lunedì 27 agosto 2018

Darklight Children - Capitolo 79


CAPITOLO 79

Ricordi intermittenti

 
Leonardo avanzò lentamente sul terreno asciutto, dall’erba che circondava il sentiero proveniva un forte odore di vegetazione bagnata, come dopo un lungo temporale.
Alzò il capo verso il cielo. Nuvole grigie, sottili e filiformi si dileguavano, nascondendo solo parzialmente il sole, che si faceva strada con la sua luce fioca. Si guardò poi intorno, ritrovandosi a essere l’unico visitatore del cimitero. Proseguì sicuro, le lapidi gli scorrevano a fianco e pur cercando di concentrarsi, non riusciva a leggere i nomi dei morti. Si fermò davanti a un piccolo recinto in ferro. Circondava uno spiazzo verde, punteggiato da fiori gialli e nel mezzo si innalzava una lapide di marmo più chiaro delle altre.
Il ragazzo si inginocchiò per sapere a chi apparteneva. Le lettere si confusero tra loro, ebbe addirittura l’impressione che si cambiassero di posto solo per fargli un dispetto. 
«Non preoccuparti. Ti tornerà in mente.»
Una donna con un lungo vestito nero e i capelli castani radunati in modo scomposto in uno chignon, apparve al suo fianco, posandogli la mano destra sulla spalla.
Leonardo si rialzò. «Sono sicuro di conoscere il suo nome. Sono qui per questo, vero?»
La donna gli sorrise. «Non solo.» Gli prese il volto tra le sue mani, coperte da guanti neri che le avvolgevano la pelle lattea fino all’avambraccio. «Il passato ti troverà senza aiuto. Devi preoccuparti del futuro. Di chi arriverà, di chi potrai fidarti. E ciò che sembra inoffensivo, tornerà a minacciarti.»
«Chi è che mi minaccia?» le domandò.
Lei era svanita. Le lapidi pure. La sua voce riecheggiò in quel luogo silenzioso.

«Mi hai capito, Leonardo?» domandò scocciata Sara. «Questa volta è una minaccia!»
Leonardo aprì gli occhi e si guardò intorno. Era sul divano del salone. In casa sua. Sara era seduta alla sua sinistra con accanto Naoko; Yuri occupava la poltrona accanto, con in braccio Sabrina; Davide era stravaccato su quella alla destra. Tutti lo fissavano.
«Che cosa?» domandò stordito dal risveglio improvviso e dalla musica che proveniva dal televisore di fronte  a lui. Il cast di Glee stava intonando il ritornello di We are young dei Fun.
«Ho detto che se continui a sonnecchiare, spengo questa lagna» ripeté la sorella, agitandogli il telecomando del lettore DVD davanti al naso. «Ci hai costretto a fare una maratona di questa serie e sei il primo ad annoiarti.»
Leonardo ricordò perché fossero tutti lì. Dal ritorno dalla sua presunta morte, sua sorella e i suoi amici avevano insistito per passare una serata tranquilla tutti insieme e così, dopo vari rinvii, si erano riuniti davanti alla tv.
«Non vi ho costretto con la forza. Mi avete lasciato voi libero di scegliere che cosa guardare.»
«E comunque l’episodio è finito» fece notare Davide.
«Problema risolto.» Strappò il telecomando dalla mano della sorella, premette il tasto STOP e lo schermo diventò blu.
Sara si accasciò contro lo schienale e arricciò il naso. «Non capisco come fa a piacerti questa roba.»
Naoko si tirò su, sporgendosi in avanti. «Non è male, forse un po’ ripetitivo.»
«I numeri di ballo e canto sono carini» aggiunse Sabrina.
Leonardo sbuffò. «Non capite, questa serie è una metafora della nostra situazione.»
Yuri inarcò un sopracciglio. «Stai scherzando? Non abbiamo mai cantato o ballato in gruppo. Ne lo faremo mai.»
Alzò gli occhi al cielo e si alzò in piedi, mettendosi di fronte ai cinque compagni. «Mi riferisco ai personaggi, a quello che rappresentano.» Puntò il dito verso Sabrina e Yuri. «La ragazza insicura che rimane incinta e il bravo ragazzo che vuole sempre fare la cosa giusta.» Indicò poi Naoko. «La ragazza asiatica.» Guardò infine Sara e Davide. «Quella che vuole fare la dura, ma alla fine ha un gran cuore. E il bullo che però si è integrato tra le sue vittime. Sono tutti come noi. Sono più di quello che sembrano.»
Sabrina aggrottò la fronte «È davvero così che ci vedi?»
«Essere giudicata solo come la “ragazza asiatica” mi sembra uno stereotipo e anche un po’ razzista» commentò Naoko.
«E poi pensavo che il nostro gruppo di riferimento fosse più quello dei protagonisti di Buffy» gli ricordò Davide.
Leonardo sospirò. «È più o meno la stessa cosa. In Buffy sono degli emarginati che combattono il soprannaturale. In Glee sono degli emarginati che si uniscono ai ragazzi che non lo sono, ma alla fine riescono ad amalgamarsi tra loro ballando e cantando.»
Sara ridacchiò. «Mi sa che sei un po’ confuso e continuo a non vedere il collegamento con noi.»
Leonardo sbuffò. «Voglio dire che siamo anche noi dei diversi che hanno saputo far fronte comune e uscirne vincitori. Abbiamo appianato le differenze e imparato a collaborare come un gruppo. Senza le coreografie, ovviamente.»
Gli altri lo guardarono poco convinti.
Scosse la testa rinunciando all’idea di condividere la su visione. «Lasciamo perdere.» Premette il tasto EJECT e andò a recuperare il disco dal piatto del lettore.
Alle sue spalle i ragazzi scoppiarono a ridere. Lui li fissò interdetto, infilando il DVD nella custodia.
«Ti stavamo solo prendendo in giro» disse Yuri.
«Ho raccontato agli altri delle tue lunghe spiegazioni e similitudini tra la vita vera e i serial quando guardavamo una serie insieme» continuò Sara. «E abbiamo deciso di metterti alla prova.»
Davide abbozzò un sorriso. «Volevamo vedere fino a che punto ti spingevi.»
Sabrina gli afferrò una mano. «Ma è bello sapere che continuerai a tormentarci con le tue analogie. Mi sono mancate.»
«Io continuo a essere offesa» replicò Naoko, facendogli la linguaccia.
«Va bene, ora che vi siete divertiti, direi che la serata è conclusa» disse Leonardo, fingendosi contrariato. In realtà era contento che fossero tutti li a scherzare con lui e a condividere uno sprazzo di normalità.
«Su, non prendertela.» Sara si alzò e gli schioccò un bacio sulla guancia. «Avevamo perso l’abitudine a non dover pensare a embrioni di demoni o morti apparenti. Questi ultimi due mesi sono stari rilassanti.»
Naoko si stiracchiò «A dire il vero, preparare la tesina per gli esami è stressante quanto la caccia ai demoni.»
Sabrina sospirò. «E io in più, con le assenze che ho fatto, devo anche recuperare parte del programma di varie materie.»
«Però hai un bravo tutor.» Yuri la baciò sulle labbra. «E ti confermo che ti porterò preparata agli esami finali.»
«Vi ricordo che nessuno di voi ha una madre che è anche professoressa» si lamentò Davide. «Per me la pressione della scuola non finisce mai.» 
«A questo proposito, c’è qualcosa di cui dovremmo parlare.» Leonardo trasse un lungo respiro, sapeva che l’argomento che voleva affrontare era delicato. «Credo che dopo tutto quello che ci è successo, dovremmo mettere al corrente i nostri genitori.»
«Spiegati meglio» disse Naoko.
«Mi riferisco ai nostri poteri. Come è successo a me, ci possono mettere in situazioni… particolari. Credo debbano essere pronti ad affrontarle anche loro. E poi c’è tutta la faccenda delle nostre origini…»
«Neanche per sogno. Mi sembra un’idea pessima. E stupida» replicò secca Sara.
«No, non lo è vero. Avete mascherato la mia non-morte con un incantesimo, ma se non ci fosse questa possibilità? Se dovessimo trovarci in un’altra situazione estrema, non saremmo costretti a prendere delle decisioni così… ecco, estreme.»
Davide si massaggiò il mento «Non ha tutti i torti.»
Naoko si alzò dal divano e guardò Sara. «Tuo fratello potrebbe avere ragione. Sarebbe più comodo che dover sempre inventare scuse strane, o rischiare che lo scoprano in modo brusco.»
Sabrina scese dalle gambe del fidanzato. «Mia madre non la prenderebbe bene in nessun caso.»
«Neanche mio padre» disse Yuri.
«Come fate a dirlo?» chiese Leonardo. «Non gliene avete ancora parlato.»
«Non è un argomento facile da inserire in una conversazione e conosciamo i nostri genitori» gli rispose lei.
Yuri si voltò verso Sara. «Siamo d’accordo con te. È meglio non raccontare niente.»
Davide scrollò le spalle. «Mi sa che non abbiamo scelta: siamo tre contro tre e due di noi hanno opinioni differenti, ma gli stessi genitori.»
Leonardo incrociò lo sguardo con la sorella. Lo sapeva da tutta la vita: quando si metteva in testa qualcosa era un’impresa spuntarla e convincerla a cambiare opinione.
Lei doveva aver fatto lo stesso ragionamento perché gli sorrise brevemente e aggiunse: «Questione chiusa.» Si girò, prese dal divano il telecomando del televisore e lo spense. «Vieni Naoko, per noi si è fatto tardi. Dobbiamo andare.»
«È già ora della pattuglia alle rovine?» domandò l’amica, controllando l’orologio al polso.
Leonardo rinunciò a riprendere il discorso. Da quando avevano impedito la rottura del Sigillo si erano divisi in gruppi di due e ogni sera, su richiesta di Angelo Moser, controllavano che nessuno si avvicinasse a quel che un tempo era stato il Portale Mistico, il negozio di articoli magici. Era un appuntamento che rispettavano puntualmente perché erano tutti d’accordo che su quel fronte non era il caso di correre altri rischi.
«Sì, il signor Moser ci dà il cambio dopo mezzanotte» rispose Sara, prese l’amica sottobraccio e attraversò il corridoio arrivando alla porta d’ingresso.
Yuri prese Sabrina per mano. «È meglio che andiamo anche noi.» Insieme si avviarono verso le ragazze.
Leonardo guardò l’ultimo rimasto «E tu? Vai o resti ancora un po’?»
«Dovrei parlarti, se non ti dispiace» rispose Davide. «Non ci vorrà molto.»
Seppur perplesso, Leonardo annuì. Si affacciò poi sul corridoio. «Sara, chiamami se hai bisogno.»
«Va bene, stai tranquillo» gli rispose, fece uscire gli altri e chiuse la porta dietro di sé.
Rimasto in piedi nel salone, a fissare in silenzio per alcuni secondi l’altro ragazzo, Leonardo provò un lieve imbarazzo.
«Stavo ripensando al tuo paragone tra noi e i protagonisti di Glee» esordì di colpo Davide. «Hai ragione. Mi sento un po’ come quel bullo, non quello con la cresta. L’altro, quello che tormenta il ragazzo gay.»
«Non sapevo seguissi anche questa serie» ribatté sorpreso.
«Ho visto qualche episodio. A un certo punto questo bullo ammette di aver sempre infastidito il ragazzo perché aveva una cotta per lui. Credo… insomma… in qualche modo per me è uguale.» 
Leonardo sgranò gli occhi.
Davide lo squadro incerto. «Sembri… non so, infastidito… .»
«E ti pare strano?» domandò irritato. «Hai reso i miei giorni a scuola un inferno, te la sei presa con me senza che sapessi il motivo, ammesso che ce ne sia uno, e ora ti aspetti che mi beva la storia del “ti rifiutavo perché mi piacevi e non volevo accettarlo”?»
«D’accordo, ho fatto di tutto per farti pensare il peggio di me, ma non era quello che volevo, non completamente almeno.»
«E questo dovrebbe convincermi che sei sincero?»
«C’era qualcosa che mi attraeva in te e non volevo che fosse così. Ho pensato che odiandoti e facendomi odiare, sarebbe passato. Poi abbiamo scoperto dell’altra vita, che eravamo una coppia e ho capito che tu in rea…»
«Basta» lo zittì Leonardo. «Non voglio parlarne. È tardi. Dovresti andare.» Lo afferrò per il braccio e lo portò verso la porta.
«Vado, ma dobbiamo finire questo discorso» insistette Davide.
Leonardo stava per ribattere, quando sua madre fece capolino dalla sua camera. «Ragazzi, è tutto posto? Mi sembrava di sentirvi discutere.»
Davide sorrise. «Solo opinioni diverse e abbiamo alzato solo un po’ troppo la voce.»
«Oh… ok»  commentò Grazia Martini. «Dov’è Sara?»
«È uscita ad accompagnare a casa Naoko» inventò all’istante Leonardo.
«E vi ha lasciati qui da soli?»
«Be’… sì» rispose. «È tanto strano?»
Grazia sorrise. «Non è educato andarsene quando ci sono degli ospiti ancora in casa.»
Davide inarcò un sopracciglio. «Leonardo è rimasto con me.»
«Sì, mamma, anche io abito qui» sottolineo lui.
Grazia si mise a ridere. «Mi fa piacere che tu ti senta tanto a tuo agio da chiamarmi mamma e considerare questa come casa tua, ma credo che Sara non sia il tipo da riuscire a convivere con eventuali fratelli. Le piace troppo essere figlia unica.»

 

                                                                       Continua….

lunedì 13 agosto 2018

Darklight Children - Capitolo 78


CAPITOLO 78

Risveglio dall’incubo

 

Sara si svegliò all’improvviso. Si tirò su e si sedette nel centro del letto. Massaggiandosi la fronte, udì un rumore indistinguibile in lontananza.
Si sentiva confusa dopo gli eventi della notte appena trascorsa. Ricordava la chiusura del Sigillo, la vittoria sui demoni e l’incantesimo lanciato per ripristinare i ricordi su suo fratello… eppure era inquieta. Erano ritornati tutti a casa sani e salvi, ma non riusciva a scacciare la spiacevole sensazione di aver mischiato realtà e desideri, come se tutto fosse stato solo un lungo sogno.
Abbandonò il letto, aprì la porta e uscì dalla stanza. Il misterioso rumore la raggiunse e questa volta riuscì a riconoscerlo: uno crosciare insistente d’acqua.
Attraversò il corridoio scalza. «Papà. Mamma.»
Non ottenne risposta, ma il rumore dell’acqua che cadeva, continuò senza sosta.
«Leonardo? Dove sei?» domandò, ma nuovamente nessuno rispose.
Avanzò diretta al bagno. Forse è stato davvero tutto un sogno pensò. Quella prospettiva la angosciò. Significava che suo fratello era morto davvero, che gli ultimi eventi erano stati solo frutto della sua immaginazione e la vita reale era un incubo da cui non sarebbe potuta uscire.
Appena posò la mano sulla maniglia della porta, l’acqua smise di scorrere. Si era immaginata anche quello? Scosse la testa, arruffando i capelli scuri ancora scompigliati dal sonno. Devo calmarmi e affrontare la verità. Qualunque sia si disse. Prese coraggio e spalancò la porta come una furia. 
Avvolto in un accappatoio verde, suo fratello la guardò interdetto. «Sara, che cosa hai? Sembri Pamela che ha visto Bobby risorto nella doccia.»
«Come? Cosa?»
Leonardo si tolse il cappuccio dalla testa e si sfregò i capelli bagnati. «I personaggi di Dallas, ti ricordi? Il vecchio serial che guardavano mamma e papà.»
Sara sorrise. Ecco la normalità che temeva di non riavere. Ritrovarsi in bagno a fare discorsi strambi con il gemello fissato con le serie tv.  «No, ma non importa. È bello vedere che stai bene.»
Lui si voltò a fissarla e inarcò un sopracciglio. «Perché non dovrei? Dopo che il signor Moser vi ha fatto recitare l’incantesimo per restituire a tutti i ricordi che mi riguardano, è come se non me ne fossi mai andato. Tu, piuttosto, non mi sembri in gran forma.»
«È tutto a posto» rispose. «Quell’incantesimo deve avermi scombussolata un po’, ma sarà un piccolo effetto collaterale della magia.»
La guardò diffidente. «Sei sicura?»
«Sì, sì, stai tranquillo. Mamma e papà sono già usciti?»
Lui annuì e prese a srotolare il filo dell’asciugacapelli.
Sara gli lanciò un’ultima occhiata e poi si voltò per uscire dal bagno.
«Non devi preoccuparti, non ti lascerò più sola» disse Leonardo facendola fermare.
In realtà lo ripeteva dal girono prima, in continuazione quasi ogni dieci minuti, ma a lei faceva piacere.   
«Non devi rassicurarmi, ti ho creduto le prime sei volte che me lo hai detto.»
«Ok. Allora, parlando di me, cosa credi ricorderanno tutti dei mesi in cui mi avevate cancellato dalle loro vite?»
Sara ricordò solo allora che c’erano stati cambiamenti magici per giustificare la sua scomparsa. La stessa stanza di Leonardo era cambiata, per certi versi sostituita, solo per ritornare normale come niente fosse la sera prima. Poteva esserci qualche problema? Forse, ma non voleva dare pensieri al fratello.
Tornò a guardarlo e fece spallucce. «Non ci pensare. Sono sicura che non ci sarà nulla di strano. Tutto sarà come prima.»
«Me lo auguro.» Leonardo sorrise a sua volta. «Per la cronaca, non te l’ho detto, ma mi sei mancata anche tu.»
Le andò incontro e l’abbracciò stretta. Lei rimase a godersi quel momento, che aveva pensato per molto tempo di non poter mai più vivere e perse ogni angoscia e dubbio.
«Basta, mi stai bagnando tutta» disse poi, fingendosi infastidita. Si staccò da lui e andò in cucina. «Sbrigati, preparo la colazione.»
«Tenti di uccidermi epr davvero questa volta?»
«Scemo!» gridò Sara.
Lui scoppiò a ridere, accese l’asciugacapelli e il rumore dell’aria ovattò la risata.
Sistemando le tazze sul tavolo, Sara non resistette all’impulso di ridere a sua volta. Erano mesi che non era così allegra e si sarebbe goduta quella sensazione senza remore. Dopo tutto quello che avevano passato, se lo meritava. Tra lei e suo fratello non era cambiato niente e finalmente aveva ritrovato anche la serenità.

Angelo osservò l’esterno del Portale Mistico, ma anche alla luce del giorno, il suo aspetto era disastroso.
Le radici erano scomparse, così come ogni altro segno di attività soprannaturale, ma rimaneva una costruzione semidistrutta, che sembrava aver appena subito i danni di un terremoto combinato con un uragano, abbattutisi solo su quel luogo.
«Il locale è proprio messo male.» La voce di Patrick Molina, comparso alle sue spalle, lo riportò alla realtà.
Angelo si girò. «In effetti... Sara non si è risparmiata.»
«Cosa ha raccontato a chi le ha chiesto come è successo?»
«Ho detto che lo gestivo per conto dei proprietari e hanno deciso di demolirlo, dato che il negozio di magia non ha fruttato gli introiti sperati» rispose Angelo. «Non è neanche del tutto una bugia.»
Patrick aggrottò la fronte. «Quindi non riaprirà nessun altro negozio? Niente che funga da copertura?»
«No, con il Sigillo in superficie e impossibile da nascondere, sarebbe troppo pericoloso. Il terreno appartiene ancora all’Ordine, ma credo che erigeranno dei ponteggi, o qualcosa del genere, per tenere lontano i curiosi. Una volta svuotato l’interno dai resti dei mobili e di quel che rimane del materiale in vendita, lasceranno tutto così com’è.»
«La polizia non farà domande sul cambiamento così veloce, soprattutto visto che è avvenuto in una sola notte?»
Angelo sorrise compiaciuto. «Mi creda, gli Anziani sanno come far tenere le bocche chiuse.»
Patrick rimase a bocca aperta, poi la chiuse intuendo a cosa alludesse. I due rimasero qualche minuto in silenzio a fissare ancora l’edifico.
«E lei cosa farà signor Moser? Lascerà la città?»
«No. Il mio compito rimane comunque di vigilare sul Sigillo. Purtroppo attira i guai con estrema facilità.»
«Forse, dopo quello che hanno dovuto affrontare, i ragazzi saranno disposti ad aiutarla» disse Patrick. «Pensa di coinvolgerli?»
Angelo si massaggiò il mento pensieroso. «È una buona idea. In effetti potrei provare a chiederlo. Dopotutto sono ciò che più si avvicina a dei veri “Guardiani del Sigillo”.» Poi divenne serio. «Nel caso, avrebbe qualcosa in contrario?»
Patrick scosse la testa. «Ammetto di averli sottovalutati e di essere stato un po’ troppo apprensivo, ma la scorsa notte ci hanno dimostrato di essere in grado di affrontare brillantemente questo genere di minacce.»
«A proposito di minacce, posso permettermi di darle un consiglio?» Angelo cercò di riassumere un tono gioviale. «Valuti attentamente quanto e in che modo permette a Kaspar De Santi di coinvolgerla insieme ai ragazzi nelle faccende del C.E.N.T.R.O.»
«Credevo che…»
Angelo alzò le mani per interromperlo. «So qual è la sua opinione, ma per favore, accetti questo suggerimento da amico.»
Patrick annuì. «D’accordo. Prometto che starò in guardia.»

Kaspar De Santi si stiracchiò sulla comoda poltrona, seduto dietro la scrivania del suo ufficio al C.E.N.T.R.O. .
Era stata una lunga notte, aveva temuto e aspettato la telefonata da parte di Patrick Molina che chiedeva il suo aiuto per impedire la riapertura del Sigillo, ma non era arrivata. A quell’ora del mattino, non avere notizie, significava che tutto si era risolto per il meglio. 
Una donna con i capelli castani legati in una coda di cavallo e con indosso un tailleur marrone, fece capolino davanti all’uscio aperto della stanza.
«Ti è sembrata una buona idea lasciarli andare via?» gli domandò irritata.
«Buongiorno Clara, sei arrivata presto» la salutò Kaspar, pulendosi gli occhiali con il bordo inferiore della giacca.
«In realtà questa notte sono rimasta qui anche io. E non mi hai risposto: perché hai permesso agli Alpha di uscire dall’istituto?»
«Era la mossa migliore. Mi sono guadagnato la loro fiducia.»
Clara entrò nell’ufficio, camminando elegantemente sui tacchi. «E pensi che ci sarà la benché minima possibilità che rimettano piede qui dentro di loro spontanea volontà?»
«Certamente.» Kaspar inforcò gli occhiali e li sistemò sul naso. «Nonostante quello che Angelo Moser potrà raccontare, i ragazzi hanno avuto la prova che questo luogo è sicuro. Non rappresenta un pericolo per loro.»
Clara incrociò le braccia sul petto. «Secondo me sei troppo fiducioso. E anche un po’ ingenuo.»
Kaspar scoppiò a ridere. «Ti preoccupi troppo, mia cara. Non dimenticare che prendo sempre le mie precauzioni, per evitare spiacevoli sorprese.»
I lineamenti della donna si rilassarono. «E non potevi dirmelo subito?»
«Non ti arrabbiare. Non dimenticarti che prima di andarsene, quei ragazzi ci hanno lasciato più di quanto potessimo sperare.»
«Vuoi dire il progetto…»
«Meglio non fare nomi ad alta voce, ma sì, proprio quello
Kaspar e Clara si scambiarono uno sguardo soddisfatto.

 

 
                                                FINE STAGIONE/VOLUME 2