lunedì 9 ottobre 2017

Darklight Children - Capitolo 51


CAPITOLO 51

Conforto

 
Ferma davanti al cancello della scuola, Sara guardò i ragazzi che entravano tranquillamente. Alcuni chiacchieravano tra loro, altri ridevano, qualcuno aveva delle cuffie nelle orecchie ed era concentrato solo sulla musica che ascoltava. 
Nessuno sapeva il potenziale pericolo che li aspettava una volta varcata la soglia.
Angelo Moser aveva supposto che alcuni ex-adepti del professor Barbieri potessero essere parte del personale scolastico. Ricordando gli eventi dei mesi precedenti, Sara si domandò se era corretto escludere a priori anche gli stessi ragazzi: compagni ripetenti rimasti di proposito nella scuola; fratelli minori di membri della setta, come era già successo; altri, iscritti apposta per seguire lei e i suoi amici. E ognuno di loro poteva avere un uovo dentro il corpo, pronto a schiudersi in qualsiasi momento.
Leo ha sempre detto che venire a scuola era come entrare per otto ore all’inferno pensò Sara. Se fosse qui mi ripeterebbe di aver avuto ragione. I demoni si aggirano tra quei corridoi insieme a noi.
Rimase qualche altro minuto a osservare tutti quei ragazzi che in apparenza erano simili a lei. Li invidiò, ignoravano molti aspetti del mondo, storie che leggevano solo nei romanzi, nei fumetti o vedevano in tv o al cinema nelle serie tv e nei film, ma che per lei erano parte della sua vita quotidiana.
La campanella dell’inizio delle lezioni risuonò per tutto il cortile e Sara prese la sua decisione. Non sarebbe stata loro preda. Non quel giorno almeno.
Notò di essere rimasta sola davanti al cancello. Nessun occhio indiscreto. Focalizzò nella mente il luogo e attivò il suo potere.

Un lampo di luce fugace illuminò il magazzino del Full Moon, teletrasportando Sara nel luogo.
Non appena l’effetto del suo potere svanì, tutto intorno tornò semibuio. La luce filtrava da una persiana abbassata su una minuscola finestra e le permetteva di vedere i rifornimenti del locale accatastati in ogni angolo.
Perché continuo a tornare qui? si chiese. E sapeva che la risposta era sempre la stessa. Quello era il posto in cui suo fratello era stato vivo per l’ultima volta. Era come se trovarsi lì, le desse la possibilità di rivederlo.
«Sono davvero una stupida» disse nel silenzio. Strinse i pugni contro i jeans e si morse con rabbia il labbro inferiore. Sentì le lacrime inumidirle gli occhi. Non avrebbe pianto. Era stanca di farlo, la faceva sentire debole.
«Sara…»
Sara si girò di scatto. Si guardò intorno. La porta era chiusa a chiave. Nessuno poteva essere entrato. Lo avrebbe sentito.
«Sa…ra…»
Quella voce! Non può essere. Compì un giro completo su se stessa e quando si fermò, una sagoma sembrò formarsi davanti ai suoi occhi. I contorni erano confusi, ma non per questo irriconoscibili. Anche se trasparente ed etereo, era sicura che il ragazzo che aveva di fronte a lei fosse suo fratello.
«Leonardo… non è possibile» disse in un sussurro. Allungò la mano sinistra per toccarlo e nello stesso istante la serratura alle sue spalle scattò.
Si spostò rapida dietro una pigna di scatoloni e accovacciandosi, udì una voce familiare.
«Ho capito. Due confezioni: una di acqua tonica e una di aranciata» disse Carla Monti, spalancando la porta.
La madre di Yuri entrò nel magazzino e si diresse sicura sul fondo, davanti alle confezioni delle bibite. Attraversò il locale senza incontrare lo spettro di nessun ragazzo.
Sara pensò che poteva scomparire in un batter d’occhio, ma avrebbe generato un lampo di luce e attirato attenzione. Rimase ferma a trattenere il respiro. Ascoltò con attenzione i rumori. Se avesse sentito i passi avvicinarsi al suo nascondiglio, si sarebbe teletrasportata e al diavolo le precauzioni.
La donna armeggiò con un paio di casse, le raccolse da terra e uscì tirandosi la porta dietro con una mano sola. Girò la chiave e fece scattare di nuovo la serratura.
Sara attese qualche secondo e poi si alzò lentamente. Sbirciò da dietro gli scatoloni e ebbe conferma di essere di nuovo sola. La sensazione di rilassatezza durò poco. Ripensò a cosa aveva visto e si agitò.
Queste allucinazioni stanno peggiorando. La tristezza lasciò il posto al timore. Ciò che solo lei riusciva a vedere era ancora più spaventoso. Le tornò alla memoria il giorno dell’attacco del bidello e di come nella sua mente fosse emerso il ricordo di come fosse la reale forma di un demone completamente sviluppato. Sapeva con certezza che quel ricordo non era suo. Era di Sayka.
«Davide ha ragione. Devo parlarne con qualcuno o finirò con l’impazzire.» Sara chiuse gli occhi e lasciò che vento e luce la facessero svanire dal magazzino.

Sara ricomparve nel salotto di un appartamento che le era familiare. La sua mente l’aveva portata dall’unica altra persona, oltre ai suoi amici, che conoscesse la maggior parte dei suoi segreti: Patrick Molina con il dono della veggenza, che era stato di grande aiuto dall’inizio della vicenda con la setta.
Si mosse lentamente. Non era carino piombare in casa di qualcuno senza annunciarsi, ma non aveva mai salvato il numero dell’uomo sul cellulare. E comunque aveva deciso di tenerlo spento per tutta la giornata, in modo da evitare di venire contattata.
Sara uscì dalla stanza decisa a cercarlo nel resto dell’abitazione. Magari è fuori pensò. 
Non appena arrivò davanti al corridoio, se lo ritrovò davanti che brandiva un ombrello come se fosse una mazza da baseball.
«Sara! Sei tu» disse Patrick, tirando un sospiro di sollievo. «Ho sentito dei passi e… non dovresti intrufolarti così in casa d’altri! Avrei potuto ferirti.»
«Con quello?» domandò Sara. Indicò l’ombrello, cercando di trattenere una risata.
Patrick osservò l’oggetto stretto tra le mani coperte da guanti di pelle nera. «Forse ferirti è un po’ esagerato, ma potevo comunque farti del male.» Superò la ragazza e andò a riporre l’arma nel portaombrelli, accanto alla porta d’ingresso. «A quest’ora non dovresti essere a scuola?»
«Ecco… mi sono presa un giorno di vacanza.»
Patrick la guardò severo. «Non lo condivido, ma se sei venuta da me, invece che andare in giro a bighellonare, vuol dire che è una cosa seria.» Le indicò il divano e disse: «Avanti sediamoci.»
Lei ubbidì e fu subito sollevata di averlo scelto come confidente. «Grazie. E mi scusi se sono piombata qui così.»
Patrick tornò subito sorridente. «Potresti cominciare a darmi del tu. Coraggio, dimmi qual è il problema.»
«Fosse solo uno» rispose Sara con un’aria cupa. «È tutto un gran casino. Da quando Leo...» si fermò di colpo. Ricordò che anche Patrick era nella lista di chi non poteva più ricordarlo. Neanche con lui poteva parlare apertamente. Era andata nel posto sbagliato, ma ormai era troppo tardi per fare marcia indietro.
«Hai problemi con un ragazzo?» le domandò per colmare il silenzio.
Sara scosse la testa. Anche se in realtà un ragazzo centrava, ma non come pensava Patrick. «È per quello che sono. Dopo i guai con la setta e le conseguenze, abbiamo scoperto di più sui nostri poteri. Il punto è che so di essere stata una principessa… demoniaca. La figlia di DiKann.» 
«Aspetta, intendi quel DiKann?» chiese Patrick incredulo.
Sara annuì. Abbassò lo sguardo, non voleva scoprire di essere osservata come un mostro.
Patrick invece le mise una mano guantata sulla spalla. «Ora capisco perché non avevi voglia di andare a scuola. Anzi, mi meraviglio che tu sia riuscita a farlo per tutto questo tempo.» Poi le massaggiò gentilmente le spalle e aggiunse: «Però non dire a nessuno che te l’ho detto.»
Sara sorrise. Era divertente vedere quel ragazzo, non poi tanto più grande di lei, sforzarsi di fare la parte dell’adulto.
«E cosa ti ricordi di questo passato?» le chiese.
«Non molto, a dire il vero. Mi chiamavo Sayka ed ero fidanzata con Yuri, cioè con lo Yuri del passato. E questa è una delle ragioni per cui sono così… confusa. Come posso essere sicura di volergli bene per mia scelta e non perché era già stato così? Come so con certezza che ogni mia azione non è influenzata da ciò che sono stata?»
«Un dubbio giusto. Però, hai mai preso in considerazione che tu e Yuri siate in realtà anime gemelle?» le fece notare Patrick. «Non capisco molto di questa cosa, ma credo che se due persone sono destinate a stare insieme, continuano a cercarsi. Probabilmente per voi è stato lo stesso.»
«Sì, ma ho dimenticato un particolare: lui nel passato mi ha tradita.» E poi pensò E insieme abbiamo anche progettato di uccidere mio fratello. Ovviamente non voleva riportare la discussione su quell’argomento, quindi lo tenne per sé.
«E lo ha fatto anche nel presente?»
«Tradirmi? No… non credo… ora ci siamo presi una pausa.»
«Ho capito qual è il tuo errore» disse Patrick. «Tu continui a pensare a te stessa come se fossi Sayka. Ma lei non c’è più, è qualcuno che sei stata in un’altra vita. Può darsi che di tanto in tanto i ricordi di lei ti tornino alla mente, ma tu ora sei un’altra persona. Le scelte che hai fatto, le persone che hai voluto intorno, sono una tua decisione. E anche i tuoi sentimenti sono solo tuoi.»
«Quindi mi stai dicendo che devo andare da Yuri e dirgli di tornare insieme?»
«Dico solo che non devi avere pregiudizi» rispose lui. «Se senti di aver bisogno di prenderti del tempo, allora fallo, ma non farti condizionare dalla tua vita passata.»
Sara scosse la testa. «Non è così facile. Quando i ricordi di Sayka emergono, non posso a fare a meno di sentirmi sporca, sbagliata. Dopotutto lei era un demone.»
Patrick le mise anche l’altra mano sulla spalla libera e la obbligò a girarsi in modo da guardarlo in volto. «Dimenticati di Sayka. Tu sei migliore di lei. Fai come me: non ricordo minimamente chi sono stato prima di risvegliarmi dal coma e mi sono costruito una nuova vita. Forse ho il vantaggio di non sapere se sono migliore del Patrick che sono stato fino a quel momento, ma se anche dovessi ricordare gli sbagli che ho commesso, andrò avanti. Non posso cambiare il passato, ma posso rendere migliore il presente.»
«Wow» esclamò Sara. Rivalutò la scelta di essere andata da Patrick. Forse non era a conoscenza di tutto, ma aera riuscito comunque ad aiutarla. A ridarle un briciolo di speranza. Inoltre, le piaceva quello che le aveva detto e soprattutto sembrava anche facile da mettere in pratica. Aveva ragione: doveva riprendere il controllo della sua vita. «Mi hai convinto.»
Patrick si alzò in piedi soddisfatto. «Sono contento. Promettimi che cercherai di andare a scuola, anche se è difficile.»
Sara aveva omesso gli altri motivi per cui aveva saltato le lezioni, Patrick era riuscito a farla sentire fiduciosa come non le accadeva da mesi e non voleva rovinare quel momento.
«D’accordo» rispose. Stava per ricorrere al suo potere per andarsene, quando sentì il bisogno di chiedergli: «Potresti abbracciarmi? »
Lui la guardò insicuro.
«Ti sembrerà infantile, ma dopo una chiacchierata così, quando mi confidavo con un’altra  persona, be’ lo faceva sempre.»
«Ok..»
«E so che è un problema, ma puoi farlo senza guanti?»
Sapeva che per Patrick quella era l’unica protezione alle visioni involontarie, ma a lei serviva un contatto umano e i guanti, per quanto superficiali, non lo avrebbero reso tale.
Patrick li sfilò e li posò sul divano.
Sara gli si avvicinò e lui le avvolse il corpo gentilmente con entrambe le braccia. La strinse debolmente, un po’ impacciato. Rimase attaccata a lui per pochi secondi, Poi, pur avendo fatto lei quella richiesta, si sentì in imbarazzo.
Si staccò e disse: «Grazie. Ora  è meglio che vada.»    
Patrick aprì la bocca, ma prima che uscisse alcun suono, Sara era già svanita in un lampo di luce.

Patrick rimase in piedi a fissare la stanza vuota.  Non aveva avuto il tempo di dirlo a Sara, ma dopo  averla sfiorata, aveva avuto una visione.
Si era visto in casa sua. Era in compagnia di un ragazzo dai capelli scuri. Lo aveva chiamato Leonardo e insieme stavano progettando un modo per portare il Ritus fuori dal Portale Mistico.
Patrick tornò a sedersi e si risistemò i guanti sulle mani. Non capiva il senso della sua visione. Che relazione c’era tra Sara e un misterioso ragazzo, che non conosceva, né credeva di aver mai incontrato?
«Leonardo» ripeté, ricordando il nome con cui lo chiamava nella visione. «Come fa a sapere dell’esistenza del Ritus
Patrick si convinse che se aveva visto quelle immagini, c’era un pericolo in arrivo.

 
                                                          Continua…

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