CAPITOLO 88
Tutte le strade portano al
C.E.N.T.R.O.
Seduta sul sedile del passeggero
nell’auto di Yuri, Sabrina continuava a rigirarsi tra le mani il modulo
d’iscrizione dello stage al C.E.N.T.R.O. «Abbiamo solo due giorni di tempo.
Lunedì dovremmo dare una risposta. È assurdo!»
«È assurdo che non abbiamo pensato fin
da subito ci fosse lui dietro tutto questo» rispose Yuri, stringendo le dita
intorno al volante. «Kaspar ha sempre avuto l’intenzione di portarci nella sua
struttura di addestramento per mezzo demoni.»
«Perché ci ha lasciati andare via dopo
il mio aborto? Leonardo era già in mano sua e avrebbero potuto trattenere anche
me.»
«Un rapimento di gruppo avrebbe attirato
troppa attenzione e non è di certo nel loro stile.»
«Un ricatto invece lo è?»
Yuri scrollò le spalle.
«A ogni modo non abbiamo molta scelta»
continuò Sabrina. «Non possiamo lasciare Leonardo in questa situazione e dubito
che Kaspar sistemerà l’incantesimo se mancherà qualcuno di noi.»
Yuri si girò a guardarla. «Quindi, hai
già deciso?»
Sabrina annuì.
«E lo fai solo per aiutare il tuo amico?
Il discorso di settimana scorsa sul cercare delle risposte sul bambino, non
c’entra niente?»
Sabrina sapeva che avrebbero finito con
il parlarne di nuovo. C’era però un particolare che Yuri ignorava, glielo aveva
taciuto e non poteva più nasconderlo. «In effetti la mia scelta ha a che fare
anche con la nostra conversazione, ma non per quello che pensi tu. Appena ci
siamo allontanati dal C.E.N.T.R.O. ho sentito una voce nella testa che mi
chiamava “mamma”.»
Lui spinse il piede sul freno e fece
arrestare di colpo l’auto. Erano a pochi metri da casa di Sabrina e per fortuna
stava già iniziando le manovre per il parcheggio.
«Perché hai aspettato tanto per
dirmelo?» le urlò contro, strabuzzando gli occhi. «Ci eravamo ripromessi di
parlare di tutto.»
«L’ho fatto. Solo con un po’ di ritardo.
E comunque non è questo il punto.» Lo fissò con aria di sfida. «Mi credi?»
Yuri spalancò la bocca e poi la chiuse
subito, scuotendo la testa. «È qualcosa di impossibile. Eri a soli due mesi di
gravidanza. Il feto non era ancora minimamente sviluppato. Come puoi pensare
che possa averti mandato un richiamo mentale?»
«Lo sapevo, non mi credi.»
«Andiamo Sabrina, ragiona. È oltre il
limite dell’accettabile. Persino per i nostri standard!»
«Perché? Stiamo parlando di un istituto
che si occupa di mezzo demoni da anni. Chissà quali esperimenti possono aver
fatto sul mio…»
L’espressione di Yuri mutò. Passò dallo
sbalordimento alla confusione. «Stai cercando di dirmi che… il nostro bambino…
non è morto?»
Sabrina spostò lo sguardo e tornò a
fissare il modulo. «Non ne sono sicura e voglio scoprirlo.»
Yuri mosse la leva delle marce e sistemò
l’auto in un parcheggio decente. «Ci devo pensare, ma se sarete tutti d’accordo
ad andare, non mi tirerò indietro.»
«Grazie.» Sabrina lo baciò sulla guancia
e scese dal mezzo. «Ci sentiamo domani.»
Yuri annuì, rimise in moto e partì.
Sabrina lo osservò sparire
all’orizzonte. Conoscendolo, doveva compiere uno sforzo enorme per accettare e
subire la decisione di qualcun altro e per un momento aveva avuto l’impressione
di sentirlo distante. Era chiaro che aveva già superato la morte del loro
bambino. Per lei però era diverso. Nella sua mente e nel suo cuore persisteva
la sensazione che ci fosse ancora una possibilità.
Si avviò verso il portone e, mentre
frugava in tasca per pescare il mazzo di chiavi, un uomo uscì e lo tenne aperto
per farla entrare.
«Grazie» disse, squadrandolo da capo a
piedi. Era alto, con i capelli castani e una barba buffa che dalle basette gli
arrivava intorno alle labbra, dandogli l’aspetto di un aristocratico del
diciottesimo secolo, come venivano raffigurati nei dipinti. Non lo aveva mai
visto nel palazzo e una persona tanto particolare l’avrebbe di certo notata.
Lui ricambiò il suo lungo sguardo. «Sei
Sabrina Corti?»
«Sì» rispose sorpresa.
«Il mio nome è Hans Strom» fece lui
sorridendo. «Speravo di incontrarti».
«Ci conosciamo?»
«Purtroppo no. Ma conto di rimediare
presto.» Hans le indicò il modulo che teneva in mano. «È un buon istituto e una
buona proposta. Dovresti coglierla al volo.»
Sabrina riportò gli occhi sul foglio.
Alzò la testa e vide l’uomo allontanarsi. «Aspetti, conosce il C.E.N.T.R.O.?
Perché pensa sia una buona proposta per me?»
«Vieni e lo scoprirai» rispose Hans
senza voltarsi.
Sabrina s’innervosì. Sentendosi
minacciata, ricorse alla telecinesi e bloccò il cammino del suo interlocutore,
immobilizzandolo.
«Voglio delle risposte adesso. Chi è lei
e cosa sa di me?»
«Fai le domande giuste, ma alla persona
sbagliata.» La voce di Hans era calma. Non era allarmato dallo strano fenomeno
che lo aveva colpito. «Chiedilo a tua madre e per favore, usa la telecinesi per
ragioni più valide.»
Sabrina lo rilasciò all’istante.
Sentirlo nominare il suo potere ad alta voce, le sembrò come essere sorpresa a
rubare. L’uomo proseguì tranquillo per la sua strada e lei si fiondò
all’interno del palazzo. Salì gli scalini due a due, non era certa, ma a
quell’ora sua madre poteva essere ancora in casa. Quell’uomo forse le aveva
fatto del male, forse era un altro modo del C.E.N.T.R.O. per intimidirli.
Ispezionò le quattro chiavi del mazzo e infilò quella dell’appartamento nella
serratura della porta.
«Mamma! Mamma!» urlò spalancandola e
richiudendola alle sue spalle. S’inserì nella sala da pranzo, cercando un
indizio che ci fosse stato uno scontro tra la donna e Hans.
«Ciao tesoro» disse all’improvviso
Miranda Corti, sbucando dalla sua camera da letto. Notò subito l’aria trafelata
della figlia «È tutto a posto?»
«È venuto qualcuno poco fa in casa? Un
uomo?»
Miranda si irrigidì. «L’hai incontrato.
Ti ha infastidito?»
Sabrina scosse la testa. «No, sto bene.
Cosa voleva?»
«Niente che ti riguardi.»
«Sa chi sono. Io invece non ho idea di
chi sia lui e mi ha detto di chiederlo a te.» Appoggiò chiavi e modulo sul tavolo
e si avvicinò alla madre. «Chi è Hans Strom?»
«Ti ho detto che non ti riguarda»
rispose secca. «Devi solo stargli lontano e se lo incroci di nuovo cambia
strada. Non devi nominarlo, né avvicinarlo.»
«Perché? Ti ha minacciata?» domandò
preoccupata.
«No.»
«Allora spiegami. Cosa…»
«Il discorso è chiuso» la interruppe la
madre. «Devo finire di prepararmi, tra poco inizia il mio turno al ristorante.»
Tornò in camera e sbatté la porta.
Sabrina avanzò, decisa a usare i suoi
poteri per non essere esclusa dalla discussione. Poi si fermò. Andò verso il
tavolo e lasciò cadere lo zaino su una sedia. Prese una penna blu infilata in
un quaderno e iniziò a compilare il modulo per lo stage al C.E.N.T.R.O.
Non aveva bisogno di sua madre per
scoprire quali segreti le nascondeva. Avrebbe trovato le sue risposte da sola.
Sporto in avanti, con il mento
appoggiato sulle braccia incrociate sul volante, Yuri osservava l’imponente
edificio del C.E.N.T.R.O. che si stagliava oltre il parabrezza.
Se l’era presa con Sabrina quando lo
aveva obbligato a guidare fin lì e ora ci era andato di sua volontà. Non se ne
spiegava il motivo, eppure si era sentito attratto da quel luogo.
Buttò un’occhiata al modulo abbandonato
sul sedile accanto.
«Comincio a credere che non ci
libereremo mai di Kaspar e del suo C.E.N.T.R.O.»
In parte sentiva che era colpa sua. Mesi
prima aveva scelto lui di portare nell’istituto Sabrina e anche se era servito
a ritrovare Leonardo, con quella decisione pensava di aver condannato
tutti.
C’era qualcosa di angosciante oltre
quelle mura, era una sensazione che non aveva avvertito la prima volta che ci
era entrato, ma si era insinuata in lui fin dal primo istante in cui aveva
messo piede fuori.
Ripensò alle ultime parole di Sabrina
pochi minuti prima. Temeva che la morte del figlio le avesse lasciato una
cicatrice più profonda del previsto e stesse perdendo il senso della realtà.
Era anche vero che nessuno più di loro poteva facilmente accettare
l’impossibile.
«Sei davvero là dentro?» domandò in un
sussurro.
Nessuna risposta. Silenzio assoluto.
Yuri sorrise. Ovviamente aspettarsi “sì”
era da pazzi. Poi divenne di colpo serio. Una voce riecheggiò nella sua testa.
Confusa e debole, pronunciò un’unica, chiara parola.
“Papà.”
Continua…