lunedì 22 agosto 2016

Adolescenza sulla Bocca dell'Inferno - Puntata 30

30. Ognuno ha il suo Inferno


Una testa, con le orbite vuote e nere, la mandibola parzialmente coperta da brandelli di carne putrefatta e la bocca semiaperta per mostrare pochi e isolati denti marci, fu la prima immagine nitida.

Billy la vide e lanciò un gemito.
La cenere stava dando forma anche ad altro: un corpo con attaccati in evidenza muscoli e pelle che si alternavano tra loro, almeno dove non erano coperti da una divisa blu stinto, strappata e logora. Un foro al petto, a sinistra dove s’intravedeva un rivolo di sangue. Altre macchie di sangue secche formavano una striscia discontinua sul tessuto, proseguendo sui pantaloni e infine comparvero i piedi nudi, anch’essi un miscuglio imperfetto di pelle essiccata.
«È lui!» gridò Kenny, lasciando la sorella e portandosi entrambi le mani al viso, mentre fissava lo zombie con sguardo sgomento.
Kerry scattò in avanti e bloccò l’essere, afferrandogli i polsi. «No, è solo un’illusione.»
«Che diavolo significa tutto questo? Conoscete questa.. cosa?» domandò Billy confuso.
Kerry lo guardò seria. «Occupati di quel tizio nell’ombra. Non eri venuto per parlare? Fallo» gli rispose. «Qui ci penso io, ma sbrigati: se il burattinaio non si ferma con le buone, gli rompo le ossa.»
Billy tralasciò di insistere sul fatto che la loro reazione fosse stata ambigua nel vedersi comparire davanti lo zombie e si avvicinò al ragazzo che lo aveva tirato fuori dal nulla. Arrivatogli quasi accanto, riuscì a distinguere il suo volto. Aveva i capelli castani, la pelle olivastra e occhi marroni. «Ascolta, qualsiasi cosa tu stia facendo, devi smetterla.»
«Perché?» chiese lui con noncuranza.
Non sembrava arrabbiato, neanche aggressivo, pareva quasi stanco. Billy lo studiò con attenzione e ricordò di averlo già visto in mensa e a lezione di storia. «Sei Jordan, giusto? Jordan… Gutierrez. Per favore, se non vuoi fermarti, almeno spiegami perché lo stai facendo.»
L’espressione di Jordan cambiò. Ora parve confuso, come se non si aspettasse quella domanda.  
Billy si guardò alle spalle. Kerry non faticava molto a tenere a bada lo zombie, il quale non si sforzava a sua volta troppo per andare contro i due. Kenny era  ancora sconvolto, ma non in pericolo. Decise allora di continuare a parlare a Jordan. «Devi avere una ragione. Magari anche giusta. Qualcuno non ti ha dato attenzione? Oppure un bullo ti tormenta? Di qualsiasi cosa si tratti, a me puoi parlarne.»
Jordan si allontanò di un passo dal forno fiammeggiante e disse: «Voti.»
Billy aggrottò la fronte. «Voti?»
«Sì, stupidi, inutili voti. Come se definissero ciò che sei o potessero davvero dare un valore a quello che sai.» Jordan lo guardò infuriato. «Ti sembra giusto? I voti non possono quantificare la fatica che fai, o il tempo impiegato sui libri, sacrificando altro. Però sono l’unica cosa che conta e ti permette di uscirne.»
In maniera esponenziale alla crescita della sua rabbia, Billy udì alle sue spalle lo zombie animarsi, emettere versi e ringhi minacciosi. Era chiaro che tenerlo calmo era l’unica strategia vincente. «Ok, sono d’accordo. I voti non sono… giusti.» Rifletté qualche istante, il problema di Jordan era semplicemente di tipo scolastico, ma un brutto voto non poteva giustificare tutte le mostruosità che aveva creato. «Però non devi prendertela tanto» aggiunse. «Cosa te ne importa dei voti finali? Ormai sei all’ultimo anno. Tra pochi giorni ti diplomi e non dovrai più pensarci.»
«È proprio questo il punto» urlò Jordan.
Le fiamme divamparono dal forno al suo fianco. E Billy sentì lo zombie ringhiare in modo più violento.
«Questo morto vivente è più forte, adesso» confermò Kerry, affaticata. 
«Non potrò diplomarmi» riprese Jordan, stringendo le dita di entrambe le mani a pugno. «Per dei stupidi voti bassi in biologia, matematica ed economia non ho superato i corsi e dovrò ripetere l’anno. Un intero anno ancora qui dentro per colpa di tre materie e soprattutto di quello stronzo del professor Monaghan. Quello ce l’ha con me, mi odia, probabilmente perché sono ispano-americano e quindi è anche razzista. Ma nessuno interviene per fermarlo.»
«D’accordo, hai subito un’ingiustizia, ma ci sono altri modi per sistemare la faccenda.» Billy si forzò di trovare una soluzione abbastanza convincente per farlo ragionare. «Prova a parlarne con il preside.»
«È inutile» replicò Jordan arrabbiato. «Hanno già deciso. Mi bocciano e non ci sono alternative. Allora, se io sono costretto a tornare qui dentro, bloccato ogni giorno, lo saranno tutti. Nessuno potrà più uscire!»
In parte Billy condivideva il suo risentimento, ma doveva comunque trovare un modo per fermarlo e possibilmente non violento. «Posso capirlo, ma tutto il resto? Perché hai fatto in modo che dei ragazzi si trasformassero in mostri o in altro? Perché creare cose abominevoli come quello» domandò e si girò a indicare lo zombie in lotta con Kerry.
Jordan lo guardò come se fosse ovvio. «Di cosa ti meravigli? Professori che ti trattano con superiorità e fanno di tutto per penalizzarti. Ragazzi, tuoi compagni, che fanno i bulli e ti prendono in giro, oppure ti ignorano ed emarginano. Angosce per esami e interrogazioni che determineranno quanto tempo dovrai ancora trascorrere qui dentro. La scuola non ti sembra un vero Inferno?»
Billy si sentì uno stupido a non averci pensato prima. Una parte di lui, forse quella più connessa al sé adulto, trovava logico il ragionamento del ragazzo e naturale che l’influsso della Bocca dell’Inferno facesse il resto. Restava comunque sorpreso dalla varietà degli orrori. «Però ti sei proprio sbizzarrito.»
«Non sono direttamente responsabile per tutto quello che viene fuori» rispose Jordan. «Restare incastrato un altro anno al liceo è il mio Inferno e volevo che gli altri provassero lo stesso. Ognuno doveva sperimentare il proprio Inferno senza poterne uscire.»
Kerry urlò, costringendo Billy  a voltarsi indietro. Lo zombie sembrava diventato decisamente più potente negli ultimi minuti. L’aveva afferrata per il collo e lanciata sul pavimento, sbattendola sul cemento come un sacco di patate. La ragazza rimase a terra dolorante, accusando il colpo. Lo zombie le passò accanto e con lentezza si avvicinò a Kenny.
«No, stai indietro» urlò il ragazzo, rannicchiandosi contro il muro. «Stai indietro.»
Kerry tentò di rimettersi in piedi, senza successo. «Combattilo» disse con un sussurro.
Kenny nascose la faccia dietro il braccio sinistro. «Non posso. Non posso farlo» ripeté con la voce tremante.
Billy sapeva che intervenire sullo zombie era inutile, per di più senza avere niente che lo potesse ferire. Afferrò le  braccia di Jordan e gli ordinò: «Ferma questa assurdità!»
Jordan sostenne il suo sguardo. «Perché?»
«Perché la vita non finisce al liceo e se pensi che qui sia brutto e ingiusto, fuori è anche peggio.»
«E tu come lo sai?» chiese beffardo Jordan. «Sei un anno più piccolo di me.»
«Devi fidarti, ripetere un anno non è la fine del mondo, o un problema insormontabile.» Billy sentì di nuovo una connessione con Elliott Summerson, il suo alter ego adulto. Provò una convinzione diversa, estranea e allo stesso modo dettata da un’esperienza maturata in più  anni dei suoi. «Per certi versi è un’altra opportunità. Puoi rimediare a quello che non ti piace, rifare tutto da capo, imparando da quello che hai sperimentato in quest’anno e viverlo meglio. Farti nuovi amici o riallacciare i rapporti con i vecchi con cui ti sei allontanato; far capire ai professori e ai bulli che non ti possono mettere in difficoltà. Questo ti servirà per essere in parte pronto alla vita fuori di qui, perché queste seconde chance difficilmente le avrai nel mondo oltre queste mura.»
Jordan non rispose subito e lo fissò scettico. «Sembra quasi che tu abbia già provato cosa vuol dire non essere più un liceale.»
«In un certo senso è così.»
Jordan mosse le braccia per liberarsi e Billy lo lasciò andare. «È stato questo il tuo Inferno?»
«Forse. Non ne sono sicuro» gli rispose. Billy ricordò di colpo Kenny in pericolo e riportò lo sguardo su di lui. Fece in tempo a vedere lo zombie che gli afferrava i riccioli neri e lo rimetteva a forza in piedi. «Per favore, annulla tutto e prova a ricominciare. Per le insufficienze troveremo un modo per rimediare. Ho un’amica che è un genio, di sicuro ti darà una mano.»
Jordan spostò gli occhi da lui e osservò Kenny a sua volta. Lo zombie aveva tirato la faccia del ragazzo accanto alla sua e con la bocca spalancata e in parte sdentata, si apprestava a morderlo, come se fosse un churro fumante. «Mi prometti che questa volta sarà meglio?»
«Non posso, ma non lo saprai se non proverai. Però se vai avanti con il tuo “condividiamo l’Inferno” non lo scoprirai mai.»
Kerry si rialzò barcollando e cercò di raggiungere il fratello. «No! Ti prego, fermo. Non puoi pa…»
«Va bene. Proviamo» disse infine Jordan. «Faremo a modo tuo. Basta Inferno.»
Lo zombie si dissolse in cenere, un istante prima di affondare i pochi denti nella pelle color cioccolato di Kenny. Un onda di calore invisibile si propagò per tutta la stanza, riportandola alle sue dimensioni reali.
Billy guardò il forno fiammeggiante e aveva ripreso le normali dimensioni e l’aspetto della caldaia della scuola. Girandosi, si accorse inoltre che Kerry stringeva tra le braccia Kenny singhiozzante e a un passo da loro.
Michelle entrò dalla porta spalancata, i capelli abbandonavano la tinta scura per riprendere il rosso naturale e le vene svanivano dalla sua faccia mentre passava in rassegna i volti di tutti, con un misto di sollievo e confusione.
«È tutto finito» spiegò Billy a lei e anche agli altri due ragazzi. «Jordan non intende più fare del male a nessuno.» Sfiorò gentilmente la spalla del ragazzo e uscì nel corridoio, trovò che era stretto e piccolo, come era giusto che fosse. Incontrò Donovan e Betty – ora rinvenuta – appoggiati al muro delle scale appena riapparse e lo guardarono sollevati.
«Abbiamo vinto?» domandò Donovan.
Billy annuì, passandogli accanto. «Vado a controllare anche il resto della scuola, ma credo che il pericolo sia superato.»
Correndo, salì le scale che lo portavano fuori dal seminterrato, con in testa principalmente il pensiero di Zec. Doveva assicurarsi che anche lui fosse tornato normale.
 

Billy arrivò ansimante davanti alla classe di matematica. La parte dell’edificio che aveva attraversato si era rivelata tornata al suo stato abituale. Aveva incrociato dei ragazzi e pochi insegnanti mentre uscivano insicuri dalle classi in cui erano stati tenuti prigionieri e anche se avevano un aspetto umano, sui loro volti aveva letto le stesse espressioni di terrore, sconcerto e infine sollievo avuto dai suoi amici nel corso della loro lotta con l’Inferno personale.

Superò la porta divelta e stesa a terra e sentì il rumore di vetri andare in pezzi all’interno.
Nell’attimo in cui entrò nell’aula, l’anta dell’armadio volò contro il muro e Zec uscì con il suo aspetto da poltergeist oscuro. Appena lo vide, riacquistò il suo look normale. «Cos’è successo? Stavo parlando con Michelle e Betty e mi sono ritrovato chiuso nell’armadio.»
Billy sorrise. Gli andò incontro, lo abbracciò forte e poi lo baciò sulle labbra. Rimase a lungo a contatto con la sua bocca, assaporando la materialità della sua pelle e la conferma del suo essere vivo.
Quando si staccò, Zec chiese: «A cosa lo devo? Non che mi dispiaccia, ma ho come l’impressione di essermi perso qualcosa.»
«Mi sono reso conto che non ci siamo mai scambiati un bacio» rispose Billy. «Non volevo rischiare di avere questo rimpianto.»
Zec lo guardò incerto. «È tutto a posto?»
Billy gli strinse le mani nelle sue. «Ora che vedo che stai bene, sì.»
«Fermi dove siete!»
I due ragazzi si voltarono verso l’apertura della classe. Non si erano accorti di non essere soli.
Un poliziotto era fermo a fissarli. Era lo stesso intervenuto la sera della recita e puntava la sua pistola di ordinanza contro di loro.

 

                                                   Continua…?





2 commenti:

Enrico Teodorani ha detto...

Buon fine agosto!

Ezio ha detto...

Grazie. Anche a te.