lunedì 12 giugno 2017

Risveglio della Strega - Una storia de LA CONGREGA: Puntata 4


Seduto alla scrivania nella sua camera, con il cellulare in mano, Damian controllò ansioso l’ora sul display. Erano passate le otto e mezza, normalmente avevano cenato già da un’ora, ma sua madre non era ancora rientrata dal lavoro. La sua ipotesi, che considerava molto vicina alla realtà, era che fosse stata incastrata in un doppio turno alla tavola calda, per sopperire al giorno improvviso di malattia che le aveva imposto il suo capo dopo averla vista con il livido in faccia, di certo non l’ideale per presentarsi al tavolo e servire i clienti.
Purtroppo questo stava avendo un brutto effetto su Frank. Dopo il suo solito pomeriggio davanti al televisore, dove gli aveva urlato di portargli tre birre e lui aveva eseguito per non litigare, verso le sette aveva mostrato apertamente il suo malumore. Aveva telefonato più volte a sua madre e si era infuriato quando lei aveva risposto e chiuso sbrigativamente la chiamata.
Da quel momento Damian era rimasto in camera, evitando di incrociare anche solo lo sguardo con l’uomo, ma gli sentì aprire con rabbia l’armadietto dei liquori e trangugiare altro alcool e si preoccupò. Seppe di aver ragione per agitarsi, non appena partirono le urla e le offese contro sua madre.
– È solo una stupida vacca! Non sa cosa vuol dire avere un uomo in casa – gridò. – Bastarda e inutile!
Le scale che portavano al primo piano scricchiolarono. Frank stava salendo.
Damian abbandonò il cellulare sulla scrivania, balzò giù dalla sedia e corse verso la porta della stanza. Barricarsi dentro era l’unica soluzione. Era furbo e sapeva che anche se un po’ alticcio, Frank era troppo forte per tenerlo a bada.
Prima che riuscisse a chiudere l’uscio, Frank lo bloccò con entrambe le mani e lo spinse indietro. Damian cadde sul sedere nel centro della camera.
– Eccolo qua, il bastardello – lo apostrofò. – Inutile ciuccia-soldi.
Damian respirò con affanno. Aveva paura. Ed era arrabbiato. Si sentiva prigioniero in casa sua e anche se non gli mancava il coraggio per affrontarlo, la loro lotta era sempre impari. Frank era troppo grosso.
L’uomo lo squadrò e sulle labbra umide si dipinse un sorrisetto. – Ciucciare è qualcosa che ti è familiare, vero? Dicono tante cose su di te, vediamo se sono vere.
– Vattene! Esci da camera mia – urlò Damian, rimettendosi in piedi.
– No. Tua madre non c’è e finalmente capiremo e sei un uomo o una ragazzina. E in quel caso, puoi sostituirla nelle sue mansioni. – Si sfilò la cintura dai pantaloni e avanzò, avvolgendone un capo nella mano sinistra.
A Damian non importava cosa intendesse con le sue parole, però gli vennero in mente varie ragioni sul perché si fosse tolto la cintura ed erano tutte spiacevoli. Un brivido gli corse lungo la schiena e il vento all’esterno si scontrò violento con la finestra, spalancandola. La corrente gelida della sera invase la camera e vorticò intorno al suo corpo. Non aveva più paura, era sicuro e libero di ribellarsi.
Frank si lanciò verso di lui e Damian allungò le braccia per respingerlo.
Gli parve una mossa stupida e inutile. Il vento però infuriò di nuovo, travolse Frank, lo agguantò con artigli invisibili, lo trascinò fuori dalla camera e poi lo fece rotolare giù dalle scale, come un pesante sacco di patate.
Damian rimase immobile. Incapace di accettare quello che era appena accaduto. Aveva impedito a Frank di afferrarlo e fargli chissà cosa. E ci era riuscito manipolando il vento.
Abbassò lentamente le braccia e avvertì la sensazione di libertà scivolare fuori dal suo corpo, così come percepì l’aria abbandonarlo e  tornare all’esterno, attraverso la finestra.  
Si mosse lentamente e uscì nel corridoio. Camminò fino all’imboccatura delle scale e sul fondo vide Frank: era steso in una posizione scomposta e privo di sensi.
– Damian! – Sua madre era ferma all’ingresso di casa, la porta ancora aperta. Lo fissava con aria sgomenta. Era arrivata in tempo per assistere all’incredibile volo del fidanzato. – Cosa… cosa hai fatto?

 – Io so perché sono qui, e tu? – Morgana entrò nell’ufficio del preside e fece voltare Damian a guardarla.
Si sedette poi sulla sedia accanto alla sua, fissandolo negli occhi. Damian ricambiò lo sguardo e non rispose. In un’altra occasione sarebbe stato divertente flirtare con lei, era dal giorno della scena alla fontanella che voleva provarci, ma la situazione era cambiata.
– Sei uno di quelli da poche parole – gli disse. – Bello, tenebroso e… anche dannato?
Ancora una volta, Damian rimase zitto. Non era dell’umore giusto per le battutine. Aveva passato la sera e metà della notte precedente a dover spiegare alla polizia, come mai il fidanzato di sua madre era stato trovato in stato comatoso sul fondo delle scale del primo piano di casa loro. Sua madre si era fatta scappare che era solo con Frank, quando era successo e così aveva inventato la storia più credibile: l’uomo, ubriaco, aveva perso l’equilibrio, ruzzolando lungo la scalinata. Sua madre aveva accennato all’abitudine del compagno ad alzare il gomito e le prime analisi dell’ospedale in cui era stato ricoverato, avevano confermato la storia. La polizia non aveva fatto altre domande e non avrebbero svolto altre indagini su di loro.
Però qualcosa era cambiato, non solo per lui, ma anche nel suo rapporto con la madre. Appena erano rimasti soli,  si era dimostrata subito distante e diffidente con lui. “Non so cosa hai fatto, ma non è normale. Tieniti fuori da guai e spera che Frank si rimetta.” gli aveva detto, prima di chiudersi in camera. Quella mattina era già uscita quando si era alzato.  Ripensandoci, il suo sguardo era stato più che eloquente: non lo considerava più suo figlio, ma un estraneo e nei suoi occhi, aveva intravisto un barlume dello stesso disprezzo che Frank aveva per lui.
La porta si aprì di nuovo e il preside Handerson entrò. Si accomodò dietro la scrivania e guardandolo disse: – Ho appena finito di parlare con tua madre. Mi ha raccontato tutto. Ti avevo avvertito, adesso devo prendere in mano la situazione.
– Non capisco di che diavolo parla – sbottò Damian. – Cosa c’entra lei, con tutto questo?
– Potreste raccontare qualcosa anche a me? – intervenne Morgana. – O almeno spiegarmi perché devo restare anche io?
Damian si voltò a guardarla. – Giusto, che c’entri con me? E non avevi detto di sapere perché eri qui? 
– Infatti lo so – rispose. – Ma tu… non dirmi che lo sei anche tu!
– Cosa?
Morgana sorrise entusiasta. – Non ci credo. Allora non è una cosa solo da ragazze. – Si girò verso Michael Handerson. – È anche lui una…
– Morgana! – la riprese il preside. – Ti ho chiamato per darmi supporto e non per creare altri problemi.
Damian scattò in piedi. – Voglio sapere che succede. Adesso!
– Calmati e siediti – disse il preside.
Morgana gli spinse vicino la sedia con un piede, sorridendo calma, e anche se era confuso, Damian ubbidì.
Michael lo guardò serio. – L’incidente di ieri sera, era ciò che temevo. Sotto stress e in pericolo, il tuo potere si è manifestato. Sei una strega, Damian. Come Morgana e me.
– Una… strega – ripeté Damian. Poi si rivolse a Morgana. – Ma è serio?
Morgana annuì. – Oh, sì. E puoi credergli: è tutto vero. Anzi, ti mostro il mio, se mi mostri il tuo. – Lanciò un’occhiata fugace al preside. – Ma prima vorrà coinvolgere anche te nella sua setta… nella sua Congrega.
– La Congrega non è una setta. E non ci sarà nessuno sfoggio inutile di poteri – replicò il preside. – Le streghe sono solite riunirsi in Congreghe per trarre forza l’una dall’altra. Nel vostro caso può essere di più, potreste anche aiutarvi a vicenda, guardarvi le spalle e imparare a controllare insieme le vostre capacità.
Damian rifletté su quella spiegazione. Aveva senso, anche se andava contro ogni logica, come del resto quello che era stato in grado di fare. Era abituato a badare a se stesso, a essere indipendente, ma negli ultimi tempi era diventato un sinonimo di “solo” e dopo quella mattina, era chiaro che avrebbe potuto contare sempre meno su sua madre.  
– Tu che ne pensi? Vuoi essere parte di questa Congrega? – chiese a Morgana.
– Quando il preside me lo ha chiesto settimane fa, ho rifiutato – rispose lei. – Adesso, però le condizioni sono cambiate, tutto mi sembra più interessante…
Il sorriso che gli mostrò, fu un ulteriore incentivo per Damian. In fin dei conti, se non poteva contare più sulla sua famiglia di origine, tanto valeva crearsene un’altra. – Ci sto. Mi unisco alla Congrega.
– Possiamo contare anche su di te, Morgana? – domandò Michael.
Morgana fece l’occhiolino a Damian. – Ovviamente.
– Bene, allora ci vediamo al termine delle lezioni.
– Perché? – chiese Damian.
– Vi presenterò gli altri due membri della Congrega.

                                                        
                                                              Continua...

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