma ricordò la raccomandazione di Davide.
«Che cosa vuole?» domandò. «Se dovessi rivolgermi a lei per risolvere il mio problema, cosa dovrei darle in cambio?»
Kaspar sorrise di nuovo, in maniera più divertita. «Sei un ragazzo sveglio.» Aprì un cassetto alla sua sinistra e posò sei moduli sulla scrivania. «Non sarà niente di doloroso. Anzi, ci guadagneremo tutti.»

Davide afferrò Sara per un braccio, mentre attraversava l’atrio con Naoko, in mezzo ad altri studenti.
Notando Sabrina e Yuri appoggiati al muro, la ragazza chiese: «È successo qualcosa a Leonardo?»
«Un altro blackout collettivo di memoria» rispose Davide. «Nessuno in classe sapeva chi fosse, a parte me e Sabrina.»
«Dov’è lui?» domandò Naoko.
«Ci aspetta fuori» fece lui. «È andato a parlare con il consulente.»
«Muoviamoci» li esortò Sara.
Raggiunsero i due compagni e tutti e cinque si avviarono verso l’uscita.  Osservarono i giovani in cortile e individuarono Leonardo appoggiato alla cancellata in un angolo appartato, con le mani nelle tasche della giacca.
Lui li vide a sua volta avvicinarsi, evitando i ragazzi che proseguivano per lasciare l’edificio scolastico.
«Stai bene? Ti ha fatto del male?» domandò apprensiva Sara.
«No, sto bene» le rispose.  
«Come è andata? Ti ha riconosciuto?» domandò Sabrina.
Leonardo annuì «Mi sembrava di essere una delle protagoniste di Pretty Little Liars che cerca di scoprire se ha di fronte A.»
«Che vuol dire? A volte non ti seguo quando fai riferimenti a serie tv» disse Yuri.
Naoko sospirò «Sapeva chi era. Quindi ha ammesso di essere stato lui.»
«Non apertamente, ma me lo ha fatto intendere» replicò. «E ovviamente per togliermi da questo casino vuole qualcosa da noi.»
«Da tutti noi?» ripeté Davide. «Non ce l’ha solo con te?»
«No. Riguarda tutti e sei.» Leonardo fece scivolare una spallina dello zaino e inserì una mano nella fessura aperta della cerniera, estrasse sei fogli di carta e li distribuì uno ciascuno agli amici. «È un modulo da compilare per uno stage, dovremmo frequentarlo due pomeriggi a settimana fino alla fine della scuola e ci darà dei crediti extra.»
Sara lo guardò perplessa. «Un po’ strano come ricatto.»
«Non sembra tanto male»  ammise Yuri. «Tutto torna normale e noi otteniamo dei crediti in più per gli esami finali. Non vedo problemi.»
Naoko terminò di controllare il modulo. «Lo avete letto fino in fondo? È chiaro dov’è il suo tornaconto.»
«Lo stage non sarà a scuola» spiegò Leonardo, prima che anche gli altri lo scoprissero da soli. «Dovremmo farlo al C.E.N.T.R.O.»

                                                    Continua…