CAPITOLO 78
Risveglio dall’incubo
Sara si svegliò
all’improvviso. Si tirò su e si sedette nel centro del letto. Massaggiandosi la
fronte, udì un rumore indistinguibile in lontananza.
Si sentiva
confusa dopo gli eventi della notte appena trascorsa. Ricordava la chiusura del
Sigillo, la vittoria sui demoni e l’incantesimo lanciato per ripristinare i
ricordi su suo fratello… eppure era inquieta. Erano ritornati tutti a casa sani
e salvi, ma non riusciva a scacciare la spiacevole sensazione di aver mischiato
realtà e desideri, come se tutto fosse stato solo un lungo sogno.
Abbandonò il
letto, aprì la porta e uscì dalla stanza. Il misterioso rumore la raggiunse e
questa volta riuscì a riconoscerlo: uno crosciare insistente d’acqua.
Attraversò il
corridoio scalza. «Papà. Mamma.»
Non ottenne
risposta, ma il rumore dell’acqua che cadeva, continuò senza sosta.
«Leonardo? Dove
sei?» domandò, ma nuovamente nessuno rispose.
Avanzò diretta
al bagno. Forse è stato davvero tutto un
sogno pensò. Quella prospettiva la angosciò. Significava che suo fratello
era morto davvero, che gli ultimi eventi erano stati solo frutto della sua
immaginazione e la vita reale era un incubo da cui non sarebbe potuta uscire.
Appena posò la
mano sulla maniglia della porta, l’acqua smise di scorrere. Si era immaginata
anche quello? Scosse la testa, arruffando i capelli scuri ancora scompigliati
dal sonno. Devo calmarmi e affrontare la
verità. Qualunque sia si disse. Prese coraggio e spalancò la porta come una
furia.
Avvolto in un
accappatoio verde, suo fratello la guardò interdetto. «Sara, che cosa hai?
Sembri Pamela che ha visto Bobby risorto nella doccia.»
«Come? Cosa?»
Leonardo si
tolse il cappuccio dalla testa e si sfregò i capelli bagnati. «I personaggi di Dallas, ti ricordi? Il vecchio serial
che guardavano mamma e papà.»
Sara sorrise.
Ecco la normalità che temeva di non riavere. Ritrovarsi in bagno a fare
discorsi strambi con il gemello fissato con le serie tv. «No, ma non importa. È bello vedere che stai
bene.»
Lui si voltò a
fissarla e inarcò un sopracciglio. «Perché non dovrei? Dopo che il signor Moser
vi ha fatto recitare l’incantesimo per restituire a tutti i ricordi che mi
riguardano, è come se non me ne fossi mai andato. Tu, piuttosto, non mi sembri
in gran forma.»
«È tutto a
posto» rispose. «Quell’incantesimo deve avermi scombussolata un po’, ma sarà un
piccolo effetto collaterale della magia.»
La guardò
diffidente. «Sei sicura?»
«Sì, sì, stai
tranquillo. Mamma e papà sono già usciti?»
Lui annuì e prese
a srotolare il filo dell’asciugacapelli.
Sara gli lanciò
un’ultima occhiata e poi si voltò per uscire dal bagno.
«Non devi preoccuparti,
non ti lascerò più sola» disse Leonardo facendola fermare.
In realtà lo
ripeteva dal girono prima, in continuazione quasi ogni dieci minuti, ma a lei
faceva piacere.
«Non devi
rassicurarmi, ti ho creduto le prime sei volte che me lo hai detto.»
«Ok. Allora,
parlando di me, cosa credi ricorderanno tutti dei mesi in cui mi avevate
cancellato dalle loro vite?»
Sara ricordò
solo allora che c’erano stati cambiamenti magici per giustificare la sua
scomparsa. La stessa stanza di Leonardo era cambiata, per certi versi
sostituita, solo per ritornare normale come niente fosse la sera prima. Poteva
esserci qualche problema? Forse, ma non voleva dare pensieri al fratello.
Tornò a guardarlo
e fece spallucce. «Non ci pensare. Sono sicura che non ci sarà nulla di strano.
Tutto sarà come prima.»
«Me lo auguro.»
Leonardo sorrise a sua volta. «Per la cronaca, non te l’ho detto, ma mi sei
mancata anche tu.»
Le andò incontro
e l’abbracciò stretta. Lei rimase a godersi quel momento, che aveva pensato per
molto tempo di non poter mai più vivere e perse ogni angoscia e dubbio.
«Basta, mi stai
bagnando tutta» disse poi, fingendosi infastidita. Si staccò da lui e andò in
cucina. «Sbrigati, preparo la colazione.»
«Tenti di
uccidermi epr davvero questa volta?»
«Scemo!» gridò
Sara.
Lui scoppiò a
ridere, accese l’asciugacapelli e il rumore dell’aria ovattò la risata.
Sistemando le
tazze sul tavolo, Sara non resistette all’impulso di ridere a sua volta. Erano
mesi che non era così allegra e si sarebbe goduta quella sensazione senza
remore. Dopo tutto quello che avevano passato, se lo meritava. Tra lei e suo
fratello non era cambiato niente e finalmente aveva ritrovato anche la serenità.
Angelo osservò
l’esterno del Portale Mistico, ma
anche alla luce del giorno, il suo aspetto era disastroso.
Le radici erano
scomparse, così come ogni altro segno di attività soprannaturale, ma rimaneva
una costruzione semidistrutta, che sembrava aver appena subito i danni di un
terremoto combinato con un uragano, abbattutisi solo su quel luogo.
«Il locale è
proprio messo male.» La voce di Patrick Molina, comparso alle sue spalle, lo
riportò alla realtà.
Angelo si girò.
«In effetti... Sara non si è risparmiata.»
«Cosa ha
raccontato a chi le ha chiesto come è successo?»
«Ho detto che lo
gestivo per conto dei proprietari e hanno deciso di demolirlo, dato che il
negozio di magia non ha fruttato gli introiti sperati» rispose Angelo. «Non è
neanche del tutto una bugia.»
Patrick aggrottò
la fronte. «Quindi non riaprirà nessun altro negozio? Niente che funga da
copertura?»
«No, con il
Sigillo in superficie e impossibile da nascondere, sarebbe troppo pericoloso.
Il terreno appartiene ancora all’Ordine, ma credo che erigeranno dei ponteggi,
o qualcosa del genere, per tenere lontano i curiosi. Una volta svuotato
l’interno dai resti dei mobili e di quel che rimane del materiale in vendita,
lasceranno tutto così com’è.»
«La polizia non
farà domande sul cambiamento così veloce, soprattutto visto che è avvenuto in
una sola notte?»
Angelo sorrise
compiaciuto. «Mi creda, gli Anziani sanno come far tenere le bocche chiuse.»
Patrick rimase a
bocca aperta, poi la chiuse intuendo a cosa alludesse. I due rimasero qualche
minuto in silenzio a fissare ancora l’edifico.
«E lei cosa farà
signor Moser? Lascerà la città?»
«No. Il mio
compito rimane comunque di vigilare sul Sigillo. Purtroppo attira i guai con
estrema facilità.»
«Forse, dopo
quello che hanno dovuto affrontare, i ragazzi saranno disposti ad aiutarla»
disse Patrick. «Pensa di coinvolgerli?»
Angelo si
massaggiò il mento pensieroso. «È una buona idea. In effetti potrei provare a
chiederlo. Dopotutto sono ciò che più si avvicina a dei veri “Guardiani del
Sigillo”.» Poi divenne serio. «Nel caso, avrebbe qualcosa in contrario?»
Patrick scosse
la testa. «Ammetto di averli sottovalutati e di essere stato un po’ troppo
apprensivo, ma la scorsa notte ci hanno dimostrato di essere in grado di
affrontare brillantemente questo genere di minacce.»
«A proposito di
minacce, posso permettermi di darle un consiglio?» Angelo cercò di riassumere
un tono gioviale. «Valuti attentamente quanto e in che modo permette a Kaspar
De Santi di coinvolgerla insieme ai ragazzi nelle faccende del C.E.N.T.R.O.»
«Credevo che…»
Angelo alzò le
mani per interromperlo. «So qual è la sua opinione, ma per favore, accetti
questo suggerimento da amico.»
Patrick annuì. «D’accordo.
Prometto che starò in guardia.»
Kaspar De Santi
si stiracchiò sulla comoda poltrona, seduto dietro la scrivania del suo ufficio
al C.E.N.T.R.O. .
Era stata una
lunga notte, aveva temuto e aspettato la telefonata da parte di Patrick Molina
che chiedeva il suo aiuto per impedire la riapertura del Sigillo, ma non era
arrivata. A quell’ora del mattino, non avere notizie, significava che tutto si
era risolto per il meglio.
Una donna con i
capelli castani legati in una coda di cavallo e con indosso un tailleur
marrone, fece capolino davanti all’uscio aperto della stanza.
«Ti è sembrata
una buona idea lasciarli andare via?» gli domandò irritata.
«Buongiorno
Clara, sei arrivata presto» la salutò Kaspar, pulendosi gli occhiali con il
bordo inferiore della giacca.
«In realtà
questa notte sono rimasta qui anche io. E non mi hai risposto: perché hai
permesso agli Alpha di uscire dall’istituto?»
«Era la mossa
migliore. Mi sono guadagnato la loro fiducia.»
Clara entrò
nell’ufficio, camminando elegantemente sui tacchi. «E pensi che ci sarà la
benché minima possibilità che rimettano piede qui dentro di loro spontanea
volontà?»
«Certamente.»
Kaspar inforcò gli occhiali e li sistemò sul naso. «Nonostante quello che
Angelo Moser potrà raccontare, i ragazzi hanno avuto la prova che questo luogo
è sicuro. Non rappresenta un pericolo per loro.»
Clara incrociò
le braccia sul petto. «Secondo me sei troppo fiducioso. E anche un po’
ingenuo.»
Kaspar scoppiò a
ridere. «Ti preoccupi troppo, mia cara. Non dimenticare che prendo sempre le
mie precauzioni, per evitare spiacevoli sorprese.»
I lineamenti
della donna si rilassarono. «E non potevi dirmelo subito?»
«Non ti
arrabbiare. Non dimenticarti che prima di andarsene, quei ragazzi ci hanno
lasciato più di quanto potessimo sperare.»
«Vuoi dire il
progetto…»
«Meglio non fare
nomi ad alta voce, ma sì, proprio quello.»
Kaspar e Clara
si scambiarono uno sguardo soddisfatto.
FINE STAGIONE/VOLUME 2
Nessun commento:
Posta un commento